Ci tiene per mano, ci conduce per le vie giuste, ci inserisce nell’intelligenza degli avvenimenti
degli uomini e delle cose da dire e da fare
Fratelli, amici, figli carissimi, fratelli perché siamo della stessa carne e dello stesso sangue e tutti, ugualmente, siamo stati lavati nell’acqua e investiti dallo Spirito del Signore in un unico Battesimo; amici perché siamo uomini e gli uomini si misurano soprattutto dal cuore, per di più lo Spirito è stato diffuso nei nostri cuori per renderci, prima di tutto, capaci di volerci bene; figli perché lo Spirito ha investito la mia persona ed ha colpito il mio cuore per scavare in esso una paternità che non nasce dalla carne e dal sangue ma dalla paternità stessa di Dio. Così sono definiti i nostri rapporti in questo primo incontro durante la celebrazione liturgica.
Celebrare significa fare solennemente e quindi con impegno, festosità e gioia qualche cosa insieme: non solo fra di noi, ma con Dio che celebra un avvenimento con noi. Abbiamo letto ed ascoltato quale sia quest’avvenimento: “Ma tu Israele sei il mio servo, Giacobbe che ho scelto, discendente di Abramo, mio amico. Io ti ho preso dai confini della terra, dal suo angolo più remoto ti ho chiamato e ti ho detto: mio servo sei tu, ti ho scelto, non ti ho rigettato”.
Ecco, il primo avvenimento che celebriamo insieme, Dio che ci sceglie, Dio che ci elegge, e accade adesso. E’ accaduto in tutti i giorni della nostra vita: quando siamo stati chiamati alla fede, quando siamo stati chiamati al sacerdozio, quando in ogni istante siamo chiamati alla fedeltà al nostro sacerdozio. Questo avviene per l’iniziativa attuale di Dio e per la nostra risposta personale al suo amore misterioso.
Poi il fatto si svolge, l’avvenimento si compie. Essere oggetto della chiama di Dio è quanto mai sconvolgente. Per questo il Signore ci dice: “Non temere io sono con te, non smarrirti perché io sono il tuo Dio, non temere perché io sono il tuo Signore che ti tiene per la mano destra e ti dice: non temere io ti soccorro e il tuo soccorritore é il Santo di Israele Ecco come Dio é con noi: un padre che dà la mano al suo bambino e il bambino si sente sicuro, difeso e contento. Tra la mano del padre e quella del piccolo scorre un flusso di amore, di bontà, di tenerezza. Questo celebriamo, oggi, in questo luogo, in questo primo incontro.
Come vuole la buona regola dell’omelia penetriamo il significato di ciò che celebriamo, guidati dallo Spirito Santo che c’introduce in tutta la verità. La verità che é il senso della nostra vocazione, la bellezza, l’impegno, la grazia, la forza, il vigore che accompagnano la nostra vocazione, vengono da Dio, e la salvezza del mondo avviene per opera di Dio attraverso il nostro ministero.
Applichiamo la nostra intelligenza mettendola sotto la luce dello Spirito perché non è semplicemente per lo sforzo della nostra mente che possiamo comprendere le cose di Dio. Comprendiamo le cose di Dio perché Egli ce le dice nell’intimo del nostro cuore, col suggerimento che viene dal suo Spirito. Questa voce, ed è una voce discreta e intima che parla nel silenzio, ci dà l’intelligenza del mistero che celebriamo, produce nella nostra mente la sicurezza di convinzione che non siamo soli in questa impresa formidabile soltanto divina, che é la salvezza dei nostri fratelli. Dio é con noi. In questo senso ci tiene per mano, ci conduce per le vie giuste, c’inserisce – nella misura buona – nell’intelligenza degli avvenimenti degli uomini e delle cose da dire e da fare.
La nostra omelia deve introdurci esistenzialmente, come si ama dire oggi, in ciò che celebriamo. Anche qui assumiamo il nostro atteggiamento giusto. La nostra esistenza s’inserisce nel mistero della salvezza per iniziativa: – dell’amore infinito di Dio, – per il nostro sforzo, – ma principalmente per l’azione dello Spirito Santo, che c’è stato dato perché sia la nostra forza, il nostro sostegno, il nostro aiuto in ogni momento. Gesù ha detto con fermezza che senza di Lui non possiamo fare nulla e ci ha rassicurati:non temete, riceverete lo Spirito e mi sarete testimoni, perché la forza dello Spirito discende sopra di voi.
Noi abbiamo veramente bisogno di metterci sotto l’azione dello Spirito in un atteggiamento che la Sacra Scrittura chiama di “povertà” per essere i poveri di Dio sui quali discende lo Spirito e perciò sono evangelizzati, e quindi introdotti nella corrente della salvezza, e resi strumenti di salvezza per gli altri. Per gli altri perché Dio non chiama mai individualmente ma personalmente, cioè, con tutti i legami che abbiamo verso i fratelli. I legami nostri sono quelli di padre, di maestro, di guida, di responsabili, per la grazia del Signore, per suo mandato, per l’azione che vuole compiere in noi, a favore dei nostri fratelli.
Prendete queste parole schematiche come motivo di meditazione di questa mattina e continuiamola insieme andando verso un’azione di Dio che c’è più familiare: la celebrazione del sacramento dell’Eucarestia durante la quale c’incontriamo: con Cristo,chiamato dal Padre, costituito suo Figlio e nostro Salvatore, e che compie l’opera del Padre andando in croce. Ma andiamo in croce con la missione di tutta la portata di questo mistero, che è rinnegamento di noi stessi, che dedizione di tutto noi stessi, che è amore ai nostri fratelli assomigliante a quello del nostro Maestro, e nello spirito di una profonda comunione tra noi per essere in comunione con Lui.
OM 82 Duomo 1967