Settima meditazione

 

L’estrema misura dell'amore di Gesù

La giornata di oggi, anche secondo le vostre indicazioni, la dedichiamo alla penitenza. Per introdurci in questo tema ed entrarci nel vivo, è indispensabile riferirsi alla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo.

Stanno certamente davanti a noi il peccato e i nostri peccati per i quali dobbiamo fare penitenza. Ma se prima dei nostri peccati e prima della nostra penitenza non ci fossero la passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo, sarebbe tutto vano: sarebbe inutile lo sforzo di liberarci dai nostri peccati, sarebbe inutile cercare di portare nella nostra vita una stabilità per mezzo della penitenza. Era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse e morisse perché fosse liberato il peccato dalla sua radice e perché il peccato fosse tolto dal mondo.1

Come per altri temi della nostra vita religiosa, anche a proposito della penitenza dobbiamo cercare il punto di equilibrio.

colui che risorge era morto

Prima che prendesse consistenza il movimento liturgico, prima del Concilio, Gesù Crocifisso, la passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo avevano una tale preminenza da far dimenticare il compimento di questo mistero che si esaurisce nella risurrezione di Gesù Cristo. « Sarebbe vana la nostra fede » 2 e sarebbe vana anche la passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo se egli non avesse dimostrato di essere il padrone della morte e della vita risorgendo da morte.

Ma non dobbiamo cadere in un altro eccesso: valorizzare talmente la risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo da dimenticare la sua passione. E' un unico mistero, è la sua pasqua, è il passaggio dalla morte (e quale morte !) alla vita. Alla vita che Gesù è venuto a portare su questa terra non si arriva se non per la morte. Teniamo « fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede, il quale, in vista della gioia che gli veniva offerta si sottopose alla croce ». 3

Perciò impegniamo la nostra fede, la nostra speranza, i nostri sentimenti per accostarci a Gesù sofferente e preghiamo Maria santissima, la madre che sta accanto al Figlio che muore in croce, di farci entrare nella comprensione del mistero del dolore che ha sopportato il Figlio suo, Gesù nostro Salvatore.

il servo sofferente

La passione e la croce dominano tutta la esistenza terrena di nostro Signore Gesù Cristo, anzi, c e un antècedente profetico, quello dell'Antico Testamento.

Il tema del servo sofferente era nel patrimonio e nella coscienza religiosa del popolo di Israele. Colui che avrebbe salvato i suoi fratelli con un atto di obbedienza e di amore verso di essi, era il servo che caricato delle iniquità dei propri fratelli sarebbe stato talmente calpestato, sfigurato, annientato da non avere più le sembianze di una creatura umana. 4

Questo era stato predetto con tutta chiarezza. Questi sarebbe stato il Salvatore, il Liberatore del popolo di Israele.

Quindi davanti a Gesù, nella sua coscienza, è chiaro tutto il disegno del Padre che sceglie lui come autentico servo per questo servizio doloroso, ignominioso, umiliante, annientante, per portare la salvezza al mondo, per togliere il peccato dal mondo.

San Paolo ci rivela i sentimenti con i quali il Verbo incarnato entra nel mondo: « non hai più voluto ostie e sacrifici e mi hai dato un corpo. Ecco, o Padre, vengo per fare la tua volontà ». 5 Il Verbo entra in questa sua umanità per associarla al compimento della volontà del Padre, il quale vuole la nostra salvezza attraverso il sacrificio.

Noi dobbiamo pensarci. Quando Gesù bambino prende misteriosamente coscienza della sua missione, prende anche coscienza di andare verso la passione e morte. Soltanto più tardi, durante la vita pubblica, Gesù incomincerà a dire con chiarezza che sarebbe salito a Gerusalemme, che i suoi nemici lo avrebbero catturato, schiaffeggiato, messo a morte e che il terzo giorno sarebbe risuscitato. 6 Gli apostoli si ribellano, non vogliono. Sapete la reazione di Gesù di fronte alla resistenza di Pietro: lo allontana come un inciampo, perché egli deve compiere la volontà del Padre, deve compiere l'opera che il Padre gli ha affidato: la salvezza dei suoi fratelli.

Quando Gesù si presenta ufficialmente in pubblico, al Giordano, ed è indicato da Giovanni alle folle, è presentato in questa sua missione di Agnello che viene per togliere i peccati del mondo. Nel contesto in cui Giovanni predicava, dove i peccatori di qualsiasi genere andavano per ricevere il battesimo di penitenza, questa indicazione ha un significato molto preciso: « questi è colui che verrà dopo di me, a cui non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali... ecco colui che toglie il peccato dal mondo ». 7 « Ecco l'Agnello di Dio »: è la evocazione di un tema biblico molto chiaro ed esplicito, non sappiamo se compreso, e quanto, da quelli che ascoltavano.

E' un grande mistero questo: che nella coscienza di Gesù ci fosse viva la visione della sua passione e morte e tuttavia nel Vangelo non ci incontriamo in una persona triste, abbattuta, scoraggiata. Verrà anche questo momento, ma abitualmente, Gesù sostiene questa visione con la forza del suo amore e con la serenità di fare la volontà del Padre. L'amore che porta al Padre e conseguentemente l'amore che porta a noi, gli fanno abbracciare con gioia la croce, prima che arrivi.

Poi, il momento della passione arriva.

Ognuno, per conto proprio, richiami i momenti della passione di Gesù, i diversi episodi come sono narrati dagli Evangelisti.

il paradosso della sofferenza

Noi dobbiamo fare uno sforzo per ravvivare la nostra fede, e direi la nostra sensibilità, dinanzi alla passione di Gesù così come ci è descritta nei particolari dagli Evangelisti. C'è il pericolo di essere troppo abituati al racconto della passione e considerarlo un fatto ormai assegnato alla storia. Poi, soprattutto, c'è il pericolo di una certa ripugnanza a pensare alla sofferenza, oggi, nel nostro mondo, proteso verso il benessere e il conforto.

Noi, con una visione più o meno cristiana dei valori della civiltà, facciamo fatica a far coincidere i problemi sociali con quelli religiosi e il mistero della croce accentua la nostra difficoltà per essere lealmente umani e autenticamente cristiani; possiamo essere bloccati da queste apparenti contraddizioni: benessere e sofferenza, dovere di promuovere il benessere e la sofferenza da togliere; ma c'è il pericolo di dimenticare che la passione di nostro Signore Gesù Cristo toglie la causa della sofferenza del mondo: il peccato.

Vedere con chiarezza in questi termini antitetici, in queste proposte che sanno di paradosso è difficile. Perciò la passione del Signore potrebbe anche non dirci tutto quello che è destinata a dire, e alla passione del Signore rischiamo di dare meno attenzione di quanto noi le dobbiamo, come è richiesto dalla nostra vita spirituale e per l'au­tenticità del nostro cristianesimo.

Possiamo diventare quei tali di cui parla san Paolo: « che vivono da nemici della croce di Cristo... il loro Dio è il ventre »  8 In questo pericolo ci siamo più oggi di quanto non ci si potesse trovare venti o cinquanta anni fa, quando il benessere non era ancora un mito; benché sia sempre esistita l'aspirazione per i beni materiali, essi non si apprezzano mai tanto come quando si hanno, anche se poi deludono; fin tanto che sono solo nel desiderio può sussistere ancora tanto di sensibilità da essere aperti alla sofferenza degli altri, e, tra gli altri, nostro Signore Gesù Cristo; quando invece i beni terreni sono a portata di mano, e si godono, scende una patina sul nostro cuore e sulla nostra sensibilità che ci impedisce di partecipare alla sofferenza degli altri, quindi anche ai dolori di Cristo.

La sofferenza turba, ripugna; per comprendere la sofferenza, per valutarla, amarla, e, quando viene, per abbracciarla è necessario penetrare in quell'autentico mistero che è la malizia del peccato da una parte e la capacità che racchiude l'amore di essere più forte e più valido di qualsiasi malizia, dall'altra: il mistero dell'egoismo e il mistero dell'amore.

Dunque: fermiamoci, ognuno per proprio conto, secondo le proprie disposizioni, tutti pregando perché lo Spirito ci introduca nella verità, nel realismo di questo mistero di Gesù sofferente, dietro cui risuona: « Così Iddio ha amato il mondo » e « perché il mondo conosca che io amo il Padre » e « ha amato me e ha dato se stesso per me ».

Don Marmion, devotissimo della passione di nostro Signore Gesù Cristo, è stato uno dei primi, nei tempi moderni, a scrivere del valore della risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo. Don Marmion praticava tutti i giorni dell'anno, ad eccezione del giorno di Pasqua, la « via crucis »; egli propone queste domande per una meditazione fruttuosa su Gesù che soffre: che cosa soffre; chi è colui che soffre; per chi soffre.

Chi è che soffre: è Gesù, l'uomo perfettissimo, dall'equilibrio maturo, dalle facoltà integre, quindi sensibile, con tutta la capacità di percepire la sofferenza, come ha tutta la capacità di percepire la bellezza, la bontà, la sofferenza degli altri. Gesù non è mai indifferente. Coglie tutti gli aspetti del mondo che noi non vediamo e quelli che anche noi vediamo e li vive con una intensità unica e li partecipa nella pienezza più profonda.

Che cosa soffre Gesù: tutto. Non c'è una zona del suo corpo, del suo spirito, che non abbia avuto la sua sofferenza: l'abbandono, il tradimento, l'indifferenza, l'odio, l'ingiustizia, l'umiliazione, le membra dilaniate, maltrattato da gente grossolana come uno schiavo, come un verme che si calpesta nella polvere. Gesù soffre tutto e con tutto se stesso.

Per chi soffre Gesù: soffre per noi, soffre perché si compia la volontà del Padre e perché nel mondo ci sia la testimonianza dell'amore di Dio; soffre per noi quando ancora siamo i suoi nemici, quando ancora siamo peccatori. 9

obbediente per amore

La passione di Gesù è un atto di obbedienza. Cristo ha subito la passione per obbedire al Padre: obbediente fino ad annientare se stesso. Ricordate il passo di san Paolo che ritorna durante la liturgia della settimana santa: « Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce ».10

L'obbedienza di Gesù è un atto di amore:« perché il mondo conosca che io amo il Padre, ecco, io vado » 11 : va verso la passione, verso la morte, va a fare la volontà del Padre, « non la mia ma la tua volontà sia fatta », 12 fino all'ultima goccia « consummatum est »  13 La volontà del Padre è la nostra salvezza.

Se il peccato è essenzialmente un atto di disubbidienza, Gesù ritorce il peccato nella sua obbedienza: in questa obbedienza dolorosa che lo porta sulla croce a morire per amore del Padre. E' l'amore di Dio, l'amore del Padre e del Figlio animato dallo Spirito Santo, perché Gesù è condotto dallo Spirito Santo, dallo Spirito del Padre e dal suo Spirito ad abbracciare la morte per amore. Dobbiamo credere che l'amore di Gesù è sulla continuità dell'amore del Padre, il quale vuole la nostra salvezza in questo mistero di sof­ferenza: non c e amore più grande di quello che si manifesta attraverso la sofferenza, la sofferenza di chi è capace di dare la propria vita per coloro che ama. 14

L'amore di Gesù per il Padre si incontra con l'amore del Padre per noi che ci vuole salvi. A questo prezzo, a questa prova di amore noi sappiamo di essere salvi. L'obbedienza diventa un atto di amore verso il Padre e verso noi.

Perché tutta questa sofferenza? Perché, se non ci fosse stata, forse noi non avremmo creduto che Dio ci ama. I teologi fanno delle questioni: sarebbe bastato un atto di amore da parte di nostro Signore Gesù Cristo per cancellare tutti i peccati, sarebbe bastata una lacrima, una goccia del suo sangue. Sono questioni. I criteri di Dio sono altri: non poteva fare di più perché ha dato il suo Figlio attraverso la più grande sofferenza, quindi l'amore di Dio per noi che siamo peccatori, è sicuro e senza limiti.

Ricordiamo che l'amore di Dio non è un amore generico, è un amore personale, è un amore che termina a ogni persona, la quale dinnanzi a lui sta infinitamente distinta da qualsiasi altra. Difficilmente possiamo comprendere che ogni persona sta davanti a lui come se fosse unica al mondo. E' la verità che san Paolo esprime per se stesso: « ha amato me e ha dato se stesso per me ». 15 Ciò che Gesù ha sofferto è un atto di amore per me, indipendentemente da tutti quelli che sono venuti, che sono e che verranno dopo di me, in questo mondo. Solo così l'amore di Dio è l'amore di un Dio personale. Questo è l'amore di Dio che pesa su di noi.

San Giovanni che era stato vicino a Gesù nella sua passione, che era stato più di qualsiasi altro vicino al momento della sua morte, può proclamare: «e noi abbiamo creduto all'amore», 16 l'amore che Dio ci ha manifestato attraverso la morte del suo Figlio.

Come ognuno di noi deve prendere sul serio l'amore di Dio!

Prendete in mano il Vangelo e fate ciò che lo Spirito e le vostre disposizioni vi suggeriscono, ma rimanete in questi pensieri che avranno poi un loro svolgimento nella celebrazione della peni­tenza, che faremo in luogo della seconda medi­tazione.

  1) cf Lc 24,26.  /2)1 Cor 15,14e 17./3)Ebr 12,2.  / 4) cf Is 52,15  e 53.    /5) cf Ebr 10,5    SS..  / 6) cf Mt 16,22  ss.   /7) cf Gv 1,27 Ss. /8) Filip 3,19.   / 9)Rm 5,8.   /10)Filip 2,8 Ss.  /11)Gv 14,31. /12)Mt 26,42. /13) Gv 19,30.  / 14) cf Gv 15,13.  /15) GaI 2,20.  /16) I Gv 4,16.