non individualmente senza alcun legame tra di loro…
Quaresima 1966 – Cattedrale di Monopoli N° 4
Questa sera incominciamo a dire qualche cosa del secondo capitolo del grande documento del solenne magistero della Chiesa che è avvenuto per mezzo del Concilio. Il documento che stiamo meditando e che, sera per sera, stiamo scoprendo, riguarda la Chiesa e abbiamo incominciato a dire qualche cosa di questo grande mistero cristiano.
Abbiamo incominciato a capire che:
+la Chiesa inizia, incomincia dal pensiero, dall’iniziativa, dall’azione nel mondo del Padre;
+la Chiesa è fondata da Gesù Cristo;
+la Chiesa è animata dallo Spirito Santo;
+ il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un Dio solo;
+tutti quelli che costituiscono la Chiesa devono essere una cosa sola.
E allora, ecco il secondo capitolo della costituzione della Chiesa che riguarda quell’unico popolo di Dio, quel popolo di Dio che deve essere una cosa sola, per corrispondere al piano e alla volontà di Dio di raccogliere tutti e di accentrare tutti in un solo Capo che è nostro Signore Gesù Cristo.
Il popolo di Dio. Anche questa espressione, come tante altre che suonano ormai nelle nostre chiese, non è una novità. La parola di Dio che è stata letta questa sera, quanti secoli ha? Chissà da quanti secoli è stata scritta questa parola del Libro di Ester, uno dei libri della Sacra Scrittura! E chissà quante volte avrete ascoltato, tra l’altro, la preghiera: “Signore, re, Dio di Abramo, abbi pietà del tuo popolo”.
Notate. Abbi pietà – con più precisione ancora – del popolo che è tuo. E’ qualche cosa di più. ” I nostri nemici ci vogliono sterminare, vogliono distruggere la tua eredità “ – il popolo che è tua eredità – Non abbandonare il tuo popolo che ti sei riscattato dall’Egitto. Esaudisci la mia preghiera e sii propizio verso la tua eredità e cambia in gioia il nostro dolore, affinché rimanendo in vita noi lodiamo il tuo nome, o Signore.
Non chiudere, o Signore nostro Dio, la bocca di coloro che ti lodano. Se sarà distrutto il tuo popolo sulla terra non ci saranno più labbra che innalzeranno la tua lode, perché sarà scomparso il tuo popolo: il tuo popolo che – come vedremo è un popolo sacerdotale, un popolo eletto perché ti lodi in mezzo a tutte le nazioni.
Volevo farvi rilevare soltanto, da questo piccolo brano, letto questa sera durante la santa liturgia, come questa espressione che ritorna ormai familiare in mezzo a noi: di popolo di Dio, non è una invenzione dei tempi nostri o del Concilio, ma è un pensiero di Dio. Il secondo capitolo della costituzione incomincia con queste parole: “Dio vuole santificare, salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo che lo conoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”. Comprendete che affermazione sconcertante per la nostra mentalità che molto facilmente ha inteso la religione come un fatto personale, come un rapporto individuale con Dio e basta, e poi dicevamo che basta salvarsi l’anima, che basta trovare un posticino in Paradiso e che gli altri poco importano!
Iddio non intende le cose così. Si capisce, vuole salvarci uno ad uno, ma non come se fossimo degli esseri che non hanno niente a che vedere con gli altri. Ci salva come persone. Ci salva tutti insieme, facendoci convenire tutti insieme, facendoci stare tutti insieme. Ci salva quando siamo capaci, meglio quando abbiamo la volontà, quando siamo decisi a stare tutti insieme. La ragione di questo fatto noi l’ abbiamo già scoperta nelle sere passate quando abbiamo detto: Iddio ci ha creato a sua immagine e somiglianza. Dio sono tre Persone ed è un Dio solo. E’ qui il mistero e noi dobbiamo riprodurre questo mistero. Iddio ci ha creato per questo, e non per dei motivi sociali, psicologici, filosofici, di convenienza.
Noi siamo veramente quelle creature che Iddio ha voluto fare, noi corrispondiamo veramente al pensiero di Dio, alla sua intenzione quando ci ha creati, quando realizziamo nella nostra esistenza quel valore, quella prerogativa o quella qualità che chiamiamo persona. Che cos’è “persona”? Chi è “persona”? Non è semplicemente uno che esiste, uno che ha la vita. Uno in tanto è persona in quanto è aperto verso gli altri.
Qui ci sono tante donne che si affrettano per venire davanti. Vuole dire che è per fare il popolo di Dio, che è per stare insieme e va bene. E li ci sono tanti uomini, ringraziamo il Signore. Ma io mi posso rivolgere tanto agli uomini come alle donne – qui ci sono tante mamme e tanti papà – e chiedere: quand’è che una mamma è “persona”? E’ persona una mamma che ha sempre il muso col marito, che ha sempre il broncio con i figli, che mormora sempre se è nuora e brontola sempre se è suocera?
E’ “persona” un uomo quando è padre e trascura la moglie e lascia che i figli vadano dove vogliono, e cura i suoi interessi e non tiene conto di nessuno e accontenta semplicemente il suo egoismo? Noi li chiamiamo lo stesso persona, ma non realizzano l’intenzione del Creatore. Se Dio ti ha fatto uomo, se hai raggiunto uno stato corrispondente ad una tua vocazione e sei entrato nella vita matrimoniale, il tuo primo dovere, la tua prima prerogativa, la tua prima qualità è quella di essere totalmente, con tutto il cuore aperto verso la compagna della tua esistenza; e se il Signore ti ha benedetto e ti ha dato dei figliuoli, il tuo cuore, il tuo amore, i tuoi pensieri, le tue preoccupazioni, tutto te stesso deve essere aperto, spalancato perché i tuoi figli si trovino meglio nei tuoi pensieri che in casa, si trovino meglio, a loro agio nel tuo cuore che nella loro stanza, meglio nella tua personalità, nella tua figura e la esprimano questa tua figura piuttosto che in qualsiasi altra situazione o ambiente dell’esistenza. E così è per una madre. Ma non è detto che possano essere “persona” soltanto i padri e le madri.
E i figli non si trovano nella stessa situazione? Un figlio in tanto è figlio e realizza la sua qualità di figlio principalmente perché è aperto soprattutto i genitori, e poi perché è aperto a dare e a ricevere verso i fratelli e verso le sorelle. Veramente uno è figlio quando ha una apertura di questo genere. Quando si ha un animo così comunicante e così comunicativo? Quando tanto il padre come la madre come i figli come i fratelli e le sorelle, attuano nella loro esistenza quotidiana i buoni rapporti, le buone relazioni con quelli cui sono legati dalla carne e dal sangue. Questo è il primo nucleo. Questa è la cosa più naturale per cui uno non è un individuo ma una persona in comunione con molti.
Il cerchio, poi, delle relazioni, dei rapporti, della comunicazione, della comunione di vita, naturalmente si deve estendere. Si deve estendere, direi, secondo una linea retta e secondo anche una linea circolare. Sarà la linea retta di quelli che continuano la famiglia. Sarà la linea circolare di quelli che continuano la famiglia e di quelli che non continuano la famiglia, ma allargano intorno a se, per mezzo della loro cordialità, della ricchezza del loro spirito, del loro altruismo, per mezzo quindi della lotta assidua contro tutte le tentazioni dell’egoismo: i rapporti, le amicizie, le conoscenze positive.
Miei cari, vi sto descrivendo semplicemente un fatto molto naturale che corrisponde molto concretamente alle esigenze della nostra natura così come il Signore ci ha fatto. Ma stanno proprio così le cose? Sappiamo che stanno così e alle volte che non stanno così, e altre volte stanno anche molto male. Che cosa fa sì che le cose stiano molto male nei nostri rapporti con gli altri per l’ attuazione della persona nella nostra esistenza individuale? E’ il peccato. Lo abbiamo già detto a proposito di altri fatti, ma qui come si chiarisce!
Che cos’è il peccato? Il peccato è un cattivo rapporto con gli altri, perché è un rapporto di egoismo, perché è un rapporto di chiusura, perché è il rapporto di quelli che dicono: “Io guardo al mio interesse”, “I miei conti, bene o male devono tornare”, “una soddisfazione me la voglio prendere”, ecc. Questo è il peccato ed è la nostra condizione. Non è che siamo tutti così e che siamo totalmente così, cioè egoisti. Grazie a Dio, noi siamo dei battezzati, grazie a Dio, siamo già presi da quell’azione di salvezza che Iddio vuole compiere, appunto, costituendo di noi il suo popolo.
Che cosa significa? Noi già per natura dovremmo essere delle persone che vanno d’accordo tra di loro, ma il peccato il più delle volte lo impedisce. Per mezzo della Redenzione, del sacrificio del suo Figliuolo che muore in croce per liberare il suo popolo dai peccati, abbiamo la grazia, riceviamo la forza di costruire meglio il popolo di Dio, non semplicemente ad un livello naturale e spontaneo, ma per la forza del Signore, per l’aiuto che ci viene dal Signore. Allora, vedete, il Signore non vuole santificare e salvare gli uomini individualmente, senza nessun legame tra di loro, ma volle costituire di loro un popolo. Comprendete come Iddio ci vuole salvare? Vuole salvare la nostra persona, vuole salvare tutta la nostra natura. L’aspetto caratteristico della nostra natura è quello di legare rapporti con gli altri, è quello di essere in buone relazioni, in buona armonia con gli altri e perciò ci chiama a costituire il suo popolo. Perciò vuole fare di tutti noi, il suo popolo.
E’ una lunga storia.
Tutto il tempo dell’Antico Testamento, specialmente dalla vocazione di Abramo fino nostro Signore Gesù Cristo, Iddio Padre mette alla prova, diciamo così, tutta la sua pazienza prima per costituire e poi per salvare il suo popolo. Tutta la storia del popolo di Israele è sempre un alto e basso: prima Iddio lo libera dalla schiavitù dell’Egitto, poi gli dà una legge ai piedi del monte Sinai, poi lo fa entrare nella terra promessa, poi questo popolo incomincia a stare bene e incomincia a recalcitrare, a dimenticare il suo Dio, a darsi all’idolatria, ad essere infedele verso il Signore. Allora il Signore lo castiga per mezzo dei suoi nemici e in un’epoca, e poi in un’altra, si susseguono gli episodi dell’esilio di Babilonia, momenti di sconfitta e quasi di distruzione.
Del popolo di Israele, in certi momenti della storia, ne rimane soltanto un resto, un piccolo germe, un ramoscello, ma quel ramoscello, quel germe, Iddio lo fa rinverdire, lo moltiplica e il suo popolo continua. Continua fino a quando arriva il Salvatore che è nostro Signore Gesù Cristo, che costituisce il popolo definitivo di Dio, il vero popolo di Dio di cui quello di Israele non era niente altro che una figura.
Come è costituito il popolo di Dio?
La costituzione dice: le caratteristiche del popolo di Dio sono queste: ogni popolo ha un capo. Non si può concepire un popolo che non abbia un capo. Il popolo che doveva figurare, preparare il popolo messianico che siamo noi, ebbe per capo Mosè, Aronne, i Giudici, i Re. Ricordate Davide, Salomone, ecc. Il popolo ebbe sempre un capo oppure dei capi.
Il nuovo popolo di Israele, il nuovo popolo di Dio chi ha per capo? Per capo ha nostro Signore Gesù Cristo. E’ interessante quello che abbiamo ascoltato nel Vangelo di questa sera: “Voi sapete che i capi delle nazioni, i capi di questo mondo dominano e che i grandi esercitano il potere, ma tra voi non deve essere così. Tra voi chi vorrà diventare il più grande sia come un servo, chi vorrà essere il primo sia come uno schiavo, perché il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e per dare la sua vita in redenzione per molti”. Vedete come ci è capo nostro Signore Gesù Cristo? Andando a morire in croce per la nostra salvezza.
Questo popolo ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo. Chi sono i membri del popolo di Dio? Sono quelli nel cuore dei quali dimora lo Spirito Santo e che dallo Spirito Santo sono costituiti figli di Dio e sono gratificati della libertà dei figli di Dio. Notate bene: tutti i battezzati nei quali entra come in un tabernacolo lo Spirito Santo, acquistano questa dignità di figli di Dio e, liberati dal peccato cioè da ogni soggezione, da ogni schiavitù, godono la libertà dei figli di Dio. Notate: tutti.
E’ figlio di Dio – scusate questi richiami assai frequenti – è figlio di Dio Paolo VI e qualunque Paolino che sia nostro figliuolo; E’ figlio di Dio il Vescovo, ed è figlio di Dio quel bambino là, che sta giocando col berretto. E’ lo stesso. Non c’è più dignità qui, che là. Per voi mamme, per voi padri, i vostri figli non sono tutti uguali? Sì, qualche volta avete anche voi i vostri capricci, le vostre predilezioni, ma i figli sono figli e sono tutti figli allo stesso modo. Cosi davanti a Dio. Tutti abbiamo la stessa dignità che ci viene dal fatto che lo Spirito Santo, nel Battesimo, ci trasforma e fa di noi dei figli di Dio.
Questo popolo ha una legge, e la legge è quella che abbiamo già ricordato tante volte. Qual è la legge di un popolo? Qual è quel legame, quel vincolo che deve tenere uniti molti e di tanti fare una cosa sola? E’ la carità. “Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha amato”. Abbiamo già ricordato più di una volta che in noi c’è lo Spirito di Dio. Lo Spirito di Dio è l’amore sostanziale del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre. Quello stesso amore è nei nostri cuori e allora ci rende capaci di amarci gli uni gli altri. Questa è la legge cristiana. Questa è la legge del popolo di Dio.
Questo popolo ha per fine non di costruire la città terrena, ma di arrivare alla città celeste, notate, costruendo la città terrena. Non vorrei che ci fosse un gioco di parole che poi non sia inteso. Lo scopo per cui Iddio si è costituito il suo popolo è quello di poter fare di tutti gli uomini il suo regno, ma non in questo mondo, in cielo. Il regno di Dio incomincia in questo mondo e termina in cielo quando gli uomini in questo mondo si impegnano appieno a realizzare la città terrena. Mi spiego: una mamma entrerà nel regno dei cieli non perché ha detto settanta rosari al giorno, ma se ha voluto bene a suo marito, se l’ha sopportato con molta pazienza, se ha voluto bene ai figli, se li ha educati come si conviene.
E un padre entrerà nei cieli non perché partecipa alle stazioni liturgiche! Oltre ad averne il merito, vedete cosa vi sentite dire! Sì questo fatto di partecipare alle stazioni liturgiche vi chiarisce le idee, vi porta la grazia del Signore, vi porta l’aiuto di Dio perché voi facciate davvero il padre di famiglia. Il padre di famiglia si salverà ed entrerà nel regno dei cieli perché ha fatto bene il suo dovere, perché ha fatto bene il suo lavoro, perchè ha esercitato con pazienza la propria professione, perché ha guadagnato il pane per i figli, perché insieme alla moglie e in certi momenti più della moglie, ha educato i figli e si è donato ai figli. Naturalmente questo vale anche per i figli.
Comprendete. Si arriva al regno dei cieli costruendo la città terrena, cioè impegnandoci a fondo a compiere, ciascheduno al proprio posto, il dovere che corrisponde alla nostra vocazione, dove facciamo la volontà di Dio e realizziamo le condizioni perché venga il suo regno.
OM 26 Quaresima 1966