Assisi nel 750° della morte di san Francesco
Assisi luogo di una Presenza. Presenza di una Persona. Presenza di una Persona scoperta, incontrata, familiarizzata, interiorizzata, perché amata e di conseguenza vissuta. Vissuta come riferimento incondizionato e radicale ed assoluto di tutta l’esistenza abbandonata nella fiducia, nell’obbedienza, nella sicurezza immediata e totale a questa Persona
Questi giorni hanno un significato particolare in questo ambiente e in questa celebrazione, che ci prepara alla solennità commemorativa del Santo.
Perdonate se mi presento con preoccupazioni che sono umane, ma che vi dicono il mio stato d’animo. Mi trovo sperduto non perché ho difficoltà a parlare, ma perché mi trovo a parlare in un luogo dove si ha la sensazione di una presenza che in fin dei conti turba, commuove e nello stesso tempo conforta. Si tratta di una presenza che in san Francesco è stata un accoglimento totale, incondizionato: Gesù Cristo.
Ancora una confessione. Circa trent’anni fa, da giovane sacerdote mi inginocchiavo per la prima volta dinnanzi alla tomba di san Francesco e coglievo quest’impressione: dopo il sepolcro di Cristo a Gerusalemme non vi è un luogo dove la presenza di Gesù Cristo è più viva, più attuale e più operante. San Francesco è una povera e umile creatura, che ha avuto la grazia di intendere come Gesù Cristo sia tutto, e a questa grazia ha corrisposto.
San Francesco non ha scoperto Gesù Cristo soltanto attraverso la parola che sentiva predicata, che predicava o nella contemplazione degli incontri con le creature.
Per san Francesco Gesù Cristo è una persona viva e presente alla quale bisogna offrire tutto il posto e gli ha dato tutto lo spazio della sua persona perché ne prendesse possesso, così che al termine della sua esistenza poteva dire ciò che affermava san Paolo “Per me vivere è Cristo”. Possiamo tradurre più direttamente: in me vive il Cristo, non sono più io che vivo.
La povertà di san Francesco, la sua penitenza e tutte le virtù sono cose mirabili delle quali possiamo e dobbiamo tenere conto, ma ciò di cui essenzialmente dobbiamo tenere conto è che: per san Francesco Gesù è “il tutto”, per san Francesco la persona di nostro Signore Gesù Cristo diventa il “tutto ” della sua vita, il “tutto” della sua esistenza e non è lui che va alla conquista di nostro Signore Gesù Cristo, ma è il Cristo che cammina alla conquista e al possesso totale e incondizionato di una creatura umile.
Il movimento della vita religiosa, il movimento della vita cristiana ha questo senso. Non è il nostro camminare verso Dio, ma è il cammino di Dio verso di noi, non è un cammino che va nel senso del nostro possesso di Dio, ma dell’essere posseduti da Dio, dalla sua grazia, dalla sua potenza misericordiosa che ci trasforma, che ci conforma appunto a nostro Signore Gesù Cristo.
Francesco scopre Gesù Cristo, familiarizza con lui, lo interiorizza,lo vive non dentro di sé, ma dentro di Lui.
Francesco non è colpito dalle azioni esteriori e dal comportamento di nostro Signore Gesù Cristo, ma dall’intimo del mistero della sua vita, dall’intimo del suo cuore -nel senso biblico della parola- ed è lì che Francesco familiarizza, è lì che Gesù Cristo si svela a lui, è lì che gli rivela tutto il disegno del Padre, tutto l’amore e la misericordia del Padre, ed è lì che egli si riveste di amore, di misericordia, di tenerezza, perciò Gesù diventa la persona amata, la persona che preferisce a tutte le altre persone, con la quale divide tutta la sua esistenza.
Non è necessario ricordare tutti gli eventi della vita di san Francesco. Voi li conoscete bene. E’ importante vederli da questo punto di riferimento. Molte volte si è affermato – non sono qui per correggere delle affermazioni del cristianesimo e del francescanesimo – che Francesco ha sposato la povertà. Francesco sposa nostro Signore Gesù Cristo, meglio, Francesco si lascia sposare da nostro Signore Gesù Cristo che vuole dire: si lascia possedere dal suo amore in un modo gioioso, trasformante fino alla conformità piena.
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che sono in nostro Signore Gesù Cristo”. Essendosi lasciato prendere da nostro Signore Gesù Cristo in questo modo, non essendo più Francesco che vive, ma Cristo che vive in lui, è naturale che in Francesco ci siano gli stessi sentimenti che sono in nostro Signore Gesù Cristo. E’ una creatura e non può rifrangere in se stesso tutta la ricchezza del mistero della persona di nostro Signore Gesù Cristo, ma va alla radice di ciò che è nostro Signore Gesù Cristo, di Gesù uomo Figlio di Dio.
Con Francesco si è verificata una svolta nella cristologia. Il Cristo maestoso diventa il Cristo umile. Il Cristo glorioso diventa il Cristo sofferente. Il Cristo divino diventa il Cristo umano. E’ per questo che l’umanità di nostro Signore Gesù Cristo, che ha trovato una eco fedelissima in Francesco suo servo, si diffonde addirittura in tutto il mondo. La commozione che ci viene, non ci deriva da episodi della sua vita ma dal fatto che nostro Signore Gesù Cristo ha voluto vivere in lui la sua umanità di Figlio di Dio.
Miei cari noi siamo qui per prepararci alla celebrazione di una memoria e lo facciamo con la celebrazione della Parola e con la celebrazione eucaristica. Cosa significa questo per noi? Significa che noi dobbiamo confrontare la nostra vita con quella di san Francesco per arrivare ad un confronto indispensabile, inderogabile con nostro Signore Gesù Cristo perché, francescani o no, dobbiamo essere cristiani. Allora anche per noi Gesù Cristo deve essere una persona viva, presente nella nostra persona, nella nostra vita, nella nostra esistenza.
E’ facile conoscere il vangelo. E’ facile conoscere la dottrina cristiana. E’ facile imparare, ma sappiamo che Gesù Cristo non ha consegnato un libro alla Chiesa, sappiamo che Gesù Cristo alla Chiesa ha consegnato se stesso. Nella Chiesa Gesù Cristo è presente e vive. Il suo vangelo non è un libro da imparare. Il vangelo è una realtà da vivere in un rapporto con delle Persone. Non in un rapporto con dei principi, con delle verità, ma in un rapporto con Persone: il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo che si sono rivelate attraverso Colui che è stato mandato, che è venuto, che è diventato uno di noi, che da invisibile si è fatto visibile, che da Dio si è fatto uomo perché noi lo potessimo incontrare.
Gesù Cristo è veramente presente come una persona viva che vive oggi? Non mi riferisco alla presenza sacramentale eucaristica che può essere di alcuni istanti, ma alla presenza di una persona. Cogliete il senso di questa espressione: “alla presenza di una persona a cui siamo stati sposati”. Gesù Cristo, avendo sposato la sua Chiesa sulla croce, ha sposato ciascuno di noi. Nel Battesimo siamo innestati come virgulti in Lui che vive nella sua Chiesa, siamo unificati organicamente come membra in Lui, che è Capo di quel Corpo.
Noi diciamo di credere in Gesù Cristo. Credere vuol dire dare credito, avere fiducia, abbandonarsi, rimettersi nelle sue mani con il senso della sicurezza perché sono le sue mani buone, amorevolissime, espressione suprema della misericordia. La consistenza di tutto è Gesù Cristo. “Per mezzo di lui tutto è stato fatto e tutto in lui sussiste” Consistiamo noi coscientemente e deliberatamente in Gesù Cristo perché sia libero di operare in noi come vuole operare nei suoi santi?
Nei suoi santi, che sono i peccatori che siamo noi, perché egli è l’agnello che toglie il peccato dal mondo, venuto per la remissione dei peccati e ci purifica nella sua carne, e ci trasforma con la potenza del suo Spirito? Lo lasciamo fare Gesù Cristo nella nostra persona e conseguentemente nella nostra vita? Ci rimettiamo nelle mani di nostro Signore Gesù Cristo? Abbiamo fatto l’esperienza che, quando veramente si sta nelle mani di nostro Signore Gesù Cristo e lui diventa il riferimento unico, assoluto, incondizionato, di tutto noi stessi e di tutti, e di tutto una grande pace scende nell’anima nostra? Perché nelle mani di nostro Signore Gesù Cristo ci sono garantite tutte le bellezze del nostro Dio, che rispondono, al di là di ogni misura e di ogni pensiero, a tutte le esigenze che Dio stesso ha posto nella nostra natura? Noi che ci professiamo cristiani, noi che siamo qui per questa concelebrazione perché crediamo in nostro Signore Gesù Cristo, quale testimonianza di credenti diamo a quelli che ci conoscono, a quelli che ci vedono?
Quale misura di gioia è in noi per il fatto di saperci nelle mani di nostro Signore Gesù Cristo, per il fatto che Gesù Cristo è il punto di riferimento di tutti i nostri pensieri, di tutte le nostre scelte, di tutto il nostro comportamento, di tutta la nostra esistenza?
Se in noi non c’è la certezza di cui ho detto, vuol dire che Gesù non è presente come deve essere presente, com’è stato presente in san Francesco. Se in noi non c’è gioia, se noi non diffondiamo la gioia, in noi non c’è quella presenza di nostro Signore Gesù Cristo che ci deve essere.
Sappiamo cosa è stata questa presenza in san Francesco. San Francesco è stato così conforme a nostro Signore Gesù Cristo da essere crocifisso con lui, ma non è mai venuto meno alla gioia.
OM 695 Assisi 77
Omelia del vescovo ad Assisi nel 750° della morte di san Francesco