In questa terza Messa che la chiesa ci offre di celebrare nel giorno santo della nascita del Figlio di Dio come uomo, leggiamo le parole solenni della introduzione del vangelo di Giovanni. Sono una grande professione di fede.
Io metto a vostra disposizione la grazia del mio ministero perché questa pagina del vangelo, questa professione di fede che deve animarci, sia più chiara per la nostra mente, per la nostra vita e per il mondo nel quale viviamo.
“In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di Lui
e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste
in Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre ma, le tenebre non l’ hanno accolta.
Il bambino del presepio è il verbo di Dio, è – come dice Paolo – l’irradiazione della sua gloria, l’impronta della sua sostanza, il Figlio stesso in persona. E’ Dio. E’ Dio in mezzo a noi. E’ Dio in rapporto con il mondo e con tutto il creato, perché tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di ciò che esiste. Quale senso, hanno per noi queste affermazioni, in questo momento della nostra esistenza, in questo momento della vita del mondo?
“Tutto è stato fatto per mezzo di Lui”. Non abbiamo forse la sensazione in questo momento della nostra storia che tutto venga fatto per mezzo dell’uomo?
“Senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”. Gli uomini scoprono ciò che già esiste. Gli uomini si servono di quello che trovano nel creato, ma in principio c’è soltanto Dio. C’è il Verbo. Il Padre per mezzo del Figlio suo, che è l’espressione della sua grandezza, della sua potenza, della sua sapienza, del suo amore, della sua bellezza, ha fatto tutte le cose e niente sussiste senza di Lui. La creazione non è un atto compiuto una volta per sempre, non soltanto nel senso che la creazione si evolve, ma nel senso che la creazione sussiste perché Dio per mezzo del suo Verbo la sostiene.
Questo Bambino del presepio è il creatore dell’universo. Questo Bambino del presepio sostiene ininterrottamente tutto ciò che esiste, compresa la nostra esistenza. Di conseguenza noi siamo sue creature.
Noi non ci siamo fatti da soli. Si adoperano le leggi di natura che conosciamo, ma queste leggi suppongono, sottintendono Uno che le ha stabilite. Dietro a queste leggi ci stanno la sapienza infinita, la libertà infinita, la potenza infinita, la bellezza infinita e soprattutto l’ amore infinito di Dio. Noi veniamo alla vita perché Lui, nel suo amore, ha voluto così, e noi nel suo amore siamo chiamati a partecipare della vita di questo universo meraviglioso, ma dobbiamo ricordare che siamo creature, che dipendiamo in tutto e per tutto da Lui, da questo Bambino, che per tanta parte del mondo è un bambino insignificante. Notate che non é insignificante solamente per quella parte del mondo che non lo conosce, ma lo è soprattutto per quella parte del mondo che presume di fare tutto come se il mondo l’avesse creato da se stesso.
Noi, da quale parte ci mettiamo? Ci mettiamo dalla parte del Verbo che è Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto, nel quale c’è la vita, elemento indicibile che sta al di sopra di tutti gli altri elementi come il più prezioso?
Si capisce la vita quando è posta in contrasto con la morte, ma per noi la morte non è qualche cosa di definitivo.
Egli è la vita.
Egli illumina la vita.
Egli dà significato alla vita e ci guida con passi sicuri nelle tenebre del mondo e della storia degli uomini.
Questo nostro Creatore e Salvatore viene nel mondo come luce per illuminare ogni uomo.
Questo nostro Creatore e Salvatore è nel mondo. Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, eppure il mondo non lo riconosce. Ecco il mistero. Il mondo ha lo sguardo rivolto altrove. Il mondo che è guidato dalla propria presunzione, dall’orgoglio, dall’intersesse personale, erige altri idoli al posto di Dio e così impedisce che gli uomini possano vedere Colui che viene per illuminarli e salvarli.
E’ venuto tra la sua gente, ma la sua gente non lo ha accolto. La sua gente era il popolo ebraico che, come abbiamo udito dal profeta, attendeva il salvatore,colui che lo avrebbe liberato dalla schiavitù e dalle tenebre, perché non c’era più alcun profeta che lo guidasse. Eppure quando arriva il Messia tanto atteso non lo accoglie. Perché? Perché tra “i suoi” e “Lui” c’è quel mondo, – di cui abbiamo detto- c’è l’orgoglio, l’autosufficienza, il formalismo religioso. Non lo ha accolto.
Ecco perciò il grande annunzio, il vangelo, la buona novella: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Questo creatore dell’universo, che sostiene in vita tutto quello che esiste, offre all’uomo che si è messo nella condizione di non riconoscerlo e di non accoglierlo, l’occasione di essere qualche cosa di più di una semplice creatura. Gli offre addirittura di essere figlio di Dio.
Gesù Bambino diventa figlio dell’uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Questa é un’espressione misteriosa che sentiamo ripetere da sempre. E io vi chiedo: che cosa ne facciamo della affermazione del vangelo: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio?”? Veramente siamo in chiesa perché abbiamo coscienza di essere figli di Dio? Veramente siamo in chiesa perché abbiamo la coscienza e la sicurezza che Dio, per Gesù Cristo, è nostro Padre? Veramente siamo in chiesa perché sappiamo di appartenere alla moltitudine di figli del Padre di cui Gesù è il primogenito? Questo è importante e decisivo.
Se è così, qualunque sia lo stato della nostra condotta o della nostra vita, noi abbiamo fatto il primo passo perché Gesù possa venirci incontro. Gesù ci viene incontro appena gli diamo l’occasione di lasciarci trovare. Mettiamoci, allora, nella condizione di lasciarci trovare da Gesù Cristo con il desiderio di credere nel suo nome e di credere, sulla sua parola, alla sua parola.
Noi sappiamo che questo bambino verserà il suo sangue per la nostra salvezza a indicazione delle disposizioni che ci devono essere nel nostro cuore, per amare gli altri fratelli come Lui ha amato noi, e a sostegno della nostra debolezza perché possiamo impostare tutta la nostra vita da figli di Dio, cioè, come coloro che amano fino al punto di dare se stessi per gli altri fratelli. I figli di Dio sono così.
Che parola è mai questa, che torna sovente sulla bocca del vescovo e dei suoi sacerdoti? Che riscontro trova nel mondo, dare se stessi per gli altri? E’ tanto in contrasto con la tendenza di considerare gli altri come oggetto di possesso e di vantaggio!
Il Verbo si fece carne. E’ venuto ad abitare in mezzo a noi. Non ha fatto una comparsa nel mondo ma si è stabilito nel mondo. Anche quando ha lasciato il mondo dopo aver portato a termine la sua missione, rimane sempre il Salvatore del mondo, rimane sempre presente nel mondo opera delle sue mani e prezzo della sua redenzione. Non si allontana da questo mondo dal momento che per questo mondo ha dato se stesso.
Noi sappiamo che Gesù è in mezzo a noi. Noi sappiamo che non celebriamo un fatto antico, ma un fatto attuale perché attuale è la realtà che Gesù Cristo è il nostro creatore ed è il nostro redentore nel senso che ci libera dal peccato. Celebriamo con questa coscienza la solennità del Natale? Vogliamo celebrarla così? Vogliamo che la Parola di Gesù contrassegni questo Natale e tutto lo spazio di tempo che ci separa dal prossimo Natale? Vogliamo prendere coscienza di essere creature di Dio che con senso di responsabilità, accolgono quello che Gesù Cristo ci offre: di essere i figli di Dio? Vogliamo prendere con senso di responsabilità il nostro posto nel mondo: di fratelli con tutti i fratelli, di figli di Dio insieme ai chiamati a diventare figli di Dio, perché nella nostra persona rendiamo visibile che Dio ci ha creati e ci ha salvati?
Questo è l’augurio che vi fa il vescovo sempre, tanto di cuore: nascere ad una coscienza più viva, più illuminata, più responsabile di quello che ha fatto per noi il Figlio di Dio, nato a Betlemme.
OM 682 Natale 76
Natale in sant’Andrea