Abbiamo scelto per i nostri incontri il tema della penitenza. Siamo nel tempo liturgico della penitenza. Tutta la Chiesa prega e con la sovrabbondanza della Parola di Dio ci illustra il significato di questo elemento della vita cristiana. Gesù Cristo presente nella sua Chiesa, nella sua parola, nella eucaristia, nel sacramento della penitenza, ci porta nel vivo di questo atteggiamento che dobbiamo assumere nella nostra esistenza per essere i suoi seguaci.
E’ con senso di fiducia che noi dobbiamo intrattenerci, illuminati dallo Spirito del Signore che rende chiara la sua parola, per meditare su questo tema della penitenza. Questa sera vediamo – più o meno brevemente -” Il posto della penitenza nella vita cristiana”:
la penitenza nel senso di riconoscimento della colpa di esserci allontananti dall’amore di Dio e dall’amore del prossimo;
la penitenza nel senso di decisione, di proposito di convertirci per ritornare nei giusti rapporti con Dio e con i fratelli;
la penitenza, quindi, nel senso di cambiare dal più profondo del cuore fino alle manifestazioni del comportamento;
la penitenza come punto necessario di passaggio per l’attuazione del piano di Dio.
Cerco di chiarire questo pensiero.
La penitenza come la descrive la Bibbia nell’Antico e nel Nuovo Testamento
é riconoscere le proprie colpe,
é il pentimento di essersi allontanati da Dio,
è pentimento per essersi separati dal popolo di Dio,
è il pentimento per essersi separati dai propri fratelli
é proposito e decisione di ritornare sui propri passi, quindi di convertirsi,
è proposito di ristabilire i giusti rapporti con Dio e con i fratelli
é decisone di cambiare strada cominciando dal più intimo di noi stessi fino alle manifestazioni esterne del comportamento.
La penitenza sta al punto in cui passa l’attuazione del piano di Dio.
Il piano di Dio é questo: – di essere nostro Padre, noi di essere i suoi figli. – Il suo amore paterno e il nostro amore filiale e fraterno.
– Da una parte Dio che vuole fare di noi i suoi figli e dall’altra parte noi che siamo chiamati ad essere i figli di Dio. Perché questo si attui, é necessaria, da parte nostra, una continua penitenza che si può chiamare anche conversione. Oggi, nel concetto più corrente, la penitenza é detta conversione. Per comprendere la penitenza e quindi la conversione, é necessario partire da questi due estremi: la paternità di Dio e la nostra figliolanza adottiva. Solo così si capisce la condizione di peccato in cui ci troviamo e la necessità della penitenza.
La penitenza é necessaria perché si realizzi la paternità di Dio e la nostra figliolanza dal momento che nella storia, in quella dell’umanità come in quella di ogni individuo, é entrato il peccato. La paternità di Dio illustrata molto bene dalla parabola del figlio prodigo è il primo punto di riferimento, è la realtà da tenere presente per comprendere qual é il posto della penitenza, quanto è necessaria la conversione e come la conversione è elemento costitutivo della vita cristiana. Dio ha voluto essere nostro padre.
Il fine ultimo del suo piano, il fine di tutto ciò che ha fatto nell’ordine della creazione e della salvezza é di realizzare la sua paternità nei nostri confronti, quindi la creazione dell’universo, l’esistenza di tutte le creature che vivono nell’universo, sono ordinate all’uomo, ma all’uomo come punto su cui si fissa l’amore di Dio, per attuare il suo grande piano di essere il Padre degli uomini. Questa é la più grande aspirazione di Dio.
Per esprimerla in termini umani si può paragonare a tutto ciò che costituisce per un uomo il fatto di diventare padre, il fatto di essere padre.
Sappiamo che la più grande felicità di un uomo e di una donna é quella di essere padre e madre. E’ secondo l’analogia di questo senso, ma al di là di ogni nostra capacità di pensiero, che Dio ha questo desiderio, che Dio é portato da questo impulso paterno nei nostri confronti. Conseguentemente, se Dio vuole essere padre, la paternità di Dio comporta il suo amore e noi conosciamo come si sviluppa il tema dell’amore di Dio durante tutta la storia della salvezza, non tanto in parole ma con i fatti.
I testi più umani e più espressivi dell’amore di Dio per gli uomini, li troviamo proprio nell’Antico Testamento. Qui é descritta la commozione di Dio dinnanzi al suo popolo che chiama figlio, sposa, fidanzata, mentre meriterebbe tutti i castighi che già ha deciso, ma si trattiene oppure castiga unicamente per richiamare il suo popolo a se stesso come suo popolo. Dio freme e si commuove per il suo popolo!
L’amore di Dio é un amore che essendo paterno, é fatto di tenerezza e di tutto quel complesso di sentimenti che un padre, una persona adulta, matura e forte, prova nei confronti della fragilità, della debolezza, della piccolezza della sua creatura, e, più un figliolo sa farsi piccolo di fronte al padre, più determina nel padre quei sentimenti di bontà, nel senso di essere nella disposizione, di riversare tutto il suo bene sulla creatura che é il suo figliolo.
Che cosa non ha riversato su di noi Dio nostro padre! Io ricordo sempre a chi vuole ascoltare, che cosa non ha fatto Dio per noi, tanto nell’ordine della natura come nell’ordine della grazia, se é arrivato al punto di darci il suo figliolo. Come ci potrà negare una qualunque cosa dopo che ci ha dato il suo figliolo? Potrà negarci la sua bontà, la sua premura? La premura di Dio per il suo popolo, per i suoi figli, per ognuno dei suoi figli? Il nostro Dio é colui che previene ogni nostra necessità, ogni nostro bisogno, proprio perché é buono e in Lui non si può concepire nessuna indifferenza. Il nostro Dio non é un Dio indifferente.
Noi stiamo facendo un discorso cristiano. Noi abbiamo bisogno di fare dei discorsi cristiani per la nostra vita spirituale e per l’esercizio del nostro ministero. Ricordate il pensiero, ormai diventato comune in mezzo a noi per la divulgazione che se ne é fatta, ed è scritto sul primo numero di Concilium? Padre Congar, riportando un altro autore, diceva: noi abbiamo presentato Dio senza l’uomo, cioè un Dio indifferente all’uomo, un Dio che non si preoccupa dell’uomo, un Dio che non si interessa di tutto ciò che fa parte della vita degli uomini e questo – dice Congar- forse, é il motivo principale per cui oggi ci troviamo davanti a uomini senza Dio.
La misericordia di Dio! L’ impotenza, da parte dell’uomo di vincere l’amore di Dio e l’invulnerabilità di Dio che non si lascia scoraggiare dall’infedeltà degli uomini! Dio é misericordioso perché é fedele ad ogni costo. E’ fedele all’alleanza. E’ fedele a tutto ciò che comporta l’amore verso il suo popolo, verso i suoi figli, verso ognuno di noi. La paternità di Dio, come abbiamo già detto significa un Dio Padre fedele per gli uomini.
L’altro polo da cui dobbiamo partire per definire il peccato, la penitenza e la conversione é la nostra figliolanza divina. Noi siamo nati da Dio. Questa é la nostra condizione di nuove creature. Da parte di Dio non c’é soltanto il desiderio di fare degli uomini le creature predilette. Questo desiderio di Dio ci raggiunge, ci trasforma nel nostro intimo facendo di noi delle creature partecipi della sua stessa natura, ammesse a vivere la sua stessa vita, chiamati ed ammessi alla comunione di vita con sé, come figli.
Noi siamo figli nel Figlio.
Se lo fossimo direttamente perché Dio indipendentemente da tutto compie in noi questa trasformazione, sarebbe molto “meno” di quello che Dio in realtà compie, perché ci concepisce nell’atto stesso in cui concepisce il Figlio unigenito, ci genera sulla linea e sul prolungamento della generazione eterna del Verbo. Questo lo rende tanto concreto da diventare un fatto storico nella Incarnazione del Figlio suo, che diventa perfetto uomo come noi, perché in lui, nel suo diletto, fossimo i suoi figlioli. C’é di mezzo il Verbo, l’incarnazione, il sangue del Figlio di Dio fatto uomo, per la realizzazione di questo nostro essere di figli di Dio!
Avviene di conseguenza che noi passiamo dalle tenebre alla luce: “in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini”, “et de plenitudine eius nos omnes accipimus”, e passiamo dalla morte alla vita. La nostra figliolanza divina si realizza come passaggio dalla morte -le tenebre – alla vita.“Tutti quelli che lo hanno accolto hanno avuto il potere di diventare figli di Dio”
Noi sappiamo di passare dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. La motivazione di Giovanni é già uno sviluppo di questa realtà. E’ un passaggio dalla tristezza alla gioia, dalla tristezza di essere senza speranza e senza Dio in questo mondo, alla gioia di avere Dio come Padre. Tutto questo non termina alla nostra persona. Termina a noi in quanto siamo legati a tutti gli uomini, nostri fratelli. (Lumen Gentium.) Dio non volle santificarci e salvarci individualmente senza alcun legame tra di noi, ma volle fare di tutti noi un popolo che Lo riconoscesse. Gli uomini sono tutti figli di Dio. Da questo punto noi dobbiamo definire il peccato e la penitenza su cui vorremmo meditare.
Che cos’è il peccato? Posti quei due poli, il peccato – da parte nostra- é impedire a Dio di essere Padre. C’é il padre in quanto c’é il figlio. Se io rifiuto di essere un figlio di Dio, io impedisco la paternità di Dio. Il peccato é rifiutarsi di essere figli di Dio. Il peccato è la condizione del figlio prodigo che prende la sua parte, che se ne va lontano dal padre, che non se ne fa niente della tristezza del padre. Di questa tristezza noi ne abbiamo conoscenza, per riverbero, nella gioia, nella festa, nella tenerezza del padre quando il figlio torna.
Il peccato cristiano é: non riconoscere in tutti gli uomini la vocazione a diventare figli di Dio e quindi, per quanto dipende da noi, non riconoscere la loro condizione di figli del Padre.Tutto quello che avrete fatto a uno o contro uno di questi miei, lo avrete fatto a me, dice Gesù. Questo é vero nei confronti di Gesù. Questo é vero nei confronti del Padre.
Allora la penitenza é: il riconoscimento della paternità di Dio, é credere, è avere fiducia, è crescere nella conoscenza della paternità di Dio, é dargli la gioia di realizzare il suo amore, la sua tenerezza, la sua bontà, la sua premura, la sua misericordia nei nostri confronti. Quindi la penitenza non riguarda il male che uno può avere fatto in un determinato atto. Riguarda un atteggiamento di fondo nei confronti di Dio. Riguarda un atteggiamento che ha la sua misura in Dio e nel nostro essere figli di Dio.
Capisco che non rendo con le parole quello che vorrei dirvi. Forse, con la grazia del Signore, ci intenderemo meglio domani.
Il peccato, anche per la confessione, lo abbiamo considerato come una macchia o la perdita della grazia di Dio e quindi avevamo la preoccupazione di vivere in grazia di Dio per non correre il rischio di perdere la vita eterna. Anche la santità l’abbiamo concepita come un accumulo di virtù e non nel dare a Dio la possibilità di realizzare il suo piano di amore in noi, e non nel permettere che il suo amore porti i suoi frutti in noi, nel senso che noi prendiamo coscienza di essere suoi figli, contenti di essere figli di Dio.
Dal momento che la realizzazione del piano di Dio e la corrispondenza a questo piano da parte nostra é senza limiti, la nostra conversione deve essere qualche cosa che non finisce mai, che é sempre attuale, che é sempre in progressione, che non é semplicemente la preoccupazione di evitare i peccati gravi o leggeri che siano, ma é la preoccupazione di realizzare qualche cosa. Ecco dove dobbiamo cogliere il senso positivo della conversione!
Teniamo presente che il fare questo, impegna talmente ad andare contro la nostra natura e contro le nostre inclinazioni che diventa necessariamente penitenza, rinuncia, morte a tutto ciò che non é Dio in noi, a tutto ciò che non é realizzazione della paternità di Dio in noi, e quindi a tutto ciò che non é la realizzazione della nostra figliolanza adottiva.
Questo, di conseguenza, comporta che noi non stiamo davanti a Dio isolatamente, ma insieme a tutti i nostri fratelli, con la coscienza che la nostra incorrispondenza pesa sulla loro vocazione e che la nostra corrispondenza aiuta la loro vocazione ad essere figli di Dio, quindi, la conversione che porta con sé l’accettazione di un distacco, di un sacrificio, di una penitenza, é la condizione abituale del cristiano, é la condizione fondamentale della vita cristiana per realizzare la vita cristiana. Del resto, questa é la via percorsa da nostro Signore Gesù Cristo.
Avevo l’intenzione di dire cose più chiare. Forse non ci sono riuscito, ma credo che mi abbiate compreso:
-Da una parte c’é Dio che vuole essere nostro padre, dall’altra parte ci siamo noi chiamati ad essere suoi figli
-Di mezzo c’é il peccato che impedisce a Dio di essere nostro padre e a noi di essere i suoi figli
-Togliere il peccato per mezzo della penitenza, con un atteggiamento continuo di conversione, é dare a Dio la possibilità di realizzare il suo piano d’amore, è dare noi la possibilità di essere il frutto dell’amore paterno di Dio.
Il Signore vi dica “da dentro” quello che io non sono riuscito a dirvi “da fuori”
OM 384 Sacerdoti 71 – Santa Teresa 26-2-71 ore 18,30