Firenze, via dei serragli, incontro con le suore dell’istituto Pie Operaie di San Giuseppe
Firenze 11-12 Aprile 1989
San Giovanni Rotondo 11-12 Maggio 1990
Se diamo uno sguardo, non dico agli ultimi tempi ma anche a tanto tempo, anche dietro di noi più anziani , quand’é che si é parlato del mistero principale della nostra santa fede? cioè la trinità? Non dico che sia una scoperta dei nostri tempi però, prima non si diceva. Si diceva che é un mistero, che é una cosa incomprensibile, che é una cosa difficile e intanto alla gente, – pensando che non capisse – si taceva. C’é voluto niente meno che un concilio, cioè l’atto più solenne del Magistero della Chiesa, per mettere in risalto questo mistero.
Anche qui, vi ricordate come si descriveva la Chiesa. Non insisto.
Il Concilio fa questa affermazione: “la chiesa é un mistero ed é il popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” E, il Concilio descrive minutamente, ricorda con precisione che questo popolo adunato, che é la Chiesa, é da tutto il tempo che é adunato dal Padre.
Vi ricordate -non dico tutti li sforzi ma, la pazienza che il Padre ha dovuto impiegare per tenere insieme il popolo che si era eletto. E ci ricordiamo tutti che, per mettere insieme il popolo nuovo – che proviene da Gesù Cristo figlio di Dio , mandato dal Padre nel mondo, – per mettere insieme , perché facessero unità quelli che avrebbero creduto in lui non dico quanta pazienza e neppure tanta fatica perché non si può dire fatica-)il figlio di Dio, mandato dal Padre, perché avessimo la capacità di stare insieme, é salito in croce, é morto di quella morte che sappiamo. Eppure il Figlio dice che con quella morte ha glorificato il Padre perché ha fatto vedere con evidenza quanto il Padre ci voglia bene: fino al punto che per adunarci insieme ha dato il suo figlio.
Sappiamo tutti quello che Gesù dice prima di salire in croce e prima di salire a Gerusalemme dove sarebbe andato a morire in croce: “nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per quelli che si amano, dare la vita per i propri amici. ”
E quanto ci é stato amico il figlio di Dio? Fino al momento della sua risurrezione. Si potrebbe pensare: perché non bastava la morte? Ma il figlio di Dio é Dio come il Padre, lui, per amore può anche sottomettersi alla morte, ma é più potente della morte e questa potenza l’ha dimostrata risorgendo dai morti. Vi ricordate che Paolo dice espressamente a quelli che non credevano che Gesù fosse risorto, ” se Cristo non é risorto é vana la nostra predicazione ed é vana la vostra fede”. Ma noi crediamo che Gesù é risorto perché – lo dice lui stesso prima di abbandonare i suoi discepoli – prima lo ha fatto e poi lo ha detto: “amatevi come io vi ho amato”.
E’ in questo modo che il padre ci raduna, ci tiene insieme perché ci ama, vuole il nostro bene. Quindi, questa é la volontà del Signore che é morto in croce ed é risuscitato dai morti. Questo é lo sforzo che dobbiamo fare per rispondere al piano del Padre e alla morte e risurrezione del Figlio.
Ma l’abbiamo noi questa forza di stare insieme, cioè di volerci bene gli uni gli altri come il Figlio ci ha voluto bene? Lo sperimentiamo tutti i giorni come sia difficile volere bene a tutti, come sia difficile volerci bene vicendevolmente sempre. Ma il Padre che ha
avuto questo progetto e il Figlio che lo ha portato a compimento “che stiamo insieme con l’amore vicendevole” non ci dà soltanto una indicazione, non ci dà soltanto un comandamento, ci dà la forza.
Da dove proviene questa forza? Gesù dice ai discepoli : “avrei ancora molte cose da dirvi”; noi possiamo dire: “avrei ancora molte cose da raccomandarvi; avrei ancora molte cose che desidererei che voi faceste, ma non siete capaci . Non siete capaci a portarne il peso perché siete deboli, “quando verrà colui che il Padre manderà nel nome mio, allora sarete capaci”. Chi ci manda il Padre per i meriti del suo Figlio? E’ lo Spirito Santo, é la terza persona della santissima Trinità ed é un Dio solo.
Gesù dirà con insistenza “il Padre non mi lascia mai solo perché io e lui siamo una cosa sola”. Così dovreste essere anche voi perché il mondo creda. Molte volte siamo preoccupati di dare buon esempio, di essere virtuosi, di essere coerenti con la nostra fede perché pensiamo : così il mondo crederà come crediamo noi. Ma Gesù dice apertamente: perché il mondo creda, perché il mondo si mantenga cristiano o ritorni ad essere cristiano, deve vedere che voi osservate questo comandamento: quello di volervi bene. La gente lo sente, – con il mio linguaggio settentrionale – “ ha il fiuto” per capire se veramente ci vogliamo bene ed é da questo che crede alla fede che noi professiamo, che crede che noi siamo cristiani, che crede che noi siamo consacrati a Dio e viviamo non per questa terra-anche se siamo in questa terra- ma per il regno di Dio.
Ecco allora che noi comprendiamo che il Concilio, secondo l’espressione di Paolo VI, veramente ci riconduce alle sorgenti. Non sono sorgenti astratte, non sono sorgenti letterarie. La sorgente é il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.
Tutte queste cose che il concilio ci richiama erano già state dette. Non dico che la chiesa le avesse dimenticate ma forse doveva saperle meglio, impararle meglio approfondirle di più e arrivare al punto di capire che non c’é niente altro. Direte che sono esagerato. Provate a pensarci un po’. C’é qualche cosa o qualcuno grande, potente, misericordioso, fedele come il Padre? C’é qualcuno che ci ami come ci ha amato il Figlio? C’é qualcuno che ci dia la forza per stare insieme uniti e quindi volerci bene vicendevolmente, al di fuori dello Spirito?
Alle volte penso che c’é stato un tempo nella chiesa, nella vita cristiana, nella vita religiosa che si aveva molta confidenza nello “sforzo”, nell’impegno. Mi chiederete: ma allora, lo sforzo e l’impegno che noi abbiamo sempre impiegato – notate – per diventare più perfetti, per diventare più santi? La perfezione, la santità del cristiano, del religioso o della religiosa, del vescovo, del papa é quella dell’amore vicendevole che non proviene dai nostri sforzi. Se il Padre per mezzo del Figlio non ci avesse dato il suo Spirito, la sua forza, la sua capacità, – io soggiungo – il suo coraggio, tutti i nostri sforzi sarebbero vani. Può darsi che qualche grado di perfezione o di carità o di santità lo potessimo raggiungere ma quella che Dio vuole da noi é l’amore ed é l’amore più grande, ed é l’amore senza fine, senza limiti.
Mi pare di avere insistito a sufficienza. Adesso cedo la parola a ciascheduna di voi.