cui tende l’azione della Chiesa e fonte
da cui promana tutta la sua virtù”
Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti – 10 –
Ieri abbiamo compreso:
-la preminenza del ministero della parola e a che cosa tende immediatamente il mistero della parola,
-che tende alla generazione della fede e mediatamente come tutti i ministeri all’edificazione della Chiesa.
-come questo ministero impegna gravemente alla conoscenza e all’assimilazione della Parola di Dio in quanto prepara al ministero sacerdotale, per il ministero della parola.
Il concilio, dopo aver affermato che la sacra Liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa continua al numero 10 della Costituzione Lumen Gentium: “Nondimeno la Liturgia é il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù”.
Per comprendere il ruolo della Liturgia nell’azione salvifica, che si compie nella Chiesa é bene tenere presente il significato della Liturgia. Il concilio non ha dato una definizione della Liturgia ma ne ha dato una descrizione.
Sacrosanctum Concilium n. 10
“Poiché il lavoro apostolico é ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore.
A sua volta, la Liturgia spinge i fedeli, nutriti dei sacramenti pasquali, a vivere in perfetta unione, e domanda che esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede.
La rinnovazione poi dell’alleanza di Dio con gli uomini nell’eucaristia introduce e accende i fedeli nella pressante carità di Cristo.
Dalla Liturgia, dunque, e particolarmente dalla eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa”
Sacrosanctum Concilium n. 6
” Come il Cristo fu inviato dal Padre, così anche Egli ha inviato gli apostoli, ripieni dello Spirito Santo, non solo perché predicando il vangelo a tutti gli uomini annunziassero che il Figlio di Dio con la sua morte e risurrezione li ha liberati dal potere di satana e della morte, e trasferiti nel regno del Padre, ma anche perché attuassero per mezzo del sacrificio e dei sacramenti, sui quali si impernia tutta la vita liturgica, l’opera della salvezza che annunziavano.
Così mediante il battesimo gli uomini vengono inseriti nel mistero pasquale di Cristo; con lui morti, sepolti e risuscitati; ricevono lo spirito dei figli adottivi che fa esclamare Abbà Padre, e diventano quei veri adoratori che il Padre ricerca.
Allo stesso modo, ogni volta che essi mangiano la cena del Signore, ne proclamano la morte fino a quando egli verrà. Perciò, proprio nel giorno di pentecoste, che segnò la manifestazione della Chiesa al mondo, quelli che accolsero la parola di Pietro furono battezzati ed erano assidui all’insegnamento degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane, e alla preghiera lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.
“Da allora la Chiesa mai tralasciò di riunirsi in assemblea per celebrare il mistero pasquale, mediante la lettura di quanto nella Scrittura lo riguardava, mediante la celebrazione dell’eucaristia, nella quale vengono ripresentati la vittoria e il trionfo della sua morte, e mediante l’azione di grazie a Dio per il suo dono ineffabile nel Cristo Gesù, in lode della sua gloria per virtù dello Spirito Santo”.
Il numero 7 della Costituzione Sacrosanctum Concilium é uno di quei punti veramente innovatori del concilio.
Sacrosanctum Concilium n. 7
” Per realizzare un’opera così grande, Cristo é sempre presente nella sua Chiesa e in modo speciale nelle azioni liturgiche.
E’ presente nel sacrificio della messa sia nella persona del ministro, egli che offertosi una volta sulla croce, offre ancora se stesso per il ministero dei sacerdoti, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche.
E’ presente con le sue virtù nei sacramenti, di modo che quando uno battezza é Cristo stesso che battezza.
E’ presente nella sua parola giacché é lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura.
E’ presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso dove sono due o più riuniti nel mio nome, là sono io in mezzo a loro”.
Al numero 7 della Lumen Gentium abbiamo una definizione liturgia per mezzo di fatti, avvenimenti, azioni che si compiono. Questa é la Liturgia.
Lumen Gentium n. 7
” In quest’opera così grande con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima, la quale prega il suo Signore e per mezzo di lui rende il culto all’eterno Padre”
“Giustamente perciò la Liturgia é ritenuta come l’esercizio del sacerdozio di Gesù Cristo; in essa, per mezzo di segni sensibili, viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale.
Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che é la Chiesa, é azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa, allo stesso titolo e allo stesso grado, ne uguaglia l’efficacia.”
Per la nostra meditazione fermiamoci su questa affermazione: la Liturgia é il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e la fonte da cui promana tutta la sua virtù.
La Liturgia é il culmine.
Perché?
Ne dà le ragioni in Lumen Gentium n.10
“Infatti il lavoro apostolico é ordinato affinché tutti diventino figli di Dio mediante la fede e il battesimo e si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore”
L’azione della Chiesa ha come suo culmine la Liturgia perché con la Liturgia fa sì che i figli degli uomini diventino figli di Dio mediante la fede e il battesimo, due condizioni non disgiungibili”.
Ricordiamo bene, per comprendere l’importanza della fede, ” queste parole: “Qui crediderit et babtizati fuerint” si salverà ” qui vero non credideri condennabitur “.
La fede, radice della giustificazione, può portare alla piena giustificazione anche con un battesimo sostitutivo e non prettamente sacramentale. Vedete come, in pratica, abbiamo dato quell’importanza che ha, – ma esclusivamente!- il battesimo senza la fede.
C’é il giorno del battesimo.
Qual é il giorno della fede nella vita dei nostri fedeli?
Certamente col battesimo é infusa la fede ma é un seme.
Se il seme non germoglia per la cura che deve ricevere, rimane latente;
possiede una virtualità per diventare attivo ma deve essere attualizzata per mezzo del ministero della parola.
Con la Liturgia si fanno figli di Dio.
I figli degli uomini, quindi, diventano le nuove creature che partecipano alla vita di Dio, diventano le membra del corpo mistico di nostro Signore Gesù cristo.
Non solo.
Per l’azione liturgica, nella Chiesa i figli di Dio si riuniscono in assemblea.
Non ci può essere una celebrazione liturgica se non c’é l’assemblea del popolo di Dio perché, se non c’é l’assemblea del popolo di Dio non c’é una espressione della Chiesa.
Questa manifestazione di chiesa viene effettuata in modo efficace per la celebrazione liturgica, particolarmente per la celebrazione eucaristica e da questa é mirabilmente espressa.
Una celebrazione liturgica non é qualche cosa che vale per se stessa.
La celebrazione liturgica é il culmine dell’azione della Chiesa perché:
con essa si convoca il popolo di Dio,
si chiamano i battezzati a stare insieme,
si riunisce la Chiesa.
Così, hic et nunc, in quel determinato tempo, in quel determinato luogo:
si attua la Chiesa,
si esprime la Chiesa,
si manifesta la Chiesa anche agli altri.
Evidentemente, non per il fatto materiale che una chiesa é gremita di gente che sta gomito a gomito ma, quando e perchè questi battezzati hanno coscienza di essere stati convocati a stare insieme
e stanno veramente insieme con un sentimento di unanimità.
Quante volte gli apostoli dicono delle comunità cristiane che erano unanimes, unite nella carità e perseveranti nella preghiera, nella frazione del pane e nell’ascolto della parola!
L’unanimità é la caratteristica che definisce l’assemblea, e fa sì che, l’assemblea non sia una assemblea parlamentare pubblica, ecclesiastica o non ecclesiastica.
Questo non é solo importante.
Questo appartiene all’essenziale.
La lode che Dio vuole procurarsi é quella che gli viene dal suo popolo, é quella che gli viene dagli uomini che Egli ha voluto salvare e santificare non individualmente, soltanto persona per persona, ma costituendoli come popolo che lo lodasse in mezzo a tutte le nazioni.
L’azione liturgica tende a questo culmine, a questo traguardo proposto da Dio.
– Che preoccupazione abbiamo perché, quelli che stanno in chiesa intorno ai nostri altari e partecipano alle nostre celebrazioni, siano unanimes? – Che preoccupazione abbiamo perché sia gente che sta veramente insieme in modo ecclesiale cioè, animati dalla carità che infonde in loro lo Spirito Santo?
– Che cura abbiamo per dare loro la coscienza di essere come fratelli intorno a Gesù Cristo, il primogenito?
– Che cura abbiamo perché diventino coscienti di essere un corpo compaginato nella carità, per dare Capo a nostro nostro Signore Gesù cristo?
Alle volte neppure la disposizione dei posti nelle chiese esprime questa unità ecclesiale. C’é chi ha il proprio posto e chi non ce l’ ha e perciò sta dietro alle colonne. Si prega autonomamente. C’é ancora chi vuole ascoltarsi da solo la sua messa! C’é chi dice che non si può più pregare perché si deve pregare insieme. Come siamo lontani dalla coscienza di essere fratelli con Gesù Cristo nella casa del Padre!
L’azione liturgica deve tendere a questo fine. Poiché il modo più pratico e più espressivo per pregare insieme é quello di pregare due volte con il canto, mi permetto di domandare: come é curato il canto nelle nostre assemblee?
Noi abbiamo trovato un rimedio pur di tenere in piedi le così dette messe cantate più o meno alla spagnola, e abbiamo inventato il surrogato delle schole cantorum.
La schola ha una sua funzione nell’azione liturgica.
Quella di cui parlavo, faceva tutto, sostituiva tutti così che la gran parte dell’assemblea era costituita da spettatori e non da attori partecipi delle azioni liturgiche.
Si era perduto il senso che nell’azione liturgica l’attore vero della lode che sale a Dio intorno a Gesù Cristo:
é il Corpo di Gesù Cristo,
é la sua Chiesa,
é l’assemblea cui presiede il sacerdote.
Ma presiede!
Non sostituisce!
Non fa tutto lui!
Capitava e capita ancora che facesse proprio tutto: – suonare il campanello, – accendere le candele, – dare il tocco alla campana al momento esatto, – accendere l’amplificatore, – aggiustare la luce se si spegne durante la celebrazione. – Cantava, suonava, portava la croce. – Quale perdita del senso dell’azione liturgica!
Iddio si é costituito un popolo e lo ha costituito popolo sacerdotale perché lo lodasse.
La lode a Dio gli deve venire dal popolo e l’azione liturgica deve tendere a questo.
Il lavoro apostolico deve essere ordinato affinché tutti si riuniscano in assemblea
e tutti insieme lodino Dio nella Chiesa.
La più grande, la più santa, la più nobile, la più religiosa delle attività del popolo di Dio è, lodare Dio.
Noi abbiamo fatto delle potature, capovolto, cambiato, ridotto lo scopo della vita cristiana.
Lo scopo della vita cristiana non é quello di mettere la gente in grazia di Dio, non é quello di rendere gli individui più o meno santi, é quello di preparare degli individui ad essere un popolo che lodi Dio.
Si capisce che ciascheduno personalmente come membro di questo popolo deve arrivare a lodare Dio.
Si capisce che ciascheduno personalmente non deve commettere peccati mortali ma deve custodire la grazia di Dio e deve essere santo, ma nel senso di esprimere la lode di Dio.
Veramente abbiamo mortificato la completezza e lo slancio della vita cristiana che é quello di essere i veri adoratori del Padre,
coloro che gli danno sempre gloria,
coloro che ringrazino, ammirino, annunzino che il Padre ha molti figli che gli danno gloria.
“Vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre che é nei cieli”.
Noi. se non abbiamo comunicato questo senso, abbiamo ristretto, angustiato l’orizzonte, lo spazio della vita cristiana.
Se Dio così grande, così santo e buono; se Dio
sic dilexit mundum ut filium suum unigenitum daret;
se Dio
dilexit me tradidit semetipsum pro me, questo é una cosa stupenda, meravigliosa, impensabile che deve creare in noi sentimenti di ammirazione, di gratitudine, di lode.
Così rattrappiti, così attenti per non andare a finire nelle fauci di satanasso, come si può lodare Dio?
Ecco, abbiamo angustiato il cristianesimo perché non abbiamo aperto gli spazi che ci vengono dall’intendere, a fondo, la Liturgia.
Le belle funzioni non ci sono per fare delle belle cose, per attirare tanta gente. Va bene anche questo, ma non limitiamoci all’estetismo.
Preoccupiamoci di preparare i veri adoratori di Dio, quelli che lodano Dio unanimi, insieme.
La costituzione insiste a più riprese su questo punto. Anche gli altri documenti del concilio richiamano che all’azione liturgica, tutti i fedeli in primo luogo, debbono prendere parte consapevolmente, attivamente, fruttuosamente.
Diamo questa coscienza perché possano partecipare consapevolmente.
Educhiamoli a comprendere la loro parte.
Stentano? Sono restii?
Si tratta di rompere una tradizione però, se abbiamo pazienza e del garbo, soprattutto se abbiamo costanza, ci seguiranno.
Sono andati avanti così per secoli e pretendiamo in tre mesi di rimediare a tutte le cose?
Non é possibile.
Siamo costanti, insegniamo ad ognuno la sua parte ed essi la faranno.
In particolare le nostre assemblee non devono essere assemblee di sole bambine e di sole donne, ma popolo di Dio in cui anche gli uomini devono avere la loro parte preminente.
Ho la sensazione che qui, da noi, gli uomini siano i più assenti anche quando sono presenti.
Di sicuro sono i meno attivi. Non contano.
Perché?
Non é superbia. E’ tradizione.
I tedeschi sono più superbi degli italiani eppure cantano.
Naturalmente tutti hanno il loro libro.
I settentrionali sono più superbi dei meridionali eppure, nelle chiese cantano tanto gli uomini come le donne.
Non cantano bene. Sono sgraziati ma cantano.
I meridionali all’estero cantano.
I missionari attestano che gli emigrati, quando hanno la possibilità di fare una loro funzione religiosa, sanno cantare anche a squarciagola. Basta intonare un loro canto popolare.
Cantano, quindi, non sono superbi ma pigri o altro. E’ solo l’ambiente che li inibisce, allora è questione di romperla con l’ambiente.
Educhiamo i ragazzi e i giovani a cantare. Costringiamo gli uomini a cantare facendo i cori alterni, magari facendo tacere le donne!
Mettiamo tra gli uomini dei cantori educati perché non si sentano isolati,
diamo fogli e libretti dove i canti siano scritti a caratteri leggibili, perché c’é anche chi vede poco!
Questa é una cosa seria che deve essere fatta altrimenti non c’é la partecipazione all’azione con cui si compie la nostra redenzione e non si arriva ad essere i veri adoratori del Padre.
La Liturgia é il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la sorgente da cui promana tutta la sua virtù. E’ un pensiero che abbiamo già richiamato diverse volte. Credo che non sia male insistere, data la nostra situazione.
La vita della Chiesa, la vita del cristiano,
quindi le virtù, le energie, le capacità indispensabili per vivere da cristiani,
per essere autenticamente figli di Dio, quindi santi e veri adoratori del padre,
ci viene dalla sorgente che é il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, ci viene dalla Liturgia.
La nostra predicazione moralistica esigeva unicamente la soddisfazione del precetto e misurava a quanti metri si poteva stare lontani dall’altare, per soddisfare al precetto.
Altro che la partecipazione consapevole, attiva e fruttuosa!
Così presentavamo le azioni liturgiche a quella povera gente e pur di avere la gente in chiesa, ci accontentavamo di poco non ottenevamo niente.
Alla gente bisogna chiedere molto, anzi tutto.
Il minimismo in morale non ottiene niente! In pedagogia é zero.
Dico che bisogna chiedere tutto perché, tutto é una cosa grande e valida.
Il minimo é la miseria. Il minimo può riferirsi all’agente delle tasse e non a Dio nostro Padre, salvatore, amico e vita nostra.
Quindi la nostra preoccupazione deve tendere ad associare la gente all’azione liturgica in modo consapevole e attivo perché ne ricavi frutto. Deve tendere a metterli a contatto di questa sorgente perché ricevano vita, grazia, energia.
Dico in modo dubitativo: forse sarebbe giusto lasciare un po’ da parte la parola “grazia” in mezzo alle nostre popolazioni, perché la confondono con le grazie di Sant’Antonio o di san Cosimo.
Meglio sarebbe parlare di vita, di forza, di energia, di capacità nuove e soprannaturali e mostrale nei loro frutti come si sono manifestati nei santi, negli apostoli, nei martiri, nei cristiani autentici di tutti i tempi e particolarmente dei nostri giorni.
Se la nostra gente, in particolare se la nostra gioventù scopre la bellezza, l’efficienza vitale dell’azione liturgica ne rimangono affascinati e ci seguono ci credono e ci accostano.
Allora gettiamo via il ritualismo e il magismo delle azioni e introduciamo la vitalità, comunicata da nostro Signore Gesù Cristo per la sua presenza all’interno delle azioni liturgiche.
E’ certo che Gesù Cristo è presente attualmente in mezzo a noi e proclama attualmente: Ego sum vita, Ego sum resurrectio, verum veni ut vitam abeant et abundantior.
Noi siamo quelli che, de plenitudine eius accipimus.
Così va concepita l’attività liturgica, culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e fonte da cui la chiesa promana tutta la sua grazia.
OM 97 Martina Franca_10 1967