A Mantova in duomo il giorno dei Santi alle ore 17
Questa sera, al momento in qui è giunta la nostra celebrazione, deve esserci nel nostro cuore una grande sicurezza che porta un conforto immenso: una certezza che non dipende da noi che siamo deboli, che non dipende dai nostri fratelli che sono deboli come noi, ma che dipende dalla parola di Dio che abbiamo ascoltato in questo momento e nella quale egli impegna tutta la sua veracità: egli dice cose vere, tutta la sua potenza: ciò che dice è capace di farlo.
Questa parola ci porta l’affermazione, l’esistenza di un fatto, di una condizione di vita, di una esistenza certa: abbiamo ascolto che Dio impegna la sua parola a descrivere la vita dei beati, la vita dei santi, la vita eterna, l’aldilà, il paradiso dove ci sono coloro che sono stati segnati dal sangue dell’agnello.
Avete udito i numeri misteriosi che vogliono dire moltitudine, folla immensa senza numero delle diverse tribù del popolo di Israele e di tutte le nazioni, di tutti i popoli, di tutti i tempi, che stanno intorno al trono dell’agnello, il loro salvatore, Gesù Cristo morto per la nostra salvezza.
Dunque miei cari, il paradiso c’è,sulla parola di Dio! In paradiso ci sono i nostri fratelli, sulla parola di Dio! In paradiso ci sono coloro che sono stati segnati dal sangue dell’agnello. Questa è una affermazione che non è ricorrente nel nostro linguaggio, che ha bisogno di essere intesa. L’agnello è il figlio di Dio Gesù Cristo.
Che cosa significa che egli “segna” i propri eletti del proprio sangue? Il sangue,nella scrittura, significa il principio della vita, la radice della vita,la vita stessa.
Noi conosciamo il paradosso del cristianesimo: il cristiano nasce dalla morte di Nostro Signore Gesù Cristo e anche dalla propria morte. Non so se svilupperemo anche questo pensiero.
Il cristiano nasce dalla morte di Nostro Signore Gesù Cristo. E’ la morte di Nostro Signore Gesù Cristo che distrugge il peccato, – il peccato che ha introdotto la morte fisica nel mondo – e attraverso la sua morte, nel suo sangue, ci comunica la vita nuova. Da questa vita nuova proviene la santità. Di questa vita nuova è formata la santità.
Abbiamo noi un concetto esatto della santità? Non è forse vero che noi, molte volte, facciamo consistere la santità nelle azioni straordinarie di alcune persone che, più da vicino, hanno seguito nostro Signore Gesù Cristo? In determinate virtù praticate in grado eroico oppure in una capacità di compiere miracoli, fare grazie -come si dice- o in altri elementi che sono molto marginali rispetto a ciò che è realmente la santità cristiana?
Solo Dio è santo. Lo hanno cantato nel canto del “gloria” quelli che hanno rappresentato noi davanti a Dio, perché solo Dio è tutta un’altra cosa da ciò che esiste, da ciò che vediamo, da ciò che conosciamo perché è infinitamente “al di sopra” come perfezione, come bellezza, come ricchezza, come bontà, come amore. Questa è la santità di Dio e solo Dio, in questo senso, è santo.
Ma Iddio ha voluto comunicare qualche cosa di ciò che egli è in se stesso alla creatura umana. Ha voluto parteciparci la sua vita, ha voluto introdurci, non dall’esterno ma in modo misterioso entrando in noi, comunicando a noi qualche cosa di sé, della sua vita. I santi, i beati sono coloro che ormai conducono una vita stabile con Dio, che partecipano attualmente e ininterrottamente e per sempre alla vita di Dio.
La santità consiste in questa vita nuova che ci viene comunicata, in questa vita nuova che fa di noi, da semplici creature, dei figli di Dio. Quando in noi c’è questa comunicazione della vita di Dio, questa partecipazione alla vita di Dio, questa comunione con la vita di Dio, Allora in noi c’è la santità. Allora in noi c’è anche la capacità di intrattenerci molto con il nostro Padre e di condurre, per esempio,una vita di preghiera. Allora in noi c’è anche la capacità di essere come devono essere i figli di Dio: i figli di Dio sono coloro che stanno al di sopra di tutta la creazione, che hanno bisogno soltanto di Dio perché sono padroni e signori di tutto.
Allora c’è in noi la capacità di essere buoni, umili, miti, pacifici, c’è in noi la capacità e la forza di lottare per la giustizia, di essere assertori di giustizia e di essere operatori di pace.
Quando la santità di Dio è in noi, diventa possibile vivere quel programma che Gesù Cristo profeticamente ha proclamato dal monte: il discorso della montagna che abbiamo ascoltato. “Beati i poveri, beati i poveri di spirito”.
Quante questioni si fanno sulla povertà e sui poveri!
I poveri sono coloro che sono “vuoti” di tutto e soprattutto di se stesso, per fare posto nella loro persona, nella loro vita, a Gesù Cristo;
i poveri sono coloro che riconoscono di avere bisogno di Dio;
i poveri sono coloro che non si sentono autosufficienti, indipendenti per molte cose da Dio;
i poveri sono coloro che non hanno la presunzione di provvedere a se stessi, anche nelle cose della vita, anche se si impegnano con tutte le loro forze nelle responsabilità che comporta la esistenza.
“Beati i miti”. Com’è difficile essere miti! E’ possibile quando noi accogliamo la vita che ci viene da Dio, quella vita che noi comunemente chiamiamo la grazia di Dio, che non è semplicemente qualche cosa di esterno, ma è portare in se stessi la vita nuova che ci rende figli di Dio, che ci rende l’espressione vivente di Gesù Cristo, che è apparso in mezzo ai suoi fratelli mite e umile di cuore.
“Beati coloro che piangono perché saranno consolati”
Piangere! Ma se c’è il peccato, se c’è il male, se c’è l’ingiustizia, se manca la pace, se manca l’amore – sempre per il peccato – è naturale che si debba piangere, che si debba soffrire, ma la sofferenza dei figli di Dio è ormai associata alla sofferenza di nostro Signore Gesù Cristo, che attraverso la sua croce è arrivato alla gloria, alla consolazione. Coloro che piangono saranno consolati perché partecipano della sorte stessa del figlio di Dio.
“Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia” Quando si capisce il valore della giustizia? Quando si può essere giusti? Abbiamo noi la capacità di essere giusti anche quando denunciamo le ingiustizie degli altri? Saranno quasi inavvertite le nostre ingiustizie ma quante ne compiamo! Perché? Perché noi siamo peccatori e il peccatore è colui che è senza giustizia, è colui che è nella incapacità di fare giustizia.
Noi pretendiamo la giustizia del mondo? E facciamo bene. Dobbiamo essere attenti, operanti perché si faccia la giustizia nel mondo, ma la giustizia è opera di Dio, e Dio opera dove trova la libertà di operare, Dio opera dove trova la cooperazione di coloro che vogliono operare con lui. Il mondo si avvicina alla giustizia? Speriamo! Oggi apprendiamo una notizia che apre il cuore per un “certo passo”, forse verso la giustizia e la pace. Ma,se questi dimenticano Iddio, se non accolgono la giustizia di Dio, se non si avvicinano a Dio, poveri noi e i nostri fratelli! Come potrebbero avere la giustizia?
“beati i misericordiosi”. Essere misericordiosi! Il vangelo ci dice la parola di Gesù Cristo:”siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso”. La nostra capacità di essere misericordiosi è possibile perché abbiamo un Padre che per natura è misericordioso.
Ma, se non partecipiamo alla sua vita, al dono della sua grazia, come potremmo essere misericordiosi? Come potremmo commuoverci davanti alla miseria degli altri – e non la miseria economica ma- , la miseria morale e a tante altre miserie che non hanno neppure un nome? Come potremmo essere misericordiosi verso chi non ci è gradito?
Questa capacità ci viene soltanto da Dio.
“Beati i puri di cuore” La purezza del cuore, la purezza dei pensieri è qualche cosa di molto più vasto, di molto più ampio, di molto più profondo della purezza dei pensieri a riguardo del sesto comandamento. La purezza del cuore proclamata da nostro Signore Gesù Cristo riguarda tutti i dieci i comandamenti . E’ una purezza da stabilire in tutto il nostro essere, in tutti i nostri rapporti. E’ la difesa dal pregiudizio, dal preconcetto, dalle passioni, dalle suggestioni. Purezza del cuore è: essere puri, essere limpidi, essere schietti, essere ciò che si è. Allora è facile vedere Dio, allora è facile credere in Dio perché lo si porta in se stessi.
Vedete come si snoda la vita della santità ma non dimentichiamo che ha la sua sorgente e la sua possibilità solo in Dio.
Ce ne sono altre beatitudini, le sapete.
Ecco a quali pensieri ci riporta la festa dei santi : a una grande consolantissima sicurezza basata sulla fedeltà della parola di Dio; a un fatto nuovo: essere “tutt’altro” da quello siamo come Dio è infinitamente “tutt’altro” da quello che esiste perché è santo, perché partecipiamo della sua vita, della sua esistenza e quindi della sua santità, e quindi diventiamo capaci di vivere secondo il programma che ci propone nostro Signore Gesù Cristo nel discorso della montagna.
Professiamo la nostra fede in Dio,nella sua grandezza, nella vita che vuole comunicare a noi, nella vita eterna, particolarmente nella comunione tra noi che siamo santificati dalla grazia di Dio, e con i nostri fratelli che godono la vita di Dio in paradiso.
OM 159 Santi 1968 – Duomo 1-11-68 -ore 17