Mantova parrocchia san Barnaba per la conferenza san Vincenzo
San Vincenzo 69 – San Barnaba, 23-2-69
Non ho niente da aggiungere se non insistere su una cosa sulla quale insisto sempre. Per fortuna non sono io ad insistere ma nostro Signore Gesù Cristo. E quest’insistenza di nostro Signore Gesù Cristo ci é stata apertamente posta dinnanzi dal Concilio.
La carità deve essere, prima di tutto, una cosa personale. La carità é eminentemente una cosa soprannaturale che ci viene da Dio. E’ la partecipazione all’amore stresso di Dio, con cui egli si ama e con cui egli ci ama. La carità – secondo la natura stessa della carità – deve avere la sua prima manifestazione nel farci stare volentieri insieme. Stare volentieri insieme costituisce l’elemento essenziale della Chiesa. La carità e Chiesa sono quasi degli equivalenti. La carità é la radice, la Chiesa è il frutto. La carità é il seme, la Chiesa é la pianta che nasce da questo seme.
La carità vincenziana é una carità eminentemente evangelica, perciò dovrebbe tendere sempre di più a queste mete della carità che sono quelle, del resto, indicate con molta chiarezza sia da san Vincenzo come da Olzanam La carità testimonianza: é la conseguenza della carità vita, della carità chiesa, della vita spirituale improntata sull’amore di Dio e sull’amore del prossimo; la carità testimonianza è impregnata sulla Sorgente, è tutta immersa nella sorgente della carità che é Dio.
Quindi la vita spirituale è tutta imperniata ed immersa nella Sorgente della carità di Dio. La vita interiore, la vita di unione con Dio in nostro Signore Gesù Cristo sotto l’azione dello Spirito Santo che diffonde la carità, dovrebbe essere la prima preoccupazione. I bilanci, il numero degli assistiti sono degli indici ma non sono sempre gli indici sicuri del livello di carità spirituale e della vita spirituale di ognuno.
La carità ha come prima conseguenza di farci stare insieme volentieri, di costituire di noi la Chiesa, di fare di noi Chiesa, le nostre Chiese, perché la Chiesa é una comunione di Chiese, tante Chiese che comunicano tra loro vitalmente. Allora, se c’é qualche cosa di caratteristico in voi, dovrebbe essere questo: animare di carità la comunità in cui vivete, particolarmente la comunità parrocchiale. Non essere soltanto l’espressione apostolica esterna di un’attività che si dirige verso i poveri e particolarmente verso i poveri economicamente, ma essere prima di tutto, l’anima che cementa tutti i membri della comunità parrocchiale.
Non ci dovrebbe essere la parrocchia e la società di san Vincenzo, la parrocchia che va per proprio conto con i sui problemi di catechismo, di apostolato, di vocazioni e la san Vincenzo disinteressata a questi problemi. No. Se ciascuno va per proprio conto non siamo più Chiesa. Se ognuno andiamo per nostro conto non c’è più la carità. Ci vuole altro che ci fregiamo dell’appellativo di “sorella” o “fratello”, di “consorelle” o “confratelli”! Non c’é corrispondenza concreta.
Perciò abbiate la preoccupazione di essere Chiesa, di fare Chiesa, di animare una chiesa locale, come può essere la comunità in cui vivete e operate. E’ tanto evidente che ne viene di conseguenza ciò che é già stato espresso da chi ha parlato prima di me e cioè, incontrarsi, intendersi, fare quale cosa insieme agli altri, con gli altri che hanno anch’essi lo scopo di animare la comunità, per esempio con l’apostolato.
La san Vincenzo, l’Azione Cattolica e altri movimenti che portano qualsiasi denominazione tutto nella Chiesa se non sono alla ricerca sincera di unità con gli altri, di collaborazione con gli altri, di vita vissuta in mezzo agli altri con attività concordate e organizzate insieme, non sono neppure cristiane. A questo, non siamo abituati.
Per questo si é celebrato un Concilio nella Chiesa: per darci la coscienza che la carità é l’elemento animatore di ogni vita spirituale, per darci la coscienza che la carità porta come primo frutto ciò che Dio si é proposto, avere un popolo suo, quindi, molti che costituiscano un’entità unica che si edifichi in unico tempio nello Spirito, con le pietre viventi che siamo noi.
C’é voluto un concilio. Non dobbiamo meravigliarci se ci troviamo piuttosto disuniti, sempre sul punto di andare ognuno per la propria strada. Avrete notato come fanno male certe affermazioni davanti a fatti dolorosi, sconvolgenti, sconcertanti: ma io non m’impiccio dei fatti degli altri; ma io me ne vado per la mia strada; ma io guardo ai fatti miei. Vedete, questo “ma io” é un preludio che nega la carità, che nega la corresponsabilità, che nega di riconoscere di essere figli di un unico Padre, di essere salvati da un unico Sangue che é Gesù Cristo, di essere sostenuti da un unico pane che é il Corpo di Gesù Cristo, di essere animati dall’unico Spirito che é lo Spirito santo.
Ecco, queste cose sento di dirvi, e non solo a voi. Chi mi ascolta sa che le dico a tutti perché questo é il rinnovamento, questa é la conversione, questo é l’aggiornamento, questo é il ritorno alle sorgenti che il Concilio richiede da noi.
Può darsi che i regolamenti favoriscano un ritorno in questo senso. Se lo favoriscono siano i benvenuti, ma prima dei regolamenti mettiamoci qualche cosa di molto personale, e poi, anche qui come in tutte le cose, cerchiamo di non mettere l’accento su ciò che ci potrebbe dividere ma su ciò che ci potrebbe unire quindi, nelle vostre attività cercate il massimo dell’accordo.