Seconda meditazione

 

Testimoni del tremendo mistero di vivere la vita di Dio

Il silenzio, il raccoglimento che sono evocati dall'avvenimento storico e dalla figura biblica del deserto non sono un fine. Il deserto non è un luogo di permanenza ma di passaggio. Il raccoglimento, il deserto, il silenzio servono per incon­trarsi con Uno che è Dio, per scoprirlo, raggiungerlo, stabilire un rapporto approfondito e consolidarlo, perché diventi un rapporto di vita che si prolunghi in tutte le espressioni della nostra esistenza.

il senso dell' incontro

Vediamo in questa meditazione, per accenni, in che cosa consiste questo incontro, questa esperienza di Dio.

Rifacciamoci alle parole di Gesù, a molte affermazioni che possiamo trovare nel Vangelo e particolarmente nei capitoli 15, 16, 17 di San Giovanni.

« Io sono la vera vite, il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo pota, perché frutti di più. Già voi siete puri in virtù della parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi »1. Ecco l'incontro con Dio, il rapporto con Dio, l'estensione di questo rapporto.

« Come il tralcio non può da sè portare frutto, se non rimane unito alla vite, così nemmeno voi se non rimanete in me »  2 C'è un rapporto vitale che comporta quindi elementi di vita. E' una vita che si attinge. Non sono soltanto due persone che stanno di fronte: sono due persone che comunicano tra di loro. Cristo è la sorgente; noi siamo la derivazione di questa sorgente.

« Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto » 3 il frutto è la maturazione della linfa che il tralcio attinge dal ceppo.

« Perché senza di me non potete far niente ». 4 C'è senz'altro una analogia tra la figura (vite) e la realtà (vita). E' necessario che Cristo sia in noi, perché noi possiamo essere e fare qualche cosa.

« Se uno non rimane in me, è gettato via, come un sarmento, e si secca, poi viene raccolto e gettato nel fuoco a bruciare ». 5

Gesù prevede il tempo in cui non sarà più con i suoi discepoli: « ma quando sarà venuto il Consolatore che io manderò da presso il Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza »  6 Renderà testimonianza della presenza e della azione di Gesù, Via, Verità e Vita. E non sarà una testimonianza esteriore ma interiore: la coscienza di comunicare alla vita di un Altro.

« E voi pure mi renderete testimonianza perché siete stati con me fin dall'inizio ». 7 Ci chiede una testimonianza dello stesso genere: una testimonianza che è fatta della nostra stessa esistenza. Il riferimento è alla persona di Cristo, col quale comunichiamo la vita nuova.

« Quando sarà venuto lui, lo Spirito di Verità, egli vi guiderà verso tutta la verità, perché non vi parlerà da se stesso, ma dirà tutto quello che ascolta e vi farà conoscere l'avvenire »  8

ciò che ripete Io Spinto

Che cosa ripeterà lo Spirito Santo se non ciò che ha già detto Gesù? In particolare dirà: « voi sarete miei amici se farete quello che vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il padre. Vi ho chiamato amici perché vi ho fatto conoscere tutto quello che io ho udito dal Padre mio ». 9 Questo comunicare fra il Padre e il Figlio, tra il Figlio e i suoi amici non è semplice conoscenza ma è partecipazione ad una vita: conoscere il Padre, conoscere Gesù Cristo è la vita eterna.10

« Non siete voi che avete eletto me, ma sono io che ho eletto voi ».11L'iniziativa di questa conoscenza, di questa comunione di vita, di questa esperienza di esistenza nuova, viene da Dio, viene da nostro Signore Gesù Cristo.

« E vi ho posto perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo; affinché qualunque cosa voi chiediate al Padre mio, egli ve la conceda. Questo vi comando: di amarvi scam­bievolmente »  12

« Come il Padre ha amato me, così io ho ama­to voi »  13 « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate come io vi ho amati »  14 C'è l'origine, la derivazione, la propagazione, l'estensione di un unico fatto: l'amore di Dio che si diffonde e al quale noi siamo chiamati a partecipare.

« Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato nel mondo loro. E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificati per la verità » 15 : sempre questa relazione tra il Padre e il Figlio, tra Gesù e i suoi.

« Non soltanto per questi prego, ma prego anche per quelli che crederanno in me, per la loro parola, affinché siano tutti una cosa sola, come tu sei in me o Padre, e io in te, affinché anche loro siano una cosa sola in noi »  16 Capite: il Padre è nel Cristo, Cristo è nel Padre, noi siamo in loro ed essi sono in noi! Questa è la meta della vita cristiana, della vita spirituale. Qui è impegnata la nostra esperienza, la nostra specializzazione. Questo è il valore che dobbiamo portare nel mondo. Questa è la testimonianza che dobbiamo rendere ai fratelli: essere coloro che hanno visto e che narrano agli altri ciò che hanno parteci­pato e vissuto.

in comunione di vita

« Affinché siano tutti una cosa sola, come tu sei in me, o Padre, e io in te, affinché anche loro siano una cosa sola in noi, (e non soltanto tra di  noi!) affinché il mondo creda che tu mi hai man­dato » 17: perché noi siamo i testimoni di questa esperienza.

« E la gloria che tu mi desti io l'ho data a loro » 18 La gloria di Dio è la manifestazione della sua presenza, è la manifestazione della sua azione meravigliosa in mezzo a noi. Gesù è stato la presenza meravigliosa di Dio in mezzo agli uomini e noi siamo chiamati a « glorificare » il nostro Padre, in quanto siamo una cosa sola tra di noi, come lo sono il Padre e il Figlio; perché da noi traspare che il Padre è in Gesù e Gesù in noi.

« Affinché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me »  19: poiché noi crediamo all'amore, portiamo la testimonianza di questo amore. Altrove San Giovanni dice: « noi abbiamo creduto all'amore »   20  Noi abbiamo creduto all'Amore. Noi dobbiamo essere nella condizione di proclamare davanti ai nostri fratelli questa esperienza di amore unico, infinitamente superiore a qualsiasi amore ci possa essere nel mondo, anche al più ordinato, anche al più santo.

« Padre, quelli che tu mi hai dato, io voglio che dove sono io, ci siano con me anche loro, affinché vedano la gloria mia, quelli che tu mi hai dato, perché tu mi hai amato prima ancora della creazione del mondo ». 21 La gloria di Gesù è avere in se stesso tutta la grandezza, tutta la magnificenza e tutto l'amore del Padre.

« Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e questi hanno creduto che tu mi hai mandato. Ed io ho reso loro noto il tuo nome »  22 Gesù Cristo, nell'azione dello Spirito Santo, in questi momenti privilegiati della nostra vita, nei momenti della preghiera, ci rende noto il nome del Padre, tutto ciò che è il Padre.

« E lo renderò noto ancora affinché l'amore col quale tu hai amato me - è quindi un avveni­mento, un fatto interiore tra il Padre e Gesù Cri­sto - sia in loro e io in loro »  23 Gesù Cristo si identifica con l'amore del Padre e vuole essere in noi.

Ci accorgiamo di essere davanti ad un mistero stupendo, profondissimo, ancora lontano - e sarà sempre lontano - dalla nostra esperienza. Ma è precisamente a questo avvenimento, a questa manifestazione di Dio in Gesù Cristo, a questa comunione di vita con Dio in Gesù Cristo e nello Spirito, che noi dobbiamo tendere e che, per quanto possibile, dobbiamo realizzare nella nostra persona.

L'intimità con Dio di tutto il nostro essere ha inizio nel profondo della nostra persona, alle radici della nostra vita spirituale. Ma la nostra vita spirituale è la nostra vita, è la vita della no­stra persona. Se questa intimità con Dio è un fatto reale e concreto, deve avere le sue risonanze in tutto il nostro essere, anche nel nostro essere sensibile. Iddio è entrato nel vivo della esperienza sensibile dei rapporti tra le persone umane nel mistero della Incarnazione e noi siamo chiamati ad esprimere questo rapporto con lui che deve essere altrettanto personale, altrettanto umano, altrettanto radicale da prendere tutta la nostra persona e tutta la nostra esistenza.

Le due grandi figure di cui si servono i testi della Rivelazione per illustrare il mistero della nostra partecipazione alla vita divina sono il banchetto e le nozze.

commensali del banchetto

Il tema del banchetto nasce come celebra­zione di un avvenimento nazionale che riguarda il popolo ebraico, diventa poi una celebrazione liturgia, rituale, che assume sempre più il significato religioso della presenza gioiosa di Dio in mezzo al suo popolo, il quale è in festa perché il Dio di Israele è il Dio in mezzo al suo popolo, è il Dio che compie meraviglie per il suo popolo; è il Dio che prepara i doni di cui quelli materiali non sono che figura. I richiami dei profeti scuotono il popolo di Israele perché non si attardi ai riti, al ritualismo, ma scopra il senso profondo dei segni, li trasferisca nella propria esistenza e li faccia diventare operanti nella propria vita.

Il banchetto diventa un fatto comune nella esistenza di Gesù durante la vita pubblica, al punto di ricevere accuse assai pesanti, come oggi si dice: mangia coi peccatori e coi pubblicani. 24

Gesù lascia il memoriale di tutto il mistero della sua presenza in mezzo agli uomini (il mistero del suo passaggio nel mondo attraverso il sacrificio della croce e nella potenza della risurrezione) nel banchetto della Nuova Alleanza, dove si fa l'esperienza di una comunione quanto mai vitale con lui, la quale comporta un impegno di comunione con tutti.

Nel banchetto escatologico, infine, dove - in che modo e in che senso non sappiamo - entriamo nel mistero oscuro e nello splendore ineffabile della partecipazione definitiva della vita di Dio.

Non saranno i beni di Dio; Dio stesso sarà il Bene a cui parteciperemo nella vita eterna. Qui nella vita presente, ci sono i segni, le anticipazioni, gli inizi. Noi personalmente abbiamo il compito di annunciare i beni futuri con la testimonianza della nostra esistenza, di renderli in certo qual modo presenti, efficacemente operanti e attuali nella nostra vita e nel nostro ministero.

rapporti nuziali

La figura biblica delle nozze. I rapporti di Dio con il suo popolo sono espressi attraverso la figura dell'amore nuziale, esperienza unica di conoscenza tra due persone le quali comunicano con tutto se stessi, si accolgono e si donano totalmente per fare davvero una cosa sola. Questa esperienza umana è assunta da Dio per esprimere che cosa vuole essere e come deve essere il suo rapporto con il suo popolo.

In questo senso si deve interpretare il "Cantico dei cantici"; Osea al capitolo 20 dice molte cose.

La divinità in Gesù Cristo si unisce alla umanità in una espressione nuziale nel mistero della Incarnazione, al punto di diventare unità di persona e non solo unità di vita. Questo eccede ogni esperienza; questo è al di là di ogni capacità di comprendere, di pensare, di immaginare.

Gesù Cristo si definisce Sposo della sua chiesa, perché dà tutto se stesso, è tutto per la chiesa; essa è la Sposa senza macchia, rivestita degli ornamenti più preziosi e delle vesti più splendide, perché vive una vita di intimità e di amore con il suo Sposo. 25

Queste sono realtà bibliche, sono realtà della nostra Rivelazione, della nostra fede, del nostro cristianesimo, sono realtà che coinvolgono tutti i battezzati, ma in particolare coloro che hanno nei confronti di tutti i battezzati l'impegno di annunziare queste realtà.

Cristo Sposo e la chiesa Sposa non devono suscitare una certa soggezione di contaminazione mistica. Questo tema delle nozze è evidentemente fuori da qualsiasi balordo sensualismo, ma impegna anche tutta la nostra sensibilità. Se la nostra sensibilità non ha un appoggio, non ha un suo oggetto, di chi è? E quando noi non siamo padroni della nostra sensibilità, di che cosa siamo padroni?

Esiste nel nostro ambiente una specie di rispetto umano che ci blocca: il realismo biblico del tema delle nozze urta contro una visione distorta della sessualità, la quale fa deviare verso zone oscure una fonte di energie da Dio destinate a rendere matura e completa la persona, non tanto fisicamente, ma soprattutto nella sfera psichica e spirituale.

Ogni elemento della nostra natura e la nostra persona a tutti i livelli devono entrare attiva­mente nel vortice della potenza della forza dell'amore di Dio, per entrare in comunione di vita con lui.

Questa è la meta della vita cristiana, di questa vita dobbiamo fare esperienza, di questa espe­rienza siamo chiamati a diventare i testimoni più qualificati.  

/1) Gv15,13.  /2) Gv15,4.     /3) Gv15,5.    /4) Gv15,6. /5) Gv16,5.   /6) Gv15,26.  /7) Gv15,27.  /8) Gv16,13.  /9) Gv15,14 55. /10) cf Gv 17,3.  /11) Gv15,16.  /13) Gv15,9.   /14) Gv13,34.  /15Gv15,16-17.   /16)Gv17,2-21   /17) Gv17,21. /18) Gv17,22. /19) Gv  /12)    17,23.   /20)1 Gv 4,16.   /21) Gv17,24.   /22) Gv17,26. /23) Gv17,26.   /24)cf Mt 9,11; Lc 15,2.   /25) cf Ef 5,22-23; Ap 21,9; 21,2; 22,17; Gv 2,39.