Castiglione delle Stiviere- Incontro con i catechisti 1978
Dovendo intrattenermi con catechisti non posso parlare che di catechesi. Mi rifaccio, come è naturale, al fenomeno che si è verificato nella chiesa italiana in questi ultimi cinque anni.
Tutta la chiesa italiana attraverso il suo episcopato ha preso coscienza del compito primario che le spetta non tanto per la necessità dei tempi. Le situazioni hanno messo in evidenza e hanno fatto comprendere quanto questo compito sia primario rispetto agli altri, che poi non è il compito unico, cioè,l’evangelizzazione: “evangelizzazione e sacramenti”, evangelizzazione e famiglia, evangelizzazione e promozione umana, evangelizzazione e ministeri, ed altro.
Perché? Perché corrisponde alla missione di nostro Signore Gesù Cristo che è venuto, prima di tutto, per annunziare la buona novella ai poveri. Cristo viene per portare un annuncio agli uomini. Non un annuncio astratto, dottrinale, filosofico, ma un annuncio di una vita nuova. Sottolineiamo e riflettiamo che Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è venuto per questo.
Se Gesù Cristo è venuto per questo, la sua chiesa, tutta la chiesa che ha il peso e la responsabilità di portare avanti l’azione di nostro Signore Gesù Cristo, deve essere una chiesa evangelizzatrice. Ma c’è questo di particolare nella coscienza della chiesa italiana e del mondo e nel sinodo dei vescovi oggi: il termine evangelizzazione ha assunto il suo senso pieno. Come abbraccia tutta l’attività di nostro Signore Gesù Cristo, così abbraccia tutta l’attività della chiesa e di tutta la chiesa.
Tutta l’attività di nostro Signore Gesù Cristo! Anche negli autori si é insistito parecchio nel dire che, evangelizzazione significa “il primo annuncio” e che poi segue l’approfondimento della fede attraverso la catechesi, e il perfezionamento della vita cristiana attraverso un lavoro di perfezionamento morale ascetico, …. Invece, oggi si ha coscienza che tutto entra nell’evento evangelizzazione. E’ stata evangelizzazione, per nostro Signore Gesù Cristo, il discorso della montagna, la moltiplicazione dei pani, la resurrezione di Lazzaro, la sua morte in croce, la sua risurrezione e la sua ascensione al cielo.
Come ben nota la Dei Verbum, che i catechisti dovrebbero conoscere insieme al documento di base, tutta la Rivelazione cristiana non è composta semplicemente di parole che svolgono un pensiero, ma di parole e di fatti: di parole che annunciano una realtà e di fatti che traducono questa realtà. E, i fatti e le parole congiunti danno il senso pieno e vitale della Rivelazione .
Qui nasce che anche l’azione della chiesa, anche il ministero della chiesa, anche il servizio che la chiesa deve rendere al mondo e ai propri fratelli non deve essere soltanto di annuncio della fede ma anche di approfondimento e perfezionamento della fede. Quindi quando si dice evangelizzazione – questo è importante e decisivo – non si tratta semplicemente dell’annuncio della fede ma di tutto il complesso della proposta della Rivelazione.
Parole e fatti ,verità, e vita, sono termini intercambiabili nel senso che, qunado si propongono in senso cristiano,sono tra loro comunicanti, di conseguenza si recepiscono in senso cristiano, costituiscono un tutto vitale. Di conseguenza: quando uno pensa, – come fate voi – di disporre di se stesso, del proprio tempo, delle proprie capacità o preparazione per svolgere un compito catechistico, deve persuadersi che entra in questa dinamica della evangelizzazione, nel senso completo e pieno della espressione.
Non é quindi semplicemente un trasmettere, un fare apprendere – magari a memoria- delle verità, delle nozioni su un piano razionale come semplice cognizione. Si tratta di trasmettere una vita, non semplicemente un modello di vita, uno stile di vita. Si tratta di qualche cosa di più profondo, che é appunto la vita stessa, quella vita che è venuto a portare in terra nostro Signore Gesù Cristo: “sono venuto perché il mondo abbia la vita e la abbia in sovrabbondanza”. Gesù dirà con altrettanta chiarezza :“Io sono la vita”.
San Giovanni osserva: “l’abbiamo visto il Verbo di vita fatto uomo e dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto”. Vale a dire:il piano di Dio in nostro Signore Gesù Cristo, per l’azione dello Spirito Santo è di comunicare una vita nuova: qualche cosa di interiore, di profondo da cui nascono gesti nuovi, parole e atteggiamenti nuovi, sentimenti nuovi, impegni nuovi perché c’è un “altro essere” in noi che ci è stato comunicato da nostro Signore Gesù Cristo, attraverso gli strumenti che ha stabilito e che riassumiamo in: parola, sacramento , carità della comunità.
Perciò, chi si intraprende a fare catechismo deve anche essere cosciente che va – prima di tutto – per rendere attuale, presente, efficace, operativo ciò che nostro Signore Gesù Cristo è venuto a fare su questa terra, e che continua a fare per tutti i tempi e per tutto il mondo nella sua chiesa di cui ciascuno di noi è membro, in cui ciascuno di noi ha un compito non esclusivo ma complementare. Voi non potete fare nulla senza il vescovo. Il vescovo può non fare nulla senza i suoi presbiteri. I presbiteri non possono fare nulla senza il vescovo. Nessuno può fare nulla senza tutti i membri della chiesa.
Io che vado a fare catechismo non faccio un gesto pedagogico. Vado a fare un gesto ecclesiale che rende presente l’azione di nostro Signore Gesù Cristo attraverso la mia azione,che è azione di chiesa perché sono membro della chiesa attraverso l’azione dello Spirito.
Azione dello Spirito santo che è nascosta a me e agli altri, ma che è garantita da nostro Signore Gesù Cristo. Poiché Gesù ha imposto le mani perché i discepoli ricevessero lo Spirito Santo e andassero nel mondo a predicare, poichè è certo che noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo nel Battesimo nella Cresima, alcuni di noi nella Ordinazione sacerdotale. è certa la presenza dello Spirito Santo invisibile e misteriosa, ma sicura e garantita, capace di superare tutte le situazioni sia personali che sociali, che ambientali, la cui efficienza non verrà mai meno attraverso i tempi, non sarà mai usurata da qualsiasi situazione. Questo bisogna sapere e tenere presente.
Ne viene di conseguenza, che io mi devo chiedere, in coscienza, prima di qualsiasi altra cosa, se veramente sono unito a nostro Signore Gesù Cristo attraverso quei canali o strumenti che Egli stesso ha disposto perché io possa essere unito a Lui. Questo canale è la totalità del mistero e della realtà storica della Chiesa: uniti a nostro Signore Gesù Cristo attraverso la via che Egli ha scelto per stabilire la sua unione con noi e l’azione del suo Spirito in noi con noi e per mezzo nostro. Questo è importante avere presente.
Capite allora, che da queste angolature diventano più chiare certe raccomandazioni o affermazioni? Si diceva che per svolgere un apostolato bisogna essere uniti con Dio . L’unione con Dio era considerata una condizione per svolgere un buon apostolato. Dal punto di vista, da cui ci siamo posti, è più evidente e diventa naturale questa condizione. Non è possibile concepire diversamente una attività di chiesa e di conseguenza una attività di catechesi.
Indubbiamente chi si accinge ad una azione di questo genere deve preoccuparsi di avere gli strumenti che gli rendano più facile il compito: strumenti di tipo psicologico per conoscere il pubblico a cui si rivolge, strumenti pedagogici per fare crescere una persona pensando che la grazia non distrugge la natura ma la rende più efficiente, non dimenticando che gli strumenti devono essere animati dalla competenza, ma soprattutto dallo Spirito che agisce attraverso la mia persona e attraverso la mia azione.
Allora comprendete che per rimanere nell’ambito di una azione catechistica non è sufficiente trasmettere delle nozioni oppure fare compiere dei gesti sacri – cresima, prima Comunione – o far compiere qualche azione che corrisponde alle intenzioni e alle sollecitazioni del vangelo. Ci vuole tutto. E insieme a questo tutto è necessario almeno da parte nostra – non dobbiamo esigerlo dagli altri – uno spirito. E’ necessario essere intonati allo Spirito di Dio, allo Spirito di nostro Signore Gesù Cristo, allo spirito di fede.
E’ necessario avere una visione di fede perché si compie un gesto nell’ambito della fede. Io so di proporre agli altri di entrare in un ambito di fede, so che non corrisponde a un atto o ad un atteggiamento, ma a una vita. non indurre a fare un atto di fede perché non sono io che posso indurre a compiere un atto di fede. E’ certo che la fede è un dono che viene da Dio. E’ certo che io sono sempre e unicamente nell’ordine dei mezzo di cui Dio può servirsi e anche non servirsi. Dio si può servire della fionda di Davide piuttosto che della spada di Golia, della mascella di un asino invece che della bocca di un profeta… di strumenti inutili.
Proprio di strumenti inutili si serve Dio? Dio rispetta ciò che è della creazione. Io ho parlato di uno Spirito. Colui che si accinge a fare catechismo deve sapere, che in mano di Dio è uno strumento inutile. “Quando avrete fatto tutto, dite a voi stessi siamo servi inutili”. Questo non deve essere un modo da proporre alle suore o ai preti. Questo è un atteggiamento fondamentale che mette tutti nella condizione di stare al proprio posto, perché tra l’azione di Dio attraverso l’azione del suo Spirito e la nostra strumentalità esteriore c’è una distanza o un salto di qualità tale, che noi dobbiamo veramente stare al nostro posto.
Al cardinale Pellegrino qualche volta si faceva rilevare come fossero ingenti i compiti della chiesa e lui era solito rispondere: quando mi viene questo pensiero penso sempre: la sproporzione tra un essere umano e Dio è tale per cui, per quanto io faccia o non faccia, io sono sempre alla stessa distanza rispetto alla altezza e alla profondità e alla forza della azione di Dio . Quindi, un atteggiamento di grande umiltà e di grande povertà! Di grande povertà e umiltà non solo nei confronti di Dio che agisce, ma anche nei confronti dei fratelli, perché io vado a portare loro una realtà così trascendente anche se incarnata, per cui gli devo chiedere scusa se oso fare un tale gesto.
E’ lontano da qualsiasi concezione cristiania quella di essere maestri di catechismo. Noi dobbiamo prendere le nostre distanza o meglio metterci nella situazione vera nei confronti di Dio e nei confronti dei fratelli. Io devo proporre a un mio fratello, per l’azione che compie in me lo Spirito di Dio, il dono di un vita nuova. Il dono! Non una imposizione, non una dottrina perché posso dimostrare che è vera, non una regola di vita morale.
All’inizio di ogni gesto di catechesi ci deve essere qualche parola, qualche gesto, un atteggiamento che dica, che noi siamo di fronte ad Uno che ci ama e per amore ci propone, ci invita, ci offre, ci chiama, ci sollecita. Con grazia, con dolcezza, con tenerezza addirittura, con umiltà! “Sto alla porta e busso” è una immagine reale che corrisponde all’atteggiamento di Dio espresso in nostro Signore Gesù Cristo e che deve avere la sua continuazione in noi. “Sto alla porta e busso”, non entro, non forzo, non picchio con le nocche, busso leggermente, soprattutto con tanta pazienza.
La pazienza di Dio! Si parla poco della pazienza di Dio. Noi dobbiamo sapere di essere coinvolti nell’evento scandito dagli atteggiamenti di Dio che offre in dono. E il dono non è offerto dall’alto al basso per dimostrare la sua superiorità. E’ offerto per introdurre al suo stesso livello, nella stessa luce, nella stessa grazia, nella stessa giustificazione, nello stesso amore, nella vita stessa di Dio. E’ un dono tale che dovrebbe più che convincere, attrarre.
Capite che ci troviamo di fronte ad un compito immane. Come far capire questo? Lo si fa capire se in noi c’è quella profondità di vita spirituale che crea dei rapporti con Dio, che rispetti questo atteggiamento di Dio, che accolga il dono di Dio, e che accolga questo dono di Dio con meraviglia, con gratitudine, con riconoscenza, quindi con amore, con una adesione incondizionata anche se molto imperfetta, con un impegno totale anche se con un timido “sì” alla grande proposta. Anche un timido “si”, che è un piccolo passo, ci ha già introdotti nel regno della sua vita, nel vivo del suo amore per la salvezza nostra e per la salvezza dei nostri fratelli.
Quindi -con un piccolo “sì” – siamo già abilitati per compiere l’opera di catechesi, ma ricordando il nostro posto nei confronti di Dio e dei nostri fratelli nella chiesa, con la chiesa, per essere strumenti nella chiesa, per poter andare nel nome della chiesa. Assunto questa coscienza e questo impegno, devo esplicitare e svolgere tutta la significazione del dono di Dio. Posso dire semplicemente: se è un dono di Dio devo descriverlo, e lo devo descrivere nelle sue manifestazioni attraverso la storia della salvezza. Ecco perché i nuovi catechismi propongono di iniziare con la lettura di un brano della sacra scrittura.
La Rivelazione è descrittiva perché è storia che si concretizza negli avvenimenti già accaduti e che sono la garanzia di quelli che stanno per accadere per ciascheduno. Se sono accaduti per Abramo, per Mosè, nostro Signore Gesù Cristo e gli apostoli, accadono anche oggi per chiunque di noi. Vedete come è importante, per intraprendere una azione catechistica, che vi serviate della Sacra Scrittura. Non si tratta più di proporre nozioni, ma di proporre una vita di fare entrare nella esperienza di una vita, di fare compiere ai nostri catecumeni – e noi per nostro conto – un cammino, il più lungo possibile, attraverso le esperienze di vita cristiana. Se la vita cristiana – che è una vita! – non la si esperimenta, non la si può neppure valutare, tanto meno la si può gustare, e meno ancora la si può preferire ad altri tipi di vita.
OM 639 Catechisti 78
Dal registratore – senza data e senza numero – riferita al 78 per la collocazione in cui era stata catalogata-Castiglione delle Stiviere- Incontro con i catechisti