1 Gennaio 1966. Cattedrale di Monopoli
Miei cari, quest’anno il primo giorno dell’anno di grazia 1966 è caratterizzato da un fatto particolare: il Giubileo che vuole essere un mezzo per attirare l’attenzione dei credenti sull’avvenimento che ha segnato, in tutta la profondità ed estensione, la vita della Chiesa, il Concilio. Un Giubileo che, ha delle finalità del tutto particolari e che dobbiamo intendere bene, per capire che cosa vuole raggiungere nell’ambito della Chiesa, nell’ambito della nostra vita quotidiana.
Il fatto Giubileo ci porta naturalmente col pensiero ad un avvenimento che si celebrava a Roma, che era segnato dall’apertura della porta santa nella Basilica di San Pietro, che era accompagnato da atti di penitenza e, in particolare, da quegli atti di penitenza, che avevano come fine di ottenere dalla misericordia di Dio e dalla benignità paterna della Chiesa la remissione delle colpe e delle pene dovute ai peccati.
Il Giubileo di quest’anno, per la prima volta nella storia della Chiesa, non è più legato alla città di Roma, al centro della cristianità. E’ legato, invece, al centro della Diocesi, alla chiesa cattedrale, a questa chiesa in cui noi ci troviamo, oggi. E come conseguenza, e come frutto avvertito dell’indulgenza plenaria, per la remissione delle pene dovute ai nostri peccati, vuole raggiungere quello che, è il fine connesso con la remissione delle colpe e della pena dei peccati, che è congiunto con quella virtù, attraverso il beneficio della quale si arriva ad avere il perdono di Dio e la remissione della Chiesa: la virtù della penitenza.
La virtù della penitenza che deve consistere in un rinnovamento della nostra mente, della nostra mentalità, del nostro modo di pensare: in un rinnovamento dei nostri sentimenti, dei nostri affetti e conseguentemente della nostra condotta, perché: vogliamo avvicinarci di più a Dio, vogliamo tornare con più impegno a Dio, vogliamo ritornare definitivamente a Dio. Questo significa: penitenza, questo significa conversione, questo significa ciò che debbiamo fare per entrare nelle spirito della Chiesa.
Tutto questo nell’intenzione del Papa deve avvenire in un ambiente particolare, deve avvenire secondo la dimensione di particolari pensieri che devono entrare, penetrare, nella nostra mente. Dice il Papa: il Concilio che si è concluso, è un Concilio che riguarda: la Chiesa come realtà, la chiesa come mistero, la Chiesa come ambito della vita cristiana, la Chiesa come luogo del nostro incontro con Dio, la Chiesa come luogo degno dell’incontro di Dio con noi nella sua misericordia, nella sua grazia, nella sua salvezza.
E’ la Chiesa concepita in tutta la sua natura, per quanto possibile, in tutta la sua intenzione, in tutto il suo significato. La Chiesa intesa nella sua missione, nello scopo in cui Dio l’ ha voluta, per cui nostro Signore Gesù Cristo l’ ha istituita, e lo Spirito Santo La continua attraverso il tempo.
E’ da una conoscenza più intima del mistero della Chiesa, che noi dobbiamo arrivare al sentimento della penitenza, al sentimento del bisogno di una rinnovazione, al sentimento del pentimento dei nostri peccati, e del rinnovamento della nostra condotta. E perciò, il Santo Padre vuole che durante il tempo della celebrazione del Giubileo, che va da oggi al 29 Maggio, giorno di Pentecoste, i fedeli siano particolarmente interessati alla dottrina della Chiesa, come è stato imposto dal Concilio.
Una catechesi, una istruzione religiosa più approfondita, più vasta, più completa sulla dottrina della Chiesa che è poi tutta la dottrina cristiana che ci prepara:
alla nostra vita cristiana personale,
alla nostra vita cristiana di figli di Dio,
di popolo di Dio,
di assemblea del popolo di Dio,
di comunità che si raccoglie nel nome di nostro Signore Gesù per essere la Chiesa di Dio.
Perciò, saranno disposte, durante tutto questo periodo, delle particolari manifestazioni. Non manifestazioni esteriori, ma manifestazioni che siano l’esposizione, la comunicazione, la divulgazione della dottrina della Chiesa. Per questo saremo impegnati, io con i miei sacerdoti e con i collaboratori laici che vorranno dare una mano, perché queste avvenga in mezzo a noi.
Ma dicevo: il Concilio porta con sè una concretezza particolare della realtà cristiana. E il Giubileo, per favorire questa concretezza vuole che si celebri tutto, nell’ambito della Diocesi,nell’ambito della chiesa locale, intorno alla persona del Vescovo nella chiesa cattedrale: la chiesa della cattedra, la chiesa dove il Vescovo ha la sua cattedra, la chiesa dove il Vescovo insegna in nome di nostro Signore Gesù Cristo .
Notate: la chiesa che è la manifestazione, il simbolo, il segno della Chiesa autentica di nostro Signore Gesù Cristo , è quella che si vede con gli occhi, è quella che si tocca con mano, è quella nella quale noi ci muoviamo materialmente, é la chiesa locale che, ha le sue manifestazioni, in particolare, durante le celebrazioni liturgiche.
In questo momento, noi siamo la Chiesa di Monopoli, noi esprimiamo la Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo , noi siamo la parte completa, nella pienezza del suo mistero, di tutta la Chiesa che si estende su tutta la terra .
Queste sono cose che devono entrare nella nostra anima, che devono entrare nella nostra coscienza, che devono entrare nella nostra conoscenza, per diventare
il nostro modo di vedere,
il nostro modo di pensare,
il nostro modo di giudicare,
il nostro modo di sentire,
il nostro modo di comportarci.
Quando capiremo che la Chiesa siamo noi in carne ed ossa, in quanto siamo insieme con i nostri fratelli al cospetto di Dio, per accogliere la sua parola, per attingere da nostro Signore Gesù Cristo , dal mistero della sua morte e della sua resurrezione la forza di morire ai nostri peccati e la forza per vivere in Gesù Cristo da figli di Dio, noi acquisteremo un concetto più esatto della Chiesa, avremo la coscienza che la Chiesa dipende da noi: dal nostro pensiero, dalla nostra vita, dalla nostra condotta.
E sarà la Chiesa, una, santa, cattolica, se noi saremo “uno” nell’unità degli intenti, degli affetti, dei sentimenti degli uomini, se noi saremo pronti nel senso di essere aperti a tutti e a tutto per incontrarci nel nome di nostro Signore Gesù Cristo e aiutare tutti i nostri fratelli a credere con noi.
E noi saremo la Chiesa santa, se santa sarà la nostra persona che approfitterà della santità stessa di nostro Signore Gesù Cristo , che è in mezzo a noi sacramentalmente: nel sacramento dell’ordine dei ministri sacri, nella santa Eucaristia, nel sacramento del Battesimo, nel sacramento della penitenza, nel sacramento che consacra l’amore umano, nel sacramento che conforta quelli che sono nella debolezza ed hanno bisogno di speranza per aprire la loro anima verso la vita eterna. Santa la Chiesa se noi saremo santi.
E quelle parole del Credo: “Io credo nella chiesa una santa, cattolica ed apostolica”, dovranno riferirsi alla nostra persona, non a qualche cosa di astratto; dovranno riferirsi alla nostra comunità familiare non agli altri; dovranno riferirsi alla nostra comunità parrocchiale, dovranno riferirsi, in particolare, alla nostra comunità diocesana. E noi saremo, allora, il Segno in mezzo al mondo dell’autenticità della Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo
Miei cari, questi pochi pensieri per dirvi che siamo davanti a qualche cosa di nuovo, a delle novità che sono novità perché non ne abbiamo mai sentito parlare, ma sono realtà che hanno segnato la Chiesa da sempre, e che devono emergere. Devono venire fuori non semplicemente in un insegnamento astratto, ma concretamente nella nostra esistenza, nella nostra persona e nella nostra vita, perché veramente la Chiesa si rinnovi, secondo l’ispirazione, la volontà, gli sforzi di Papa Giovanni, di Paolo VI e del Concilio; perché questo evento non sia fallito o celebrato invanamente, ma porti i suoi frutti di vita cristiana in ciascuno di noi.
Allora buon anno!
Buon anno del giubileo in un segno di apertura verso il mistero della Chiesa.
Buon anno nell’impegno di rinnovare la nostra vita di comunità che si raccoglie nel nome di nostro Signore Gesù per essere la Chiesa di Dio.
OM 14 Giubileo 1966