Le realtà cristiane se non sono di continuo riportate alla loro sorgente, fatalmente perdono il giusto senso fino a un totale svuotamento; addirittura avvengono dei capovolgimenti.
Qualche cosa del genere é accaduto per l’elemento mistico della vita del cristiano e, ciò che maggiormente sorprende, per quella del sacerdote.
Non a caso il Santo Padre nella sua lettera ai sacerdoti, al termine dell’anno della Fede, fra le dimensioni della loro vita, dopo quella “sacra” e “apostolica” pone, con una terminologia che potrebbe sorprendere, quella “mistico – ascetica”. Quanto si sia fatta strada la convinzione che l’aspetto mistico della vita cristiana sia non solo il coronamento ma quasi il frutto dello sforzo ascetico, ognuno lo sa.
Qui gli elementi del cristianesimo sono semplicemente rovesciati: è un rinnegamento pratico del ” sine me nihil potestis facere”, é credere che la salvezza proviene non da un dono gratuito ma dalle nostre opere, che il nostro sforzo é quello che conta per raggiungere la perfezione spirituale. La gratuita e sovrana iniziativa dell’amore infinito di Dio, che sta all’origine e lungo tutto lo svolgimento della partecipazione alla sua stessa vita, passa quasi in ombra ed emerge la pretesa inconscia di un naturalismo inconcludente nei suoi effetti e scoraggiante nella sua esperienza.
Esiste poi, sempre a livello pratico più che a quello speculativo, una specie di preconcetto per tutto ciò che si riferisce alla vita mistica; é vagamente confusa con lo straordinario, con la contemplazione ad alto livello: una specie di orto ben recintato in cui alle volte capita che gli sia introdotto qualche privilegiato, il quale, perlomeno, deve interdirsi ogni attività anche apostolica. Dire da dove abbia preso le mosse un simile modo di concepire non compete a noi e non interessa cotesto discorso; ciò che importa è prenderne coscienza.
Tutto é mistico nella vita cristiana: é la insondabile presenza di Dio la quale é più intima a noi di quanto non lo siamo noi a noi stessi e che opera in noi, nel più ineffabile dei misteri, una comunicazione di vita; a mano a mano che questa si apre un varco nella nostra coscienza ed é accolta e assecondata dalla nostra libera cooperazione e da un sempre più maturo impegno diventa comunione: comunione con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo; comunione con tutti i figli del Padre, con tutti i fratelli del Primogenito, con tutte le pietre viventi che sono edificate in tempio nello Spirito; comunione con tutte le creature che gemono in attesa della loro liberazione quando i figli conseguiranno la Gloria. Siamo in pieno nella” missione” dello Spirito Santo.
Dice il Santo Padre: il sacerdote é “veicolo dello Spirito Santo; passa attraverso di lui una virtù superiore della quale egli umile e glorioso, in dati momenti è fatto valido strumento. Un rapporto unico, una delega, una fiducia divina intercorre fra lui e il mondo divino”.
Chi può essere tentato di concepire la vita del sacerdote al di fuori di realtà così decisamente mistiche?
Come può la sua esistenza rimanere autentica se non è di continuo impegnata in queste realtà?
Quale servizio può rendere alla società, a quella ecclesiale specialmente, se non é quello dell’annuncio cristiano, della fede e della grazia e della dedizione disinteressata e colma di amore?
Il ministero non é compito che attenga all’amministrazione, é un impegno che tocca il profondo dell’esistenza sacerdotale, che ha i suoi confini definiti da un rapporto di vita nuova con le divine Persone, con i membri della comunità cristiana e umana e con tutte le realtà mondane.
L’annunzio della Parola ha la sua origine nelle profondità abissali dell’amore del Padre e le sue ripercussioni nel cosmo che deve essere ordinato al suo creatore. Chi parla agli uomini ripete in forma esistenziale soprannaturale la parola pronunziata nel Verbo fatto carne, che diventa progressivamente chiara e vivificante perché suggerita dallo Spirito; egli non può essere l’unico estraneo che non si trovi in quella comunione in cui la Luce vera diventa luce di ogni uomo; la sua anima non può non essere soggiogata da questo splendore folgorante e arrendersi e placarsi e trovarvi pace e ristoro.
Se il sacerdote non si presenta carico di contemplazione delle stupende meraviglie del Dio della salvezza, con quale parola potrà essere accreditato presso gli uomini che dispongono dei segreti dell’atomo e del cosmo ?
Il sacerdote é totalmente coinvolto da ogni evento di grazia che coincide con ogni azione sacramentale. La teologia speculativa ha ridotto gli elementi di cotesta azione in termini esatti ma altrettanto astratti dalla concretezza di ciò che essi tentano di definire; la semplice intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, la materia e la forma sono la riduzione a zero di ciò che compone l’azione più ineffabile che accada nella storia: é ridotto a “cose” il dramma che ha come protagonisti l’amore di Dio culminante sulla croce e l’intimo travaglio della decisione più gravida di conseguenze della libertà umana. Questo dramma passa attraverso la persona del sacerdote. E’ inconcepibile che egli eserciti una parte decisiva con una pura “intenzione” e non invece con un impegno di vita che lo conformi al senso di ciò che accade.
Come potrebbe essere autentica la sua resistenza quando egli rifiuta di essere ciò che fa?
Una partecipazione vitale all’evento di grazia di un atto sacramentale, nell’ambito della storia della salvezza vale certamente un fenomeno mistico.
Il valore di comunione alla presenza e alla azione salvifica nel mondo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo é ugualmente contenuto nel cosiddetto ministero di governo. Qui il giuridismo ha aperto il più pauroso svuotamento. La manifestazione più tenera e accorata dell’amore di Dio, descritta biblicamente nelle commoventi immagini del pastore, del servo di Javeh, del padre del figliol prodigo é stata tradotta in termini nei quali il potere ha soffocato l’amore: lungo la storia c’è stato piú di un caso in cui la giurisdizione ecclesiastica si è trasformata da “potere dell’amore” in “amore del potere”
Soltanto dalla interpretazione biblica e quindi mistica di questo ministero, oggi specialmente, il sacerdote giustifica ampiamente la sua esistenza. “Il prete é di per sé il segno dell’amore di Cristo verso la umanità e il testimonio della misura totale con cui la Chiesa cerca di realizzare quell’amore che arriva fino alla Croce” (Paolo VI).
Il sacerdote da questo ministero intensamente vissuto trae la capacità di essere uomo: il bisogno di essere amato e quello di amare trova in maniera sovrabbondante la sua soddisfazione; e non per un sottile gioco psicologico, ma per un’alta fedeltà all’inebriante mistero dell’amore di Dio per l’uomo e nel uomo.
MN 362 mistica 66
Manoscritto e dattiloscritto con correzioni del Vescovo e la data 1966