Seminario, 15 giugno 1970, ore 17
18° anniversario di Consacrazione episcopale
Mons. Carlo Ferrari
Capite che non é cosa da poco essere l’oggetto nientemeno che di una celebrazione liturgica. Voi capite in quale senso. Parlare in quest’occasione equivale parlare di me stesso per dire con tutta semplicità il significato che ha questa liturgia per chi, in certo qual senso, ne é l’oggetto e il soggetto.La mia consacrazione episcopale.
Diciotto anni di consacrazione episcopale, é un avvenimento che tocca una persona qualunque -mi riferisco sempre al brano della lettera agli Ebrei – e lo pone non tanto dall’esterno ma dall’interno in una situazione nuova. Anche all’esterno ci sono delle sollecitazioni perché ciascuno si ricordi che é una situazione nuova. Una volta c’era e c’é anche adesso, qualche cosa nello stile diverso della vita e, come ho avuto occasione di dirvi per il Papa, é un po’ difficile mutarlo proprio radicalmente. Ma questo, se voi lo permettete, io lo considero un aspetto secondario.
L’aspetto principale, invece, é quello interiore: è il trovarsi davanti a Dio con un compito particolare e di fronte ai propri fratelli con una responsabilità particolare. Allora, il trovarsi in mezzo a due esigenze, a due richiami, se permettete e se passaste l’espressione nel senso giusto: in mezzo a due ordini di persone, da una parte il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo e dall’altra parte tutti i miei fratelli, è il trovarsi nella condizione,di dover partecipare,in una relazione nuova,con queste persone.
Non vi sto a dire quali rapporti ho con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Ricordo sempre che, quando ho fatto gli esercizi in preparazione alla mia consacrazione episcopale ho portato con me, la somma di san Tommaso. Forse é stata l’unica volta che mi sono applicato proprio sul serio a leggere questo capolavoro della scienza teologica. Ripeto, non insisto su questo. Insisto soltanto sul fatto essenziale.
Iddio mi vede come mi ha chiamato. Iddio vede la mia conformità a Gesù Cristo come l’ha concepita lui. Iddio mi anima del suo Spirito in un modo del tutto particolare che é legato all’azione di un sacramento. Questo porta come conseguenza: non é che io lo abbia visto chiaro fin da principio, ma lo vedo con maggiore chiarezza dopo 18 anni- una esigenza, un dovere di preghiera e di preghiera intesa come ultimamente ci siamo intesi tra noi, preghiera di ascolto, preghiera di abbandono perché Dio operi in me, perché Dio sia sempre più padrone di disporre dei doni della sua grazia per arricchire la mia anima, in ordine al compito che mi ha affidato.
E, se posso rendere questa testimonianza davanti al Signore davanti a voi, guardate che io ci credo molto fermamente che il Signore sia operante nella persona di uno che é consacrato a Lui, nella persona di uno che cerca – cerca eh! Si sforza! – di essere disponibile. Ma, questa abbondanza di grazia di cui Egli é il dispensatore, si impone sempre di più. Per cui Dio con la sua presenza sempre più personale e il rapporto, di cui dicevo al principio, diventa sempre più stretto. Ma non termina qui.
C’è il pericolo, anche in me personalmente, di fermarmi soltanto all’aspetto di questa consacrazione, di appartenere a Dio e di dedicarmi specificamente a Dio nel senso che ho detto. Iddio mi rimanda continuamente ai miei fratelli. Questo è importante. Anche questo non é stato chiaro fin da principio. Si chiarisce ogni giorno. Iddio mi rimanda ai miei fratelli perché li ascolti. Prima ancora di andare ai miei fratelli a parlare di Dio, a parlare di ciò che é Dio per me e di ciò che è Dio per tutti noi, Iddio mi manda ad ascoltare i miei fratelli.
Ascoltarli. Essere disponibile per loro.
Ascoltarli non corrisponde materialmente a sentire i loro discorsi, ad ascoltare le loro richieste. Ascoltarli significa stare attenti, significa prestare attenzione alla persona, significa che le persone diventano delle presenze vive nella mia vita, significa che la persona non è una presenza qualsiasi, ma è una presenza decisa da Dio. Sapeste a questo proposito come è impressionante il modo con cui le persone entrano nella vita senza che siano state scelte da me, ma dal Signore che costruisce il corso della storia, che conduce i nostri passi a certi crocicchi, a certi punti d’incontro che sono veramente ed essenzialmente frutto della sua grazia.
Oggi non vi dico di più. Questa esigenza che viene dalla consacrazione di appartenere ai propri fratelli per ascoltarli é qualche cosa che prende totalmente. Lasciatemi soltanto dire che un certo sistema, a volte, rende difficoltoso tutto questo. Rende difficoltoso tanto la preghiera quindi l’ascolto di Dio, come l’ascolto dei propri fratelli.
Non é che sia una cosa voluta e non so quanto di più si possa dare per rendere possibile tutto questo perché, attraverso questo – chiamiamolo così – dell’ascolto di Dio e dell’ascolto dei fratelli, avviene, dopo, quell’opera mirabile della salvezza che compie Iddio. Che non compiamo noi uomini. Che compie Iddio! Allora vi chiedo di pregare. Preghiamo insieme proprio per questo scopo: che io sia sempre più capace, giorno per giorno, momento per momento, di ascoltare Iddio e di ascoltare i miei fratelli.
OM 297 Vescovo 70 – Seminario, 15 giugno 1970, ore 17
18° anniversario di Consacrazione episcopale