Dio vuole trovare in noi i suoi figli
Ieri sera ci siamo fermati su questa considerazione: che il cammino della conversione accompagnato dalla penitenza deve coprire la distanza necessaria per l’attuazione del Piano di Dio, nostro Padre, di fare di noi i suoi figli.
I due poli in mezzo ai quali avviene la nostra conversione, per i quali si giustifica la nostra penitenza, sono la paternità di Dio e la nostra figliolanza adottiva. Non dimentichiamo di pregare il Padre del Signore nostro Gesù Cristo, piegando le nostre ginocchia dinanzi a Lui, perché ci dia la conoscenza della sua paternità nei nostri confronti e la conoscenza di questo privilegio, di questo dono di grazia di essere i suoi figli e ci faccia comprendere quale deve essere il nostro impegno per ritornare a Lui, nel senso di realizzare in noi il piano del suo amore: creatura nuova, il nostro essere figli di Dio, il nostro comportamento di figli con Dio e di fratelli con tutti i figli del Padre.
Gesù Cristo é la via da percorrere. Lui in persona é venuto nel mondo, si é fatto uomo, é ritornato al Padre. Nella sua vita terrena si è espresso così: non vuoi più ostie ed olocausti, mi hai dato un corpo, ecco Padre, io vengo; nell’adempimento della tua volontà io ritorno a te per assecondare il tuo piano di amore. Gesù che ritorna al Padre diventa la nostra via. Gesù é la Via non semplicemente nel senso che è un modello da imitare, ma nel senso che é una realtà da vivere, é una vita da vivere.
Diventare conformi a nostro Signore Gesù Cristo che per ritornare al Padre umiliò se stesso divenuto obbediente fino alla morte e alla morte di croce, significa partecipare al suo essere di Figlio di Dio, partecipe al suo rapporto personale con il Padre ed essere rivolti al Padre non semplicemente con delle disposizioni morali, ma con tutto il nostro essere rinnovato, diventato nuovo, diventato qualche cosa di più di semplice creatura, diventato figlio di Dio.
Ricordiamo che questo non avviene per una nostra decisione. Ad un certo momento noi ci convertiamo? No. Ad un certo punto Dio si converte a noi nel senso che ci attira a lui. Nessuno viene a me, dice Gesù, se il Padre non lo attira, come nessuno può andare al Padre se non per Gesù Cristo. C’é di mezzo l’azione della grazia di Dio, c’é l’azione dello Spirito Santo che ci inserisce nel Cristo e ci rende conformi a Lui e crea in noi il nuovo essere di figli di Dio, e ci introduce nella conoscenza del mistero di Dio e diffonde in noi l’amore soprannaturale. Lo stesso amore con cui Dio ama se stesso, é diffuso nei nostri cuori perché noi diventiamo capaci di convertirci. La conversione non é altro che un movimento del nostro amore verso il Padre e verso i nostri fratelli.
Gesù Cristo che ritorna al Padre, non é Gesù Cristo che cerca se stesso ma é Gesù Cristo che, proponendosi di darsi al Padre, “sustinuit crucem”.
Gesù Cristo, nostra Via, vive in tutta la sua esistenza il mistero dell’annientamento di se stesso, il mistero dell’umiliazione dell’obbedienza fino alla morte e sperimenta tutta la tristezza, la ripugnanza, la desolazione, la solitudine della morte in croce. Quindi, per ritornare al Padre percorrendo la via che é nostro Signore Gesù Cristo, noi dobbiamo percorrere la via della croce. Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Prendere la nostra croce rinnegando noi stessi per seguire nostro Signore Gesù Cristo comporta il distacco, l’abnegazione, la sofferenza.
Dobbiamo tenere presenti nella nostra vita religiosa, negli esercizi di pietà, tutte le sofferenze della esistenza terrena di nostro Signore Gesù Cristo, la povertà, la persecuzione, la contradizone, la fatica, oltre agli episodi della passione che gli evangelisti registrano. Da questi misteri riceviamo una grazia perché emanano una grazia. Possiamo confrontare ciò che ci costa ad essere fedeli alla sequela di nostro Signore Gesù Cristo e ciò che é costato a Lui. Possiamo stabilire un confronto tra la sua e la nostra sofferenza per essere sostenuti e incoraggiati dalla sua grazia, per costatare quanto siamo costati a Gesù Cristo e quanto é importante l’essere fedeli e conformi a nostro Signore Gesù Cristo.
Noi esprimiamo la devozione alla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo nella pratica della via crucis. Ma ognuno deve essere condotto dalla sua grazia, ognuno deve capire secondo il dono della grazia di Dio, ma questa grazia bisogna anche chiederla. Allora bisogna sapersi intrattenere con Gesù sofferente per diventare convinti, disposti, incoraggiati ad entrare nel movimento della nostra conversione, che porta con sé, per la esistenza del peccato, la sofferenza. Gesù Cristo che diventa peccato, Gesù Cristo che inchioda se stesso alla croce perché è divenuto peccato per essere la nostra giustificazione, é l’unica via che abbiamo per operare in noi la conversione vera ed accettare la penitenza conseguente alla conversione.
Partire dalla nostra condizione di peccato, ossia dalla nostra lontananza da Dio per il nostro attaccamento alle creature e a noi stessi, e ritornare al Padre importa un distacco. Chi non rinuncia, non entra nel regno dei cieli. E conosciamo quante sono le rinuncie enumerate da nostro Signore Gesù Cristo: chi non lascia il Padre, la madre, la sposa, i figli, i campi, le cose non può essere mio discepolo. Quanto é vasta la rinuncia!
Il distacco dalla cose. Nella scala dei valori, le cose stanno all’ultimo posto. Capite che cosa voglio dire con questa parola! Essere attaccati alle cose é essere attaccati alle realtà più distanti da Dio, agli idoli più umilianti. L’attaccamento alle cose ci pone in una distanza da Dio più grande dell’attaccamento alle persone.
Il distacco dalle persone.
Nella nostra formazione dobbiamo passare attraverso il momento critico del distacco da ogni creatura. E’ soltanto attraverso il distacco effettivo ed affettivo che noi acquistiamo la libertà di amare con l’amore steso di Dio Padre, con l’amore stesso di nostro Signore Gesù Cristo. Se prima non c’é questa rinuncia, se manca questo distacco, se non realizziamo questa liberazione che costa, noi rimaniamo continuamente vincolati. Un peso rimane legato al nostro piede e non ci lascia camminare alla sequela di nostro Signore Gesù Cristo.
Il distacco più profondo é quello che dobbiamo operare nella nostra persona, è rinnegare noi stessi. E’ proprio per la esistenza del peccato in noi che noi dobbiamo abbracciare il mistero della croce che porta al rinnegamento di noi stessi. Oggi é difficile capirlo e farlo capire. Forse é più difficile farlo capire, perché, grazie a Dio, noi qualche cosa capiamo. E’ vero che ci deve essere la realizzazione di noi stessi, la realizzazione piena della nostra personalità, ma é una realizzazione che avviene dopo la distruzione, dopo la morte. Secondo il linguaggio di san Paolo: dopo la morte dell’uomo vecchio può avvenire l’attuazione dell’uomo nuovo secondo nostro Signore Gesù Cristo. Iddio ci vuole realizzare e pretende che noi ci realizziamo totalmente secondo lo spirito e non secondo la carne. Sappiamo la lotta che esiste tra la carne e lo spirito e quanto é doloroso questo conflitto e come dobbiamo essere trovati fedeli in questa battaglia. Il rinnegamento di noi stessi e quindi la mortificazione.
Qualche volta si é fatta la questione per vedere se certe leggi ecclesiastiche hanno ancora valore, se hanno ancora senso certe limitazioni riguardo agli spettacoli o altro. A parte il valore di una legge ecclesiastica, c’é una legge intrinseca alla vita cristiana, che comporta che noi ci mostriamo come veri discepoli di nostro Signore Gesù Cristo,quindi come coloro che conoscono la mortificazione, la rinuncia volontaria anche di ciò che, di per sé é lecito, proprio per operare in noi un distacco più sicuro, per mantenerci in una posizione di distacco garantita.
Qui non si gioca ad essere più o meno perfetti. Qui si gioca la nostra stessa conversione, la nostra realizzazione di figli di Dio che devono essere trovati conformi all’immagine del Figlio suo crocifisso. Solo nella misura della configurazione che si opererà in noi, diventa possibile la trasfigurazione della risurrezione.
La risurrezione in noi é libertà rispetto al mondo, è libertà rispetto agli altri, è libertà rispetto a noi stessi. La risurrezione per noi é la ricchezza della vita di nostro Signore Gesù Cristo che non cessa mai di essere il crocifisso anche nella sua gloria. Gesù Cristo, nella sua gloria, completa se stesso nelle sue membra che non possono essere riconosciute come tali, se non portano l’impronta della croce.
Una volta si facevano i fioretti, e siccome i fioretti nel modo con cui erano presentati si prestavano molto ad essere definiti cose infantili, oggi rinunciamo alla sostanza di una vita mortificata. Se non ci sono delle azioni determinate, precise, scelte nella libertà come atti di mortificazione, noi non siamo conformi a nostro Signore Gesù Cristo.
La conversione, che é il movimento di ritorno al Padre come nuove creature accompagnate dalla penitenza perché siamo nella condizione di peccato, deve essere vista soprattutto sotto un aspetto positivo. La conversione non deve essere semplicemente, il non commettere il peccato mortale. Noi abbiamo sempre legato la conversione, non tanto allo stato di peccato quanto ai peccati, non tanto alla condizione di peccatori quando ad una abitudine di commettere i peccati, così che, dal momento che non ci fossero più peccati gravi la conversione sarebbe un fatto scontato. Se poi ci fossero i peccati veniali non ci sarebbe bisogno di conversione!
La conversione é un atto dei grandi peccatori? No! La conversione é il percorso che noi dobbiamo compiere per realizzare noi stessi, per attuare il disegno di Dio che vuole trovare in noi i suoi figli. La conversione, sempre sostenuta dalla penitenza, ha un aspetto positivo.
Noi, per i nostri fedeli, abbiamo posto il traguardo della vita cristiana solo nello stato di grazia. Lo abbiamo concepito e continuiamo a concepirlo. Si domandava: che cosa significa essere in grazia di Dio? La risposta era: non avere peccati mortali sull’anima. Ricordo i ritiri di perseveranza nati dallo zelo di don Calabria che insistevano sul concetto di portare la gente a vivere in grazia di Dio e portare la gente in vivere in grazia di Dio, aveva il significato di tenerle lontane dal peccato mortale.
Quando nelle parrocchie si prendevano iniziative straordinarie si tenevano le missioni e purtroppo molte volte e ancora oggi, erano e sono concepite al fine di portare le gente ad una bella confessione, addirittura alla confessione generale per dire tutti i peccati e per metterli in grazia di Dio. Il discorso dei missionari, il giorno della partenza, era il compiacimento, l’esaltazione che tutti erano in grazia di Dio. Questo è a volte il livello della vita cristiana.
Dove mettiamo il senso dell’amore di Dio e del nostro essere di figli di Dio espresso nel comandamento:amerai il Signore Dio tuo con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze? La conversione si opera da questo punto in avanti: da quando noi siamo impegnati ad amare il Signore nostro Dio, il Padre nostro che sta nei cieli, da figli con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutto il nostro essere nuovo in estensione della nostra esistenza di figli di Dio.
Noi abbiamo stabilito il limite della conversione, rispetto all’amore del prossimo al non odiare, quindi soltanto ci fosse stato un odio grave non si dava l’assoluzione, ma se non c’era questo odio straordinario, si dava tranquillamente l’assoluzione. Che tipo di conversione é, se il discepolo di nostro Signore Gesù Cristo deve amare i fratelli come li ha amati Lui? Si aggiunge qualche cosa di molto di più alto al precetto: amerai il prossimo tuo come te stesso. Al di là di noi stessi bisogna andare! Ecco che cosa importa la nostra conversione: importa essere figli di un Padre come é Dio e quindi di amarlo con tutto noi stessi.
La disposizione fondamentale che definisce la moralità cristiana é l’amore soprannaturale di Dio, che ci viene dal nostro essere di figli di Dio. La nostra conversione si misura sul grado del nostro fervore non sull’assenza di singoli nostri peccati e, il nostro amore per il Padre ha la sua verifica concreta nel nostro amore per i fratelli. Noi siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Come può dire uno di amare Dio che non vede, quando non ama il fratello che vede? Se noi diciamo di amare Dio e non i fratelli, siamo bugiardi. Ecco il senso vero e positivo della conversione che vuole il Padre e che é reso operante, concreto, messo a nostra disposizione da nostro Signore Gesù Cristo.
Il cristiano non é uno che non commette i peccati, comunemente enumerati.
Il cristiano é colui che ama Dio con tutta la mente, con tutto il cuore, con tutto se stesso ed ama i fratelli come Cristo ha amato ed ama ognuno di noi.
Termino così la mia esposizione anche sa tralascio qualche cosa che poteva essere importante. Ci sarebbe ancora da dire sulla penitenza nella chiesa, nella vita sacramentale, e sul sacramento della penitenza. Dico soltanto questo. La penitenza é un sacramento autentico quando l’assoluzione arriva al termine di una vita di penitenza, al termine di una prova di penitenza e di vera conversione data anche dalla comunità. Allora l’assoluzione non è più quell’appendice, che noi abbiamo ritenuto complementare del sacramento
OM 392 Sacerdoti 71 – 24-3-71