Moglia di Sermide, 8 Giugno 1969, ore 11
Assistenza alla messa del 40° di sacerdozio di don Bruno
Il primo incontro tra noi avviene in una circostanza tanto cara al vostro cuore e tanto cara al cuore del Vescovo. La presenza del vostro parroco è per voi motivo di gioia, ed è motivo di gioia per il vescovo il costatare che un sacerdote sta volentieri, quasi ostinatamente volentieri, in mezzo ai suoi. Questo veramente ci fa pensare che, in questo motivo profondo di gioia si realizzi la volontà del Signore che si costituisca una sola famiglia di figlioli che si vogliono bene, perché sono e si sentono figli di un solo Padre.
Quarant’anni di sacerdozio! Trentadue anni di parrocchia qui a Moglia di Sermide è un bello spazio di tempo, che veramente ha bisogno di essere sottolineato, di essere colto nel suo significato, nel suo valore e nel peso che comportano 40 anni di sacerdozio e 32 anni di permanenza in mezzo a voi di un sacerdote.
I bambini? E’ meglio lasciare che facciano quello che vogliono. Guai a togliere la pace ai bambini. Ai giovani non si può togliere la libertà e ai piccoli bisogna lasciare che facciano come vogliono. dunque lasciamoli stare e dobbiamo essere contenti di sentirli. Non dobbiamo essere insofferenti come gli apostoli che non volevano che i bambini facessero chiasso intorno a nostro Signore Gesù Cristo. Io non voglio, in quest’incontro, mettere a prova la vostra pazienza, ma vi voglio dire qualche cosa che veramente ci riporti, tutti quanti, a comprendere il significato, il valore e l’impegno che porta con se questo giorno.
Il cristianesimo ha questo di caratteristico: non è una religione nata dagli uomini, ma è una religione nata da Dio. Ed è una religione nata da Dio per un fatto storico, documentato, certo, che consiste nella presenza di Dio in mezzo ai suoi, nella presenza di Dio in mezzo agli uomini, una presenza manifestata anticamente attraverso i prodigi della storia del popolo di Israele, una presenza resa più certa, più evidente, più chiara con la permanenza in mezzo a noi del Figlio di Dio fatto uomo, e con la continuità della presenza di nostro Signore Gesù Cristo, che ha impegnato la sua parola:“Io sarò con voi fino alla fine dei tempi”. Questo caratterizza il cristianesimo. Questa é la nostra religione.
Ma perché Dio ha voluto stabilirsi in mezzo a noi? – Perché ci ama, – perché non è indifferente alla nostra persona, – perché non è indifferente alla nostra esistenza, – perché non è indifferente alla nostra condizione di vita, – perché non è indifferente ai nostri interessi. Egli è un padre infinitamente padre. Se è infinitamente padre, è infinitamente buono. Ed è infinitamente buono perché ama infinitamente l’uomo.
Avete ascoltato la parola del Signore che dice: “In questo noi abbiamo veduto l’amore di Dio, Egli ha dato la sua vita per noi”. Ecco l’amore di Dio, ecco l’amore del Padre che ci ama al punto di dare suo Figlio Gesù Cristo; ecco Gesù Cristo che per l’amore che porta al Padre dona se stesso morendo in croce per la nostra salvezza. In questo fatto dell’amore di Dio che si esprime con la più alta delle prove dell’amore e cioè con la vita data per noi di Gesù Cristo morto per la nostra salvezza, noi cogliamo tutto il significato, tutto il valore, tutto l’impegno della nostra fede. Dio è in mezzo a noi. Dio ci ama infinitamente. Dunque il nostro impegno è di stare con il nostro Dio.
Se Dio è in mezzo a noi, noi dobbiamo stare con lui e dobbiamo accogliere la sua presenza in noi. Se Dio ci ama perché ci è padre – ecco la conseguenza – noi dobbiamo volerci bene perché siamo figli, indistintamente, di quest’unico Padre. In questo noi abbiamo conosciuto l’amore di Dio: egli ha dato la vita per noi, anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Chi non ama rimane nella morte, e noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Capite la conseguenza, miei cari?
Il cristianesimo è l’amore di Dio per noi. Come conseguenza che noi siamo cristiani, dobbiamo volerci bene a vicenda.
Sta tutto qui il cristianesimo.
Sta tutta qui la nostra religione.
Sta tutto qui l’impegno della nostra vita.
Direte: che cosa a che fare questo discorso con il 40° di sacerdozio del nostro parroco? Qui dobbiamo intenderci. Qui dobbiamo intendere bene la figura, il ministero, l’esistenza in mezzo a noi del sacerdote. Gesù Cristo – vi ho già ricordato – ha detto che sarà in mezzo a noi fino alla fine dei tempi.
In che modo è in mezzo a noi Gesù Cristo? Gesù Cristo è stato in mezzo a noi storicamente nella debolezza di un bambino piccolo come i vostri bambini, di un ragazzo come i vostri ragazzi, di un giovane come i nostri giovani, di una persona matura come possiamo essere noi. Veramente uomo! Ma poi ha voluto che la sua presenza di figlio di Dio veramente uomo, veramente nostro fratello, fosse continuata in mezzo agli uomini. Allora Gesù dice:- come il Padre ha mandato me così io mando voi. Andate e fatte quello che ho fatto io: Io ho ricordato agli uomini che sono figli di Dio, io ho ricordato agli uomini che hanno un Padre in cielo, io ho ricordato agli uomini che questo padre li ama personalmente in un modo infinito, voi andate e ripetetelo a tutte le generazioni, in tutti i tempi in tutti i luoghi.
Come avviene questo? Quando avviene questo? Avviene per il ministero del sacerdote.
Ecco che cosa ci sta a fare il prete nella chiesa. Il prete in mezzo ad una popolazione non ci sta per suonare le campane, per fare le funzioni, per fare anche le prediche. Il prete ci sta per essere qui sul luogo, il segno, lo strumento, il mezzo con cui Gesù Cristo tiene vivo il suo vangelo, il suo annunzio bello e gioioso, pieno di amore. Gesù continua ad annunziare agli uomini per mezzo del sacerdote che Dio è nostro padre e noi siamo fratelli, che Dio ci ama infinitamente e che noi dobbiamo volerci bene l’uno l’altro in un modo scambievole.
Gesù Cristo non è venuto soltanto per dire queste belle cose. Gesù Cristo è venuto perché queste cose tanto belle e tanto desiderabili da tutti fossero una realtà della nostra persona, fossero la nostra vita, cioè non fossero semplicemente un nostro modo di comportarci, ma fossero qualche cosa dentro di noi, di vivo, di vitale, di esistente, di consistente.
Gesù Cristo morendo in croce distrugge il peccato e risorgendo ci porta una vita nuova. Gesù Cristo nel nome del Padre ci porta una vita nuova. Gesù Cristo non dichiara soltanto che noi siamo figli di Dio, ma ci fa figli di Dio distruggendo in noi il peccato e portandoci la vita di grazia, la vita gratuita. Gesù Cristo ci porta la vita nuova che, da figli della carne e del sangue come siamo, ci fa figli di Dio.
Come possiamo noi attingere a questa vita nuova? La attingiamo nella celebrazione liturgica, nella santa messa, nell’amministrazione dei santi sacramenti, il battesimo, la penitenza, il matrimonio eccetera.
E chi ci assicura questa grazia dei sacramenti? Chi ci assicura questa vita nuova di figli di Dio in un modo certo?
Lo assicura il ministero del sacerdote. Il sacerdote che celebra, rende presente in mezzo a noi il sacrificio di Gesù Cristo, che è la sorgente della vita nuova, della vita di figli di Dio che deve circolare in noi, che deve pervadere tutto il nostro essere per trasformarlo nel senso di renderci capaci di vincere il male, cioè di vincere il peccato, in altre parole di vincere l’egoismo, l’odio, l’incapacità di voler bene, e di diventare capaci di voler bene a Dio nostro padre e di voler bene ai nostri fratelli che sono i suoi figli. Ecco questo è il sacerdote. Questa e la funzione del sacerdote.
Ma noi dobbiamo costituire anche visibilmente, con il nostro comportamento abituale e con la nostra condotta di ogni giorno, la famiglia dei figli di Dio, la famiglia di quelli che si vogliono bene. I cristiani non si distinguono dagli altri solo perché vanno in chiesa, ma perché vanno in chiesa per ricevere da Dio la forza di distinguersi dagli altri in questo:
– perché vogliono più bene degli altri,
– perché sono più generosi degli altri,
– perché sono più altruisti degli altri,
– perché si preoccupano degli altri più che di se stessi,
-perché veramente hanno capito che l’amore del Padre che abbiamo in cielo, esige che non si guardi al nostro interesse, ma al bene di quelli che ci sono fratelli, per il dono della grazia di Dio.
Ora chi tiene vivo questo impegno di amore vicendevole, chi tiene vivo in mezzo a una popolazione, in mezzo alle nostre famiglie, in mezzo alle famiglie cristiane di una parrocchia, questo impegno del comandamento dell’amore, se non il sacerdote?
Voi lo sapete come il vostro don Bruno si è impegnato durante questi 32 anni, ad annunciarvi il vangelo, a ricordarvi l’insegnamento di nostro Signore Gesù Cristo. Che cosa sarebbe della vostra comunità se fosse mancato il sacerdote a ricordarvi queste cose? A mettervi continuamente davanti il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo?
Non lo possiamo neppure immaginare che cosa sarebbe dei vostri bambini e di voi stessi se non ci fosse stato la sorgente della grazia di nostro Signore Gesù Cristo attraverso l’esercizio del suo ministero. Io non so quali sono i rapporti tra voi, ma non posso neppure immaginare che cosa sarebbero se fosse mancata la sua presenza. La sua presenza, per quanto so io, è discreta, silenziosa, riguardosa, forse anche energica in qualche momento, per ricordarvi i vostri impegni di cristiani, di figli di Dio, di fratelli tra voi.
Vedete allora che c’è da ringraziare il Signore per il dono del sacerdozio? Che c’è da guardare al prete con occhi molto diversi da quelli che li guardano con occhi, alle volte annebbiati o turbati per quello che avviene nel mondo? Il prete lo dovete guardare così, e direi, il vostro sacerdote lo dovete guardare così. Vi rileggo ancora le parole che abbiamo ascoltato: in questo abbiamo conosciuto la carità di Dio, egli ha dato la sua vita per noi e anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Il vostro don Bruno avrebbe potuto percorrere tutta un’altra strada. Quando si è umani avviene che uno aspiri ad un posto sempre migliore. La vostra comunità parrocchiale ha il suo pregio, ma non credo sia la parrocchia più importante e più desiderabile della diocesi. Egli ha sempre scelto di rimanere qui.
Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli se amiamo Dio. Lui vi ha dato 32 anni della sua vita, la parte migliore della sua esistenza. Allora questo deve essere un giorno in cui vi rallegrate nell’intimo del vostro cuore e ringraziate il Signore per il dono del suo amore, per il dono del sacerdozio. Ringraziate il Signore per il dono di questo sacerdozio e nell’intimo del vostro cuore, fate festa
perché siete pieni di gratitudine per lui che ha voluto ed ha continuato ad essere e vuole continuare ad essere il vostro parroco, il vostro sacerdote, colui che assicura in mezzo a voi la presenza di Dio, colui che vi annuncia e rende operoso in mezzo a voi l’amore di Dio, e l’amore per Iddio insieme all’amore per i fratelli.
OM 221 Moglia 69 – Moglia di Sermide, 8 Giugno 1969, ore 11