incontro coi sacerdoti in Seminario
L‘edificio che accoglierà debitamente i giovani aspiranti al sacerdozio non tarderà, grazie alla collaborazione di tutti, ad essere completato, ma se l’ambiente materiale è una componente, che ha la sua importanza nell’opera educativa, tanto più importante e decisiva, è la componente costituita dall’ambiente sociologico e dalle persone.
Quando i nostri giovani si preparavano a raggiungere la loro meta, “protetti all’ombra silenziosa e indisturbata del santuario”, si poteva pensare che l’azione pedagogica fosse assolta totalmente dai Superiori e dagli insegnanti. Tolti i “pericoli” delle brevi ed uniche vacanze estive, nessuno interveniva in quest’azione.
Le Parrocchie sentivano vivo, l’orgoglio di avviare delle belle schiere di ragazzi in Seminario e le famiglie le più profondamente cristiane oltre che essere un ambiente in cui facilmente sbocciava la vocazione allo stato ecclesiastico, ravvisavano nel figlio, che sarebbe giunto al Sacerdozio, un segno della benedizione del cielo e le altre famiglie scorgevano per lo meno la possibilità di una sistemazione per uno dei propri membri.
Oggi dobbiamo prendere atto che tutto questo è profondamente cambiato. E’ mutata la condizione sociale, economica, culturale e religiosa delle nostre comunità parrocchiali e famigliari. Nella condizione di vita di oggi più evoluta e in continua trasformazione, i valori morali e religiosi possono trovarsi in crisi.
I ragazzi e i giovani che arrivano o si trovano già in Seminario, sono esposti e aperti a tutto ciò che è espresso dalla situazione in cui è immersa la loro esistenza e, normalmente ciò che per l’adulto è novità e motivo di apprensione, per loro è normale e pacificamente ammissibile.
Questo divario d’atteggiamento nei confronti della situazione, genera nei giovani degli atteggiamenti di sorpresa per l’allarmismo degli adulti, degli atteggiamenti di difesa rispetto alle condanne, degli atteggiamenti di critica e di contestazione perché sono convinti che i mali della società ai quali sono particolarmente sensibili, sono imputabili ai sistemi di vita, che le persone mature dimostrano di volere difendere e mantenere.
Questi ragazzi, questi nostri giovani sono fratelli di coloro che, non avendo una particolare sensibilità e apertura, si lasciano assorbire anonimamente dalla cosiddetta civiltà dei consumi e vivono alla giornata, attenti a cogliere ciò che al loro egoismo offre l’ambiente. Questi nostri ragazzi sono fratelli di coloro che, per essere sensibili e aperti, diventano i figli della contestazione.
Evidentemente quello che ho rilevato non esaurisce l’analisi della situazione in cui vivono i giovani, tanto meno spiega le loro reazioni, serve soltanto ad indicare uno dei fenomeni che caratterizzano il nostro tempo, da cui non possiamo prescindere per abbozzare un discorso sulle responsabilità e le difficoltà pedagogiche, nelle quali s’imbattono coloro che hanno il compito di preparare i Sacerdoti di domani.
Una prima considerazione che s’impone è questa: il Seminario non può più essere un ambiente chiuso e protetto, non ha più nessuna misura disciplinare che lo immunizzi dalle influenze esterne; e se ci fosse diventerebbe un ambiente artificiale insopportabile e controproducente. Questa non è una valutazione, ma soltanto per constatazione di fatto.
Un’altra considerazione importante e impegnativa. Data la natura della Chiesa particolare nella situazione attuale, la responsabilità pedagogica in ordine alla preparazione dei futuri sacerdoti grava su tutta la comunità diocesana, va condivisa da tutti i fedeli, dalla famiglia, dai religiosi e dalle religiose, dai Sacerdoti, dai Superiori e insegnanti che formano un unico corpo pedagogico, e dal Vescovo. Diventa allora, indispensabile un dialogo dove tutti i responsabili sono interlocutori per parlare e ascoltare, per intendersi e concordare un’azione comune, al fine di scoprire i germi di vocazione e offrire la possibilità di svilupparsi. Due cose devono stare chiare davanti all’attenzione responsabile di tutti: il tipo di Sacerdote da preparare e i mezzi che si devono adottare.
Il sacerdote, che vogliamo assicurare alla Chiesa, è quello che corrisponde al pensiero dinostro Signore gesù Cristo interpretato nella situazione del nostro tempo dal Magistero della Chiesa. – E’ il sacerdote che crede seriamente al mistero della croce,
– è il sacerdote che concepisce la sua esistenza come un umile dono di servizio ai fratelli;
– è il sacerdote che crede per se e per gli altri alla necessità e nell’efficienza della Parola di Dio;
– è il sacerdote cosciente di dovere attingere per sé e per gli altri alle uniche sorgenti capaci di rendere umana e cristiana la vita degli uomini, quella della Grazia;
– è il sacerdote disposto a diventare segno di contraddizione per la salvezza dei propri fratelli.
Il giovane, che decide di diventare Sacerdote così, deve essere in condizione di farlo con la responsabilità di chi si assume il compito di aiutare i propri fratelli ad assumere, a loro volta e convenientemente, la responsabilità per la costruzione di un mondo più umano.
A questo punto è veramente difficile definire una linea chiara, sulla quale disporre tutti gli elementi che compongono l’azione pedagogica da adottare rispetto ai nostri Seminaristi.
Nella situazione che abbiamo ricordato, e con i ragazzi d’oggi, dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere che non vediamo chiaro pur avendo la sicurezza che, sotto queste realtà nuove, è presente una forza salvifica, largamente capace di animarle e farle maturare in senso cristiano.
La nostra responsabilità sta nella ricerca delle vie, attraverso le quali quella forza può sprigionarsi e più precisamente nella ricerca del punto di sensibilità e d’interesse dove i nostri ragazzi sono più aperti per incontrarsi con nostro signore e scoprirlo.
Il giovane di oggi identifica il bisogno di salvezza per il mondo, con i problemi della fame, delle sperequazioni o delle discriminazioni, del sottosviluppo, della guerra, delle strutture che sono alla radice di questi mali. Non sono pochi i giovani che sentono che vale il conto di spendere l’esistenza per aiutare l’umanità a elevarsi da questi mali.
La sensibilità di questi giovani è veramente in sintonia con il messaggio del Vangelo. Qualora scoprissero che i loro interessi coincidono con quelli di Gesù Cristo, che Lui solo è portatore di una salvezza totale, che Lui stesso sceglie alcuni e affida loro un compito di servizio a favore della salvezza di tutti gli uomini, non sarebbero pochi a rispondere alla chiamata.
L’ostacolo, che si frappone tra questi giovani e Cristo, può essere un Vangelo impoverito, disincarnato, che non fa scendere “dai tetti” il giudizio del maestro sulle situazioni umane.
Le nostre comunità, chiuse nella preoccupazione di assicurarsi una propria salvezza, paurosamente insensibili a tutti i peccati che gridano vendetta al cospetto d Dio, possono costituire un altro ostacolo
Non ultimo fra gli ostacoli può essere la figura del Sacerdote come è configurata nei nostri ambienti.
Questi nostri giovani ci giudicano dalla nostra fedeltà ed integrità del vangelo, prima che dalla nostra fedeltà alle sue esigenze; portano un loro giudizio sul tipo di persone o di comunità che noi formiamo, sulla sensibilità delle coscienze che noi educhiamo e, certamente, non sfugge loro il grado di sensibilità che dimostriamo, in concreto, per la salvezza dei nostri fratelli. Non è detto che il giudizio dei nostri giovani è pertinente: è il giudizio di giovani. Nelle comunità e nelle persone ci sono aspetti non facilmente avvertiti, però è innegabile che molte cose rivelano la presenza operante del Vangelo di Cristo o la sua presenza.
Neppure s’intende fare una rappresentazione del giovane di oggi idealizzata al punto di ignorare che, al realizzarsi di una vocazione sacerdotale, non si frapponga mai l’ostacolo dell’egoismo e quindi di una mancata generosità. Ci deve rendere molto attenti e responsabili, la sensibilità viva e molto diffusa tra i giovani per i grandi bisogni del mondo e la loro larga disponibilità al servizio di chi attende la salvezza nel senso della pace, della giustizia, della promozione della persona umana, che Gesù Cristo vuole assicurare a tutti gli uomini.
Propongo queste sommarie considerazioni alla capacità di approfondimento e alla meditazione di tutti: laici, religiosi, religiose, e a me stesso. Cerchiamo di scoprire la misura di responsabilità che ciascuno di noi ha per i problemi delle vocazioni ecclesiastiche.
Valutiamo con realismo la situazione in cui vivono i giovani e la sensibilità e gli interessi della psicologia dei nostri giovani;
Esprimiamo con chiarezza ed umiltà nella nostra esistenza personale e comunitaria, quanto sono vive nella nostra coscienza le esigenze per la salvezza integrale di tutti gli uomini.
Tutti quanti ricordiamo che siamo per i giovani il termine di confronto della validità del vangelo e della salvezza proposta da nostro Signore Gesù Cristo
OM 171 Seminario 68