prima di proporci cose da fare
ci propone di ” essere”
Cerchiamo di raccorciare per lo meno i preamboli perché possiamo rischiare di farne troppi. Potrebbe essere un preambolo rilevare come, in concreto, il Concilio per noi incomincia adesso. La nostra Pentecoste, la novella Pentecoste che si deve realizzare in tutta la Chiesa, nella nostra Chiesa l’apriamo questa sera.
Potrebbe essere un preambolo un certo richiamo al fatto che, particolarmente in questi incontri, molte cose le sentirete ripetere e certamente farete la constatazione che queste cose si sapevano. Se c’è da dare uni risposta è questa: certe cose già sì sapevano, certe cose le abbiamo anche ripetute parecchie volte e quasi costituiscono il nostro patrimonio dottrinale, ma se queste cose le ha dette il Concilio hanno un’altra sicurezza, hanno un’altra autorità, hanno un altro valore: sono il patrimonio del Magistero più alto che ci possa essere nella Chiesa.
Non è neppure necessario rilevare con troppe parole come da questo momento – il momento in cui è terminata la celebrazione del Concilio e siamo entrati nel post conciliare – le responsabilità che si è assunto il Concilio cadono su di noi. E’ detto questo anche ufficialmente, diciamo così, anche conciliarmente nel decreto che riguarda il ministero e la vita dei sacerdoti. Quindi nelle mani dei sacerdoti è posto il tesoro di salvezza che lo Spirito Santo nella persona di Papa Giovanni, di Paolo VI e dei Vescovi di tutto il mondo, ha disposto per gli uomini del nostro tempo.
I nostri contemporanei, i nostri fratelli di oggi, accoglieranno riceveranno, avranno tanto bene da tutto quello che ha disposto il Concilio quanto ne comunicheremo personalmente responsabilmente noi. E allora cerchiamo di metterci nella situazione giusta.
E’ una cosa nuova nella storia del cristianesimo che il mistero della Chiesa sia trasferito esistenzialmente al livello di coscienza personale, cioè, è cosa nuova nella Chiesa che la Chiesa stessa sia vista nella sua realtà concreta, nelle sue situazioni o nella sua attuazione nella coscienza delle persone, non più semplicemente nelle istituzioni, non più semplicemente nei suoi elementi costitutivi, non più semplicemente come una dottrina che poteva stare anche nei libri e nelle biblioteche.
La Chiesa del Concilio vuole essere una Chiesa della esistenza, cioè, una Chiesa che prende esistenza concreta e ne prende tanta quanta se ne realizza nelle persone, nelle coscienze delle persone. Non si tratta, proprio come intenzione del Concilio dichiarata fin da principio nel discorso di apertura di Papa Giovanni, delle verità sulla Chiesa o degli elementi costitutivi o istituzionali della Chiesa, ma della verità degli elementi costitutivi istituzionali come sono nella concretezza delle persone viventi.
Dalla teologia dell’essenza alla teologia della esistenza. Alla teologia dell’essenza attraverso la teologia della esistenza. Parole, modi di tentare di esprimerci, ma che sono abbastanza ovvie, chiare per voi. Non è che il Concilio abbia voluto mettere da parte, dimenticare di proposito, trascurare ciò che è ontologico in Dio, nelle cose di Dio e ciò che è nella creazione, per abbandonarsi, quasi, alla fenomenologia delle cose esistenti. Ha voluto fare se non un passo avanti, per lo meno mettere in evidenza un altro aspetto. Ogni essenza ha la sua esistenza e allora ha guardato l’esistenza e come queste essenze si comportano nella esistenza -se ci si potesse esprime così. Quindi, è un angolo di visione nuovo fatto suo dal Concilio. Non è più l’opinione di un teologo, è l’insegnamento del Magistero.
Padre Congar si esprime in questo modo, “noi siamo ancora gli eredi di un concettualismo che non ci proviene dalla grande scolastica, ma dai manuali scolastici e, siccome siamo stati costretti dalla necessità a difenderci dal soggettivismo religioso del protestantesimo liberale dei modernisti, abbiamo finito di comportarci come quelli che considerano la Rivelazione come una lista di proposizioni di genere metafisico che, Dio insegna ma delle quali riserva a sé la dimostrazione. Oggi tutto spinge a considerare meglio un altro aspetto della Rivelazione altrettanto importante senza, naturalmente, sacrificare nulla della verità oggettiva, un insegnamento dal contenuto intellettuale preciso.
Il ritorno alle sorgenti bibliche della Rivelazione che, anima tutto il rinnovamento della teologia attuale, il ritorno a concepire la fede come apertura totale di se stessi a Dio perché entri da signore nella nostra vita, – in confronto con la teologia protestante la quale è stata intenzionalmente una critica a fondo di un certo “cosismo” dei tempi del ultimo medio evo- è un’affermazione del rapporto personale, drammatico, paradossale, costituito da una parte da Dio che interviene gratuitamente nella mia salvezza, che è Gesù Cristo, e dall’altra del mio essere di peccatore al quale la fede – per la quale già Dio opera in me- dà la possibilità di fare la sua salvezza. Dio – io.
Questi sono gli aspetti che accentuano e giustificano gli orientamenti della teologia attuale e l’orientamento preso dal Concilio.
Il protestantesimo guarda al cristianesimo come rapporto continuamente in atto tra l’uomo e Dio.
La teologia della esistenza ha definito Dio in quel determinato modo. Pensiamo ai nostri piccoli catechismi. Dio è l’essere perfettissimo creatore e signore del cielo e della terra, quindi più perfetto di così, cioè, più lontano di così non si può dire. Invece, Dio è qualche cosa di continuamente in atto: è nell’esistenza. L’esistenza di Dio è un’esistenza eterna ma attuale, e l’esistenza della creatura è quella che è momento per momento. C’è un rapporto continuamente in atto tra l’uomo e Dio, quindi, come qualche cosa che accade, come avvenimento. Questi principi sono orami fatti nostri dalla teologia, ripeto, sono fatti propri dal Concilio. Basta guardare nella Costituzione sulla Rivelazione come è presentata la Rivelazione. Non è allocutivo avvenimento dei tempi che furono. E’ lo Spirito Santo nei cuori che continua a parlare anche oggi.
Di qui da parte dei protestanti, della teologia protestante, l’atteggiamento di anti-sostanzialismo che è rifiuto di ciò che è statico, generico, ontologico, espresso poi in modo astratto dalle definizioni della nostra teologia astratta.
La tendenza del pensiero filosofico attuale va nello stesso senso, cioè nel modo di pensare della gente dei tempi nostri. La filosofia moderna non ricerca come le filosofie antiche una interpretazione d’insieme del mondo in termini ontologici, ma è una riflessione sulla esistenza umana. Così essa apre o riapre un capitolo di feconde considerazioni dei rapporti interpersonali: ontologia intersoggettiva che è tutt’altra cosa che il soggettivismo. Essa contribuisce alla creazione di un clima nel quale in corrispondenza al ritorno alle sorgenti bibliche, i teologi sviluppano oggi l’aspetto interpersonale del rapporto di fede provocata dalla Parola di Dio.
La teologia della fede e del rapporto religioso può evidentemente trarre profitto dalla riflessione moderna sull’esistenza umana e sul rapporto interpersonale Dio – Tu. Guardate che, questo Dio – Tu si trasferisce addirittura nel rapporto interpersonale, quindi religioso, dell’uomo con Dio e di Dio con l’uomo. Questa è la situazione, diciamo così, culturale.
E’ la situazione che trova il Concilio, che scopre il Concilio, che ci mette davanti il Concilio, nella quale il Concilio ci invita ad entrare: nella concretezza della esistenza. Vale tanto quanto esiste concretamente. Non è necessario fare delle riflessioni perché si presentano tanto spontanee con una certa teologia, con un certo modo di presentare la fede, con un certo modo di concepire la Chiesa.
Ci poteva stare la retorica,ci potevano stare le posizioni fittizie,ci poteva stare l’apparato e tutto il resto, invece in una situazione come questa ci sta solo ciò che è vero, o meglio, conta e vale ciò che concretamente esiste,non ciò che in bel modo si potrebbe dire. E’ per questo che dobbiamo sempre più convincerci che, il Concilio prima di proporci delle cose da fare ci propone delle cose da essere. Quindi le conclusioni pratiche, così dette, le applicazioni pratiche verranno come conseguenza di “un essere”. Se noi siamo la Chiesa che il Concilio definisce, questa Chiesa che siamo, produrrà delle operazioni conforme alla sua reale consistenza, conforme alla sua reale esistenza, conforme alla sua reale natura.
E allora: di fronte all’avvenimento del Concilio, e di fronte ai documenti del Concilio, poiché i documenti del Concilio sono letti, sono cose scritte, sono cose stampate, che cosa occorre? Occorre, come si esprime il Papa, una presa di coscienza.E questa presa di coscienza, per farla breve,si raggiunge,si attua,si realizza prima di tutto attraverso lo studio.
Sentite Paolo VI: “In tutti i cristiani, nella sacra gerarchia come nel laicato cattolico, si accresca il senso della Chiesa e che di essa tutti prendano più chiara e fattiva coscienza. “E’ quindi estremamente importante che durante il sacro tempo che segue il Concilio, la Chiesa in armonia con lo Spirito, che anche noi prescrivemmo al Concilio, non cessi di approfondire la coscienza di se stessa, di meditare sul mistero che le è proprio, di esplorare a propria istruzione e a propria edificazione la dottrina già a lei nota e già in questo ultimo secolo enunciata e diffusa sopra la propria origine, la propria natura, la propria missione, la propria sorte finale; una dottrina non mai abbastanza studiata e compresa.”
Questa è una citazione dalla “Ecclesiam suam”, riportata nel Mirificus Eventus (il decreto sul giubileo) e che ripete ciò che Paolo VI aveva già scritto quando era arcivescovo di Milano in prefazione al Concilio; ciò che ha detto l’unica volta che ha parlato in Concilio in un suo intervento sulla Chiesa e che non cessa mai di ribadire in tutte le circostanze e, se non fosse irriverente, in tutte le salse. Tanto per dire, perché ne prendo una in mezzo a tutte, si può dire che tutte le settimane lo sentiamo. A quei personaggi che sono la nobiltà romana diceva il 13 gennaio: “Che cos’è la Chiesa per i nostri occhi, per la vostra cultura, per la vostra educazione moderna, per le vostre anime? Che cos’e?
Lasciate che questa aggressiva domanda vi assalga e vi tormenti: essa possiede virtù purificatrici e rinnovatrici, essa tende a rendere intelligente e cosciente la vostra adesione alla santa Chiesa; essa tende alla scoperta delle ragioni essenziali della vostra fedeltà, essa tende a suscitare una curiosità che deve trovare soddisfazione in un nuovo studio, in una nuova meditazione su questa notissima e misteriosa istituzione che si chiama la Chiesa e che significa (cosa nuova, questo non l’aveva mai detto) che significa oceano: oceano di disegni divini, oceano delle divine misericordie, oceano delle verità e delle grazie che fanno viva la vita, oceano delle speranze che nessuna sventura può abbattere, oceano di storia, di storia umana piena, come ogni cosa umana, di grandezze e di miserie, ma per trarre da un intimo nerbo di vita sovrumana che la fa sempre risorgente e invitta”.
Dunque credo che non sia necessario dire di più, per creare in noi una convinzione di studio, una convinzione sulla necessità di studiare i documenti del Concilio, per arrivare a possedere questa coscienza. Non è qualche cosa di vago che ci possiamo formare stando nell’ambiente perché l’ambiente non è così, perché l’ambiente non dice così, perché il Concilio è un rinnovamento, perché il Concilio è un approfondimento che non è in circolazione. E’ nella coscienza, diciamo così, della Chiesa, dei suoi pastori fino ad un certo punto, perché il Papa dice “Anche dalla sacra gerarchia e dal laicato cattolico”, tutti devono continuare a studiare perché non è mai sufficientemente sviluppata e scoperta.
Per affrontare questo studio, partiamo dal documento centrale del Concilio che è appunto la costituzione Lumen Gentium, la Costituzione sulla Chiesa, ma non la studiamo analiticamente nelle sue diverse parti perché questa deve essere semplicemente una specie di introduzione, e neppure sinteticamente nel senso di farci un quadro complessivo di questa costituzione.
Mi pare che sia buona cosa (e non è semplicemente per il giudizio mio, ma un giudizio confermato largamente), mi pare che sia lavoro preliminare quasi indispensabile andare a scoprire, principalmente, nella Costituzione De Ecclesia quelle linee fondamentali, quelle idee madri, quei grandi temi, come si usa dire oggi, che poi si propagano in tutto il complesso dei documenti conciliari che devono essere le direttrici del pensiero, le direttrici di quella coscienza a cui noi vogliamo arrivare, le direttrici di quella costruzione di quel nuovo essere che ci riguarda, che ci impegna per poter dire di essere entrati nello spirito del Concilio.
In quanti discorsi, in quante occasioni il Papa ha detto la necessità di entrare nello spirito del Concilio! Non basta la conoscenza dei documenti. Abbiamo avuto un esempio evidente, convincente a riguardo del decreto sulla sacra liturgia. Chi l’ ha preso alla lettera fa delle belle funzioni, ma non fa nessuna azione liturgica, non porta con sé nessun rinnovamento di vita cristiana, tutt’al più fa dell’estetismo.
Chi invece della costituzione ha colto lo spirito animatore ed ha cercato di trasfonderlo negli altri, può dire ancora qualche “pregate fratelli” aprendo le mani, può leggere il vangelo da una parte invece che dall’altra come sarebbe prescritto, o cose del genere: una schola che tira avanti alla men peggio, ma perché c’è lo Spirito avviene quello che deve avvenire attraverso un’azione liturgica comunitaria. Questo vale per tutto il Concilio, vale per quella realtà centrale, per il Concilio e per la fede, che è la Chiesa: entrare nello spirito del Concilio cercando di vedere in quale senso va lo Spirito che è poi lo Spirito di Dio, che è poi lo Spirito Santo.
Io nel tirare fuori alcune, poche di queste idee madri del Concilio, che mi sono venute fuori facendo un lavoro materiale di lettura, e lettura delle costituzioni e di trascrizione dei punti che abbiano una certa analogia con un determinato punto di dottrina, ho cercato di architettare le cose in un modo scolastico, pur parlando male di una certa scolastica.
Noi nella Costituzione Lumen Gentium possiamo applicare più che altro le quattro cause: causa finale causa esemplare causa efficiente causa strumentale
La causa finale: che cosa ci propone la Chiesa, cosa vuole la Chiesa, meglio ancora, cosa vuole Dio dalla Chiesa perché l’autore della Chiesa è Dio.
La causa esemplare della Chiesa è il Verbo incarnato e quindi la sua natura sacerdotale sacramentale.
La causa efficiente sono il Padre il Figlio e lo Spirito Santo e noi con loro.
La causa strumentale è lo Spirito Santo di cui si serve il Padre, se così possiamo esprimerci, che attraverso quei segni della sua presenza e della sua azione, che sono particolarmente la sacra Gerarchia, la Parola, i sacramenti e il governo (usiamo ancora questa parola ) attua il mistero della redenzione, cioè la salvezza del mondo.
Il perché della Chiesa.
Fate un esercizio di santa pazienza e vedete se non rimanete colpiti da questo fatto: il concetto della unità. Noterete quante volte è ripetuto nella Costituzione e solo nella Costituzione Lumen Gentium, perché queste affermazione si trova dappertutto, e se ne potrà fare una raccolta che non finisce. E poi ci sono dei testi, particolarmente nei decreti sull’ecumenismo, ancor più belli, ancor più significativi, ancora più carichi. Noterete quanto è ripetuto il concetto della unità, e quante volte è rilevato nella Costituzione sulla Chiesa
Guardate cosa c’è nella Costituzione della Chiesa che si riferisce al problema dell’unità.
Dove tende la Chiesa?
Che cosa vuole la Chiesa?
Che cosa vuole Dio nella Chiesa?
Per mezzo della Chiesa?
Operando con la sua Chiesa?
Ottenere l’unità di tutti in Uno
Proprio nel preambolo:
“Le presenti condizioni del mondo rendono più urgente questo dovere della Chiesa, di illustrare ai suoi fedeli, al mondo intero la sua natura e la sua missione universale… affinché gli uomini che oggi tendono ad unificarsi politicamente, economicamente, eccetera, possano anche conseguire la piena unità in Cristo”
2) “Tutti infatti gli eletti, il Padre fin dall’eternità li ha distinti dalla sua prescienza li ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo affinché egli, il Cristo, sia il primogenito tra molti fratelli” Molti fratelli attorno al primogenito. Vedete quindi il Figlio mandato dal Padre il quale prima della fondazione del mondo ci ha eletti e ci ha predestinati ad essere adottati in figli perché lui, Cristo, volle accentrare tutte cose.
3) “Tutti gli uomini sono chiamati a questa unione con Cristo che è luce del mondo, da lui veniamo e per lui viviamo,a lui siamo diretti”
9) Cristo istituì questo nuovo patto, cioè la nuova alleanza nel suo sangue chiamando gente dai giudei e dalle nazioni, perché si fondesse in unità, non secondo la carne ma nello spirito a costituisse il nuovo popolo di Dio Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio. Sono affermazioni così esplicite che non possono sorgere dubbi.
9) Dio non volle santificare salvare gli uomini individualmente e senza alcun legame proprio ma volle costituire un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse.
13) Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio, perciò questo popolo, pur restando uno e unico si deve estendere a tutto il mondo e a tutti i secoli affinché adempia l’intenzione della volontà di Dio il quale in principio creò la natura umana e volle infine adunare insieme i suoi figli che si erano dispersi per il peccato.
13)Tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio che presigna e promuove la pace universale e alla quale in vario modo appartengono, sono ordinati sia i fedeli cattolici sia gli altri credenti in Cristo, sia infine tutti gli uomini dalla grazia di Dio chiamati alla salvezza
17)Così la Chiesa prega insieme, lavora affinché l’intera massa degli uomini diventi popolo di Dio, corpo mistico di Cristo, tempio dello Spirito e in Cristo centro di tutte le cose. La Chiesa a sua volta centro di tutte le cose.
..Sia reso ogni onore e gloria al creatore Padre dell’universo.
Tutti, quanti siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia mentre comunichiamo tra noi nella mutua carità, nell’unica lode della Trinità Santissima, corrispondiamo all’intima vocazione della Chiesa. L’intima vocazione della Chiesa è una sola famiglia che comunica, i cui figli, i cui membri comunicano tra di loro nella mutua carità, e nell’unica lode alla Santissima Trinità e questo, guardate, è un testo centrale che poi assume dei significati e una forza tutta particolare nella economia della realizzazione dell’unità del popolo di Dio.
“io quando sarò elevato in alto da terra tutti attirerò a me stesso” Gio l2, 32. Ecco che cosa fa Gesù Cristo in Croce. Cristo in croce vorrebbe provocare il suo incontro “tutti attirerò a me stesso e, poiché in lui, Cristo abita, congiunta all’umanità, la pienezza della divinità, riempie dei suoi doni la Chiesa, la quale è il suo Corpo, il compimento di Lui affinché essa sia protesa e pervenga a tutta la pienezza di Dio.
7)Il Figlio di Dio comunicando il suo Spirito,fa che i suoi fratelli chiamati di fra tutte le genti costituiscano il suo Corpo Mistico.
13)Mandò pure lo Spirito del Figlio suo, Signore e vivificatore, il quale per tutta la Chiesa e per tutti i singoli credenti è principio di unione e di unità nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nella frazione del pane e nelle orazioni.
…)Quindi fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e i credenti avessero così, per Cristo, accesso al Padre, in un solo Spirito.
…)E lo Spirito Santo guida la Chiesa per tutta la verità la unifica nella comunione, la conduce alla perfetta unione con il suo sposo.
…)Lo Spirito Santo unificando egli stesso il corpo con le sue virtù e l’interna connessione dei membri, produce e stimola la carità tra i fedeli.
…Lo Spirito il quale unico e identico nel Capo e nelle membra dà a tutto il corpo vita, unità e moto, ma come le membra del corpo umano anche se numerose formano un solo corpo, cosi i fedeli in Cristo.
….Cristo quando fu levato in alto da terra attirò tutti a sé.
….Risorgendo dai morti mise negli apostoli il suo spirito vivificatore e per mezzo di lui costituì il suo corpo, che è la Chiesa quale universale sacramento della salute.
…La Chiesa è in Cristo come un sacramento segno e strumento dell’intima unione con Dio, e della unità della Chiesa, sacramento, strumento, segno della unità di tutto il genere umano.
…Il popolo messianico costituisce, per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza.
…Come già Israele secondo la carne, peregrinante nel deserto, viene chiamato la Chiesa di Dio, così il nuovo Israele dell’era presente, che cammina in cerca della città futura e permanente, si chiama pure Chiesa di Cristo, avendola egli acquistata col suo sangue, riempita del suo Spirito e fornita di mezzi adatti per l’unione visibile e sociale.
…Dio ha convocato tutti coloro che guardano con fede a Gesù Cristo autore della salvezza e principio di unità e pace, e ne ha costituito la Chiesa, perché sia per tutti i viventi e per i singoli, sacramento visibile di questa unità salvifica.
…Affinché lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, propose agli altri apostoli il beato Pietro, e in lui stabilì il principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione.
…Infatti, noi tutti fummo battezzati in un solo spirito per costituire un solo corpo e insieme col sacramento del pane eucaristico viene rappresentata ed effettuata l’unità dei fedeli (la funzione dei sacramenti) che costituiscono un sol corpo in Cristo.
…Nella frazione del pane eucaristico partecipando noi realmente del corpo del Signore siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi: perché c’è un solo pane, un solo corpo siamo noi quantunque molti, partecipando noi tutti a uno stesso pane; così noi tutti diventiamo membri di quel corpo e individualmente siamo membri gli uni degli altri.
…Cibandosi del corpo di Cristo nella S. Comunione mostrano, i fedeli, concretamente l’unità del popolo di Dio, che da questo augustissimo sacramento è adeguatamente espressa e mirabilmente effettuata.
…Questo sacramento esprime l’unità dei fedeli, la produce ed è mirabilmente effettuata.
…I coniugi cristiani, in virtù del sacramento del matrimonio col quale significano e partecipano il mistero di unità e di fecondo amore che intercorre tra Cristo e la Chiesa, si aiutano a vicenda, ecc.
…Ancor ché al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazioni e di verità che, quali doni di Dio propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica
Questo riguarda l’ecumenismo ma è contenuto nel decreto De Ecclesia.
…Questo carattere dell’universalità che adorna e distingue il popolo di Dio è dono dello stesso Signore, con essa la Chiesa cattolica efficacemente, senza soste tende ad accentrare tutta l’umanità, con tutti i suoi beni in Cristo capo nell’unità dello Spirito di Lui.
…Tutti quelli che sono di Cristo avendo lo Spirito Santo formano una sola Chiesa e sono fra loro uniti
…Allora, infatti, tutti i giusti a partire da Abramo, dal giusto Abele fino all’ultimo eletto, saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale.
…Così la Chiesa si presenta come un popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Adesso siamo, più o meno, sotto l’impressione di queste numerose (innumerevoli perché poi ci sono in tutti gli altri documenti del Concilio) queste affermazioni che riguardano l’unità della Chiesa.
E’ indubbiamente il punto di arrivo a cui tende tutto il Concilio;
è il punto di arrivo a cui tende tutta l’esistenza della Chiesa;
è il punto a cui converge tutta l’azione salvifica di Dio;
è il punto culminante della storia della salvezza.
Facciamo alcuni rilievi. Non sono né i più pertinenti né i più importanti. Così come vengono. con una certa logica.
Il primo rilievo e credo che nella situazione attuale sia il più importante. Noi abbiamo in mano, possediamo il più valido, il più efficace strumento di unificazione dei genere umano, degli uomini. Già da vari decenni rischiamo di lasciarci prendere la mano da quelli che predicano un’altra unità.
Gli altri è il marxismo, è il comunismo.Che cosa fanno? Che cosa predicano? A che cosa mirano? A che cosa mirano è difficile pensare, perché mirano a tante cose, non a queste cose. Ma cosa fanno? Come motivo, come punto su cui fare leva è:” Lavoratori di tutto il mondo, uniti!”
Unità. L’unità della classe lavoratrice. E noi non siamo preoccupati di fare l’unità tra noi quando per professione di fede per vocazione, secondo la volontà di Dio, dovremmo tendere a questo traguardo del piano stesso di Dio, che è di essere tutti una cosa sola “ut unum sint”.
Soltanto un richiamo. Quindi si potrebbe fare una riflessione molto diffusa sulle nostre non preoccupazioni di creare dei motivi di unità tra di noi.
Non abbiamo, oggi, una coscienza seria dell’urgenza di risolvere questo punto della nostra vita religiosa, della nostra vita spirituale, della nostra morale e quindi della nostra vita di membri della Chiesa; di essere una cosa sola.
Essere una cosa sola, essere uniti, non ha importanza soltanto rispetto al problema dell’ecumenismo. Ha importanza rispetto la vita interna della Chiesa che è la vita della Chiesa cattolica e ha importanza e ha riflesso su tutto il mondo.
Di fronte al pericolo più grande, più fatale che corre il mondo, di fronte alla lotta sferrata del comunismo che tende proprio a questo, o per lo meno sbandiera questo ideale dell’unita, l’unità della Chiesa è espressa in termini finalistici e dinamici; è un punto di arrivo, è una capacità di arrivarci.
Quando nei nostri trattati “De Ecclesia” abbiamo studiato la nota dell’unità, abbiamo cercato di dimostrarla, di affermarla e di dire che c’era; di dire che c’è. C’è ontologicamente, c’è essenzialmente parlando, metafisicamente parlando, perché c’è l’azione di Dio in quel senso, perché c’è una sola dottrina, c’è un solo battesimo, c’è un solo Spirito Santo e così via dicendo. Così come si fa con la definizione della Chiesa: sono tutti quelli che soprattutto obbediscono, quello vuol dire combattere e allora si fa l’unità.
L’unità descritta dal Concilio è una unità da raggiungere è una meta, è un termine a cui si deve arrivare; il Concilio quindi ammette che, esistenzialmente parlando, è compresa l’unità. Non dico che non c’è. Non c’è. Non ci sarà mai in tutta la pienezza voluta dalla volontà di Dio. Perché ci sia tutta la pienezza voluta dalla volontà di Dio, andrebbe che fossimo tutti santi non so a quale ennesima potenza, andrebbe che avessimo una animazione di carità insuperabile.
Ci arriveremo ad un certo grado lassù, ma qui sulla terra è qualche cosa da perseguire. Quindi, è un impegno che esiste sempre, non cessa mai. Non avremo mai fatto abbastanza, non avremo mai fatto a sufficienza per raggiungere questo ideale, questo traguardo, questo punto della unità della Chiesa.
Ma il Concilio si esprime in termini di capacità. Non solo. Nella Chiesa c’è un comandamento che obbliga tutti ad essere una cosa sola. Non c’è soltanto una volontà di Dio che vuole che tutti i suoi figli siano una cosa sola tra di loro, ma nella Chiesa ci sono i mezzi, ci sono le grazie, ci sono gli aiuti, c’è una capacità, insomma, perché si possa arrivare a costituire questa unità. Allora sarà importante scoprire quali mezzi ci indica la Costituzione, per arrivare a questa unità.
Possiamo accennarli:
La collegialità dei vescovi.
La collegialità dei presbiteri intorno al vescovo.
La Parola di Dio che, deve servire a fare di noi una cosa sola non semplicemente a convertirci.
L’azione dei sacramenti che non deve servire semplicemente a metterci in grazia di Dio.
L’azione dei sacramenti che deve servire ad introdurci in un organismo vivo, in un organismo unitario. Se è organismo, è qualche cosa di organico, di collegato, di una cosa sola. Insomma, è il corpo mistico di nostro Signore Gesù Cristo che è espressione di unità nella Chiesa.
E poi il servizio della carità, sia il servizio della carità di coloro che presiedono, di coloro che insegnano, di coloro che governano tutti a favore degli altri che, come vedremo, ha una grazia. Non è santificante semplicemente l’esercizio del ministero (per esempio quando io amministro un sacramento) Il ministero è santificante, è portatore di grazie.
Febbraio 1966 – Incontro in seminario a Monopoli
OM 16 Sacerdoti 1966