opuscolo – edizione 1948- “Vita e pensiero” Milano
La S. Messa è il sacrificio dei Cristiani.
Il sacrificio è il mezzo più espressivo per manifestare a Dio i sentimenti di Religione, i quali sono:
l’adorazione con cui si riconosce a Dio il supremo dominio su noi e su tutte le cose;
il ringraziamento con cui si riconosce che quanto siamo e abbiamo è dono della liberalità di Dio;
la propiziazione con cui si cerca di propiziare e soddisfare la giustizia di Dio offesa dai nostri peccati;
l’impetrazione con cui domandiamo a Dio quanto ci abbisogna per il corpo e per l’anima.
Uno stesso sentimento noi lo possiamo manifestare in modi diversi, più o meno espressivi i quali, di regola, ne denotano la diversa intensità. Così per es. io posso esprimere il sentimento dell’amicizia con una bella frase, con una stretta di mano, con un abbraccio o con un bacio.
Allo stesso modo per manifestare a Dio i sentimenti di Religione potrei dire: Signore ti adoro, ti ringrazio, ecc.; oppure fare un atto di adorazione prostrandomi a terra. Ma se tengo conto della mia natura, per cui un sentimento e tanto più vivo quanto è più sensibilmente espresso, è chiaro che per esprimere i sentimenti di Religione il sacrificio è il mezzo più adatto.
Difatti come meglio esprimere che Dio è tutto e noi siamo niente, che tutto viene da Lui, che la sua giustizia dovrebbe annientarci perché l’abbiamo offesa e che tutto attendiamo da Lui, se non col nostro annientamento?
Questo che non ci è consentito possiamo però esprimerlo in modo equivalente. Prendiamo una cosa che ci rappresenta e ci sostituisce e facciamo su di essa ciò che dovremmo fare in noi: la distruggiamo. In tal modo diciamo al Signore e lo dichiariamo anche di fronte agli altri, che con la distruzione di ciò che ci rappresenta noi intendiamo esprimere il nostro annientamento.
Per sè niente vieterebbe che ciascuno, come è tenuto personalmente a esprimere i suoi sentimenti religiosi, si scegliesse l’oggetto (vittima) con cui esprimere la propria immolazione; ma Dio che ha stabilito per l’umanità una religione positiva, così ha pure stabilito positivamente come deve essere il sacrificio e di esso ha fatto esclusivamente un atto pubblico, cioè un atto che si compie a nome della comunità religiosa, da persone a ciò deputate, e secondo modalità determinate.
In esso quindi troviamo sempre il Sacerdote, la Vittima e un Rito particolare. A questo riguardo giova tenere presente:
1) che il Sacerdote opera a nome dei fedeli: uno non opera realmente a nome di un altro se non è da questi debitamente incaricato; quindi il Sacerdote tanto più opererà a nome nostro, quanto più noi intendiamo farci da lui rappresentare, come vedremo in seguito;
2) che la vittima sta nel sacrificio al nostro posto e che quanto si opera in essa dovrebbe operarsi in noi, quindi durante il sacrificio bisogna fare di tutto per immedesimarsi con essa.
Ne deriva la conclusione che il sacrificio, pur essendo di sua natura pubblico, non cessa di essere un’azione eminentemente personale, per la quale non è sufficiente un’assistenza passiva, ma si richiede una partecipazione attiva.
Nella celebrazione del sacrificio, e quindi della Messa, ciascuno deve essere Sacerdote e vittima.
Come si può essere Sacerdoti?
Innanzi tutto ricordiamo che il Sacerdote vero del sacrificio della Messa è Gesù Cristo, che per il ministero del Sacerdote visibile e sotto le apparenze del pane e del vino offre Se stesso al suo divin Padre. Però come Sacerdote, Egli opera a nome nostro e ci dà così la possibilità di poterci presentare a Dio per offrirgli un sacrificio degno della sua Maestà.
È necessario quindi che entri in esercizio il nostro mistico e regale sacerdozio il quale comprende:
1) il potere di partecipare alle operazioni del Sacerdozio di Gesù, come membra alle operazioni del Capo: offrire Gesù e noi stessi per mezzo di Gesù;
2) il potere di partecipare al Sacerdozio ministeriale del Prete in quanto è delegato a operare a nome nostro: offrire Gesù e noi stessi per mezzo del Sacerdote;
3) il potere di unire a quella di Gesù l’offerta di noi stessi e delle nostre cose: offrire Gesù e noi stessi.
Questo significa essere Sacerdoti.
E come è possibile essere vittime?
Intanto, anche a questo riguardo, non bisogna dimenticare che la vera Vittima, di cui le antiche non erano che la figura e che rende gradita ogni altra offerta, è Gesù.
Ma Gesù anche come Vittima del suo sacrificio, non è personalmente isolato, ma è sempre il Capo del suo Corpo mistico e il Primogenito di tutte le creature. Quindi la Vittima che Gesù Sacerdote offre all’Eterno Padre è costituita dalla sua Umanità santissima, noi, tutte le creature.
Il dominio di Dio è universale e perciò non dobbiamo riconoscerlo soltanto su di noi, ma anche sulle creature inanimate delle quali, come Gesù, dobbiamo essere i Pontefici. Cosicchè (e si perdoni l’insistenza) Gesù offre Se stesso, noi e tutte le creature; noi dobbiamo offrire Gesù, noi stessi e tutte le creature; tutte le creature sono offerte da Gesù e attendono di essere offerte anche da noi.
L’offerta che fa Gesù per mezzo del Sacerdote, di sua natura (ex opere operato) produce il frutto della Messa che è conseguenza degli atti di religione del divin Redentore; a questo frutto noi prendiamo parte in proporzione delle nostre disposizioni e della nostra cooperazione, le quali in pratica si riducono alla nostra unione con la Vittima per mezzo della fede e della devozione, pronta e generosa donazione di noi stessi (« dei quali ti è nota la fede e conosciuta la devozione» dal Canone della Messa).
Ma poi esiste un altro frutto che si produce in conseguenza, della nostra offerta (ex opere operantis) che importa la nostra unione alla Vittima divina.
La ragione è che Gesù, come è già stato notato, più che sostituirsi a noi, ci ha resi solidali, cioè una sola cosa con Lui.
Da notarsi che per il rispetto che Dio ha della nostra personalità Egli non opera nulla in noi senza il nostro consenso, e perciò questa solidarietà sarà tanto più efficiente quanto più, con un atto deliberato della nostra volontà, uniremo la nostra offerta a quella di Gesù.
Andare a Messa
Che cosa significa quindi andare a Messa?
Non parliamo di quando la Messa entra nel numero delle convenienze sociali e ci si va senza un intimo perché, quasi fatalmente, perché, purtroppo, così è organizzata la vita.
Intanto non significa portarsi, con più o meno degnazione, ad assistere ad una cerimonia con la benevola disposizione di aver pazienza che finisca, tanto più se non se ne intende il significato.
Non significa neppure andare a pregare per proprio conto, mentre il Sacerdote, per proprio conto, dice la Messa.
Significa invece andare a compiere con la Chiesa un atto di religione di cui si intende il significato; e in particolare significa:
andare a offrire a Dio il sacrificio che il proprio Figlio ha offerto sul Calvario e rinnova e perpetua sugli altari;
andare a soddisfare con questa offerta al proprio dovere di adorare, ringraziare, propiziare e impetrare il Signore; soddisfare questo dovere con la immolazione di Gesù;
ricordare che questa immolazione significa e richiede la nostra immolazione.
I buoni Israeliti, quando andavano a offrire il sacrificio, sceglievano dai loro armenti un capo di bestiame che portavano al Tempio perché fosse sacrificato, a significare la loro immolazione.
I buoni cristiani, quando vanno alla Messa, devono prendere qualche cosa da portare in chiesa da offrire in sacrificio.
E’ troppo poca cosa la moneta che si mette nella borsa delle elemosine; se il sacrificio deve essere fruttuoso è necessario prendere in se stessi qualche cosa da immolare.
Sei tu che devi essere immolato; meglio che a ciò che potrebbe rappresentarti, attaccati a ciò che deve essere rappresentato; prendi nel complesso del tuo essere ciò che Dio attende che gli immoli: la tua intelligenza nell’ossequio della fede; la tua volontà nell’ubbidienza alla sua legge; la tua sensibilità nel sacrificio della mortificazione; la tua attività nella immolazione del dovere quotidiano; la croce delle inevitabili sofferenze di cui è provvidenzialmente intessuta la tua vita.
Vai così, nell’esercizio del tuo regale sacerdozio a celebrare la tua Messa.
Le parti del sacrificio
Il Signore si è interessato di stabilire le modalità del sacrificio; prima con le prescrizioni mosaiche, poi con la realizzazione del Calvario, in fine per mezzo delle determinazioni liturgiche della sua Chiesa.
A osservare attentamente lo svolgimento del sacrificio sia nella figura come nella realtà, come pure nella continuazione e rinnovazione mistica, noi vi troviamo quattro parti principali. La prima in cui si santifica la vittima, la seconda in cui si offre, la terza in cui si immola, la quarta in cui si dà in comunione.
Consideriamo lo svolgimento di queste parti nei diversi sacrifici.
Nella legge antica
Santificazione. – Tutto ciò che si presenta a Dio deve essere meno indegno della sua santità; per questo la vittima doveva essere monda da difetti fisici (figura di quelli morali); veniva tolta dall’uso profano, portata al Tempio e destinata a un uso sacro, quindi veniva assoggettata alle purificazioni rituali per essere pronta al sacrificio.
Offerta – La vittima veniva offerta a Dio con un rito particolare e con questo atto si rinunciava alla sua proprietà e al suo uso, affinché fosse esclusivamente del Signore. L’offerta era fatta dal Sacerdote ma chi aveva presentato la vittima e chi assisteva doveva offrirsi con essa e doveva intendere di offrire il futuro Salvatore e tutte le creature.
Immolazione – La vittima, sempre per il ministero dei Sacerdoti, sia pure con l’esecuzione materiale di speciali addetti, era uccisa per significare quell’annientamento che si vuole appunto esprimere per mezzo del sacrificio.
E’ chiaro che questo è l’atto essenziale del sacrificio, quello che realmente esprime ciò per cui è stato istituito.
Gli altri atti non ne sono che la preparazione e la conseguenza. Quando in qualche sacrificio sembrasse evidente solo l’offerta, vuol dire che si tratta dell’offerta di una vittima già immolata.
Comunione – A significare che Dio gradiva la vittima e che i Sacerdoti e gli offerenti erano realmente animati dai sentimenti che volevano manifestare per suo mezzo, il sacrificio terminava con una specie di banchetto. I convitati erano Dio, i Sacerdoti, e gli offerenti.
Iddio consumava la sua parte con una manducazione simbolica espressa con la combustione di una parte della vittima; i Sacerdoti e gli offerenti con una manducazione materiale che voleva significare la conformità dei loro sentimenti con quelli della vittima.
Difatti in natura non c’è nulla che esprima meglio la immedesimazione con una cosa come la sua manducazione. La cosa mangiata forma una sola cosa con noi. Quindi chi mangia della vittima del sacrificio vuol dire che desidera formare una sola cosa con essa in quanto è vittima e cioè vuol avere gli stessi sentimenti di immolazione che essa esprime.
Il sacrificio di Gesù
Non è giusto pensare che Gesù abbia consumato il suo sacrificio soltanto con l’immolazione della Croce. La Chiesa insegna esplicitamente che la Messa, che è la rinnovazione del sacrificio della Croce, è offerta in memoria della Passione, della Resurrezione e della Ascensione di Gesù. Ciò significa che i principali misteri della vita di nostro Signore Gesù Cristo fanno parte del suo sacrificio, anche se nella liturgia attuale essi non sono tutti ricordati; anzi proprio in essi si trova una mirabile corrispondenza colle diverse parti del sacrificio.
Santificazione – La santificazione comunemente comprende una parte negativa: togliere il peccato e le sue conseguenze, e una parte positiva: infondere la Grazia; ben inteso che è la stessa infusione della Grazia che toglie il peccato e santifica positivamente.
Quando si dice che nel Mistero dell’Incarnazione la Umanità di Gesù è stata santificata, non lo si intende certo nel senso negativo, ma nel senso positivo. Difatti l’Umanità di Gesù è stata santificata nell’atto stesso della sua esistenza che ha ricevuto nella Persona del Verbo e la unione che ne è risultata è santa e santificante di sua natura ed è una grazia singolare che compete soltanto a Lei.
Inoltre l’umanità di Gesù ha accolto in sè tutta quella pienezza di grazia e di doni soprannaturali di cui avremmo ricevuto tutti noi.
Si può scorgere una dichiarazione esterna di questa santificazione nelle parole dell’Angelo a Maria: « Quello che nascerà da te, Santo, sarà chiamato Figliuolo di Dio » (Luc.1, 35). E che dall’insieme della Incarnazione sia incominciato il sacrificio di Gesù lo si arguisce dalle parole dell’Apostolo: « Le ostie e gli olocausti non ti furono graditi… » (Ebr. X, 5 seg.).
Offerta -Basta ricordare la narrazione evangelica della presentazione di Gesù al Tempio. I primogeniti erano sacri a Dio; dovevano essere presentati al Tempio e i genitori dovevano pagare un prezzo di riscatto per poterli riavere.
Gesù per le mani della sua SS. Madre è portato al Tempio e presentato al Sacerdote; finalmente si realizzava ciò che era sempre avvenuto in figura. Solo la cerimonia del riscatto rimaneva inefficace: il Padre aveva accettato l’offerta.
Immolazione – Gesù, venuta la sua ora, da Se stesso offre la sua vita al Padre. Materialmente lo crocifiggono i Giudei, ma, Sacerdote del suo Sacrificio, è Lui che liberamente va alla morte.
Comunione – Nei misteri della Resurrezione e della Ascensione Gesù è la Vittima che il Padre dimostra di gradire donandogli una vita gloriosa e facendolo sedere alla sua destra. In Cielo Egli è l’Agnello, alla Religione del quale comunicano tutti i beati nella celebrazione di un Sacrificio eterno. Nella Chiesa militante Gesù continuerà la sua presenza nella Eucaristia per entrare in tutti i cuori e diffondervi i sentimenti di una religione perfetta.
La Messa
Per comprendere bene la Messa nel suo significato e nel suo svolgimento liturgico bisogna tenere conto delle cerimonie e delle parole, ma soprattutto avere presente, chiara, la verità che in essa si offre il sacrificio di Gesù e il nostro sacrificio. Soprattutto nella Messa conviene ricordare che non si può dividere il Cristo.
Mentre però la Vittima è una sola: Gesù più noi, le cerimonie e le parole che ne accompagnano la immolazione ora si riferiscono soltanto a Gesù, ora soltanto a noi, talvolta invece a Gesù e a noi.
Non dimentichiamo neppure che il sacrificio e quindi la Messa, entrano nella categoria delle cose che servono a esprimere un concetto tra gli uomini e che quindi devono essere sensibili.
Gli elementi materiali che nella Messa rendono sensibile la Vittima sono il pane e il vino. Quindi è quanto si compie intorno ad essi che ci deve interessare per l’intelligenza pratica della Messa.
Santificazione. – Gesù, capo, nella Messa non può essere santificato, Egli anzi è il solo Santo; questa parte del sacrificio riguarda soltanto le membra.
Quanto è chiara l’intenzione della Chiesa di prepararci al sacrificio invitandoci a santificare la nostra anima prima negativamente e poi positivamente.
Negativamente: le preghiere con cui si inizia la Messa, fino al Kyrie compreso, esprimono tutte sentimenti di compunzione di cui dobbiamo animarci per detestare i nostri peccati.
Positivamente: soprattutto l’Epistola e il Vangelo hanno sì una funzione catechetica, ma in ordine al sacrificio che si sta celebrando, quindi di preparare nei fedeli quei pensieri è quei sentimenti buoni che convengono a chi sta per immolarsi.
Quindi, in pratica, nella prima parte della Messa cogli atti di contrizione dobbiamo detestare i nostri peccati e con la meditazione della parola di Dio animarci di quelle disposizioni che rendono più santa la nostra anima.
Offerta – Durante l’Offertorio presentiamo al Padre, per mezzo del Sacerdote, il pane e il vino. Ricordiamo chi rappresentano: Gesù non è ancora presente sotto le specie di questi elementi, però vi è già rappresentato.
La nostra offerta unita a quella di Gesù è significata in modo eloquentissimo dalla cerimonia del versamento delle gocce d’acqua nel calice e dalla preghiera che l’accompagna. Nel calice il vino raffigura la Divinità di Gesù e l’acqua la sua Umanità, ma di più vi è un altro simbolismo: il vino rappresenta Gesù e l’acqua rappresenta noi che ci immoliamo con Lui.
Quando l’offerta è stata presentata a Dio, il Sacerdote si rivolge ai fedeli per esortarli a pregare affinché il « suo » e il a nostro » sacrificio sia gradito presso Dio onnipotente.
Ora, che cosa dobbiamo offrire noi all’altare? E’ già stato detto: più che qualche cosa di nostro, qualche cosa di noi.
Nella realtà concreta della nostra vita ci doniamo a Dio con la sottomissione e con I’ abbandono . Con la sottomissione noi sottostiamo alla volontà espressa del Signore ubbidendo ai suoi Comandamenti, ai legittimi Superiori e attendendo ai doveri del nostro stato; con l’abbandono noi ci disponiamo a ricevere con serena e generosa rassegnazione tutto Ci0 che la Provvidenza disporrà a nostro riguardo.
Formuliamo questa accettazione universale della volontà di Dio a nostro riguardo al momento dell’Offertorio, mettendo sulla patena e nel calice il nostro essere e tutto ciò che forma la nostra vita; fatiche, sacrifici, dolori, sforzi per praticare il bene; proprio in conseguenza di questa offerta nella Messa impetreremo grazie particolari per santificare la nostra attività e una forza speciale per praticare le diverse virtù.
Immolazione. – Con il Prefazio incomincia la solenne preghiera consacratoria che Ci porta al punto essenziale della Messa: la immolazione.
Osserviamo che le preghiere del Canone a questo punto hanno come motivo la supplica rivolta al Padre perché accetti la Vittima che sta per essere immolata. Evidentemente questa supplica non va intesa nel senso che noi preghiamo il Padre perché gradisca il sacrificio del Figlio suo: non può non gradirlo, ma piuttosto nel senso che Dio abbia ad accettare il Sacrificio del suo Figliuolo a nostro vantaggio e il nostro sacrificio personale unito a quello di Gesù.
Siamo alla Consacrazione. Il Sacerdote non opera più in persona propria, ma è Gesù Sacerdote vero che opera in Lui e per mezzo suo pronunzia le parole trasformatrici.
Queste parole che sono sacramentali, quindi producono ciò che significano, trasformano la sostanza del pane nel Corpo di Gesù e la sostanza del vino nel suo Sangue.
Quale è la realtà operatasi sull’altare?
1) La presenza di Gesù nel suo stato di Ostia immolata, il quale conserva immutabili le disposizioni di Vittima che aveva al momento di spirare sulla Croce; ciò che non è sensibile;
2) il segno esterno del sacrificio di Gesù manifestato dalle parole che, così come suonano, pongono separatamente (quindi in condizione di morte) il Corpo e il Sangue del divin Redentore; e questo è la parte sensibile.
C’è quindi tutto ciò che si richiede all’essenza del sacrificio: una Vittima immolata e il segno esterno di questa immolazione. Questo è il momento di partecipare più attivamente che sia possibile a quanto avviene sull’altare..
Non basta, come purtroppo avviene comunemente, fare degli atti di fede nella reale presenza di Gesù. Con la consacrazione non si ha solo la presenza di Gesù, ma la sua immolazione. Di conseguenza oltre la fede bisogna insistere negli atti di carità che ci uniscono a Gesù: dobbiamo spiritualmente morire con Lui che muore misticamente.
Con la Chiesa e come la Chiesa offriamo al Padre il dono che Egli ci fa del Figlio suo, affinché il nostro sacrificio sia gradito come quello di Abele, di Abramo e di Melchisedech e per mezzo di Gesù, con Lui ed in Lui gli sia reso ogni onore e gloria nell’unità dello Spirito Santo.
Comunione : la parte più impegnativa della Messa: cibarsi della Vittima vuol dire fare una sola cosa con lei in quanto è Vittima.
Difatti la Comunione è una unione fisica, sia pure mediante le specie, con N. S. Gesù Cristo immolato, e se questo atto non è una finzione, da parte nostra richiede una partecipazione alle disposizioni di Gesù; è inoltre una unione morale e questa non si compie che con la conformità dei sentimenti; è infine una unione trasformante: la Comunione è un sacramento il quale produce ciò che significa, ma mentre la comune nutrizione significa la trasformazione del cibo in noi, qui è Gesù che trasforma noi in Sè, che tende a farci partecipare al suo stato di Vittima.
Quale significato assume la S. Comunione fatta durante la Messa!
Non è più il semplice atto di devozione o l’occasione di pregare con più frutto, ma è l’adesione tangibile al Sacrificio di Gesù; da quel momento si sente il bisogno e si acquista la forza di vivere la Messa.
Quando Gesù immolato diventa la nostra vita, non siamo più noi che viviamo, ma è Lui che vive in noi; non sono più i nostri pensieri e le massime del mondo che ispirano la nostra vita, ma quelle di Gesù; non è più la nostra volontà che prevale, ma quella di Gesù; non sono più i nostri gusti che ci guidano, ma le ispirazioni della grazia.
E’ ben vero che allora tutta la nostra giornata diventa una rinuncia al nostro egoismo e alla nostra sensualità e la croce qualche volta può persino sembrare insopportabile, ma essendoci noi uniti a Gesù immolato lo sentiremo presente col conforto della sua grazia che sostiene la nostra salita al Calvario quotidiano, e anche quando permettesse che sentissimo la solitudine e il buio fosse fitto intorno alla nostra anima, in fondo al cuore però rimane chiara la certezza che se Egli ci fa parte delle sue sofferenze è perché ci prepara le sue gioie.
Sac. Carlo Ferrari
ST 191 Messa 1948