Il traguardo dell’unità nella carità
Ringraziamo il Signore che ci raccoglie al principio della santa Quaresima, perché entriamo nella profondità del suo mistero: del mistero della sua presenza in mezzo a noi, dell’azione che Egli vuole compiere in mezzo a noi, che ci conduce ad una comprensione maggiore e ad un progresso della nostra vita spirituale proprio con questo contatto che, noi prendiamo con la sua presenza nel mondo e con l’azione che egli svolge in noi e in mezzo a noi, in questo tempo in cui noi siamo invitati ad una verifica più decisa del nostro spirito, perché la maggior chiarezza che si compie dentro di noi, apre, per dire così, le porte al Signore che viene per il compimento dei suoi misteri.
In questo tempo di preghiera più intensa, la preghiera cristiana che non é tanto rivolgersi verso Dio, ma accogliere Dio che si volge verso di noi. E’ Lui che viene a cercarci. E’ Lui che vuole stare con noi. E’ Lui che vuole compiere la sua salvezza in mezzo a noi. E’ Lui che ci conduce in questo tempo di quaresima, durante il quale la carità che è il caratteristico della vita cristiana, deve diventare più attiva, portando il suo sguardo sui fratelli che hanno bisogno di noi; è quindi il tempo di rendere più vivo il sentimento della nostra fratellanza nella carità soprannaturale verso tutti i nostri fratelli, ma particolarmente verso quelli che sono chiamati ad un’unica sorte di esistenza per l’impegno del sacerdozio ministeriale.
E così, in questo clima quaresimale io cerco di entrare con voi, con i miei sacerdoti, nelle cose più fondamentali, più essenziali della nostra vita spirituale, di quel cristianesimo che noi dobbiamo edificare, di cui dobbiamo fare partecipi i nostri fratelli con l’esercizio del nostro sacerdozio. Teniamo conto, quasi a modo di preludio che, ciò che forma l’oggetto della nostra meditazione di questa mattina, non è uno schema preparato da un predicatore, da me, ma é il piano stesso di Dio, è il suo disegno, é l’intento che, lui vuole raggiungere, è Lui stesso come ha voluto rivelarsi a noi, ai nostri fratelli per mezzo nostro, è Lui, presente attualmente, per portare a compimento il piano del beneplacito della divina volontà.
Lo schema della nostra meditazione, che richiede da parte vostra tanta pazienza perché forse non sarà breve, è questo: concentrare la nostra attenzione sul disegno di Dio, metterci sotto l’azione dello Spirito Santo che illumina il mistero e dà forza di penetrazione alla nostra intelligenza. Concentrare la nostra attenzione, intorno ai tre grandi misteri del cristianesimo: il mistero della Chiesa, il mistero trinitario e il mistero eucaristico vedere, scoprire, approfondire, rendere familiari i rapporti che esistono tra questi tre grandi misteri.
Il mistero della Chiesa. Ecco, qui si deve compiere uno di quei passi che ci richiede il Concilio per un rinnovamento, per un aggiornamento, per un ritorno alle fonti, che si deve compiere nella nostra mente, nel nostro modo di concepire le cose di Dio. Il Concilio ci ha aiutato potentemente, con il suo magistero in questo senso, portando nelle cose della nostra fede una chiarezza che non era ancora stata raggiunta, così completa come lo è oggi. Cioè, l’attenzione del Concilio è tutta rivolta a scoprire la volontà di Dio, il Piano di Dio, ciò che Dio vuole fare degli uomini, in mezzo agli uomini e per gli uomini. In altre parole, in quale senso Dio vuole compiere la salvezza del genere umano.
Il Concilio ci pone davanti al divino beneplacito della volontà di Dio, al piano di Dio facendoci costatare che questo piano di Dio coincide con i mistero della Chiesa. Tutti sappiamo che il mistero della Chiesa, il tema della Chiesa è il tema centrale del magistero del Concilio e che della chiesa il tema più sviluppato in tutti i documenti è il tema della unità della Chiesa. Perché? La ragione ce la dice sempre il Concilio a principio del secondo capitolo del “Lumen gentium” ed è questa: ” Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente, senza nessun legame tra di loro, ma volle fare di tutti loro, di tutti gli uomini un popolo solo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”. Noi cogliamo questa volontà di Dio in tutta la storia dell’Antico e del Nuovo testamento e nella vita stessa del Chiesa.
Tutta l’azione che ha compito il Padre nell’Antico Testamento tende a fare di Israele il suo popolo, quindi lo libera dalla schiavitù dell’Egitto, lo porta nel deserto, stabilisce con questo popolo un’alleanza, dà a questo popolo una legge che lo costituisce come popolo, che lo fa nascere come popolo e gli propone di vivere come popolo. Come popolo – nella predicazione dei profeti- ogni membro ha le sue responsabilità, ha la responsabilità che compete ad ogni persona ma legata con membri che costituiscono tutto il popolo.
E’ volontà di Dio di salvarci in questo modo. Quando viene nostro Signore Gesù Cristo a compiere l’opera che gli ha affidato il Padre, viene a costituire il popolo definitivo, il nuovo Israele, il nuovo popolo di Dio. Il grande atto di ubbidienza al Padre, di nostro Signore Gesù Cristo, il suo sacrificio in croce ha lo scopo di radunare tutti i dispersi figli di Dio. “Quando sarò innalzato attirerò tutti a me”. S. Paolo ci dice che in quel momento Gesù ci riconcilia con il Padre, che in quel momento fa cadere il muro di divisione esistente tra il popolo di Israele e gli altri popoli, ma fa cadere soprattutto il muro di divisione esistente tra ognuno di noi, e fa di noi tutti, i fratelli di un unico Padre.
Questa intenzione di nostro Signore Gesù Cristo nell’adempimento della volontà del Padre, ci viene espressa, a modo di testamento -come si dice – nella così detta preghiera sacerdotale. Tutta la preghiera ha per tema l’unità di quelli che credono in nostro Signore Gesù Cristo, la costituzione dell’unità dei credenti in nostro Signore Gesù Cristo per il ministero degli Apostoli. L’unità é l’oggetto della preghiera di nostro Signore Gesù Cristo. Se l’unità è l’oggetto della preghiera di nostro Signore Gesù Cristo, è l’oggetto della intenzione intima dell’anima di nostro Signore Gesù Cristo, “Ut unum sint”.
Gesù definisce i suoi discepoli dalla caratteristica della unità.”In hoc cognoscivit homines”. I credenti in Lui saranno riconosciuti dalla caratteristica della carità che li spinge a volere bene come Lui ci ha voluto bene e così ci ha proposto la misura dell’amore fraterno: nessuno vuole tanto bene come colui che dà la propria vita per il fratello. Questo è il precetto nuovo che costituisce il popolo nuovo, che caratterizza il popolo nuovo. Gesù ha detto che non è venuto a distruggere, che non è venuto a togliere qualche cosa dalla legge di Dio, ma che è venuto a perfezionarla e l’ ha perfeziona nel senso che, i legami che stringono il popolo antico siano più forti, più veri, più autentici ed effettivi, nel senso che questi incoli ci stringano tra di noi “ut unum sint”, da fare una sola persona come in Dio, dove il Padre e il Figlio sono “Uno solo”.
Tutto questo è compiuto in noi misteriosamente ma con l’efficacia di un’azione divina che è manifestata interiormente, ed è significata esteriormente nei santi Sacramenti. E’ significata dal Battesimo che ci inserisce nell’unità del Corpo di Cristo. E’ significata dalla Cresima che attua più a fondo questo inserimento. E’ significata dalla eucaristia. Vedremo in quale senso si compie questo nella eucaristia ed evidentemente in tutti gli altri sacramenti.
Questa é l’opera propria dello Spirito Santo questo, perché è Lui che ci introduce nella comprensione del piano di Dio; è Lui che ci conduce per fare di tutti noi una cosa sola, “uno solo”; é Lui che diffonde nel nostro cuore la capacità di essere “uno solo”, perché infonde la carità. Per l’azione dello Spirito Santo, l’amore con cui Dio ama se stesso è partecipato ad ognuno noi e la potenza dell’amore che stringe tra di loro le Divine Persone è comunicata ai nostri cuori. Ecco allora come il piano di Dio coincide con la realtà della Chiesa! Ecco allora come la Chiesa sia quella realtà verso la quale e nella quale converge tutta l’azione delle divine Persone: – del Padre che la prepara e la prepara sempre, – del Figlio che la fonda, e la fonda sempre, – dello Spirito Santo che la illumina, e la illumina sempre.
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sono sempre presenti nella Chiesa a compiere l’opera di convocazione del popolo di Dio, a compiere l’opera d’inserimento nell’unico corpo di nostro Signore Gesù Cristo, a compiere l’opera della costruzione dell’unico tempio che si edifica nello Spirito e per mezzo dello Spirito. Quindi il traguardo dell’unità nella carità è proprio quello che si prefigge Dio.
L’unità nella carità definisce la vita spirituale del cristiano. – L’unità nella carità é il fondamento della sua vita morale. – L’unità nella carità è il punto focale a cui debbono convergere tutte le virtù. – L’unità nella carità è il rimedio alla nostra condizione di peccatori, perché è il peccato è che ci divide da Dio, ed é il peccato che ci divide tra noi. – L’unità nella carità è veramente la nostra salvezza.
La Chiesa è strumento, sacramento e mezzo della salvezza di tutti i popoli, sacramento della nostra unione con Dio e della unità tra gli uomini.
Possiamo chiederci: ma perché Dio ci vuole salvare per questa strada? Perché Iddio ci vuole salvare con questo mezzo? Perché Dio si è comportato così? Perché c’é di mezzo la volontà di Dio! Senza porre degli interrogativi nei riguardi dei misteri che sono insondabili, noi, proprio aderendo al piano di Dio, facendo caso al piano di Dio, guardando da vicino il piano di Dio, cercando di penetrarvi come Dio ci introduce nel suo piano, noi scorgiamo che il motivo di questa volontà di Dio è la sua stessa natura, è Lui stesso che è fatto così.
Guardate che prende una luce particolare l’espressione del Genesi: “Facciamo l’uomo a nostra immagine somiglianza”! Tutte le interpretazioni che sono state date sono valide, sono buone, ma la pienezza della parola di Dio ha una vastità di significato che non riusciremo mai ad esaurirla. Proprio alla luce della rivelazione, cioè alla luce dei fatti, in conseguenza dei fatti, ogni espressione di Dio consegnata nel libro Sacro, ha un suo significato.
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” In che cosa noi dobbiamo somigliare a Dio? In che modo noi dobbiamo portare l’immagine di Dio nella nostra persona, nella nostra vita, nella nostra esistenza? Proprio in questo: che Dio essendo tre Persone è un Dio solo. Questa è la conseguenza per noi: noi siamo in molti e siamo uno solo. Questa non è la conseguenza di un interrogativo della nostra curiosità intellettiva, che vuole scandagliare le cose nascoste di Dio. No. Questo è il senso della Rivelazione. Questo è il senso dei fatti: – Il Padre è tutto rivolto verso il Figlio; – il Figlio é tutto rivolto verso il Padre; – l’incontro tra il Figlio e il Padre segna il momento della presenza nel mondo dell’azione dello Spirito Santo.
Prendiamo il senso di tutto l’Antico Testamento. Il Vecchio testamento è tutto proiettato verso il futuro, è tutto rivolto verso Colui che dovrà venire, è tutto teso verso le promesse, verso Colui che è promesso, verso il Messia, verso il Salvatore, verso i Liberatore.
Il senso del Nuovo Testamento: il senso della presenza storica del Figlio Dio fatto uomo nel mondo, dal primo istante sino all’ultimo istante della esistenza terrena, é proiettato verso il Padre. Il primo moto dell’anima di nostro Signore Gesù Cristo registrato da S. Paolo é questo: “Ecce Pater, venio ut faciam voluntatem tuam”. Il Figlio é tutto rivolto verso il Padre, é tutto teso verso il compimento della volontà del Padre. “In his quae Patris meis ….portat me”; “Il mio cibo è fare la volontà del Padre; quello che piace a Lui faccio sempre.
Noi che abbiamo dato alle espressioni del Vangelo un significato piuttosto moralistico, abbiamo dimenticato come tutte queste espressioni, invece, hanno un significato più profondo, direi ontologico dell’Essere stesso di nostro Signore Gesù Cristo che è fatto dal Padre, è generato dal Padre, è del Padre e tende al Padre e quindi: tutto l’essere, tutto il vivere, tutto l’esistere, tutto l’operare di nostro Signore Gesù Cristo è rivolto al Padre, e tutto esprime una comunione con il Padre, tutto esprime una presenza del Padre accanto – per dire così- a nostro Signore Gesù Cristo fino al “Consummmatum est”, fino al “Non mea sed tua voluntas fiat”.
Nessuno lo trattiene né la paura né il tedio né la ripugnanza ad affrontare la morte, per non essere chiuso in se stesso (per esprimerci a nostro modo, secondo le nostre capacità) ma per essere tutto nella volontà del Padre, per essere tutto del Padre, per essere tutto rivolto verso il Padre. E, quando questo si compie, é il momento in cui scocca (per dire così) la scintilla dell’amore.
Qui nel mondo, storicamente, nel mistero di questa storia nella quale le divine Persone hanno voluto entrare, sorprendiamo certe espressioni di nostro Signore Gesù Cristo al termine della sua vita: è necessario che io me ne vada, è necessario che io torni al Padre, è necessario che io mi ricongiunga con il Padre e quando sarà venuto lo Spirito, sarà tutto compiuto. La rivelazione!
Gesù dice ai suoi apostoli: ho ancora molte cose da dirvi, ma non siete in grado di capirmi. Gesù ammette che ci saranno delle manifestazioni, delle debolezze, della paura, della viltà negli apostoli e dice: quando verrà lo Spirito mi renderete testimonianza, quando verrà lo Spirito avrete il coraggio. Non vi preoccupate. Allora, a pentecoste, ci sarà iI compimento.
Tutta la tradizione é concorde nel dire che la chiesa nasce dal momento della Pentecoste. La Chiesa esiste, di fatto, per il fatto della venuta dello Spirito che esalta due momenti della storia della salvezza dell’Antico testamento e del Nuovo Testamento, dell’azione del Padre e dell’azione del Figlio, e rende effettivo ciò che il Padre ha preparato, ciò che nostro Signore Gesù Cristo ha compiuto.
Ecco come si manifesta il mistero trinitario della presenza delle tre divine Persone di un solo Dio!
– E’ il mistero di un amore infinito che «esiste tra le Divine Persone
– E’ la vita stessa delle Divine Persone
– E’ l’intimità della vita delle Divine Persone, che sono un Dio solo
perché
– il Padre non è ripiegato su se stesso, non cerca se stesso, ma è tutto rivolto verso il Figlio, è tutto nel Figlio, è tutto del Figlio, è tutto per il Figlio, si esprime totalmente ed infinitamente nel Figlio;
– il Figlio a sua volta non è ripiegato su se stesso, ma è tutto per il Padre, è tutto del Padre, è tutto nel Padre.
Questo duplice movimento, – per esprimerci come possiamo -, dell’essere “ad” del Padre e del Figlio è un fatto costitutivo della natura di Dio, é necessario in Dio, é eterno, é infinito, é perfettissimo, perciò sussiste. Questo amore infinito ed eterno del Padre per il Figlio, questo amore infinito ed eterno del Figlio per il Padre, è lo Spirito, è l’Amore. E’un Dio solo. Un Dio solo!
Ecco perché il Concilio, tra le altre sue affermazioni, nella “Unitatis Reintegratio”, il decreto sull’ecumenismo, ad un certo punto dice che la sorgente, il modello del unità della Chiesa, è il mistero della Santissima Trinità.
Miei cari, io mi permetto di riflettere con voi, su come noi abbiamo confinato questo mistero ai margini della nostra catechesi, come è poco presente nella nostra predicazione, come quasi lo rifuggiamo.
Certo non lo possiamo proporre nei termini di una teologia speculativa, con la terminologia tecnica di una teologia scientifica, ma si può proporre nei termini dei documenti della Rivelazione, della Sacra Scrittura, quindi nei termini di una storia che si svolge e che ha un determinato senso, che va in questo senso dell’unità delle divine Persone, dell’unità di un solo Dio, nel mistero di un solo Dio, che diventa sorgente di unità perché le tre Divine Persone che operano nella storia, operano l’unità della Chiesa.
Noi abbiamo proposto come modello di vita cristiana Gesù Cristo. Sì. Non dobbiamo sbagliarci, ci mancherebbe altro, ma dobbiamo presentare Gesù Cristo tutto riferito al Padre, sempre in comunione con il Padre, che ci porta sempre al Padre, e che ci porta al Padre sotto l’azione dello Spirito. Perché? Perché non potete comprendere tutte le cose che ho detto e che ho ancora da dirvi, se non c’é Lui che le illumina, e Lui vi illumina che è modello in questo senso. Non può essere solo Gesù Cristo, isolatamente, il modello della vita cristiana.
Il modello della vita cristiana é Gesù Cristo nella totalità delle sue relazioni intra-trinitarie che porta come conseguenza l’amore vicendevole, e al termine della nostra esistenza la comunione con le Divine Persone.
La annunciamo la comunione che esiste tra noi e il Padre e il Figlio suo? La annunciamo questa comunione perché il nostro gaudio sia pieno? Sono queste le cose che Iddio ci propone. Noi siamo andati a finire ai margini, oppure abbiamo lasciato ai margini queste cose essenziali che ci propone Iddio.
Abbiate ancora un po’ di pazienza.
Dove, quando, come, tutto questo si realizza in un modo pieno? Diciamolo subito: tutto questo, cioè il piano di Dio, si realizza per il ministero della Parola e per l’azione di tutti i sacramenti.
Leggete, mi pare il secondo numero del secondo capitolo, o giù di lì, della “Lumen Gentium”. Tutti i sacramenti sono presentati come mezzo di inserimento e di pienezza dell’unità dell’unico popolo di Dio. Ma c’é un sacramento, c’é un momento dell’azione ministeriale, c’é uno strumento disposto da Dio, istituito da nostro Signore Gesù Cristo in cui, in un modo più espressivo è manifestata l’azione di Dio, in un modo più efficace si compie, si opera, l’azione di Dio ed è il sacramento del Mistero Eucaristico. Che il mistero Eucaristico tenda a fare comunione tra noi è abbastanza presente. Abbastanza. Non troppo!
La Comunione sacramentate è stata concepita e presentata – e ancora concepita prevalentemente e non dico che questa prevalenza in un certo senso non debba esistere – come comunione personale con la Persona di nostro Signore Gesù Cristo.
Rileviamo che il magistero del Concilio, mai una volta, parla della comunione Eucaristica senza mettere in evidenza le due dimensioni, – come si dice oggi – dell’unione con nostro Signore Gesù Cristo e della unione con i nostri fratelli. Sempre. Sempre. Sempre! L’unione a nostro Signore Gesù Cristo e la comunione con i nostri fratelli, è l’unità della Chiesa, è l’unità del Corpo mistico, è la costituzione del popolo di Dio, è l’unico tempio che si edifica nello Spirito, è la vite e sono tralci che vivono di una stessa linfa.
Questa è la pienezza del significato della Comunione Eucaristica che, di per se stessa, è edificazione della Chiesa, di per se stessa è edificazione della Chiesa per il ministero visibile dei sacri ministri e per la partecipazione, la collaborazione, la corrispondenza di tutti i membri del popolo di Dio, evidentemente per l’azione delle Divine Persone.
E’ qui dove il nostro modo di concepire, dove la nostra mentalità e quindi la nostra catechesi e il nostro modo di proporre il mistero eucaristico si è impoverito, perché ha creato un certo isolamento intorno a questo mistero, intorno all’Eucaristia. Certe definizioni della Eucaristia nel catechismo, sono buone e giuste, ma non sono complete.
Quando Gesù propone di mangiare la sua carne e di bere il suo sangue, fa un lungo preambolo. Sì, si può interpretare, ma la sostanza è questa: si tratta di un pane di vita che è la carne del Figlio di Dio, che discende dal cielo, che è dato dal Padre, che ha questo di caratteristico: mentre il pane che è stato dato ai padri nel deserto non era pane di vita eterna, questo è pane di vita eterna. D’altronde Gesù si propone come cibo e come bevanda ma, come cibo e come bevanda che assicura la vita eterna.
Gesù Cristo ci è dato dal Padre:”Sic Deus dilexit mundum ut Filtum suum unigenitum daret”. Quale è quel momento che questo atto del Padre prende un significato pieno per me personalmente? E’ l’hic et nunc” della celebrazione del mistero eucaristico. E’ qui, in questo momento, che si verifica l’azione del Padre “sic Deus dilexit ut Filium suum unigenitum dare”; l’eucaristia è l’ora del Padre,è il dono del Padre.
E’ il dono del Padre per un compimento del beneplacito del suo amore infinito nei nostri confronti, di fare di noi i suoi figli, di fare di noi la famiglia dei suoi figli, di ricapitolarci in Gesù Cristo ; di farci come membra del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, di costituirci in unità.
“sic Deus dilexit” che si esprime con la forza, il vigore di un sacramento, di un’azione di Dio, ha questo come termine, come scopo: sempre la edificazione della Chiesa. Quindi costituire Gesù Cristo primogenito in mezzo a una moltitudine di fratelli, che li riunisca intorno a sé e faccia di tutti un solo Corpo; Gesù Cristo che diventa nostro cibo e nostra bevanda, diventa nostra vita:“qui manducat me vivet propter me”.
Che senso ha la vita di nostro Signore Gesù Cristo?
L’abbiamo già considerato: di essere tutta riferita al Padre, di essere tutta una comunione con il Padre, di essere tutta un impulso di vita che si dirama in tutte le membra per costituire un’unità che sale verso il Padre:” Io sono la vite,voi i tralci” Questo compie nostro Signore Gesù Cristo nell’atto in cui dona Se stesso:”Dilexit me tradidit semetipsum pro me”.
Il “dilexit” del Padre, il “dilexit” del figlio che ha un unico senso,un unico scopo: la edificazione, la costituzione del popolo di Dio, la edificazione del Corpo di nostro Signore Gesù Cristo, la edificazione dell’unico tempio dello Spirito: è l’azione dello Spirito Santo
Un certo numero del Presbiterorum Ordinis mi pare dove si parla dell’azione sacramentale del sacerdote, è detto del Corpo di Cristo vivificato dallo Spirito e reso vivificante. Questo Corpo dato per noi, per opera di chi è stato concepito? per l’azione di chi è stato vivificato dopo la morte? il Padre lo vivifica per mezzo dello Spirito e per l’azione della Spirito é reso vivificante.
Perché il figlio deve ritornare al Padre? Perché possa venire quell’Altro che ci introdurrà nella intelligenza di tutta la verità, e che diffonderà l’amore nei nostri cuori perché possiamo essere una cosa sola.
Sì, noi dobbiamo fare una cosa per volta, evidentemente, ma dobbiamo – facendo una cosa per volta – essere capaci di fare la sintesi. Pentecoste fa ancora parte della Pasqua, e il Corpus Domini è una Pentecoste, è una presenza dello Spirito.
Io mi permetto di dire proprio qualche cosa nel tentativo di correggere una certa mentalità corrente. Vedete come l’aver dimenticato tutta questa pienezza del mistero eucaristico, tutta questa presenza delle divine Persone, ci ha fatto concepire in un modo romantico la solitudine del tabernacolo? Certo,c’é una solitudine del tabernacolo che è causata dalla nostra dimenticanza, indubbiamente. Questa solitudine l’abbiamo rimediata per mezzo della fiammella della lampada; le lampade viventi…!
C’é qualche cosa di più importante, di più decisivo intorno al Tabernacolo. Non c’é la solitudine “Pater meus non reliquit me solum!’ il Padre non mi abbandona mai, e lo Spirito è sempre presente. In questa che noi chiamiamo solitudine, c’é una pienezza di comunione, c’è una preminenza di presenza, c’é una pienezza di circolazione di vita e di esistenza, che è stupenda e meravigliosa, ed è la profondità insondabile del mistero della vita intima di Dio. Nel tabernacolo é presente con la presenza permanente, sotto i segni sacramentali, nostro Signore Gesù Cristo che con il Padre e lo Spirito Santo è un Dio solo.
Miei cari, vi lascio nella meditazione impegnata di questi misteri proposti così. Cercate di liberavi dalla tentazione di pensare che siano delle verità astratte. Cerchiamo di costatare come stanno veramente le cose. Non le verità ma, le cose, le azioni, gli avvenimenti storici che hanno le divine Persone come attori, protagonisti, Cerchiamo di approfondire come tutto questo è veramente fondamento, origine, sorgente, linea, piano, disegno, modello,che deve entrare nel nostro modo di concepire, nel nostro modo di vivere la vita spirituale, e nel senso che dobbiamo dare al nostro ministero.
OM 596 Sacerdoti 71