incontro con i sacerdoti
Mettiamoci in atteggiamento di adorazione verso Gesù che viene per iniziare nel mondo il Regno del Padre.
Mettiamoci con umiltà e con fiducia sotto l’azione dello Spirito Santo pregato da Maria Santissima, invocata da tutta la Chiesa in questi giorni che ci prepara alla solennità dell’immacolato concepimento perché possiamo veramente avere lo spirito di sapienza e di rivelazione, per conoscere con gli occhi del nostro cuore: la speranza della chiamata di Dio, i favori della sua grazia, l’eredità riservata per noi fra i santi, l’eredità garantita dalla smisurata grandezza e potenza della forza di Dio e dalla fedeltà di Dio alla sua parola.
Ieri sera noi siamo entrati in un mondo che è il mondo di Dio, il mondo delle cose che Dio compie in mezzo a noi. Siamo entrati quindi nel mistero, in quella zona nella quale soltanto la fede illuminata dalla grazia dello Spirito Santo ci dà la possibilità di comprendere, di sostare, di accogliere e corrispondere con il nostro impegno.
Le difficoltà della vita cristiana sono le difficoltà della fede. La difficoltà della fede è entrare nel mondo di cose invisibili mentre vogliamo vedere, toccare, sperimentare, avere certezze che si possono calcolare e misurare.
Il mondo delle cose che Dio compie in mezzo a noi: E’ tutto un mondo che opera nel nostro cuore. E’ una Presenza misteriosa dentro di noi. E’ un’azione misteriosa nella nostra persona che non sarà mai percepita completamente. Se ne potrà acquistare una certa esperienza dopo una costante perseveranza nello sforzo di essere attenti al mondo della fede. Non è un’impresa da poco.
E’ un’impresa molto difficile vivere come uno che vede Dio e quello che Dio compie per il mondo, per gli uomini. E’ un’impresa che porta con se delle difficoltà, che a volte possono sembrare insormontabili. E sono insormontabili se non c’è uno sforzo costante e disciplinato per diventare padroni di tutta la nostra vita sensoriale, di tutta la nostra vita sensibile, per rivolgerla – in certo qual modo- nel più intimo di noi stessi, dove c’è il mondo più importante della nostra persona, che è il mondo che vale di più per la nostra vita, che è il nostro mondo interiore, la parte di noi stessi dove ci specifichiamo da tutti gli altri esseri, e dove – ripeto – incontriamo Dio.
La vita di raccoglimento è una vita disciplinata e, chi non è disposto sottoporsi a questa disciplina non raggiungerà mai un livello di vita di fede tale da potersi muovere abitualmente in mezzo alle realtà di Dio e della salvezza. E’ una cosa seria. E’ quello che deve fare il cristiano. E’ quello che dobbiamo fare noi noi che dobbiamo essere i testimoni della vita cristiana, noi che siamo coloro che hanno visto, noi che siamo coloro che sono stati con il Signore, noi che siamo i testimoni della sua opera meravigliosa e della sua resurrezione.
A volte rimaniamo ad un livello dilettantistico della vita spirituale. Non siamo sufficientemente convinti della vita di raccoglimento oppure ci manca il coraggio di fare le cose indispensabili. Di fare onestamente almeno tanti sforzi quanti ne compie una persona impegnata nel lavoro quotidiano. Per esempio, lo sforzo di un contadino, di un operaio, di un professionista serio! Noi dovremmo essere, con la stessa serietà, impegnati: in quello che dobbiamo essere, in quello che facciamo, in quello che avviene in noi per una presenza sicura e garantita di una azione che ha la forza di sormontare tutte le difficoltà.
Vita di raccoglimento non è stare in solitudine con noi stessi. La vita di raccoglimento è per incontrare colui che viene continuamente, è rispondere a colui che sta alla porta e bussa, e chiama, e prega, e supplica: “aperi mihi”, perché vuole stare con noi. E’ Dio che vuole stare con noi! E’ Dio che ha deciso di stare con noi! E’ Dio che vuole essere il nostro Dio! Nella rivelazione cristiana è più vero che Dio é nostro di quanto sia vero che noi siamo di Dio. E’ stupendo. E’ meraviglioso. Dovrebbe essere esaltante e confortante quel “non temere io sono con te”.
E’ evidente che ci vogliono dei momenti dedicati in un modo esclusivo all’attenzione di questa presenza, di questo amore, di questo Dio. Ci vogliono quindi dei momenti particolari di preghiera. Preghiera di attenzione, di ascolto, di contemplazione perché quella realtà di Dio in noi, di Dio per noi, di Dio con noi, possa entrare profondamente nella nostra coscienza in un modo abituale e fare di noi le persone, che vivono di fede. Non di una fede astratta, non di sporadici atti di fede, ma in un orientamento deciso, chiaro, risoluto verso Colui che ci viene incontro per stare con noi, verso Colui che è con noi, che ci ama infinitamente, che ci ha dato le prove più sicure e le garanzie più certe del suo amore.
Essere attenti alla azione del suo Spirito. Noi da soli non sappiamo niente, noi non possiamo sapere niente. Colui che è con il Padre ce lo suggerisce da “dentro”. Anche l’ascolto esteriore della Parola di Dio, se non è accompagnato dall’ascolto interiore dello Spirito che ci è dato perché ci introduca gradatamente nella conoscenza di ogni verità, non possiamo comprendere il gusto del Dio di ogni consolazione! C’è un certo gusto. Non lasciamoci prendere da gusti sensibili. C’è un gusto di Dio. Viene naturalmente da Dio. E’ soltanto un dono che Dio dispone per tutti, ma in modo particolare per noi.
Indubbiamente, se da parte nostra non c’è una serietà di corrispondenza per vivere nel mondo di Dio, che deve essere il nostro mondo, che deve essere il mondo che dobbiamo annunziare ai nostri fratelli, che deve essere il mondo di cui dobbiamo essere i testimoni, la nostra vita spirituale si impoverisce. Non si può vivere di povertà. Non si può vivere senza gioia. La gioia è frutto dell’amore di Dio per noi. La gioia è frutto della presenza dello Spirito Santo in noi. Senza il raccoglimento, senza l’ascolto attento allo Spirito vengono i dubbi, le incertezze, gli sconforti, le tentazioni.
Questa nostra vita di fede, che ci porta al raccoglimento e alla preghiera come ad un nostro primo impegno, deve accompagnare la nostra vita momento per momento, altrimenti non siamo al nostro posto, non siamo dove Dio vuole incontrarci, non siamo dove Dio pone la sua salvezza.Iddio, la sua salvezza non la compie dall’esterno. La compie nell’interno e lì dobbiamo trovarci e lì dobbiamo stare. E’ da questo contatto con Dio: con la sua parola, con la luce della sua grazia, con il conforto del suo amore, che saremo in grado di capire meglio i nostri fratelli e tutte le realtà che ci circondano, perché anche quelle sono realtà di Dio e hanno un ruolo nella vita dell’uomo.
Ma prima dobbiamo cercare il regno di Dio. Il resto ci è dato in sovrappiù. Questo sovrappiù lo potremo valutare bene e ci potrà impegnare convenientemente e nella giusta misura se saremo bene illuminati dalla luce dello Spirito Santo. Uno che prega molto è in grado di capire rettamente il mondo e i suoi problemi. Tutto questo implica la serietà dell’impegno. Un impegno di mortificazione. Gesù è davanti a noi. Gesù ci è presentato dai vangeli, come colui che sceglie una vita dura e povera, ma una povertà che si esprime in ciò che contraddice, alle volte, anche le inclinazioni legittime della nostra natura.
Vediamo la durezza della vita di Gesù bambino, la serietà della vita di Gesù adolescente, la faticosa sua vita pubblica. E’ vero che nel vangelo non si legge di atti particolari di mortificazione di Gesù. Tutta la sua vita è una mortificazione. E’ mortificato dalla fame, dalla sete, dal lungo camminare, dal lungo parlare, dal lungo ascoltare, dall’essere contraddetto e rifiutato, dal non trovare comprensione, dall’essere oggetto di persecuzione fino alla sua passione e alla morte. Gli episodi della passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo che ci hanno tramandato gli evangelisti, che sono i misteri dolorosi della sua vita, sono indicazioni per le nostre indecisioni alla ricerca delle nostre comodità. Non mea sed tua volumptas fiat . E’ flagellato e coronato di spine per il nostro orgoglio. Per il nostro il rifiuto di impegnarci a fondo, è caricato di una croce insopportabile. Per le richieste della nostra personalità è crocifisso ed abbandonato anche dal Padre. Grande mistero!
Come possiamo, secondo il piano di Dio e l’azione dello Spirito Santo in noi, essere conformi a nostro Signore Gesù Cristo, avere in noi lo stesso modo di sentire di nostro Signore Gesù Cristo, il quale annientò se stesso e prendendo le sembianze del servo si umiliò fino alla morte di croce? E’ facile parlare di Gesù profeta, di Gesù che fustiga questi o quelli. E’ più impegnativo parlare di Gesù che è fustigato, umiliato e va verso una fine ingloriosa. Grande lezione per noi che abbiamo sempre la tentazione di ottenere il successo! Sembra che lavoriamo per l’amore di Dio, per la gloria di Dio e dei nostri fratelli, ma se andiamo in fondo, è tanto naturale che lo facciamo per noi. Gesù, invece, ad occhi aperti va verso il Calvario. Tutto questo è mortificazione dell’orgoglio, della sensibilità, del cuore, dei sensi.
San Paolo non voleva conoscere nessun altro se non Gesù Cristo e Gesù Cristo crocifisso. Per san Paolo coloro che si perdono sono i nemici della croce, sono quelli che non lavorano per nostro Signore. Non è necessario che procuriamo le croci con le nostre mani. La fedeltà al nostro dovere, ai nostri impegni è seminata di croci. Non dobbiamo rifiutarle. Anche quando la natura è debole noi dobbiamo pregare per avere la forza di dire< “non mea sed tua voluntas fiat”. Non scendo nei particolari per dire come si deve esprimere la nostra mortificazione. Stiamo attenti soprattutto a ciò che porta lontano dalla possibilità di percepire Dio e le cose di Dio: la fantasia, i nostri sentimenti, la sensibilità.
Abbiamo detto che: il traguardo della vita di cui vuole farci partecipi il nostro Dio, per mezzo di Gesù Cristo, è la comunione di vita con Lui sulla quale deve modellarsi la comunione di vita fra noi. Ecco un altro punto che impegna la nostra persona perché si possa realizzare nella nostra vita un’autentica vita cristiana! L’espressione più autentica della vita cristiana è la carità fraterna. Se siamo nutriti di preghiera, se abbiamo rinnegato noi stessi preferendo la croce che ci ha messo sulle spalle nostro Signore Gesù Cristo, noi siamo in grado di diventare i discepoli che si amano gli uni gli altri, siamo in grado di obbedire al suo comandamento di volerci bene.
Se vogliamo che il nostro ministero sia conforme alla missione della Chiesa e al senso della redenzione compiuta da nostro Signore Gesù Cristo, non può mancare alla nostra vita questo elemento essenziale, distintivo, caratteristico di seguaci di nostro Signore Gesù Cristo: volersi bene, essere una cosa, essere uniti nella carità, essere uno come il Padre e il Figlio sono Uno. Anche a questo proposito ci sono tante difficoltà. Andiamo a cercarne ragioni per giustificarle, per giustificarci! Ragioni che sono molto esteriori per differenza di età, di educazione, di temperamento. La forza con cui Dio opera in noi supera qualunque deficienza, va al di là di ogni malizia e ci fa la grazia di superarci per realizzare una vita di carità che è impegno di stare insieme, di sopportarci, di essere l’uno per l’altro lo strumento del conforto di Dio. Il dono di Dio con la nostra collaborazione è l’abituale del rispetto per gli altri.
Rileggiamo le parole di san Paolo al capitolo 4. Vi esorto, io prigioniero nel Signore, a tenere una condotta degna della vocazione cui siete stati chiamati, con tutta umiltà e dolcezza, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri, studiandovi di conservare l’unità nello spirito per mezzo del vincolo della pace”. Paolo mette davanti il suo “titolo” per poter fare queste affermazioni finali: il fatto di essere prigioniero per amore del vangelo, e ci esorta a tenere una condotta degna della nostra vocazione. Questo noi dobbiamo fare con umiltà: stimarci sempre i più piccoli, trattare con dolcezza, con la bontà del cuore che si esprime esteriormente con la pazienza.
Impiegano tanto tempo le piante a crescere e a dare frutti! Perché pretendiamo che da un giorno all’altro l’uomo maturi anche secondo il piano di Dio? “Sopportandovi gli uni gli altri con amore, avendo l’avvertenza di conservare l’unità dello spirito nel vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come siete stati chiamati a una sola speranza, un solo Signore, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, il quale è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”. Che richiamo alla presenza di Dio! Che richiamo a stare alla sua presenza come dei figli! Che richiamo a stare davanti a lui come fratelli sinceri! Come amici veri!
OM 519 sacerdoti 74