Quingentole 2 giugno 1972 ore 10 cresima e prima comunione
Mons. Carlo Ferrari
So di avere davanti a me specialmente i papà e le mamme, i parenti e gli amici adulti di questi bambini e bambine, che stanno per incontrarsi per la prima volta con nostro Signore Gesù Cristo o per ricevere lo Spirito Santo.
Questi bambini della prima comunione, che incominciano a gustare il pane del cielo, se durante la loro esistenza continueranno a mangiare di questo pane avranno la vita vera che si conclude nell’eternità.
Questi bambini e bambine che ricevono definitivamente lo Spirito del Padre, lo Spirito di nostro Signore Gesù Cristo, se saranno docili a questo Spirito, se si lasceranno condurre da questo Spirito la loro vita sarà veramente una vita piena perché cresceranno, matureranno, diventeranno perfetti cristiani, cioè, uomini e donne resi perfetti dalla grazia della salvezza di nostro Signore Gesù Cristo.
Ma, miei cari, la nostra attenzione non deve essere rivolta principalmente a loro. La nostra attenzione deve essere rivolta a Colui che un giorno ha preso accanto a se un bambino o una bambina e forse l’ ha preso in braccio e ha detto: qualunque cosa avrete fatto ad uno di questi miei più piccoli lo avrete fatto a me, ed ha aggiunto quelle parole tremende: chiunque darà scandalo ad uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che si legasse una mola da mulino al collo e si gettasse nel profondo del lago. Sono parole vere! Sono parole terribili che ha pronunciato nostro Signore Gesù Cristo. Sono parole che ci sono richiamate questa mattina nella lettura del Vangelo.
Poi abbiamo sentito che Gesù si avvicina ad una pianta di fico già carica di foglie, – notate non ancora nella stagione dei frutti, – ma cerca qualche frutto tra le foglie e non avendolo trovato, maledice il fico. Il giorno dopo la pianta é secca. I gesti di Gesù sono gesti profetici. Le parole di Gesù sono parole profetiche che ci fanno intendere come il Signore prende le cose sul serio, ci fanno intendere come quelli che credono nel Signore devono prendere con serietà ciò che egli dice, ciò che egli vuole. Il fico che non porta frutto é il simbolo della persona di ognuno di noi che nella vita non porta frutto perché non traffica i doni che gli ha dato il Signore. E’ il simbolo di chi non vive la propria vita come vuole il Signore. E’ il simbolo di chi non impegna totalmente la propria esistenza nel senso che non compie tutto ciò che dipende da lui.
Miei cari, si tratta della responsabilità di amministrare la propria esistenza. Siamo quelli che hanno la responsabilità di amministrare una famiglia o anche un’azienda, un comune, una provincia, una nazione. Che cosa sono queste amministrazioni dinnanzi al valore di una vita umana, dinnanzi al valore di una persona? Quante volte capovolgiamo il senso dei valori e diamo più importanza a ciò che é uno strumento per sviluppare la vita, o un mezzo per sviluppare la persona e non diamo invece un’importanza assoluta alla vita umana, alla persona umana?
Noi, io vescovo che sono venuto qua, il vostro arciprete, questa corona di sacerdoti presente questa mattina nella vostra chiesa parrocchiale, voi genitori, tutti noi adulti, come sentiamo la nostra responsabilità dinnanzi al valore dell’esistenza di questi piccoli, che devono crescere, maturare, portare frutto per la loro vita? Come sentiamo la nostra responsabilità per il valore della loro persona, per la loro vita e non solo per i frutti che possono produrre nel mondo anche se in se stessi hanno un valore?
Guardateli bene questi piccoli. Non c’é nessun valore che valga tanto quanto la loro persona. Questi piccoli, sono chiamati da Dio nostro creatore, sono chiamati da Gesù Cristo nostro salvatore, sono chiamati dallo Spirito del Padre e del Figlio che é Spirito santificatore a realizzare se stessi, a realizzare la propria vita.
Ma che cos’é la vita? Si possono avere tante idee diverse sulla vita. Si possono dare tante definizioni della vita. Si possono avere tante concezioni della vita. La concezione della vita che ci è indicata da nostro Signore Gesù Cristo é questa vita: “Che conoscano me e colui che mi ha mandato”. La parola conoscere ha un grande significato. Per esempio, si conosce quando si comprende – con tutte le facoltà di una persona- il proprio figlio, prima di tutto. La condizione più triste che può esistere é quella di un bambino o di una bambina che non conosce il padre e la madre. Mi pare che questa sia la disgrazia più grave che può capitare ad una creatura.
Questo capita ad ognuno di noi che non conosce di avere un Padre, tutto proteso verso di lui, un Padre che ha pensato a dargli una Vita nonostante il peccato che gli impedisce di apprezzare i suoi doni. Questo capita ad ognuno di noi quando non sa di vivere continuamente nel suo affetto, nella sua preoccupazione, nei suoi sentimenti. La nostra vita è conoscere il Padre che sta nei cieli. La nostra vita è, conoscere Colui che ha mandato Gesù Cristo nel mondo per essere il nostro salvatore.
Che cosa comporta la conoscenza di nostro Signore Gesù Cristo? Importa che Gesù, il Figlio del Padre che sta nei cieli, é nostro fratello. Importa che Gesù Cristo ci dà il senso della vita che è questo: Egli vive per il Padre e vive per i propri fratelli.
Miei cari, noi diamo un significato alla nostra vita, noi diamo un valore alla nostra persona nella misura in cui ci impegniamo a conoscere nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio che ama il Padre. Diamo un senso alla nostra vita nella misura in cui ci impegniamo a conoscere l’amore del Padre nostro che sta nei cieli e conseguentemente, nella misura in cui seguiamo nostro Signore Gesù Cristo che dà tutto se stesso per i fratelli. Capite qual è l’impegno di amore di nostro Signore Gesù Cristo? Capite che questo impegno di amore porta come conseguenza la lotta contro l’egoismo in tutte le sue espressioni?
Noi personalmente non siamo il centro del mondo. Il centro dell’universo é il Padre nostro che sta nei cieli. Il centro del mondo sono i fratelli che stanno intorno a noi e che sono come noi i figli del Padre celeste e i fratelli di nostro Signore Gesù Cristo. Noi, con Gesù, dobbiamo vivere nell’amore. Noi con Gesù dobbiamo crescere nell’amore, un amore fattivo, un amore concreto.
Ricordate le parole di Gesù? Ebbi fame e non mi avete dato da mangiare. Ebbi sete e non mi avete dato da bere. Ero ignudo e non mi avete vestito. Ero prigioniero e non mi avete visitato. Queste non sono parole.
Nel mondo c’é chi ha fame, nel mondo c’è chi ha sete, nel mondo c’è chi é solo, nel mondo c’è chi é disprezzato, nel mondo c’è chi é sfruttato! Ci sono tutte queste situazioni nel mondo e se noi non facciamo tutto ciò che dipende da noi, non possiamo dire di avere adempiuto il comando del Signore, non possiamo dire che la nostra vita corrisponde alla fede che manifestiamo il giorno della prima comunione o della santa cresima dei bambini.
Pensiamo con serietà a quello che noi facciamo in chiesa in queste occasioni. Pensiamo che quelli che facciamo, non sono atti di devozione per soddisfare una tradizione, ma sono un impegno tremendo che vale il valore della persona stessa dei piccoli che stanno davanti a noi. Pensiamo a quanto é grande e serio il nostro impegno. Non aggiungo altro.
OM 475 Quingentole 72
Quingentole 72 – 2 -6-1972