Il sacerdote non deve perdere di vista
che Dio è il primo principio e l’ultimo fine
di tutte le attività umane
Miei cari Sacerdoti,
scusate se insisto ancora su quanto già richiamato e a voce e per iscritto.
L’argomento dell’istruzione catechistica di quest’anno che corrisponde al tema comune per la campagna dell’A. C., mentre da una parte è importante e urgente, dall’altra presenta delle non lievi difficoltà e dei reali pericoli.
Quindi mentre insisto perché la Dottrina sociale della Chiesa costituisca l’oggetto dell’istruzione catechistica da impartirsi nelle Associazioni e al popolo, mi permetto ancora di raccomandarvi due cose:
I) fate lo sforzo di acquistare idee esatte sulle conclusioni di carattere sociale che derivano dalle verità rivelate: persona, famiglia, società, istituzioni civili, lavoro, salario, Ecc. A questo scopo ritengo sia sufficiente il materiale che mettono a disposizione i Centri Nazionali di A. C. e soprattutto la Guida Didattica del Cenac;
2) nelle istruzioni al popolo mettere sempre in primo piano le verità rivelate da cui quelle conclusioni derivano. Quindi non capiti nella vostra esposizione che la conclusione occupi più posto della premessa.
Riferitevi sempre alla Rivelazione nella forma più esplicita che sia possibile, in modo che chi ci ascolta senta che diciamo la verità di Dio e non le opinioni contingenti degli uomini.
Per la divisione della materia, seguirete gli schemi della Conferenza Episcopale Pugliese.
A conferma delle mie insistenze vi trascrivo le norme che nel 1955 impartiva l’Episcopato Francese al proprio Clero:
1a)
Il sacerdote non deve perdere di vista che Dio è il primo principio e l’ultimo fine di tutte le attività umane. I comandamenti di Dio devono reggere la vita pubblica e privata. Dio è la sorgente di ogni paternità e di ogni maternità.
2a)
Dio è amore e il suo amore è il fondamento dell’unione tra gli uomini. Costoro devono amarsi con lo stesso amore con cui il Padre ha amato il Figlio e con cui il Figlio li ha amati. La società più durevole è quella degli uomini con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La preoccupazione del cristiano deve essere quella dì lavorare per l’estensione del Corpo mistico.
3a)
La festa e il culto di Cristo Re ricordano che Gesù Cristo è Capo. La sua regalità non è temporale, ma nessuna realtà temporale può sfuggire alla sua regalità spirituale.
4 b)
Il sacerdote che affronta le questioni sociali non deve mai dimenticare il carattere soprannaturale e trascendente della sua missione, ” ne mettere da parte la sua missione religiosa per curare prima di tutto il risanamento della miseria sociale”. La missione sacerdotale lo costituisce ” mediatore tra Dio e il popolo, per comunicare a questi le divine realtà”.
5b)
Egli lavorerà con il laicato a rendere le relazioni sociali come un abbozzo e un’anticipazione della comunione in Dio. Insegnerà agli uomini che vi è dello spirituale nel temporale ed a fare l’eterno con il temporale. Negli ambienti in cui egli agisce con speranza di riuscita, non dimenticherà la superiore efficacia della preghiera e del Santo Sacrificio della Messa e neppure la ripercussione sociale delle realtà sacramentarie e delle celebrazioni liturgiche.
7b)
Il sacerdote deve impedire che gli uomini abbiano a coartare il loro ideale ad una specie di paradiso terrestre ottenuto con i soli sforzi umani. L’azione di salvezza della società, con una visuale cristiana, non sta direttamente nel migliorare le condizioni materiali degli uomini per procedere poi a un Iavoro di evangelizzazione ” ” la Chiesa non evangelizza civilizzando, ma civilizza evangelizzando”.
8b)
Il sacerdote vedrà, nell’ascensione generale delle classi più umili, la realizzazione del piano provvidenziale che ha lasciato agli uomini la cura di completare il mondo.
9b)
Vi troverà la felice conseguenza di questo completamento che Cristo è venuto a portare all’umanità, restituendo a ciascuno la dignità di figlio di Dio. Ma la liberazione più profonda, unica condizione efficace per tutte le altre, sarà sempre per lui la liberazione dal peccato, e la Croce resterà sempre ai suoi occhi il grande strumento di questa liberazione. Non tralascerà mai di insegnare una morale che predica il sacrificio e la rinuncia, senza per questo predicare una rassegnazione passiva di fronte all’ingiustizia.
10b)
Eviterà di pensare che le condizioni della produzione possano diventare tali da consentire all’uomo di sfuggire alle sanzioni collettive che sono state la conseguenza del peccato originale. Per lui, il miglioramento delle strutture non può bastare a liberare l’uomo. Il perfezionamento delle tecniche può talvolta portare nuove schiavitù. Niente può sostituire lo sforzo morale. Ma un relativo benessere di solito si produce nella misura in cui gli uomini introducono i grandi precetti del Vangelo, non solo nella loro condotta personale, ma anche in tutte le loro attività professionali e civiche. “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi sarà dato come sovrappiù “.
11c)
Perciò il Sacerdote non deve mai staccarsi dalla dottrina sociale della Chiesa. Essa è raccolta in diversi documenti Pontifici che hanno trattato le questioni sociali, ed è ripetuto dagli Atti Episcopali che hanno trattato questo tema. Non bisogna confonderla con le teorie particolari di una personalità cattolica o di una associazione sia pure approvata e ancor meno con le teorie di qualunque gruppo di interesse, o di qualunque movimento o partito.
La dottrina sociale della Chiesa non è altro che il Decalogo: e il Vangelo applicati dalla Chiesa alle diverse epoche sociologiche e alle diverse situazioni sociali. Essa non e legata ad alcun regime economico o politico. Essa, tuttavia, respinge quelli che fossero essenzialmente opposti alla fede cattolica e al diritto naturale.
Bisogna pure distinguere, tra le false teorie del potere che devono essere rigettate e la forma stessa del potere. Questa può essere tollerata o deve essere condannata secondo le circostanze, in vista di un maggiore bene o di un maggiore male da evitare.
12c)
Se la Chiesa non si è ancora pronunciata su un determinato punto della Dottrina sociale, il Sacerdote imiterà la riserva della Gerarchia e potrà esprimere privatamente la propria personale opinione, avvertendo che questa non può essere imposta.
13c)
Se in un caso speciale, il Papa o i Vescovi, in nome dell’interesse superiore delle anime e della Religione raccomandassero una opinione particolare o esprimessero un semplice avvertimento, il Sacerdote esorterà i fedeli a tenere finalmente conto di questi avvertimenti. Avrà cura, in questi casi, di far notare il carattere obbligatorio meno stretto per quanto riguarda l’obbedienza, mentre potrebbe esservi errore di prudenza a non conformarvisi.
14c)
Se invece il Papa o i Vescovi fanno un obbligo stretto su un determinato punto della Dottrina sociale o interdicono formalmente la adesione dei cattolici ad un partito, a un movimento o ad una associazione, il Sacerdote deve fare comprendere che si tratta di un obbligo grave di coscienza che non si deve cercare di eludere. In questi due ultimi casi il Sacerdote si farà un dovere di spiegare come questa decisione della Gerarchia ha una ragione ed un significato dl ordine spirituale”.
Benedico i vostri sforzi.
Carlo Ferrari Vescovo–
Stampa: Dicembre 1957 – La parola del Vescovo- Rivista diocesana di Monopoli
ST 140 Dicembre 1957