Dobbiamo venerare questo mistero della nostra fede
Cattedrale di Monopoli 4 maggio 1967
Il diacono, la notte della vigilia pasquale con una solennità unica in tutta la liturgia aveva benedetto il cero, aveva cantato, magnificato la simbologia di Gesù risorto da morte e portatore della vita in mezzo a noi. Il diacono oggi, avete visto, dal momento che Gesù ci priva della sua presenza visibile perché ascende al cielo, ha spento il cero. E’ un gesto che deve richiamare al significato della solennità che noi oggi, come piccolo gregge, celebriamo: il mirabile mistero dell’ascensione di nostro Signore Gesù Cristo al cielo.
Celebriamo e perciò rendiamo presente, celebriamo cioè crediamo attuale, perché Gesù Cristo è sempre alla destra del Padre, è sempre il nostro capo che intercede presso il Padre, che dove è Lui possiamo arrivare anche noi. Dobbiamo venerare questo mistero della nostra fede e farlo diventare operante nella nostra esistenza.
Molto tempo prima della sua passione,Gesù parlando al mondo aveva detto ai discepoli che sarebbe tornato dove e donde era venuto. Era venuto dal Padre, aveva prolungato la sua permanenza in mezzo a noi ed era giunto il momento di risalire al Padre. Come risale al Padre?
Gesù risale al Padre come trionfatore della morte e non dopo la sconfitta della morte.
Gesù risale al Padre dopo essere stato costituito storicamente, visibilmente, signore, padrone di tutta la creazione che egli stesso in nome del Padre e con la potenza del Padre aveva tratto dal nulla.
Gesù risale al Padre come signore e padrone di una moltitudine di uomini che riconduce a Lui come figli, dopo averli riscattati dalla schiavitù del peccato e dal male.
Gesù risale al Padre come nostro capo oltre che come nostro salvatore e siede alla sua destra.
E’ l’umanità santissima di nostro Signore Gesù Cristo, è il Figlio di Dio in tutto simile al Padre, è il figlio dell’uomo in tutto simile a noi, che partecipa della gloria, della potenza, dello splendore, della felicità di Dio.
Gesù è il capo di quel corpo di cui noi siamo le membra ed è naturale che dove è il capo ivi si raccolgono le membra del suo corpo. Ce lo dice espressamente Gesù: vado avanti a preparare per voi il posto perché voglio che dove sono io siano anche i miei discepoli e quelli che credono in me.
– Noi cristiani, – noi membra di Cristo, – noi figli del Padre di una paternità che ci viene partecipata attraverso il figlio suo unigenito Gesù Cristo, – noi famiglia di Dio e popolo suo, – dobbiamo seguire il nostro capo. – La nostra vita perciò ha un senso peregrinante.
Non abbiamo qui una dimora stabile anche se abbiamo la casa nostra e la casa più bella. Dobbiamo intendere quanto siano effimere queste consistenze, quante siano caduche queste tappe della nostra vita, come inesorabilmente noi siamo in cammino. Siamo in cammino anche quando siamo materialmente fermi perché gli anni passano, perché corre la nostra esistenza e ci avviciniamo sempre di più alla meta. La meta è giungere a nostro Signore Gesù Cristo, figlio del Padre, nostro Salvatore, nostro Capo. Il traguardo è il luogo dove si trova Lui che è andato a prepararci il paradiso.
Il paradiso è ritrovarsi in nostro Signore Gesù Cristo, autore della vita e della nostra partecipazione alla grandezza di Dio.
Il paradiso significa essere finalmente contenti della pienezza, della intensità infinita della vita dello Spirito che anima tutte le fibre del nostro essere e le trasformerà nel fuoco della carità.
In paradiso ameremo, saremo infinitamente amati e capaci di partecipare all’amore di Dio per tutto e per tutti.
In paradiso l’amore sarà pieno, completo, totale, sovrabbondante, e la partecipazione all’amore infinito di Dio sarà la nostra esistenza.
Questo mistero e questa grazia che ci viene assicurata dalla presenza di nostro Signore Gesù Cristo, nostro capo alla destra del Padre, deve diventare operante nella nostra vita quotidiana. La nostra vita quotidiana che, si svolge nella monotonia, nella solitudine, alle volte nell’isolamento, nella incapacità, nella impossibilità di aiutare gli altri, in mezzo alle difficoltà, alla fatica, alla tristezza, alle tribolazioni, deve essere illuminata dal mistero dell’ascensione di nostro Signore Gesù Cristo al cielo.
Ci è arrivato lui: – dopo le umiliazioni della grotta di Betlemme, – dopo le fatiche di Nazareth, – dopo le contraddizioni della vita pubblica, – dopo le persecuzioni dei suoi nemici, – dopo la condanna alla sua passione e morte, – dopo la crocifissione.
Ci è arrivato per la potenza di Dio e per mezzo suo, è data anche a noi come grazia di salvezza.
Ci arriveremo anche noi se abbiamo fede in nostro Signore Gesù Cristo salvatore,
ci arriveremo anche noi se lo seguiremo, passo passo, in tutte le circostanze della nostra esistenza,
ci arriveremo anche noi se ci comporteremo come Lui che ha sempre fatto la volontà del Padre.
Egli ci aiuterà, con la sua grazia, con il conforto della sua presenza misteriosa ma reale in mezzo a noi, attraverso la sua parola, i sacramenti, la carità dei nostri fratelli; poi con lui parteciperemo all’amore infinito di Dio e diventeremo capaci di un amore senza limiti per Iddio e per i fratelli .
OM 60 Ascensione 1967