Formigosa 5 Dicembre1968 Consacrazione dell’altare
Miei cari, la mia parola è soprattutto la parola dell’incontro anche se già ci siamo visti: è la parola dell’incontro del pastore con il proprio gregge, secondo la descrizione del vangelo; è la parola dell’incontro del padre con i suoi figlioli; è la parola dell’incontro del pastore della Diocesi con la comunità cristiana che si raccoglie qui a Formigosa.
Questo incontro non potrebbe essere più significativo e più espressivo perché oggi, l’incontro non è soltanto costituito dalle poche parole che vi rivolgo, ma è costituito anche dalla consacrazione dell’altare rinnovato, che abbiamo compiuto insieme. L’altare è l’elemento più prezioso di quest’edificio che vi raccoglie in preghiera. Nell’altare c’è il significato dell’incontro col Vescovo perché il Vescovo deve essere in mezzo a voi principalmente come espressione dell’altare, deve significare in mezzo a voi ciò che significa l’altare, deve portare a voi ciò che ci viene dall’altare.
L’altare rinnovato non è semplicemente rinnovato perché è fatto da pietre nuove, con marmi belli e in un modo diverso da quello che esisteva prima. Perché questa novità?
Noi sempre, nella nostra esistenza, abbiamo bisogno di riflettere e di pensare bene per sapere quello che facciamo e per capire quello che siamo. La chiesa fa la stessa cosa, perché la chiesa è realizzata da ognuno di noi, perché la chiesa è fatta di tutti noi. Ebbene, come ognuno di noi, facendo l’esame di coscienza sente il bisogno di modificare la propria condotta per renderla più conforme alla volontà del Signore, per renderla più corrispondente al significato della propria fede, così nella chiesa – si può dire- si è compiuto un grande esame di coscienza per domandarsi (notate che ognuno di noi non deve dimenticare di essere chiesa) se siamo proprio conformi al pensiero di nostro Signore Gesù Cristo nelle espressioni del nostro culto, specialmente nelle espressioni più vive della nostra liturgia, in particolare nella celebrazione della santa Messa.
Pare che la risposta sia stata questa: non siamo perfettamente conformi al pensiero di nostro Signore Gesù Cristo. Quando nostro Signore Gesù Cristo ha istituito l’eucaristia, cioè quando Gesù ha celebrato la prima Messa, l’ ha celebrata a tavola, in un banchetto, con pane e vino da dare ai commensali che stavano con lui. Il pane e il vino sono stati trasformati dalla sua onnipotenza nel suo corpo e nel suo sangue.
Allora si decide che l’azione che ripete lo stesso gesto di Gesù, deve essere compiuta in un modo più conforme alle intenzioni di nostro Signore Gesù Cristo, in un modo che sia più evidente per i cristiani che partecipano. Quindi il simbolo della mensa, della tavola dove si prende il cibo è messo più in evidenza, il sacerdote che sta a capo della nostra assemblea non ci volta più le spalle e noi tutti stiamo intorno all’altare. Qui, nella vostra chiesa, questo lo avete attuato. Non vi parlo del simbolismo contenuto nell’altare perché vi è già stato presentato, intanto che preparavate questa nostra celebrazione.
Voglio mostrare un aspetto delle nostre celebrazioni cristiane, perché forse noi stessi con la nostra predicazione, non abbiamo messo in evidenza, sufficientemente, le verità del cristianesimo come avremmo dovuto fare.
Quando noi guardiamo l’altare siamo abituati pensare all’offerta della vittima a Dio, all’offerta di qualche cosa che noi immoliamo a Dio, all’offerta di qualche cosa che da noi sale verso Dio. Tutti questi pensieri sono giusti ma, prima che noi siamo in grado di offrire qualche cosa al Signore, ricordiamo bene che abbiamo bisogno di ricevere qualche cosa da lui; ricordiamo che nella religione cristiana non è l’uomo che va verso Dio, non è l’uomo che dona a Dio, non é l’uomo che offre qualche cosa a Dio.
Il cristianesimo
è Dio che viene incontro agli uomini,
è Dio che si stabilisce in mezzo agli uomini,
è Dio che porta il dono della sua vita agli uomini,
è Dio che porta il dono della partecipazione alla sua esistenza agli uomini.
Questo scambio tra Dio e noi e poi, tra noi e Dio, avviene in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo.
Non è un uomo che è salito al cielo, ma è Dio che è disceso sulla terra e si è fatto uomo. Avviene l’incontro di Dio e dell’uomo nella persona stessa di nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, venuto nel mondo per incontrarsi con tutti gli uomini, e con coloro che sarebbero diventati, per il battesimo e la fede, i suoi fratelli.
Insisto su questo pensiero. Quando noi siamo davanti all’altare abituiamoci a pensare soprattutto
che Dio viene incontro a noi,
che Dio vuole stabilirsi in mezzo a noi,
che Dio vuole dare se stesso a noi,
che Dio vuole farci partecipi della sua stessa natura,
che Dio ci vuole fare partecipi della sua stessa esistenza attraverso la grazia in questa vita, attraverso la gloria e la felicità eterna nell’altra vita.
Ricordiamo che Dio ci viene incontro sempre quando ci mettiamo davanti all’altare, ma particolarmente durante la celebrazione liturgica, in modo speciale durante la celebrazione della santa Messa, ancora in modo speciale quando ci rivolge la sua parola per intrattenersi con noi come s’intrattiene un amico con gli amici, come s’intrattiene un padre con i propri figli, come s’intrattiene un fratello con i propri fratelli, per dirci le sue cose e per farci capire le nostre cose.
Ricordiamo che all’altare Gesù Cristo in persona offre il suo sacrificio per noi in remissione dei nostri peccati, perché possiamo avere la vita nuova, la vita dei figli di Dio. All’altare Iddio ci offre il suo Figlio, Gesù dato a morte per noi, che sotto le apparenze del pane e del vino diventa nostro cibo e nostra bevanda: cibo, come ho detto al principio, che si prende insieme come membri di un’unica famiglia raccolti nell’amore; cibo che è un pane unico ed un vino unico di cui tutti noi mangiamo e beviamo e che, di tutti noi, deve fare un’anima sola e un cuore solo, di tutti noi deve fare l’unica famiglia dei figli di Dio.
Allora, da Dio che ci viene incontro, noi riceviamo la possibilità di essere autenticamente cristiani. In altre parole diventiamo:
quelli che credono nella parola di Dio, la accolgono nel loro cuore e la fanno fruttificare giorno per giorno nella loro vita;
quelli che accolgono la grazia di Dio che ci viene dal sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo. e la custodiscono come il dono più prezioso che ci possa essere nella esistenza umana;
quelli che raccolgono da Dio l’invito ad essere i suoi figli, fratelli tra loro che si vogliono bene come debbono volersi bene i figli di uno stesso padre.
OM 177 Formigosa 68 – 5 Dicembre 1968 Consacrazione dell’altare