Siamo figli del nostro tempo e, tant’è ci può venire questa tentazione: ma non è meglio che questo tempo io lo dedichi al mio prossimo? a un’opera buona? non è meglio fare una opera buona che stare lì in ozio a pregare? E’ una forte tentazione.
Dove va a finire il “cantus firmus”? Dove va a finire il tema della sinfonia che tu vuoi intrecciare con gli altri se non ti sei fermato ad ascoltare, se non ti sei fermato a “caricarti”. Ma, queste difficoltà, comunque, ci sono.
Poi, oggi, nei nostri ambienti, è molto diffusa quella interpretazione di Gesù Cristo come l’uomo per gli altri. Adagio, miei cari. Gesù Cristo è stato l’uomo per il Padre e perchè è stato l’uomo per il Padre, è stato l’uomo per gli altri. E, per gli altri, bisogna essere qualche cosa. Per gli altri bisogna avere un significato. Per gli altri bisogna avere una originalità. Per gli altri bisogna avere qualche cosa di proprio, che non l’abbiamo noi personalmente. Perchè tutti gli altri nostri fratelli, sul piano della professione, sul piano della scienza, sul piano della cultura, sono tutti più preparati di noi e possono dare di più. Ma noi abbiamo qualche cosa di specifico da dare anche se gli altri non lo attendono. Ma lo attendono. E se non lo attingiamo? Questo Gesù Cristo ce lo ha detto con tanta chiarezza.
Intanto il tempo che ha preposto al Suo ministero. Poteva cominciare a 25 anni. No. Ha aspettato fino verso i trent’anni. Poteva fare di più. No. Va bene che passava anche le notti in preghiera, ma quante volte si ritirava dalla folla che lo reclamava, si metteva in disparte, chiamava in disparte i discepoli, andava sul monte nella solitudine per pregare. E, Gesù, prima di intraprendere qualsiasi impresa importante del suo ministero, prega.
Prega prima di incominciare la vita pubblica,
prega prima di compiere miracoli,
prega prima di scegliere i dodici,
prega prima della sua passione -la preghiera di Gesù- nell’orto del getsemani,
prega sulla croce. Gesù prega.
Noi dobbiamo concludere: il cristiano È colui che prega. Se uno non prega non È cristiano. E non c’è niente che sostituisca la preghiera.
Ecco: difficoltà e necessità della preghiera.
Un altro pensiero. Difficoltà di intendere rettamente la preghiera cristiana
Ricordate il grande principio, cioè il fatto inaudito: è Dio che viene in cerca dell’uomo. Dio in cerca dell’uomo è il bel titolo di un bel libro di un rabbino, un certo Herch (vedere in biblioteca) edito da Molino. Molto bello, molto religioso.
Dio in cerca dell’uomo.
La preghiera cristiana è accogliere il momento in cui io mi fermo per accogliere questo Dio, che mi viene a cercare, in Gesù Cristo, per l’azione dello Spirito Santo, insieme ai miei fratelli, nella sua chiesa. Quindi la preghiera cristiana ha un senso discendente. Avrà anche un senso ascendente, ma prima deve avere questo senso discendente. Se Dio non ti avesse trovato, tu non lo cercheresti. Se Dio non ti incontra, tu non lo cerchi. Allora, la preghiera cristiana è soprattutto una preghiera di incontro e di ascolto.
Di incontro. Noi siamo troppo formalisti nel pregare. Apriamo il libro alla pagina tale Schotard, (vedere bibl) di buona memoria, in quel libro scomparso quasi dalla circolazione, intitolato – se non erro – L’anima dell’apostolato.
Forse una suora anziana suggerisce: l’anima dell’apostolato. Il vescovo interrompe e dice “e noi vecchi eh abbiamo letto dei bei libri”.
Ricordo sempre che dice, in una nota: la preghiera incomincia nel momento in cui tu ti sei messo a contatto con il tuo interlocutore. Non incomincia quando si mette in moto la macchinetta che recita questo o quello. E, se non avviene questo incontro con il tuo interlocutore, non c’è preghiera. Ma dice, a nostro conforto: e se tu dovessi dedicare tutto il tempo, che hai a tua disposizione, per trovare questo incontro, tu hai pregato bene, anche se hai l’impressione che questo incontro non sia avvenuto.
Ma, per noi, preti e religiosi, pregare – tra l’altro – È un dovere. Allora bisogna soddisfare un dovere. Allora bisogna dire quelle preghiere. Allora, l’incontro avvenga o non avvenga, basta aver detto tutte quelle formule. Guardate che avviene. Molto semplicemente, non meravigliatevi, non scandalizzatevi. Voi in questi giorni state scoprendo che cosa sia un vescovo. Un vescovo un po’ balzano ma! tante volte si prende in mano il Breviario perchè si sa che si deve dire il breviario. Si soddisfa anche a un dovere, ma che sia stata la vera preghiera….Molte, molte volte bisogna metterci il punto interrogativo. Tenetelo presente questo e, quando pregate per i vescovi, pregate perchè possano pregare. (risata)
L’incontro e l’ascolto. Non è interessante quello che abbiamo da dire noi. Che cosa devo dire al Signore? Stai zitta. Ascolta. Perchè lui parla dentro di te. Lui si è impegnato a parlare: “Io parlerò al suo cuore”, “audi filia”, “audi Israel” Ascolta figlio, ascolta Israele. Dio è nell’atteggiamento di colui che parla, di colui che ci vuole parlare. Gesù ha garantito che manderà il Suo Spirito che ci “parlerà da dentro”, ci parlerà in un orecchio, ci introdurrà in tutta la verità. Questo è il fatto importante della preghiera: essere introdotti nella verità.
Paolo dice agli Efesini “avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi non cesso di rendere grazie per voi ricordandovi nelle mie preghiere perchè il Dio del Signore Nostro Gesù Cristo, il padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza” -il sapore delle cose del Signore- e di rivelazione perchè conosciate di più per una più profonda conoscenza di lui. Possa davvero illuminare gli occhi della vostra mente, per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità tra i santi e quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli al di sopra di ogni principato e autorità, ogni potenza, ogni dominazione e ogni altro nome che ci possa nominare non solo nel secolo presente ma anche nel futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della chiesa la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le le cose.
Quindi anche in noi particolarmente nel momento della preghiera
Vedete che tipo di preghiera fa Paolo. Che possiamo crescere nell’intelligenza, nella sapienza.
Breve riflessione. Nel catechismo dei nostri tempi (certamente si rivolge alla suora anziana sua interlocutrice: madre Cristina? ilarità) i sette doni dello Spirito Santo, sono tutti doni che riguardano appunto questo introdurci nella conoscenza di Dio.
* Il dono dell’intelletto: leggere dentro.
* Il dono della scienza: sapere le cose di Dio, di capire meglio le cose di Dio.
* Il dono della sapienza da sapore: di prendere il gusto delle cose di Dio.
* Il dono del consiglio: la capacità di rendere esistenziale questa sapienza, e questa scienza, e questo intelligenza
che si acquista.
* Il dono della pietà e quindi il senso di Dio. Non è il dono della compassione. Il senso figliale della paternità
di Dio.
* La fortezza: il senso della costanza anche a pregare.
* Timore di Dio.
Che bei capitoli ci sono in quel libro. “Timor di Dio”. Noi abbiamo un concetto di timore di Dio perchè lo traduciamo con le nostre parole, che non sono le parole della Bibbia. La Bibbia, magari, usa le stesse parole ma hanno un altro significato. La capacità di meravigliarci dinnanzi alla grandezza di Dio! La capacità di stupirci. Noi perdiamo queste capacità umane: la capacità della meraviglia, dello stupore, della esclamazione! Abbiamo abbandonato anche l’esclamazione nello scrivere, perchè diciamo che i punti esclamativi sono retorici. Veramente, molte volte sono retorici, ma sentite voi la gente esclamare ? sentiamo della gente urlare ma esclamare no.
E quindi la capacità di contemplare. “di andare in oca” si dice da voi, andare in oca? Quando uno si perde, non si sa più dove è, ma è dentro a qualche cosa, è davanti a qualche cosa, è preso da qualche cosa. E’ essere presi. Perchè contemplare è proprio essere presi.
Altro per capire la contemplazione. Ci sono due modi di guardare un quadro: quello contemplativo e quello tecnico. Quello contemplativo è un modo passivo di recepire in se stesso tutto quello che il quadro dice, tutto quello che il quadro esprime e lasciarlo penetrare in noi; quello tecnico è invece star lì a vedere se la prospettiva è giusta, se i colori sono accostati debitamente ecc. Questo secondo modo non è un guardare un quadro. I quadri si guardano -diceva un pittore- non si annusano.
Così un pezzo di musica. Un pezzo di musica la si può ascoltare in due modi. Un modo tecnico per vedere se la melodia va secondo determinate regole, il contrappunto è fatto a dovere ecc. Altro modo è quello di stare lì beati e lasciare che il suono ci penetri, ci possegga, ci trasformi in quello che lui dice, in quello che lui esprime.
Questa è la contemplazione, e questo è il senso del timore di Dio. Questo senso reverenziale dinnanzi alla Sua grandezza, dinnanzi al Suo mistero, dinnanzi alla Sua profondità, dinnanzi alla Sua ineffabilità. Quindi la nostra preghiera deve tendere a diventare contemplativa. Dobbiamo essere capaci a stare fermi, a diventare ricettivi, a lasciarci plasmare, a ricevere l’impronta. Alcuni santi hanno ricevuto le impronte di Gesù crocifisso, le stimmate. Ma c’è una impronta più completa, più globale (-non è che nei santi non ci fosse questa impronta di Nostro Signore Gesù Cristo.) questo avviene per una disponibilità, per una docilità, per un saper lasciar fare, un lasciarci scolpire. Scolpire è che qualche parte di noi se ne va.
Naturalmente la preghiera, dopo che è stata concepita rettamente, diventerà espressione di gratitudine, di lode, di perdono, di domanda. Prima deve essere tutto quell’altro che abbiamo detto. Dopo di che e..io non posso andare più in là!