Il cristianesimo è una serie di eventi fatto di opere e di parole e non un complesso di verità intellettuali; protagonisti di questi eventi sono le Divine Persone e le persone umane; tra di esse esistono dei rapporti variamente definibili, ma di ordine concreto e quindi storico; questi rapporti sono rapporti di vita, di potenza, di sapienza, di amore e di tenerezza: da parte di Dio sono incontenibili, hanno una sorgente che attinge l’infinito, e perciò il tentativo di sistematizzarli in categorie umane è impossibile e irrazionale. Purtroppo, questo tentativo è durato per molti secoli e ha dimostrato largamemte il suo fallimento; il cristianesimo imbrigliato in queste strutture si è impoverito paurosamente. Il contenuto della divina Rivelazione espresso in termini intellettuali è diventato un sistema di verità astratte, lontane dalla vita e private della loro capacità salvifica.
Coloro che hanno una certa età e che hanno appreso il cristianesimo attraverso i così detti manuali della teologia scolastica, ricordano molto chiaramente che studiavano, per esempio, i trattati di “Dio Uno e Trino” e quello del “Verbo Incarnato”, senza concepire un solo pensiero e tanto meno un sentimento verso il Dio della Rivelazione e verso Gesù Cristo. La teologia era così lontana dalla Sacra Scrittura, i cui testi servivano soltanto a dimostrare le famose “tesi”, che si era giunti al punto di proibire ai fedeli la lettura della Bibbia, perché costituiva un pericolo!
Quanto sto per dire lo faccio con parecchia perplessità, perché può essere motivo di turbamento, ma d’altronde, è anche un motivo di sicurezza perché si tocca con mano che l’azione dello Spirito Santo ha la meglio sull’azione degli uomini. La chiesa lungo i secoli non ha resistito alla tentazione di procurarsi delle sicurezze umane: basti pensare all’epoca costantiniana, al Sacro Romano Impero, alla Scolastica, allo Stato Pontificio, eccetera. Contemporaneamente si è oscurata la presenza dell’azione dello Spirito Santo, che è diventato il Divino Sconosciuto. Noi in questo secolo abbiamo avuto la gioia di veder sorgere e di affermarsi il movimento liturgico e quello biblico, che hanno avuto la loro sanzione nel Concilio Vaticano Secondo. Esiste però un serio pericolo che questi movimenti non siano piú portati avanti con lo studio, la meditazione e l’applicazione dei documenti conciliari.
A proposito del nostro tema è necessario e urgente prendere in mano la Dei Verbum: un documento poco avvertito e non ancora studiato come merita. Eppure costituisce, tra i documenti conciliari, quello destinato a operare il piú profondo capovolgimento. Esige, perciò, anche il piú deciso capovolgimento di mentalità: si tratta di voltare le spalle a una certa teologia e tornare alle sorgenti della vita cristiana, cioè alla Sacra Scrittura. lo non ne ho la competenza, ma lascio il compito agli studiosi del cristianesimo, i quali diranno nei prossimi decenni i danni arrecati alla chiesa da quella teologia.
E ora leggiamo la parte fondamentale del documento in parola. Il proemio è solenne e perentorio: « In religioso ascolto della parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia, il sacro concilio aderisce alla parola di san Giovanni, il quale dice: Annunciamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si è manifestata in noi: vi annunciamo ciò che abbiamo veduto, e udito, affinché anche voi abbiate comunione con noi, e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Gesú Cristo (1 Gv 1, 2-3). Perciò seguendo le orme del concilio Tridentino e Vaticano I°, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e la sua trasmissione, affinché per l’annuncio della salvezza il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami ».
Il documento passa subito a descrivere la natura e l’oggetto della rivelazione. Sono le parole che segnano il passaggio dall’economia della Legge a quella della Grazia e operano il capovolgimento di prospettiva.
« Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e fare conoscere il mistero della sua volontà (cfr Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Gesú Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (cfr Ef 2,18; 2 Pt 1,4). Con questa rivelazione infatti Dio invisibile (cfr Col 1, 1 5; 1 Tim 1, 1 7) nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici (Es 33,1 1; Gv 15, 14-1 5) e si intrattiene con essi (cfr Bar 3,38) per invitarli e ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina (il contenuto) e le realtà significate dalle parole, mentre le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse con- tenute. La profonda verità poi, su Dio e sulla salvezza degli uomini, per mezzo di questa rivelazione risplende a noi nel Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta a Rivelazione » (DV n. 2).
San Giovanni, nella sua prima lettera mi ha sempre colpito per la insistenza con cui mette davanti ai lettori la concretezza storica dei Verbo di vita, affinché la nostra gioia sia piena: « ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo visto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato » (1 Gv 1,1); questa manifestazione visibile della vita che è presso il Padre, a cui siamo chiamati a comunicare, è eminentemente storica: i concetti razionali rischiano di rendere lontano il “Dio con noi”.
La rivelazione di Dio è un evento che ha Dio come protagonista e noi come termine e come oggetto della comunicazione di se stesso; questo Dio parla agli uomini come ad amici, si intrattiene con loro e li invita alla comunione con sé. Tutto questo avviene con parole ed opere, al punto, che le opere sono parole e le parole sono eventi. La parola piena e definitiva è il Verbo fatto carne.
« Dio, dopo avere a piú riprese e in piú modi parlato per mezzo dei profeti, alla fine dei nostri giorni, ha parlato a noi per mezzo dei Figlio » (Ebr 1, 19-20). « Mandò infatti il suo Figlio , cioè il Verbo eterno che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra di loro e ad essi spiegasse i segreti cli Dio (cfr Gv 1, 1-18). Gesú Cristo dunque, Verbo fatto carne, mandato come uomo tra gli uomini parla le parole di Dio (Gv 3, 34) e porta a compimento l’opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr Gv 5, 36; 17, 4). Perciò egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr Gv 14, 9), con tutta la sua presenza e con la manifestazione di sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la gloriosa risurrezione, e infine con l’invio dello Spirito di verità, compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, cioè che Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e riconciliarci per la vita eterna » (DV n. 4).
« A Dio che rivela è dovuta “l’obbedienza della fede” (Rom 16, 26; cfr Rom 1, 5; 2 Cor 10, 5-6), con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’ intero e liberamente prestandogli “il libero ossequio dell’intelletto e della volontà” e assentendo volontariamente alla rivelazione che egli fa. Perché si possa prestare questa fede, sono necessari la grazia di Dio che previene e soccorre e gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi dello spirito e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”. Affinché poi l’intelligenza della Rivelazione diventi sempre piú profonda, lo stesso Spirito Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni » (DV n. 5).
Gesú è al centro della storia contenuta nei Vangeli, negli scritti apostolici, negli Atti e nell’Apocalisse. Questa storia è avvenuta in luoghi determinati e in un tempo determinato: è legata come ogni evento storico al luogo e al tempo; ha un numero molto elevato di testimoni: dalle folle ai discepoli e agli apostoli i quali hanno condiviso la vita pubblica di Gesú, la predicazione, i miracoli, la passione e morte e la sua risurrezione. E’ un fatto sorprendente che, specialmente gli apostoli, alla scuola di Gesú non hanno capito il mistero della sua persona e della sua missione. Al momento della ascensione al cielo gli pongono la domanda: « E’ questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele? » (At. 1,6). Discende lo Spirito Santo ed essi comprendono tutto e, da paurosi che erano, trovano il coraggio di uscire all’aperto e di proclamare, anche dinanzi ai crocifissori, la persona, l’opera e la risurrezione di Gesú. Non annunciano una dottrina, ma una serie di eventi dei quali sono stati testimoni e anche protagonisti.
Diventa difficile comprendere come di una storia si sia fatta una dottrina, la quale è diventata oggetto, per tanti secoli, della teologia, della catechesi e della predicazione. E’ quindi provvidenziale che la coscienza cristiana sia stata illuminata dallo Spirito Santo e in questi ultimi tempi sia ritornata alle Sorgenti.
Ma, come ho già osservato, bisogna impegnarsi a superare una mentalità e a immergersi in questo movimento della vita nuova della chiesa, perché tutta la sua attività, dallo studio alla catechesi e al comportamento, corrisponda al nuovo e impellente dettato dello Spirito Santo.
La Dei Verbumva considerata, piú di ogni altro documento del Concilio, una grazia singolare dello Spirito Santo alla chiesa e richiede, di sua natura, il dovere di pregare perché da tutti sia largamente accolta.
Concludo con un esempio semplice, ma abbastanza significativo. Della preghiera cristiana piú popolare e completa, incentrata sui misteri principali della vita di Gesú, di Maria e della chiesa, il Rosario, abbiamo fatto un annuncio astratto: al centro della meditazione abbiamo posto non Gesú, Maria, lo Spirito Santo, ma la proclamazione astratta dell’annunciazione, della visitazione, della nascita, eccetera; cosí che la fede e la devozione di chi recita il rosario non sono orientate alle Persone protagoniste della salvezza, ma diventano affermazioni dottrinali astratte.
Il cristianesimo come storia continua nella vita e nelle istituzioni della chiesa. Il dono che il Padre fa del suo Figlio prediletto è un evento che continua nello spazio e nel tempo. Ogni credente ha la certezza di quella venuta e di quella abitazione permanente assicurata da Gesú; cosí la partecipazione alla divina natura è un fatto che si perpetua, sempre nel tempo e nello spazio, fino al compimento nella vita eterna. Gesú ha assicurato di essere con i suoi fino alla fine del tempo (Mt 28,20). Lo Spirito Santo continua la sua azione nell’anima del giusto dando sicurezza, illuminazione e amore. Ogni persona cristiana ha un suo riferimento concreto con le Divine Persone garantito dalla costituzione sacramentale della Chiesa.