Pasqua 1979 in sant’Andrea
La Parola che abbiamo celebrato, ci riporta ad un fatto e ci rivolge un invito. Ci riporta il fatto della risurrezione di Gesù, il fatto più sconvolgente che non sia mai accaduto, il fatto più noto che è dovuto penetrare anche l’incredulità, la diffidenza e la paura dei discepoli. Sì, la paura che Gesù fosse veramente risorto!
Le donne più disposte lo hanno incontrato, si sono intrattenute con Lui e lo hanno ascoltato. Poi i testimoni si sono moltiplicati e la testimonianza è diventato il fatto fondamentale della fede nuova che era sorta sulla terra. Il cristianesimo è nato da qui.
Non è nato semplicemente da Gesù, ma da Gesù risorto da morte, da Gesù che vive di vita nuova, quella vita che è venuto a portare in questa terra e che vuole sia accolta abbondantemente da tutti. Noi siamo in chiesa perché Gesù è risorto. Il motivo ultimo della fede è questo. Se Cristo non fosse risorto sarebbe vana la nostra fede e noi saremmo ancora nei nostri peccati.
Questo è quello che festeggiamo con gioia, con esplosione di gioia. Che cosa poteva capitare di più grande, di più bello e più travolgente, che la vita vincesse la morte? Che si stabilisse definitivamente nella persona di Gesù a vantaggio di tutti coloro che avrebbero creduto in lui?
Dalla nostra celebrazione di oggi, raccogliamo questo invito: familiarizziamo con la vita di Cristo risorto. Noi dobbiamo portare nell’anima la certezza della storicità della vita terrena di Gesù. Gesù Cristo sarebbe una favola e un mito, se non fosse vissuto realmente, concretamente nella nostra stessa condizione umana. Ma Gesù rivela tutta la sua pienezza, la sua vera identità quando dimostra di essere il Figlio di Dio, l’uomo assunto personalmente da Dio, e lo dimostra non solo con le affermazioni ma coi fatti, non solo coi fatti straordinari che compie durante la sua vita, ma soprattutto con la sua risurrezione.
Questo Gesù risorto deve diventarci familiare. La vita presente con il suo quotidiano monotono, ripetitivo, pieno d’incertezze, di dubbi, di contraddizioni, di contrarietà, di delusioni, non è la vita definitiva per noi. Gesù ci rivela che c’è un’altra vita. Questa breve vita con tutto il suo peso e anche le sue relative gioie, è ben poca cosa rispetto alla ricchezza di vita che ci è preparata da nostro Signore Gesù Cristo. Noi abbiamo la garanzia di un’altra vita nella persona stessa di nostro Signore Gesù Cristo. Poiché Gesù Cristo è risorto, ha dimostrato di non essere uno che dice parole, ma uno che si presenta con la pienezza di vita del risorto, cioè del vivente in Dio, per Dio e con Dio, in una stabilità assoluta e in una intensità e profondità infinita.
Questa è la vita con cui noi dobbiamo prendere una certa familiarità, direi una certa esperienza. Siamo troppo immersi nel quotidiano monotono, nei singoli interessi d’ogni giorno, in ciò che ci tocca immediatamente. Dobbiamo avere la forza di entrare nell’intimo del nostro spirito e riprendere i contatti con le realtà vere, che Dio ci ha date e tra queste realtà, quella più grande e consolante che è vita eterna garantita da nostro Signore Gesù Cristo.
La vita eterna non è un’astrazione. La vita eterna è una vita concretizzata nella persona di Gesù e che si deve rendere concreta in ciascuno di noi. Per questo Gesù è venuto: ” Perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”. La vita che Gesù dà in abbondanza non è quella terrena. La vita che Gesù dà in abbondanza è già in germe in noi, perché già godiamo una certa partecipazione alla vita di Dio, ma sarà piena e sovrabbondante e la vedremo soltanto quando compariremo con Cristo dinnanzi al Padre. Sì, il giorno della Pasqua deve essere il giorno in cui noi innalziamo lo sguardo e pensiamo al cielo per arrivare alla destra del Padre dove siede Gesù, signore glorioso, e pensare: questa è la meta della mia esistenza, questo è il termine della mia vita, questa è la mia casa.
Troppe voci insistenti ci richiamano sempre alla ristrettezza delle nostre giornate. Troppe voci ci impediscono di elevare il nostro spirito al di là di quello che percepiscono i sensi e che può pensare la mente avvolta in quest’atmosfera pesante, creata appunto dai nostri sensi. Noi dobbiamo andare al di là, con l’impegno della volontà e soprattutto della fede, per arrivare a nostro Signore Gesù Cristo risorto, che ci riporta al destino supremo della nostra esistenza.
Questo deve essere il nostro impegno come conseguenza della celebrazione della Pasqua. Allora, il passaggio definitivo, il passaggio ultimo, non sarà solamente quello di lasciare questa terra, ma sarà soprattutto entrare con Cristo presso il Padre, in comunione con lui, in amicizia con lui, in un amore profondo ed infinito con Lui.
OM 683 Pasqua 79