con Dio e tra di loro, per essere mandati nel mondo come annunciatori del Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, animati dalla ferma speranza del ritorno di Nostro Signore Gesù Cristo. Invece…Sant’Antonio di qui, San Basilio di là…
Ci siamo fino a questo punto?
Allora, dove si pongono quei gruppi che si adunano nella Chiesa, con l’approvazione della Chiesa, per una risposta integrale alle esigenze del Vangelo?
La questione non è chiara. Per parte mia, secondo un mio punto di vista, che può essere anche interessato, forse qui sta il nodo della crisi della vita religiosa.
Vedete il Concilio come insiste: il Vescovo deve essere considerato…., da lui deriva e dipende in certo qual modo la vita dei suoi fedeli…., i gruppi posti sotto la guida di un pastore che fa le veci del Vescovo…., La storia è … ma è la storia… e noi dobbiamo accettarla la storia, ammetterla la storia, ma quando scopriamo che la storia va contro il Vangelo, allora dobbiamo cercare di correggerla. Guardate, -che non offendo nessuno-, perchè parlo per la vita religiosa in genere – guardate che al posto del Vescovo le comunità religiose hanno messo la Madre Superiora. Intendiamoci bene! Al posto dei Vescovi, gli istituti religiosi hanno posto la sacra congregazione dei religiosi perchè loro appartengono alla Chiesa universale! La quale non esiste…. Esiste la Chiesa di Roma che presiede a tutte le Chiese, che presiede alla comunione di tutte le Chiese.
Io ho fatto una domanda esplicita, per iscritto, nel Concilio, ed ho visto che è riportata nei documenti del Concilio, di esprimere più chiaramente che i religiosi appartengono alla Chiesa universale per mezzo del loro inserimento nella Chiesa locale. La risposta è stata che il Concilio lo esprime già sufficientemente e non è necessario esplicitarlo oltre.
Gli studiosi del Concilio, se vorranno capire il pensiero del Concilio dovranno vedere anche questa nota e dovranno perciò ammettere che il pensiero del Concilio è in questo senso.
Io ho parlato della madre superiora. Non è che il Vescovo debba diventare la guida interna e il superiore immediato della vita, come è costituita secondo le regole di ciascheduno istituto. Questo no. Io dico semplicemente che non può mancare il ministero del Vescovo in quella che è la parte più eletta della Chiesa stessa. Esprimiamoci così. La vita religiosa è considerata dalla Chiesa la parte più eletta. Voi la sottraete dal ministero del Vescovo, la sottraete, in certo qual modo, dall’azione di Nostro Signore Gesù Cristo, che ha mandato gli Apostoli ad annunziare la parola di Dio, ha affidato agli Apostoli di celebrare l’eucarestia in sua memoria, ha mandato gli Apostoli a radunare i dispersi figli di Dio perchè di tutti si facesse un solo popolo.
Perchè c’è da tenere presente questo. Dovevamo dirlo a principio. Dio non volle santificare e salvare gli uomini individualmente senza nessun legame tra loro ma volle costituire di loro un popolo che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse. Nessun individualismo nella Chiesa! Nessun individualismo nell’opera della salvezza! Tutto avviene attraverso la realizzazione di una comunione fraterna la cui anima è lo Spirito Santo, il cui centro è Nostro Signore Gesù Cristo, il cui convocatore è il Padre che vuole intorno a se tutti i suoi figli: nella Chiesa per il ministero di coloro che compiono l’opera di Nostro Signore Gesù Cristo, in forza di un sacramento che è la consacrazione episcopale. E, della loro comunione, devono essere loro stessi, ad essere un modello di comunione nella Chiesa. Sottraete un gruppo di fedeli a questa azione, nella quale è presente in un modo eminente l’azione stessa di Nostro Signore Gesù Cristo e dello Spirito che Egli ha mandato, e voi vedete come questo gruppo di fedeli è destinato ad impoverirsi, sottraete questi gruppi di fedeli alla concretezza della esistenza della Chiesa locale, e voi ne fate dei corpi separati.
Guardate: la storia della vita religiosa è una storia molto complicata che è andata soggetta a molte vicende, per molte ragioni ma, oggi come oggi, la teologia è chiara e i punti che vi ho annunciato sono inequivocabili. Vedete che le grandi intuizioni della vita religiosa attiva, che si possono riferire a San Vincenzo De Paoli e a Sant’Angela Merici concepirono i membri dei loro istituti come dei membri secolari. San Vincenzo de Paoli voleva che la Chiesa delle sue figlie della carità fosse la Chiesa parrocchiale, che la loro casa fosse là dove svolgevano la loro azione, la loro attività, che di case proprie avessero soltanto le case di formazione, che il loro abito fosse quello delle donne oneste del loro tempo.
Sant’Angela Merici è andata oltre perchè, addirittura, le lasciava nella propria casa. E’ fatto curioso, ma che non sarebbe più ammissibile ai tempi nostri, li affittava alle più anziane a delle responsabili, che equivalgono ai superiori di adesso, e a degli uomini di provata virtù, che normalmente appartenevano alla compagnia del santissimo sacramento.
Poi, a cominciare dal mio San Carlo,… lasciarle nel mondo…, lasciarle a casa loro…, poi cosa dirà Roma…, ci ha messo una cuffia in testa, le ha chiuse in convento e ne ha fatto delle monache come tutte le altre monache. Ciò nonostante hanno avuto uno sviluppo enorme. Forse è l’istituto che sotto le diverse denominazioni, è il più sviluppato che si trovi in tutto il mondo.
Dicevo che queste persone si adunano per dare una risposta integrale alle esigenze del Battesimo. Ecco dove si caratterizza la vita religiosa. Però è umano che la massa dei fedeli non abbia il coraggio di rispondere integralmente a tutte le esigenze del Vangelo. Guardate che sono idilliache le descrizioni che fa Luca delle prime comunità cristiane. Saranno vere ma con qualche pennellata di abbellimento, perchè, poi salta fuori che c’erano le divisioni. San Paolo a quelli di Corinto: “so che tra di voi ci sono delle divisioni”. Questo è normale. Ci devono essere. Non possono non esserci. Ma non c’erano soltanto le divisioni. C’erano quelli che prendevano il Vangelo sul serio, e quelli che lo prendevano meno seriamente. Ed erano un un numero ristretto!. Quando il numero dei credenti si è allargato, -a mano a mano che si è allargato-, si è attenuata l’intensità della vita cristiana. Allora, da parte di quelli che avevano una coscienza più acuta della vocazione battesimale, quasi come una separazione, si è cercato di mettersi in condizione di poter vivere integralmente il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo.
E abbiamo il grande fenomeno del monachesimo che si è svolto specialmente nel medio oriente. Quelli che vivevano nel deserto. Però non dobbiamo concepire il deserto come il luogo materiale di solitudine perchè, alle volte erano dei luoghi piacevolissimi., alle volte erano una capanna ai margini della propria casa, come si legge nella vita di San Antonio che ha abbandonato tutto per ritrarsi nel deserto. Ma il deserto era “in fondo all’orto”.
Ma, quello che importa è il bisogno di diventare “segno” – vedete? qui ci siamo – diventare segno della realtà della Chiesa e di diventare profezia dell’annuncio della realtà della Chiesa. Questo ha fatto sorgere la vita religiosa diversamente, variamente organizzata, attraverso i tempi, nella Chiesa. Però, più o meno, c’è sempre stato un legame con la comunità locale. Gli antichi monaci non erano come è attualmente che, chi entra nella vita religiosa maschile, per esempio, si fa sacerdote. O non c’erano sacerdoti addirittura, e andavano alla Chiesa locale, una volta la settimana, magari conservavano l’eucarestia e vi partecipavano tutti i giorni con la comunione sacramentale, oppure chiamavano un sacerdote nel loro oratorio per la celebrazione. E, anche a quei tempi c’erano già delle questioni con i Vescovi. C’erano i più intraprendenti e di quelli meno intraprendenti, di quelli che lasciavano correre ecc. Fatto sta ed è che siamo arrivati ai nostri giorni.
Ai giorni nostri, quello che vale è essere nella Chiesa, quello che vale è rispondere a tutte le esigenze del Vangelo: la risposta integrale alle esigenze del Vangelo. E’ vero che le esigenze del Vangelo sono riassunte nei tre voti, ma intanto intendiamoci bene, che la prima esigenza del Vangelo è quella della fede nell’amore di Dio, la risposta all’amore di Dio e la prova dell’amore di Dio espressa nell’amore per i fratelli. Con una espressione, mi pare abbastanza felice di Padre Tillard, “davanti a Dio per il mondo”. Davanti a Dio per il mondo. Quindi, i voti hanno senso in quanto rendono più facile, più gioioso, più libero l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Non hanno valore per se stessi. Per se stessi, i voti religiosi, potrebbero essere anche delle virtù pagane. Anche Diogene era povero e forse era anche casto. Ubbidiente poco. Ma quanta gente, che nel mondo, esercita l’obbedienza più di quanto non la eserciti una religiosa. Debbono essere -ripeto – espressione dell’amore di Dio e dell’amore del prossimo.
Allora, si dice che la vita cristiana, di cui la vita religiosa vuole essere un impegno integrale, fondato sul Battesimo, ha due dimensioni. Quella verticale, cioè della comunione con Dio, e quella orizzontale della comunione con gli uomini. Qui la dedizione, il laceramento. Stare davanti a Dio, essere per Dio. Dio che dà senso alla propria esistenza, che dà senso a quel genere di esistenza che io ho scelto. Dio, in Gesù Cristo, per l’azione dello Spirito Santo. E la dimensione orizzontale che, indubbiamente, nella condizione di peccato in cui siamo, senza mezzi termini, dobbiamo dire, richiede una rottura con il mondo. Ripeto: nella condizione di peccato in cui tutti noi ci troviamo, richiede una rottura con il mondo. Ma, mentre questa rottura con il mondo, in certi tempi è stata interpretata come fuga dal mondo, oggi c’è una riscoperta che la creazione è di Dio, che il mondo è di Dio, che gli uomini sono di Dio. Allora ci deve essere rottura con tutto ciò che nel mondo non è di Dio, ma ci deve essere, invece, comunione con e per il mondo in quanto deve sottostare alla signoria di Nostro Signore Gesù Cristo. Gesù costituito Signore.
C’è il mondo sotto questa signoria? Si. No. La nostra presenza nel mondo deve essere con il mondo e per il mondo perchè si sottoponga alla signoria di Nostro Signore Gesù Cristo. Per quanto dipende da noi, si capisce! Il mondo che rifiuta la signoria di Nostro Signore Gesù Cristo, che accetta, invece, l’idolatria della autonomia del potere, dell’avere, del sapere, sganciati dal nostro Dio creatore, dal nostro Padre. Con questo mondo, noi non ci stiamo. Non so se sono stato chiaro o se confondo le idee. Vuole dire che, se confondo le idee poi in una conversazione di una di queste sere -una sola- cercheremo di chiarire.
Quello che garantisce il nostro equilibrio, la nostra capacità di stare sotto la signoria di Nostro Signore Gesù Cristo, con il mondo e per il mondo, è il fatto di garantire il nostro stare davanti a Dio, trasponendo e modificando un poco una immagine di Bonoffer Dietric, possiamo dire che nella polifonia della vita ecclesiale -le due tensioni- questo riferimento fondamentale a Dio è il “cantus firmus”, la melodia o il tema attorno al quale cantano tutte le altre voci. Dice: “Quando il cantus firmus, è limpido, distinto, il contrappunto può dispiegarsi in tutta la possibile energia”. Per usare le parole del Concilio Calcedonese, essi sono indivisi e puri di Spirito, come in Cristo la natura umana e la natura divina, e non sarebbe la polifonia in musica così vicina…….non può scivolare, distaccarsi e tuttavia resta se stesso, autonomo, uno con tutti. Quando si è dentro questa polifonia la vita è completa e si sa che niente di funesto può accadere fino a che il “cantus firmus” viene tenuto. Allora tenete il “cantus firmus”.