presente mons.Vignola
Se io diventassi la peccatrice più grande che sia mai esistita in questo mondo, non esiterei un istante a gettarmi nelle braccia del mio Padre e sono sicuro che Egli mi accoglierebbe .
Ecco una intuizione veramente evangelica che corrisponde alla parabola del Figliol prodigo. E’ il padre che aspetta. Il figlio va a casa perchè non ha più niente. Ma il desiderio del padre di riavere il figlio è antecedente al pentimento. Il padre non gli lascia neppure esprimere il pentimento. Gli getta le braccia al collo, dà ordine che sia vestito, che si faccia il banchetto.
Leggi: 8,21 ss dalla lettera ai Romani: “che diremo dunque in proposito?” Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi?
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? proprio come sta scritto: “per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello. Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che nè morte nè vita, nè angeli nè principati, nè presente nè avvenire, nè potenze, nè altezze nè profondità, nè alcuna altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore”.
Ecco terminiamo la nostra meditazione con questo testo, che abbiamo davanti, di cui vi dico il senso.
I predicatori degli esercizi, sogliono usare di questo testo alla rovescia. Nel senso di Dio: chi ci separerà dall’amore di Cristo o dall’amore di Dio? Io sono così fondato nell’amore di Dio, io lo amo talmente Dio che, nè la morte, nè…Nulla mi potrà separare dall’amore di Dio nè la persecuzione, nè la fame, nè il rimanere senza niente. Nulla mi separerà dall’amore di Dio!
Il senso è alla rovescia. Ci potrà capitare tutto nella vita, ma l’amore con cui Dio, in Gesù Cristo, ci lega a sè non potrà mai venire meno. E’, dall’altra parte, che non avviene la separazione. E’ Dio che non ci lascia andare. E’ Dio che non ci abbandona a noi stessi. E’ Gesù Cristo che stringe nell’abbraccio della sua crocifissione. E’ per questo che noi siamo sicuri. Se Dio è dalla nostra parte, chi sarà contro di noi? Si domanda San Paolo. Dio è dalla nostra parte. Dio sta dalla nostra parte. Oggi si dice che Dio sta dalla parte dei poveri non dei ricchi, da sinistra invece che a destra… Dio sta dalla nostra parte che siamo tutti poverelli, specialmente se fossimo ricchi.
Terminiamo con questa ultima certezza che è la certezza più bella. Sant’Agostino dice (adesso il mio MonSignore non so cosa mi dirà) “ama e fa ciò che vuoi” E io vi dico: fate tutto quello che volete che intanto Iddio vi vuole bene. (risata)
Alla parola del Signore di prendere le radici nel nostro cuore, per il ministero del vescovo che si esercita particolarmente in questo momento dell’azione liturgica. Della Parola che abbiamo celebrato insieme, scegliamo il brano di San Paolo a quelli di Corinto perchè ci dà modo di iniziare un discorso sulla comunità cristiana.
Vedete quale è il linguaggio di San Paolo: realista e nello stesso tempo duro e chiaro. E’ realista.
1Corinti 11-18 ss: “Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo. Questo lo credo. Questo avviene perchè siamo creature umane. Non dobbiamo turbarci delle divisioni perchè è idilliaco, è fantastico immaginare che ci sia un gruppo di persone, anche di persone che hanno scelto, liberamente, un tipo di vita in comune, e pensare che ci debba essere sempre armonia, unità di vedute, concordia nei progetti, uniformità nei sentimenti. Questo è la conseguenza del peccato che, nella misura in cui ci separa da Dio, ci separa gli uni dagli altri. E, il peccato lo portiamo in noi stessi”.
A Gerusalemme (questo non c’entra con la Bibbia) c’è una comunità italiana di suore dell’Immacolata di Ivrea. Anni addietro, hanno posto sopra la loro casa il titolo della loro congregazione ma hanno dovuto esprimerla in lingua araba, e gli arabi leggevano e ridevano perchè, nel significato letterale del loro linguaggio, risultava: “suore concepite senza peccato”. Per cui hanno tolto la iscrizione e sono rimaste quelle che sono, come tutte le suore di questo mondo e tutti gli uomini e le donne di questo mondo.
Ma quello che è significativo, è il fatto che San Paolo dica:
“quando dunque vi radunate insieme, dal momento che ci sono divisioni tra di voi, il vostro non è più un mangiare alla cena del Signore”.
Qui pone con durezza, si potrebbe dire, senza mezzi termini dice loro: “voi vi illudete di mangiare la cena del Signore”. A parte il fatto che gli uni vanno e hanno già cenato a casa loro e mortificano quelli che non hanno niente da mangiare, gli uni sono ubriachi, gli altri sono affamati , ecc. Quello è un particolare. Ciò che a Paolo interessa è questo fatto: il fatto che ci siano delle divisioni. Se ci sono delle divisioni, la nostra non è una celebrazione della cena del Signore.
Direte: e allora? Allora, una cosa molto rassicurante, una cosa molto normale. La cena del Signore è il Signore che ci viene incontro per riconciliarci. Le vere comunità sono quelle nelle quali vige il principio costante del bisogno della riconciliazione vicendevole e quotidiana. Il principio costante della riconciliazione vicendevole e quotidiana questo non è scritto da nessuna parte, però è scritto qui. E’ scritto negli impegni della fede, è scritto nel segno indelebile del Battesimo, è scritto nel segno indelebile della Cresima. La comunità cristiana, la comunità ecclesiale, qualsiasi tipo di comunità ecclesiale, deve avere coscienza di essere una comunità che deve riconciliarsi continuamente. Il giorno in cui cessa di impegnarsi in questo sforzo di riconciliazione vicendevole, cessa di essere una comunità cristiana. Potrà essere devota, osservante, santa ma non lo è. Non è cristiana perchè i cristiani sono coloro che sono stati riconciliati nel sangue di Nostro Signore Gesù Cristo e che hanno bisogno continuamente di essere riconciliati con Dio e tra di loro. Perciò anche qui è normale, ma è normale che ci sia la coscienza del bisogno della riconciliazione, è normale che ci sia lo sforzo per la riconciliazione.
Nella celebrazione della cena del Signore noi troviamo il modello e la sorgente della riconciliazione. Pensate che, dinnanzi a questa constatazione, Paolo inserisce il suo racconto dell’ultima cena:
“io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese il pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me” Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”. “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finchè Egli venga”.
Vedete dove è la sorgente della alleanza, dell’amicizia, del patto che ci lega con Dio e tra di noi? Dei rapporti che Dio ha voluto stabilire con noi, che sono rapporti di amicizia e che generano rapporti di amicizia con i nostri fratelli? E’ il sangue di nostro Signore Gesù Cristo! E noi, celebrando l’eucarestia facciamo memoria di questa nuova alleanza.
Fare memoria, nel senso biblico, ha questo significato: di ricordare un fatto accaduto, ma non soltanto con la memoria, -anche con la memoria della nostra mente perchè è un fatto vero, accaduto, – ma soprattutto con la memoria della fede, per cui sappiamo che quel fatto è attuale, quel fatto è per noi, quel fatto, quel gesto è stato compiuto per noi, è stato compiuto per noi che lo celebriamo in questo momento. La stessa celebrazione è rendere presente, attraverso quei segni che portano la garanzia della fedeltà di Nostro Signore Gesù Cristo, che Gesù è in mezzo a noi a spezzare il pane, a offrirci il calice della nuova alleanza.
Quindi noi siamo dinnanzi al modello della convivenza cristiana. Gesù, poco prima aveva detto: “In questo vi conosceranno che siete miei discepoli, se vi vorrete bene gli uni gli altri”; “vi dò un comandamento nuovo: amatevi come io vi ho amato”; Ma non ci dà soltanto dei comandamenti Gesù, modello e sorgente. Ci dà la forza, ci dà l’energia perchè noi facciamo memoria del Signore e ci mettiamo in grado di annunziare il significato della morte del Signore, nella espressione dell’amore vicendevole, “amatevi come io vi ho amato”. Egli ci ha amato donando se stesso a ciascuno di noi. Noi dobbiamo amarci donando noi stessi a tutti, a ciascheduno dei membri di quelle comunità a cui apparteniamo, perchè la nostra donazione sia concreta.
Il Signore, che ci viene incontro per farci comunicare al suo corpo e al suo sangue, è questa forza che supera i nostri egoismi, che supera il nostro peccato, che ci mette in grazia di Dio, cioè in amicizia con Dio e con i fratelli, e con le sorelle.
….che è Dio, per sua gratuita iniziativa, che ci ha convocato a questo incontro, e che il senso e la meta della nostra vocazione di creature umane, è la potenza dell’amore di Dio: un amore misericordioso che sta in attesa paziente, sempre disposto a perdonarci, e che ci ama di un amore fedele che non potrà mai venire meno.
Questa mattina ci chiediamo: qual’è il punto di incontro nel quale si verifica il disegno del Padre, il quale, nel suo grande amore, parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e ammetterli alla comunione di vita con sè.
Cristo è il centro dinamico e vitale del senso e della meta della vocazione umana cristiana e – possiamo dire anche – cosmica, di tutto l’universo. Rifacciamoci alla parola di Dio perchè, quella dobbiamo accogliere, custodire nel nostro cuore, meditare, e dare ad essa la possibilità di portare frutto.
Vi leggo due testi importanti che trovate il primo alla lettera agli Efesini cap.1 dal versetto 3 al versetto 10. Fate attenzione come Cristo sia al centro del disegno del Padre, di introdurci nella comunione di vita con sè fino alla partecipazione della sua divina natura, fino a fare di noi i suoi figli adottivi.
“Benedetto sia Dio, Padre del Signore Nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo” “In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacido della sua volontà. “Noi non centriamo niente”. “E questo a lode e gloria della sua grazia che ci ha dato nel suo Figlio diletto”.
Una volta per tutte, cerchiamo di comprendere il termine “gloria” che noi troviamo sovente nella sacra scrittura. Gloria, è la manifestazione dell’amore di Dio, nelle opere meravigliose, che compie a favore nostro. Questa è la gloria di Dio. Noi glorifichiamo Dio quando gli permettiamo di compiere in noi le sue meraviglie. Il compimento, la manifestazione delle meraviglie di Dio che opera nell’universo, nell’uomo, nella storia, a favore degli uomini, questa è la gloria di Dio. Notate anche che è detto: che questo a lode e gloria della sua grazia..
Secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi cioè il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, “quelle del cielo come quelle della terra”. Vedete che Cristo è al centro del disegno del Padre, che questo disegno è un disegno di grazia, gratuito. E poi c’è un terzo elemento: che la grazia è sovrabbondante. Altrove San Paolo dice: “dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia”. L’altro testo lo troviamo alla Lettera ai Colossesi sempre al capitolo primo e possiamo leggere i versetti 12 e seguenti.
“Ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messo in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E’ lui infatti che ci ha liberato dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto”.
Il regno di Dio equivale a una persona, al suo Figlio diletto per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Gli stessi pensieri circa della lettera agli Efesini.
Egli, Cristo, è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; perchè per mezzo di Lui sono state create tutte le cose.
Vi parlavo di una dimensione cosmica quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui. Egli è al centro. La sussistenza, la possibilità di esistere, di permanere nella esistenza, viene da Cristo.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sè tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè “per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli”.
Quindi quella visione che svilupperà Teillard de Chardin: il Cristo l’alfa e l’omega di tutta la evoluzione dell’universo, parte da Cristo e ritorna in Cristo nella pienezza del suo sviluppo, nella pienezza del compimento della sua vocazione. Quindi noi, Dio, il Padre lo troviamo in Nostro Signore Gesù Cristo. Il Padre ci incontra, ci conosce personalmente, ci ama in Cristo.
Quindi Cristo, come dice San Paolo, È la nostra vita, e, il dinamismo della nostra vita deve essere in questo senso: noi siamo noi; vivo io – dice San Paolo – ma non io soltanto perchè vive in me Cristo. Per me vivere è Cristo.
Lasciate che, sotto l’azione dello Spirito Santo, questa realtà stupenda, magnifica: cosa poteva darci di più? In quale modo poteva incontrarsi meglio? Quale ponte ci poteva essere tra noi e Dio?
Quale poteva essere il punto di incontro del dialogo tra Dio e noi se non il Figlio suo. E’ il Figlio suo, che sta dalla parte del Padre, perchè è Dio come il Padre, e che sta dalla parte nostra perchè è uomo come ciascheduno di noi.
Questo non è vero soltanto per una visione – diciamo così – teologica, che è propria di san Paolo, ma questo è vero storicamente, nei fatti che si sono compiti durante lo svolgimento della storia della salvezza, che continua ancora ai tempi nostri. Così che, noi troviamo che tutto l’antico testamento tende, è proiettato, aspira a Nostro Signore Gesù Cristo. Gesù Cristo ne è il compimento ed è il principio di un’altra tensione della venuta finale di Nostro Signore Gesù Cristo. E, Gesù Cristo diventa un punto di partenza per raggiungere questo punto finale: fino a quando Gesù sottometterà a se stesso, cioè raccoglierà il disegno del Padre di ricapitolare, di sintetizzare, di raccogliere tutto, ciò che sta in cielo e ciò che sta sulla terra e sotto la terra, in Cristo.
Tutto, quindi, è proteso in lui fino al momento in cui sarà ricapitolato in lui -per usare la espressione di San Paolo- ed Egli sottometterà se stesso e tutto al Padre in modo che Dio sia tutto in tutti. E allora sarà il compimento, sarà la fine.
Credo che non sia necessario ribadire ulteriormente questa seconda affermazione che abbiamo fatto. Cioè che storicamente il vecchio testamento è proiettato verso Cristo.
Incominciamo dal genesi: porrò inimicizia tra il tuo seme e il seme di quell’altra donna ed egli ti schiaccerà il capo. Quindi la promessa è già volta a Cristo.
La vocazione di Abramo che avrà una moltitudine di figli. Pensate. Trovarsi nel deserto e si capisce. Numera i granellini di sabbia che ci sono nel deserto…la tua discendenza sarà più numerosa. Vedere il cielo tersissimo sul deserto! In questi giorni non si vedevano le stelle. C’era una luna piena… splendente!, sembrava il sole. Guarda, numera le stelle…avrai una discendenza…Sappiamo che, materialmente, la discendenza di Abramo era stata quella di avere un Figlio, Isacco…ma la discendenza era quella che Dio si sarebbe procurato per mezzo dei credenti in Nostro Signore Gesù Cristo. E’ lui il primogenito di una moltitudine di fratelli.
Così in Isaia. I carmi, cioè quei tratti poetici che si riferiscono al servo di Javè, in cui è descritto Gesù Cristo, specialmente nel momento della sua passione, che darà la sua vita per avere una moltitudine di salvati, e per questo sarà glorificato. Tutta l’azione profetica è proiettata verso questo futuro del regno di Dio sulla terra.
E Gesù, che predice i tempi futuri, li descrive. Ma c’è un particolare nel Vangelo -ce ne sono più di uno- ma è uno il particolare che ci interessa in questo momento. Gli Apostoli e i discepoli sentendo parlare Gesù, in un modo stupendo, entusiasta, commosso, del Padre, non sono capaci di trattenersi dal chiedere: “facci vedere il volto del Padre e sarà tutto, e saremo contenti, saremo soddisfatti”. E Gesù risponde all’interlocutore: “Filippo, da tanto tempo siete con me, e non avete capito: chi vede me, vede il Padre… perchè il Padre ha voluto manifestarsi, si manifesta in Nostro Signore Gesù Cristo”.
Perchè non mi sfugga un pensiero che è di Santa Teresa d’Avila, ve lo dico in questo momento. Santa Teresa che ha avuto una grande esperienza mistica, una delle più notevoli esperienze mistiche della Chiesa, dice dei suoi sforzi per raggiungere il Padre, per conoscere il Padre, per vedere – secondo la espressione del vangelo – il volto del Padre. E il Padre le risponde: non potrai arrivare a me se non passi sul ponte che io ho gettato tra me e voi, il mio Figlio diletto. Del resto Gesù lo ha detto con tanta chiarezza: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo mio”. Dio nessuno l’ha mai visto. L’unigenito del Padre che è nel seno del Padre ci racconta, ci dice chi è il Padre.
Perciò tutto lo svolgimento della salvezza a partire da nostro Signore Gesù deve essere incentrato in nostro Signore Gesù Cristo.
E’ quello che la Chiesa esprime con la formula liturgica con cui concude le diverse preci eucaristiche della Santa Messa: “Per Cristo, in Cristo e con Cristo a te Dio Padre onnipotente nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria”. Ma è vero anche l’inverso.
L’onore e la gloria del Padre si manifestano in noi, in Cristo, con Cristo, per mezzo di Cristo.
La nostra gente non È ancora educata a comprendere questa centralità del Cristo nella celebrazione liturgica, e non ha ancora il senso della partecipazione che si esprime con un “si”.
Alle volte la gente vorrebbe partecipare in un modo più amplio a certe parti della celebrazione della liturgia perchè ha la impressione di fare poco. Vi faccio un esempio. Un “si” vale una vita, vale il significato di una vita. Lucia Mondella: “vuoi avere per tuo sposo Renzo Tramaglino?” “Si”. E viceversa. Quel “si” vale una esistenza. Ora dire “amen” e dire “si” , perchè amen corrisponde alla parola “si”, corrisponde al “si” che Gesù Cristo ha pronunciato dinnanzi al disegno del Padre, corrispondere al “si” che il Padre ha pronunciato per noi, a favore nostro, in Gesù Cristo, corrisponde, quindi, al senso di tutta la nostra esistenza: “per Cristo con Cristo e in Cristo”: “si”. Vi ricordate che Sant’Agostino, descrivendo le celebrazioni liturgiche del suo tempo, fa notare che la assemblea era così cosciente della partecipazione a quello che accadeva, che pronunciava un “si” così pieno, rimbombante da sembrare un tuono. Le nostre assemblee… Notate bene che a volte avvengono delle celebrazioni composte prevalentemente di sacerdoti e di fedeli ce ne sono pochi, ma i sacerdoti sono anche fedeli, nella celebrazione della Santa Messa, fanno parte del popolo di Dio, e con tutta esultanza dicono “per Cristo, con Cristo e in Cristo” e voi rispondete “Amen”! (Il tono della voce esprime indifferenza …risata A che ora abbiamo cominciato? alle nove meno un quarto….abbiate pazienza.)
Noi dobbiamo dire qualche cosa di Cristo, oggi. Nelle vicende ecclesiali, nelle vicende sociali, nelle vicende anche personali di ognuno di noi, oggi come oggi, prima di tutto dobbiamo farci una domanda per noi stessi: Cristo è veramente il centro nel quale incontriamo il Padre, nel quale il Padre si incontra con noi, e ci comunica la sua vita, ci fa suoi figli in Cristo, e ci invita e ci ammette alla comunione della sua esistenza? Cristo, per noi, ha un volto? non quei volti oleografici che ci sono in giro perchè sono apparsi di qui o di là. No. Del Cristo. Un bel Cristo! Un bel Cristo bizantino! Se lo volete anche l’angioletto… naturalmente dovete prendere quello del giudizio universale. A proposito del Cristo, del Cristo grande, del Cristo potente, -scusate se entro in questi dettagli- alcune di voi sono addette alla educazione della infanzia, della fanciullezza: guardate che è sbagliato predicare Gesù bambino. I bambini non vogliono i bambini. I bambini vogliono gli uomini grandi. Per loro gli uomini sono grandi: il loro padre è sempre una persona importante. Allora si che hanno fiducia, si sentono protetti di essere al sicuro. Quindi nelle vostre aule non mettete mai dei Gesù bambino! Cristo glorioso, potente. Non Cristo che ha la faccia di fanciullo. Lasciate che la fantasia del bambino, lavori per conto suo, se lo costruisca attraverso questa immagine. Col gioco della sua intuizione, si costruisca il suo rapporto con Cristo. E questo fatelo anche per gli altri.
Ha un volto Cristo? Cristo veramente lo incontriamo ? (-dovete avere pazienza questa mattina-) proprio dappertutto dove è? E’ immagine del Dio invisibile. Ma, tutte le cose sono state create per mezzo di Lui, in vista di Lui, e tutto sussiste in Lui. Tutto è il volto di Cristo. Penso che verrà l’occasione di parlare della dimensione cosmica della salvezza e quindi del volto di Cristo. Adesso non devo abusare della vostra attenzione. Ma ci sono degli altri aspetti della condizione di Cristo oggi, che sono gli aspetti della vicenda a cui Cristo è sempre andato soggetto in tutti i tempi. Qualche sprazzo durante il tempo in cui Gesù è vissuto in mezzo agli Apostoli, per cui lo hanno visto come Figlio di Dio, ma poi lo ritenevano come il restauratore del regno di Israele. Notate che gli Apostoli, nonostante tutta la esperienza con Gesù, le sue parole, i suoi miracoli, la sua risurrezione, -erano certi della sua risurrezione- quando li porta sul monte degli ulivi per dire che sale al Padre si sono rattristati perchè lui se ne andava, era una persona cara entrata nella loro vita se ne andava e c’era motivo di tristezza, ma il motivo….
N.25 Breg