Incominciamo a rendere responsabili i laici
altrimenti non si formeranno mai delle comunità
Martina Franca, 1967 – Incontro con i sacerdoti 14
Da una visione d’insieme del ministero di padri e di pastori e delle disposizioni che ci devono animare a questo riguardo, passiamo a qualche indicazione.
Presbyterorum Ordinis n. 6
“Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo, a praticare una carità sincera e operativa, ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati”
Il sacerdote è un educatore della fede. Il significato di educare è far crescere e portare a maturità. C’è il tempo dell’infanzia, della adolescenza, della giovinezza e della maturità. Ognuno di questi tempi deve essere segnato da una tappa particolare dello sviluppo della fede.
La fede, come fiducia e abbandono, come pia credulità nel senso buono del bambino che si poggia particolarmente nella fede di coloro che lo circondano, non è una fede razionale ma una fede naturale che ha bisogno di supporti. La fede del bambino è quella della madre, del padre, della suora del sacerdote e la vive quasi di riflesso. Qui c’è da richiamare la responsabilità dei genitori i quali di fronte ai bambini hanno il peso tremendo di non dare scandalo e cioè di spegnere quella pia credulitas che nei figli è spontanea e che potrebbe ricevere delle impressioni deleterie proprio per la loro leggerezza o trascuratezza.
C’è la fede dell’adolescente che incomincia a guardare il mondo e vuole scoprire le ragioni di ciò che lo circonda. La fede dell’adolescente è legata al nascere, allo svilupparsi, all’affermarsi dell’esercizio della libertà e come si lega l’esercizio della libertà con la fede. Qui deve essere molto sviluppata la fiducia in nostro Signore Gesù Cristo, deve essere curata la presentazione della paternità di Dio, deve essere curata la presentazione dell’amicizia per nostro Signore Gesù Cristo, deve essere valorizzato il sentimento e l’atteggiamento di fiducia che Dio e Gesù Cristo hanno dell’adolescente. Molte volte, l’adolescente non gode della fiducia di coloro che lo circondano perché l’adolescente movendo i primi passi nell’esercizio della propria libertà e della sua autonomia, naturalmente compie degli sbagli.
Chi non compie degli sbagli quando muove i primi passi? Si potrebbe prendere l’esempio chi si avvia a prendere la patente e guidare una macchina è molto più facile che guidare se stessi, il meccanismo della propria persona che ha il suo volante nella vitalità. Allora l’adolescente deve essere circondato di fiducia. Non compatito ma compreso nelle sue aspirazioni esagerate, nei suoi comportamenti insubordinati. Scopre quella cosa meravigliosa che è la libertà e non può rimanere indifferente oppure soccombe e ritorna al punto di prima quando diceva, così ha detto mio padre, così ha detto la maestra. Adesso vuole dire: lo dico io! Dirà anche sciocchezze per noi, ma che per lui rimangono cose molto serie che devono essere prese in considerazione.
Ora, mentre l’atteggiamento degli adulti nei confronti degli adolescenti è così sbagliato, l’atteggiamento di Dio è molto diverso. Il dono della libertà glielo dà Dio e Dio si fida a dargli questo dono. Il dono della libertà lo ha reso agibile nostro Signore Gesù Cristo liberandolo dal peccato, rivestendolo della sua grazia e mettendolo, quindi, nella condizione di godere la libertà dei figli di Dio, della liberazione dei figli di Dio per cui sono in grado di esercitare la propria libertà. E’ tutt’altra la presentazione della fede al bambino da quella che si deve fare all’adolescente.
Il giovane insieme all’uso della libertà è nel momento in cui acquista il senso della responsabilità ed entra come attore responsabile nella vita con spirito di iniziativa. Come si conciliano lo spirito di iniziativa e di responsabilità con la fede? Il senso della fede a questo proposito, viene tratto dalla parabola dei talenti. La fede non è quescenza e pigrizia ma impegno. Non si tratta di cavarsela ma di trafficare al massimo i propri talenti, quindi il senso di responsabilità e lo spirito di iniziativa sono richiesti dalla fede e devono essere accompagnati ed illuminati dalla fede.
Ci deve essere una conoscenza del panorama della fede, di quello che abbiamo chiamato piano di Dio, dove inserirsi ognuno al proprio posto e perciò, da tutto questo tempo di attenzione: dalla osservazione che si fa del bambino, all’esplorazione che si fa dell’adolescente e dello studio che si fa del giovane ne deve venire fuori il posto di responsabilità che egli deve occupare nella vita, dove deve impegnare tutte le sue capacità con spirito di iniziativa, che equivale alla scoperta della propria vocazione e relativo impegno.
Presbyterorum Ordinis n.6
“Perciò spetta ai sacerdoti, nella loro qualità di educatori nella fede, di curare, per proprio conto o per mezzo di altri, che ciascuno dei fedeli sia condotto nello Spirito Santo a sviluppare la propria vocazione specifica secondo il Vangelo”
Ognuno ha il suo posto in questo edificio che edifica nostro Signore Gesù Cristo e che si edifica nello Spirito sulla pietra angolare che è nostro Signore Gesù Cristo, tempio santo dello Spirito di cui noi siamo le pietre viventi e dove ciascuna pietra deve scoprire il proprio posto, la propria vocazione. Questo è definitivo per corrispondere alla volontà di Dio iscritta nella personalità di ciascuno, nel temperamento, nelle doti, nelle inclinazioni nei gusti, tutte cose da scoprire e sviluppare e non modificare. Da modificare, semmai, nel senso di mantenerle nella giusta linea di sviluppo, nel proprio posto.
C’è una educazione universale che corrisponde all’essere di uomo e di donna. Educare uomini è diverso che educare donne. La vocazione della donna è diversa dalla vocazione dell’uomo prescindendo ancora dai diversi stati di vita.
E’ caratteristica la vocazione della donna al senso e all’espressione di grazia e di generosità. La grazia naturale e soprannaturale è una caratteristica a cui devono essere educate secondo lo spirito. Non è il diavolo che ha fatto le donne belle, amabili, attraenti. Bellezza ed amabilità sono doni particolari della grazia che, di per sé, hanno la loro funzione. Certi uomini vi rinunciano!
Vocazione ad essere uomini, ad essere saggi, forti, virili, dei capi, delle guide è la parte dell’uomo, è la complementarità dell’uomo. Non dobbiamo fare delle une delle badesse e degli altri delle femminucce, ma uomini gli uni e donne le altre secondo il piano di Dio, secondo il serenissimo e santissimo piano di Dio.
Che cos’è la donna nel pensiero di Dio e nella storia della salvezza? Che cos’è l’uomo nel pensiero di Dio e nella storia della salvezza? Qual’è la dignità di entrambi come figli di Dio ad uguale titolo nel pensiero di Dio e nella storia della salvezza? Di tutto questo deve tenere conto la nostra azione per essere degli educatori nella fede, secondo il vangelo e quindi ad educare tutti ad una carità sincera ed operativa, ed esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati. Il nucleo della educazione è lo sviluppo della libertà con cui Cristo ci ha liberati. Noi siamo capaci di usare la libertà in conseguenza della redenzione operata da nostro Signore Gesù Cristo che ci sottrae dalla schiavitù di satana, del peccato e conseguentemente dal dominio delle passioni per l’aiuto della sua grazia.
Perciò “sarebbero di ben poca utilità le cerimonie più belle, le associazioni più fiorenti se non sono volte ad educare gli uomini e le donne alla maturità cristiana”. Cristiani maturi!Cristiani adulti! Oggi si parla di fede adulta. Non bisogna solo parlarne ma sapere che cosa si intende per fede adulta e poi tendere a questa meta secondo la statura della pienezza di nostro Signore Gesù Cristo
Presbyterorum Ordinis n.6
“Per promuovere tale maturità” i Presbiteri potranno contribuire efficacemente a far sì che ciascuno sappia scorgere negli avvenimenti stessi -siano essi di grande o di minore portata – quali siano le esigenze naturali e la volontà di Dio” Qui il concilio presuppone la presenza di tutti gli educatori dai genitori ai maestri. Poi c’è il contributo che danno i presbiteri. A fare che cosa? Perché uno sia maturo deve esserlo nel giudizio, cioè, nella capacità di giudicare, secondo il vangelo, tanto i piccoli come i grandi avvenimenti e scorgere in questi avvenimenti le esigenze naturali e la volontà di Dio, quindi il rispetto per la natura ed il rispetto per la volontà positiva di Dio che interviene per mezzo della rivelazione.
Educare al giudizio.
Facciamo un rilievo su una certa pratica, su un atteggiamento nostro di “eccellenze” e di “don” che, ci mettiamo al di sopra, controlliamo, dettiamo legge e gli altri devono sottostare. Quell’atteggiamento che ha dato corpo ad una concezione di obbedienza che equivale ad una morte, allo spogliamento del giudizio personale! La così detta obbedienza cieca ci può essere in casi particolari, ma nella normalità della esistenza il giudizio deve essere il faro che ci guida in tutte le nostre azioni.
Quindi un certo paternalismo non è adatto per educare. Educare vuole dire fare crescere un altro, vuole dire sviluppare la libertà di giudizio di un altro e non imporre se stesso. Vuole dire fare maturale un educando e non diventare guide perpetue o dei binari obbligati su cui devono stare gli altri. Ciascheduno deve acquistare questo giudizio di quelle che sono le esigenze sue naturali, personali di donna, di uomo, di madre, di padre, di padrone,di operaio per cui devono arrivare a sapere, loro, meglio di noi perché noi abbiamo i principi da indicare, ma non abbiamo la esperienza.
Quante volte ci siamo arrogati il posto di padre o di madre di famiglia! Noi non abbiamo mai fatto lo sposo o la sposa. Solo essi possono capire cosa vuole dire. Noi abbiamo le indicazioni morali del piano di Dio, ma poi le esigenze connesse con queste condizioni di vita, loro le conoscono e ci possono illuminare e ci debbono illuminare. Ci vuole molta meno saccenteria nel nostro ambiente, molta più disponibilità ad ascoltare e ad imparare.
Cari sacerdoti che giustamente esigente di essere ascoltati dai vostri vescovi, ascoltate voi i vostri parrocchiani? La vera scienza di una azione pastorale matrimoniale non può nascere solamente sui libri di teologia, ma anche da una collaborazione degli sposi, dei membri della famiglia, che noi dobbiamo mettere insieme per una azione autentica, vera, concreta, realistica e quindi efficace.
Portiamo con noi le conseguenze di una legge di eredità clericale di quando il clericus era il sapiente, la persona colta. Adesso ci sono persone molto più colte di noi. Noi non teniamo più il monopolio della scienza e non è un male. Lo scibile è tanto vasto e complesso da non essere possesso di qualcuno. Più umiltà, più disponibilità ad ascoltare e poi giudicare alla luce del vangelo ma non pretendere di portare una esperienza. “Secondo le esigenze naturali e la volontà di Dio”, portarsi ad essere capaci di scoprire la volontà di Dio
Mi sono richiamato ad una certa pratica della così detta direzione spirituale che dovrebbe essere l’arte di insegnare a farne a meno per camminare da soli, ma che deve essere una cosa seria con gli uomini, con le donne, con i giovani e le giovani. Si perde un sacco di tempo. Uno di voi mi diceva che dovrebbe cambiare parrocchia per seguire la sua vocazione. Allora ha fatto il proposito di trattenere a lungo le donne così il parroco lo manda via. Ma, quanto tempo si perde per confessioni settimanali che durano un’ora! Una confessione settimanale deve durare tre minuti, il tempo per indicare un buon proposito, una esortazione ed una lunga penitenza e non dei fervorini, ma una pagina di vangelo da leggere davanti al tabernacolo.
Presbyterorum Ordinis n. 6
I cristiani inoltre devono essere educati a non vivere egoisticamente, ma secondo le esigenze della nuova legge della carità, la quale vuole che ciascuno amministri in favore del prossimo la misura di grazia che ha ricevuto, e che in tal modo tutti assolvano cristianamente i propri compiti nella comunità umana”. Rendere tutti responsabili! Poi capiranno più facilmente il dovere della carità. Potrà sembrare che non centri, ma non è così, perché la carità è l’esercizio di una virtù matura e la dobbiamo esigere come conseguenza di una fede adulta poiché questa corrisponde all’età adulta quando si acquista spirito di iniziativa e senso di responsabilità che rendono le persone responsabili della comunità locale e parrocchiale.
Incominciamo a rendere responsabili gli uomini e anche qualche donna della amministrazione parrocchiale. Perché il parroco deve essere il ragioniere e il tesoriere? Fate in modo che tutti vedano, che tutti sappiano, che tutti costatino che è tutto chiaro. Noi abbiamo la fama di essere persone ricche e di arricchire i nipoti. Mettiamoci in condizione di non fare pensare a questo, perché ciò che è della chiesa è nelle mani della comunità ecclesiale. Quanti preconcetti cadrebbero alla constatazione che la chiesa non ha dei beni occulti e segreti, che queste sono le spese e queste sono le entrate, che questo va al prete e questo al sacrestano! Se la gente può vedere è più pronta anche a dare, perché sente la parrocchia come cosa propria.
Siete stati solleciti a volere dai vescovi quei tali consigli. Costituite anche voi il consiglio parrocchiale per l’azione pastorale in parrocchia con il presidente di giunta, ed essi secondo le loro esperienze, devono esporre il proprio pensiero e dirigere le opere di apostolato dei laici. Non fate come i laici che fantasticano sui beni della parrocchia fantasticando sui beni delle curie!
Incominciamo da queste cose a rendere responsabili i laici altrimenti non si formeranno mai delle comunità. Certo, è tutta una educazione alla maturità, che forse è mancata anche a noi a questo proposito, però oggi che costatiamo queste cose e le scopriamo, per quello che dipende da noi, impegniamoci.
OM 101 Martina Franca_14 1967