Lettera di Mons. Vescovo a tutti i Sacerdoti della Diocesi
Carissimi, il giorno 12 Aprile ho partecipato a un incontro dei responsabili diretti del Seminario e l’attenzione è stata rivolta ai problemi che riguardano il Minore. Le cose che emergono con sempre maggior evidenza in questi incontri sono tali che mi pare doveroso rendervene partecipi dal momento che, se investono la responsabilità di tutta la comunità diocesana, chiamano in causa soprattutto la nostra di Sacerdoti.
Non dimentico che il problema del Minore si inscrive in quello più ampio della pastorale dei ragazzi e ovviamente è soltanto un aspetto e un momento della preparazione dei giovani al sacerdozio; ma ci sono ragioni serie perché ora vi dedichiamo un’attenzione tutta particolare.
Vorrei mettere a capo di tutto il nostro discorso una osservazione che mi pare fondamentale: il problema è anzitutto quello dei ragazzi che avendo una vera vocazione sacerdotale non la realizzano, anche se non può non esserci una preoccupazione per la scarsità degli alunni del Seminario Minore. Non che sia il caso di entrare nella questione attinente il mistero della economia della salvezza, se e perché, in un determinato momento storico, Iddio non conceda in abbondanza il dono della vocazione al ministero sacerdotale; la questione concreta è posta dalla constatazione, sufficientemente suffragata dai fatti, che un certo numero di ragazzi che danno segni ragionevolmente sicuri di essere chiamati, in realtà non attuano la loro vocazione.
Ora, aldilà di ogni considerazione di utilità ecclesiale, se così si può dire, si impone il fatto che Dio elargisce i suoi doni per la ricchezza, la varietà, la vita della chiesa del suo Figlio e che questi doni vengono vanificati. Di più, questi doni corrispondono alle possibilità di realizzazione di persone ben individuate, le quali per se stesse, per la chiesa e per la società, vengono a costituire delle realtà mancate.
Nasce di conseguenza una responsabilità tanto più personale e impegnativa quanto più diretti e immediati sono i legami con questi “eletti “; e la responsabilità è di quelle che non toccano solo tangenzialmente i rapporti con Dio e con i suoi figli, ma entra in un preciso grave disegno di Dio di realizzare la misura della conformità di una persona ben individuata al mistero e alla missione di Cristo; ha una portata morale molto più grave di quella di aver impedito che un legittimo erede entri in possesso di una grossa fortuna.
Tra le difficoltà che, specialmente un ragazzo, incontra per realizzare la sua vocazione al sacerdozio si devono riconoscere quelle personali di ” lasciare ” per ” seguire “, quelle ambientali che lo condizionano negativamente (vita comoda, successo, ecc.), poi c’è la famiglia che se non è profondamente animata da spirito cristiano non concepisce e non accetta un figlio prete. Purtroppo tra i fattori negativi dobbiamo riconoscere, in più di un caso, anche i nostri atteggiamenti.
L’atteggiamento più preoccupante e più dissuadente è quello che deriva dalla misura e dal modo con cui abbiamo realizzato noi stessi come sacerdoti. Le ragioni più valide che potremmo addurre per convincere un candidato a seguire la propria vocazione sarebbero penosamente e scandalosamente smentite dal nostro atteggiamento.
Chiunque ha diritto di incontrare in noi delle personalità mature. Se si ammette, come sembra ragionevole, che la personalità matura non è quella che non ha problemi, ma quella i cui problemi personali non sono così in primo piano da disturbare radicalmente il proprio lavoro, ci si dovrà allora interrogare e chiedere in che misura i nostri problemi interferiscono nello svolgimento del nostro ministero.
Può accadere, soprattutto quando non ci si mette con chiarezza da vanti al Signore nella profondità della preghiera, che quanto ci disturba in superficie sia talmente rimarcato da lasciare una falsa immagine della nostra personalità: possono esserci tante cose non decisive che ci scontentano, alle quali dedichiamo tanta attenzione da dimenticare e sommergere ciò che a ragion veduta rimane ancora il motivo vero della nostra consistenza e conserva tutto il diritto e la forza di alimentare una vera soddisfazione. L’emotività, la superficialità, una certa « letteratura » per cui tutto è sbagliato, tutto va male ci possono giocare degli scherzi molto pericolosi e dannosi per noi é per gli altri.
I motivi di fondo del senso della nostra vita vanno continuamente fatti emergere con una forte disciplina ascetica e nell’approfondimento costante e rinnovato dei rapporti con l’Interlocutore della nostra vocazione.
E’ cosa da considerare con attenzione la reazione psicologica immediata e i sentimenti che provoca in noi la confidenza di un ragazzo che ci manifesta la sua intenzione di diventare sacerdote.
Un secondo atteggiamento determinante il nostro impegno di fronte alla responsabilità di favorire una vocazione è quello che assumiamo nei riguardi del Seminario Minore.
Onestà vuole che si riconosca che la percezione e la valutazione della realtà è sempre soggettiva. Mentre può accadere che non siamo pienamente consapevoli del gioco selettivo e parziale del nostro modo di vedere le cose, nel problema in questione, dobbiamo riconoscere che la valutazione della opportunità o meno del Seminario Minore dipende tra l’altro:
a) dal grado in cui ci si lascia influenzare dalla propria esperienza di seminario;
b) dal grado di conoscenza vera e cioè diretta dell’attuale Seminario Minore, dei suoi obiettivi pedagogici e dei mezzi che vengono scelti per il loro raggiungimento;
c) dal grado di conoscenza dei dati relativi allo sviluppo e al consolidamento degli interessi del ragazzo; alla scelta professionale; alla capacità decisionale: tutti dati di cui si deve tener conto in ordine al problema dell’orientamento vocazionale.
Questi elementi di valutazione devono essere presenti nella riflessione personale e nel dialogo aperto e leale tra competenti, operatori e responsabili. In pratica, tutti noi sacerdoti dobbiamo cooperare allo stabilirsi di condizioni di incontro, di dialogo, di confronto al fine di chiarire a noi stessi stati d’animo, principi e orientamenti e per stabilire una leale e responsabile collaborazione.
Più in particolare un fattore determinante degli atteggiamenti che si assumono nei riguardi della chiamata al sacerdozio è costituito dalle nostre consapevolezze e persuasioni sul tema specifico dell, “scelta vocazionale”.
Come sapete, ricerche e studi aggiornati sulle diverse componenti del fatto vocazionale considerato come fenomeno umano oltre che nella sua dimensione soprannaturale, oggi non mancano. Qui mi limito a richiamare alcune delle conclusioni più attendibili e di maggiore interesse per la nostra prospettiva:
a) La scelta della professione è un lungo processo evolutivo, che può essere orientato sia favorendo la maturazione delle capacità e degli interessi, sia aiutando il ragazzo e l’adolescente a conoscersi in modo più adeguato.
b) Gli interessi professionali formulati negli anni della Scuola Media sono ancora poco stabili perché influenzati fortemente de fattore emotivo; ciò non toglie che nello stesso tempo il ragazzo incominci a tener conto delle proprie capacità e interessi in ordine alla professione futura.
c) Da ricerche specifiche sulle vocazioni al sacerdozio risulta che oltre il 50% dei giovani avviati alla vita sacerdotale hanno avvertito questa particolare inclinazione prima del 13° anno. Tale inclinazione inoltre appare dotata di una sua consistenza con un certo anticipo rispetto alle altre inclinazioni professionali.
d) Va rilevato peraltro che l’inclinazione è solo un aspetto della vocazione, la quale dev’essere controllata e convalidata con l’insieme dei tratti e delle qualità personali. Tutti gli elementi necessari per una scelta libera e definitiva non si acquisiscono normalmente che a partire dai 18 anni circa.
Questo insieme di dati e le considerazioni che suggeriscono convergono su una precisa indicazione operativa che dovrà essere ben presente alla nostra responsabilità pastorale, sia per escludere altre soluzioni astrattamente ipotizzabili, sia per impegnarci in una scelta che ci trovi convintamente uniti e partecipi.
Vi è un’azione educativa, da svolgere nei riguardi di ogni ragazzo e in particolare di quelli che manifestino il desiderio di diventare sacerdoti, che deve tendere a creare le condizioni più favorevoli a che essi chiariscano a se stessi le proprie idee e il proprio mondo interiore e maturino in coerenza le proprie scelte.
Il Seminario Minore offre una possibilità concreta per la creazione di un clima educativo cristiano che aiuti il ragazzo a chiarire, consolidare e sviluppare una eventuale chiamata al sacerdozio. Non è l’unica possibilità, ma si presenta a tutt’oggi, a determinate condizioni, come la più vantaggiosa e funzionale rispetto ad altri ambienti educativi: tutt’altro che da sottovalutare, questi ultimi, ma compromessi da troppo gravi carenze e involuzioni per potersi almeno per il momento sostituire o porre sullo stesso piano del seminario minore.
Non si tratta di tendere a condizionare dei ragazzi con le strutture del seminario, in una specie di gioco di forza con altri condizionamenti di segno diverso, ma di sapere come realizzare veramente all’interno del seminario un clima orientativo cristiano di maturazione della chiamata vocazionale nella libertà e nella fede. Il problema quindi non è da porre in termini alternativi (seminario sì o no) ma migliorativi: come realizzare nel seminario quell’ambiente, quei processi e quei traguardi educativi che solo possono motivarne la presenza.
Così posto, il problema riguarda indistintamente ogni sacerdote e si affida alla coscienza, all’impegno, alla corresponsabilità di tutti.
Lo Spirito Santo ci aiuti a entrare nel mistero di Cristo perché possiamo rendere testimonianza del suo amore pastorale con tutta la nostra vita e in particolare con l’accogliere e l’aver cura di ogni suo dono vocazionale, a cominciare da quello, inestimabile e insurrogabile, della chiamata al sacerdozio.
Se da una parte è salutarmente emotiva, dall’altra quanto è seria in questo contesto l’affermazione di Gesù: « Chiunque accoglierà un fanciullo come questo in nome mio accoglie me » (Mt. 18,5)!
CARLO FERRARI, vescovo
Mantova, 2 Giugno 1974, Domenica di Pentecoste
ST 325 Seminario 74 – Lettera di Mons. Vescovo a tutti i Sacerdoti della Diocesi
Stampa: Rivista diocesana, Maggio- Giugno 1974