Sant’ Andrea, 18 marzo 1973
Mons. Carlo Ferrari concelebrazione in sant’Andrea
Noi ci troviamo non come spettatori di una celebrazione religiosa dove elementi di una liturgia straordinaria si prestano a sollecitare le nostre emozioni, ma come attori coinvolti in una vicenda dove chi ha il posto di maggiore risalto non diventa che un segno di Colui che conduce la storia del mondo e sostiene la vita della chiesa.
Nel significato e nel movimento di questa vicenda non entriamo per conto nostro, come se ne conoscessimo l’entrata e l’uscita, ma vi siamo introdotti dalla Paro]a di Dio di cui continuiamo la celebrazione, io con l’esercizio del mio ministero, voi con l’ascolto.
Ciò che è accaduto a Geremia accade ora a questo tra i nostri fratelli, che sta per ricevere l’unzione dello Spirito.
Ecco la Parola del Signore: « Prima di formarti nel grembo materno ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce io ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni ».
Noi sappiamo ben poco delle vie attraverso le quali queste parole di Dio sono giunte allo spirito del nostro Candidato, sappiamo soltanto che sono state autenticate nella espressione vivente attraverso cui il Padre, per mezzo del Figlio, nello Spirito rende sicuri i gesti della chiesa.
Io vi posso dire qualche cosa delle proteste di questo nostro fratello, il quale in tutta la sincerità della sua coscienza ha detto di essere piccolo, di essere incapace, di avere paura.
Ma il Signore non ha receduto dal suo proposito e gli ha ingiunto: « Va da coloro ai quali ti manderò e annunzia ciò che ti ordinerò… io sono con te ».
Ed ora noi vescovi, circondati dai presbiteri, dai diaconi, quasi pressati dal desiderio
della vostra fede accogliamo questo nostro fratello nel collegio episcopale, a cui presiede il successore di Pietro, e con la consacrazione sacramentale gli diamo la garanzia che veramente Dio è con lui, perché sia nella condizione di una grazia sovrabbondante che lo abilita ad assolvere il compito cui Dio lo destina.
Ecco al riguardo la più recente e la più esplicita espressione della fede nata da quello straordinario evento della vita della chiesa che è il Vaticano II: « Nei vescovi, quindi, assistiti dai presbiteri, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice sommo.
Sedendo infatti alla destra di Dio Padre, non cessa di essere presente alla comunità dei suoi Pontefici, ma in primo luogo per mezzo del loro ministero privilegiato predica la Parola di Dio a tutte le genti e continuamente amministra ai credenti i sacramenti della fede, per la loro cura paterna nuove membra incorpora, con una nuova nascita, al suo corpo; e infine, per la loro sapienza e prudenza dirige e conduce il popolo del Nuovo Testamento nel suo pellegrinare verso l’eterna beatitudine.
Questi Pastori, eletti per pascere il gregge del Signore, sono i ministri di Cristo e i dispensatori dei misteri di Dio, ai quali è stata affidata la testimonianza del vangelo della grazia di Dio e il servizio dello Spirito e della giustizia nella gloria.
Per adempiere a così grandi impegni, gli apostoli sono stati arricchiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo discendente su di loro, ed essi stessi con l’imposizione delle mani hanno trasmesso questo dono del]o Spirito ai loro collaboratori, dono che è stato trasmesso fino a noi e nella consacrazione episcopale viene conferita la pienezza del sacramento dell’ordine, quella cioè che dalla consuetudine liturgica della chiesa e dalla voce dei santi padri viene chiamato il sommo sacerdozio, il vertice del sacro ministero.
La consacrazione episcopale conferisce pure, con l’ufficio di santificare, quello di insegnare e di governare, che però, per loro natura, non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col capo e con le membra del collegio » (LG 21).
Miei cari, qui ci incontriamo col protagonista immediato del compimento di quanto accade tra noi: lo Spirito Santo che compie la missione di Gesù e ne assicura la permanenza nella vita della chiesa, e sta per realizzare qui, adesso, la ineffabile misteriosa continuità tra Cristo e la sua chiesa nella pochezza della persona su cui stenderemo le nostre mani.
Sarà così che diventa sicuro che la parola di questo ministro è veramente la parola che Dio dice oggi nella sua chiesa; come sarà vero che Cristo attraverso i gesti di lui comunicherà ogni liberazione e la vita nuova che ci fa figli del Padre; e la carità di Cristo, che è giunta fino all’estremo, prenderà possesso del nuovo eletto perché diventi guida sicura dal momento che acquista la forza d’avvincere i suoi perché realizzino il comandamento nuovo.
Dunque i cosiddetti tre poteri del vescovo non sono delle mansioni che valgono in seguito a una dignità di grado o di competenza; valgono perché sono segno e strumento sacramentalmente garantiti da una presenza e da una forza che non è del mondo ma di Dio.
Anzi, siamo dinanzi al vertice di questa presenza e di questa azione che Dio dispiega impegnando la forza incontenibile della potenza del suo amore, per essere un Dio per gli uomini, che ama fino a dare il suo Figlio, che eleva fino alla dignità di figli, ai quali dona il suo stesso amore, lo Spirito, che li rende a loro volta capaci di essere un cuore solo e un’anima sola intorno al Padre.
Ora, miei cari, fate attenzione: noi imporremo le mani, diremo la preghiera di consacrazione, ma spetta a voi prorompere nell’ « amen » di assenso.
Il vostro assenso non esprime soltanto la vostra partecipazione alla celebrazione del rito, sarà anche il segno della vostra apertura e del vostro impegno a corrispondere al dono unico di salvezza che Dio vi offre per il ministero di un nuovo Vescovo.
Lasciate che vi dica fraternamente quale altro significato estremamente importante ha il vostro « amen ». Questo: permettetegli di fare il vescovo, non distoglietelo dal fare il vescovo, costringetelo a fare il vescovo.
Che cosa significa tutto questo ?
Viviamo la vita di una chiesa che in seguito a un Concilio va alla ricerca del suo vero volto per essere in mezzo al mondo segno e specchio del volto di Cristo, mite e umile di cuore.
Se dico giusto, giudicatelo voi: il vescovo è l’occhio di questo volto che gli uomini, più o meno consciamente ma di sicuro con tanta brama, cercano fra mille altri.
E allora ricordate che tra le funzioni principali del vescovo eccelle la predicazione del Vangelo.
Diventa vostro dovere rispettare questa preminenza: liberatelo da tante altre incombenze, dategli il tempo di pregare perché attinga e si carichi della luce e della forza del Vangelo, dategli il tempo di studiare: la riflessione di fede che i teologi compiono sulla Parola di Dio perché sia parola di salvezza per il mondo di oggi, diventa pane sicuro da spezzare ai credenti se assunta dal carisma del vescovo. Poi ricercatelo, perché nessuna parola come la sua dispiega la potenza di Dio per l’edificazione della chiesa e la salvezza del mondo.
Il momento della celebrazione liturgico – sacramentale è quello in cui Dio è degnamente glorificato e gli uomini sono efficacemente salvati. Gesù Cristo associa sempre a sé nelle azioni liturgiche la sua dilettissima sposa, la chiesa, ed essa non è mai tanto pienamente e degnamente presente come quando la celebrazione è presieduta dal vescovo, specialmente nella sua cattedrale.
Ma tutte le chiese, in un certo senso, diventano cattedrali quando celebra il vescovo. Non strumentalizzate il vescovo per condecorare delle cerimonie ma chiamatelo perché la comunità dei fedeli sia chiesa più unita a Cristo.
E non fategli perdere tempo perché figuri nelle cerimonie ufficiali, perché benedica il campanile o il nuovo impianto di elettrificazione delle campane, chiamatelo perché da buon pastore vi possa conoscere, perché possa ascoltare tutti, perché abbia l’occasione e la possibilità di rendere idonei i fratelli ad assumere ciascuno la propria parte nella edificazione della chiesa: perché tutti siano in grado di corrispondere alla loro vocazione, come ci è stata indicata da Paolo: « un solo Corpo, un solo Spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione, un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al disopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti » (Ef. 4, 4-6).
Ed ora, mio caro fratello, io ti affido alla parola della grazia di Dio che sta per compiersi in te. Non ti dico parole di commiato: sei nei nostri cuori, il mio, quello dei nostri seminaristi e dei nostri sacerdoti, dei nostri fedeli; entra nel cuore dei tuoi cremonesi: il tuo amore, che si dilata, non si divide ma diventa più ricco.
Carissimi, in questo momento avrei bisogno di solitudine e di lungo silenzio per adorare e lodare la misericordia e l’amore del Signore. Ma il rito fa dovere al nuovo Vescovo di rivolgere la sua parola.
Qual è il mio stato d’animo? Non saprei definirlo: mi trovo, come dire, senza fiato non tanto per la stanchezza e l’emozione, ma perché mi sento come sopraffatto dall’amore del Signore.
Mons. Giuseppe Amari consacrato vescovo di Cremona nel in Duomo di Mantova il 18 marzo 1973
ST 390 Amari 73 – stampa: “Da Dio a Dio un cammino di popolo e di persone” Mantova 1985. pagg. 280-284