deve essere compresa e fatta passare
sempre di più nella nostra vita
Fratelli facciamo ciò che diciamo. Cioè, siamo chiamati a fare passare nella nostra persona le parole che ascoltiamo con le orecchie. Le parole riportano, non semplicemente la testimonianza di cose passate, ma la presenza di persone vive con le quali la nostra stessa persona é impegnata in un impegno serio, sacro, e religioso. Per fortuna nostra, portano con sé la forza che ci dà la capacità di tradurle nei fatti. Questo é il senso di ogni nostra celebrazione.
Ma questa celebrazione del giovedì della settimana santa che ripetiamo tutti gli anni – tutte le domeniche, in particolare ogni volta che partecipiamo alla celebrazione eucaristica – deve essere capita, fatta passare sempre di più nella nostra vita, quindi nel nostro modo di pensare, di sentire e di essere.
Quali sono le parole che udiamo tutte le volte che ci raccogliamo il Giovedì Santo, un giorno, tra i più sacri, dell’anno liturgico? E’ il preludio della pasqua, é l’anticipazione sacramentale della pasqua. Il Vangelo lo fa rilevare: “Era venuto per Gesù il tempo di passare da questo mondo al Padre, perché era uscito da Dio e ritornava a Dio”.
Per compiere questo passaggio da questo mondo al Padre, per ritornare dal Padre suo donde era venuto, fa un gesto sconcertante che esprime i sentimenti che sono nel suo cuore, che prelude la manifestazione esterna di quei sentimenti: il suo sacrificio, la crocifissione e la morte.
San Paolo, illuminato dallo Spirito Santo, interpreta i sentimenti di Gesù che poi esprimerà con la sua passione e morte, con le parole famose che si ripetono come un ritornello durante tutta la liturgia e l’ufficiatura della settimana santa: “humiliavit semetipsum factus obediens usque ad mortem mortem autem crucis”: “umiliò se stesso sottomettendosi e annientandosi fino alla morte di croce. Lui che non si era abrogato la grandezza di figlio di Dio é giunto fino a questo punto di umiliazione.
La umiliazione di Gesù non é semplicemente quella di prendersi una condanna come malfattore e subirne le conseguenze morendo in croce.
Gesù volontariamente, liberamente, al fine di darci l’esempio, siccome si fa il passaggio dalla vita vecchia alla vita nuova, dall’uomo vecchio all’uomo nuovo, – come dice San Paolo, – si inginocchia davanti a tutti i suoi discepoli. Ci sarà stato Giuda? Certamente c’era Pietro e Gesù sapeva che lo avrebbe rinnegato. C’erano gli apostoli che ad uno ad uno, lo avrebbero abbandonato. Gesù si inginocchia davanti a loro! E non si inginocchia per un gesto qualsiasi di abbassamento, ma esprime l’abbassamento con un servizio che deve continuare. Compie il servizio degli schiavi. Solo gli schiavi si inginocchiavano davanti ai loro padroni per lavare a loro i piedi. I padroni per Gesù si chiamavano Giuda, Pietro, Giacomo, Filippo e tutti gli altri.
E’ grande lo sconcerto degli apostoli ed è espresso nelle parole di Pietro il quale vuole rifiutare il gesto umiliante del Maestro: “Tu non mi laverai i piedi in eterno”. E Gesù insiste: “Se io non ti laverò i piedi tu non avrai parte con me” ! Come dire: se io non giungo a questo punto di umiliazione la redenzione non avverrà, il peccato non sarà cancellato dal mondo e non sarà possibile la vita nuova.
Fratelli cari, come sono gravi di conseguenze le azioni compiute da Gesù, che noi celebriamo nei nostri riti. Anch’io mi inginocchierò a lavare simbolicamente i piedi dei vostri bambini. Il mio é un gesto da poco. Ma é un richiamo, é un mettere davanti ai vostri occhi la rappresentazione liturgica di un gesto che rende presente l’azione stessa di nostro Signore Gesù Cristo, perché noi impariamo. Gesù infatti conclude: “Exemplum dedi vobis”: vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io, così facciate anche voi.
Comprendete ciò che io ho fatto? Sono le parole del Vangelo. “Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque, io che maestro e Signore, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Io infatti vi ho dato l’esempio perché facciate anche voi come ho fatto io”. (Gv 13, 12-15)
Mettiamoci mentalmente, spiritualmente, con tutta sincerità, davanti ai nostri fratelli che possono portare i nomi di Giuda e altri nomi, e vediamo: se noi che consideriamo Gesù Cristo Maestro e Signore, accettiamo il suo esempio di metterci davanti ai nostri fratelli in quell’atteggiamento di umiltà, come dovrebbe essere.
Oggi si parla tanto, dell’autorità che deve essere un servizio. Si dice che il nostro ministero sacerdotale deve essere un servizio. Si dice che la carità cristiana si deve esprimere nel servizio. Sono parole che richiamano il senso evangelico della vita. Ma, davvero, in noi ci sono questi sentimenti? Davvero in noi ci sono questi atteggiamenti di umiltà? Davvero in noi c’è l’annientando del nostro “io” come Gesù annientò se stesso? “Exinanivit semetipsum”. Pensate, miei cari, se questi fossero i sentimenti che in qualche misura sono nei nostri cuori, come sarebbero più facili le relazioni tra di noi, come sarebbero più cordiali i rapporti tra di noi, come sarebbe più facile il precetto della carità!
Dice ancora San Paolo nella lettera agli Efesini, quel grande trattato del piano di Dio che egli riassume nella nostra unità al Cristo, animati dalla carità che lo Spirito Santo diffonde nei nostri cuori: “Camminate secondo le esigenze della vostra vocazione” e la prima condizione che mette é questa: “con umiltà”.
Mentre continuo con voi la celebrazione, accompagnato dalle suppliche che avete elevato al Signore per il Vescovo, – per tutti i vescovi del mondo, – per il Papa che sta celebrando, all’incirca a quest’ora, – per tutti i sacerdoti del mondo, – per tutti i fratelli, – per tutti i responsabili delle cose del mondo, mentre io compio il gesto di lavare i piedi ai bambini, pregate perché lo spirito di umiltà scenda su di noi, scenda su tutti gli uomini e tutte le donne perché si prepari la pasqua, perchè si prepari il passaggio da questa vita soggiogata dal peccato e dalla mondanità, alla libertà dei figli di Dio, alla pace della Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo.
Così sia.
Giovedì santo 1967 – in Cattedrale a Monopoli
OM 77 Giovedì Santo 1967