Quinta
meditazione Chi prega edifica la propria persona Mi ha colpito e anche
impressionato l'insistenza con cui K. Rhaner afferma che nella
preghiera « l'uomo si attualizza integralmente ».(1) E' facile la tentazione di
considerare la preghiera come una attività che rimane fuori dall'ambito
della efficienza esistenziale. Oggi c’è una preoccupazione vivissima
a questo proposito: i valori si apprezzano nella misura della loro
efficienza
concreta. Noi cercheremo di scoprire in
che senso la preghiera rende efficiente la persona sul piano della
esistenza. Per comprendere una realtà di così capitale importanza non
c’é via migliore che rifarsi al mistero della efficienza infinita
della esistenza infinitamente feconda di Dio. Bisogna rifarsi al mistero
di Dio proprio in quanto è un mistero di Persone, in quanto si tratta
di un Dio personale, il quale manifesta il mistero della sua potenza
proprio nella sua esistenza di Padre, di Figlio, di Spirito Santo. Naturalmente quando si parla
del mistero di Dio, pur sapendo di fare delle affermazioni sicure, si sa
che il loro senso è infinitamente approssimativo, analogico; inoltre
il nostro discorso prescinde da preoccupazioni di precisione
scolastica e si attiene piuttosto al linguaggio della rivelazione. A
noi basta la certezza di trovarci dinanzi ad affermazioni vere,
coscienti dell'ineffabilità del mistero. Quando parliamo di un Dio
personale, dobbiamo incominciare a mettere l'accento sul fatto che
egli in tanto è personale in quanto è infinitamente distinto da
qualsiasi cosa e tutte e singole le cose stanno infinitamente distinte
dinanzi a lui. La rivelazione però, quando
ci introduce nell'intimo del mistero della esistenza di Dio, ci fa
scoprire che Dio è personale non solo perché distinto da ogni cosa e
ogni cosa sta distintamente davanti a Lui: la distinzione sta in Dio
stesso, anzi l'esistenza in Dio è proprio l'abisso insondabile delle
tre divine Persone di un solo Dio infinitamente distinte. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio; ma il Padre non è il Figlio né
lo Spirito Santo; il Figlio non è il Padre né
lo Spirito Santo; lo Spirito Santo non è il
Padre né il Figlio. Ma l'unità è pari alla distinzione: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio. Non
da speculatori, ma come adoratori accostiamoci al mistero, convinti di
accostarci alla sorgente e al modello supremo della nostra esistenza di
persone fatte a immagine e somiglianza di Dio; teniamoci nella
disposizione di impegnarci a vivere ciò che scopriamo. Il principio unico e
infinitamente unico, perché in Dio tutto è infinito, è il Padre. Il
Padre, come Padre, è il principio primo e il termine ultimo di tutta
l'attività personale che costituisce la vita e la esistenza in Dio. Il Figlio è accoglimento,
dono e comunione: accoglimento del Padre; il Padre infatti è padre
perché dona tutto se stesso al Figlio, è tutto nel Figlio, è tutto
per il Figlio. Il Figlio è figlio nell'atto di accogliere totalmente
il Padre, di donarsi al Padre, di riferirsi a lui, di riconoscere di
essere
totalmente del Padre, in una comunione infinita. Lo Spirito Santo anima il
Padre nell'atto di donarsi totalmente al Figlio, come anima il Figlio
nell'atto di accogliere e di donarsi al Padre: la gratitudine
dell'accoglimento e lo slancio del donarsi sono impulsi dello Spirito.
Lo Spirito Santo è l'amore infinito, sostanziale, personale, del Padre
per il Figlio e del Figlio per il Padre. Sempre balbettando: il Padre è principio e
termine; il Figlio è immagine,
splendore, verbo; lo Spirito Santo è amore,
compimento, comunione. chi
prega incontra le divine Persone La preghiera in quanto
incontro con Dio è un incontro con ciascuna delle divine Persone, ma la
« via » (2) all'incontro è il Figlio. Noi non sappiamo perché;
sappiamo che il Padre ha voluto rivelarsi nel Figlio: « chi vede me,
vede il Padre mio » (3); che nessuno arriva al Padre se non per mezzo del
Figlio (4);
che nessuno conosce il Padre se non colui al quale il Figlio lo rivela.
(5) Sappiamo pure che anche il
Figlio ci deve essere rivelato: è compito dello Spirito Santo. La sua
è una rivelazione « creatrice »: in Cristo Gesù fa di noi delle
creature nuove (6), figli nel Figlio (7),
ci rende coscienti della realtà nuova del nostro essere e dei nostri
rapporti, ci fa partecipi della capacità del Figlio di conoscere le
cose del Padre e di amare come egli ama il Padre e i fratelli. Ma ritorniamo alla « via».
Teniamo presente che il Verbo è l'immagine della sostanza del Padre,
lo splendore della sua gloria (9); che tutto è stato creato in lui (10);
che in lui tutto deve essere ricapitolato (11)
e che l'uomo raggiunge la sua perfezione in lui (12),
secondo
la misura di grazia disposta per ciascuno (13);
una misura, penso, che non limita una quantità, ma che specifica la
fisionomia personale di ciascuno. Ci riferiamo alla preghiera di
Gesù nel senso della sua esistenza di Verbo fatto carne, la quale
manifesta nel tempo e visibilmente la sua relazione personale col
Padre, nello Spirito; è la realizzazione perfetta, visibile, anche se
misteriosa, della persona in quanto è totale accoglimento,
incondizionata donazione, piena comunione. Questo è l'essere stesso del
Cristo per cui è costituito unico e sommo Sacerdote di tutta la
creazione naturale e soprannaturale; è il movimento della sua
esistenza dall'istante della Incarnazione (14) al
« consummatum est » (15) del
Calvario; è l'anima della sua missione e della sua opera. In Cristo abbiamo inoltre una
esistenza nella quale i momenti della preghiera specifica sono, tanto
per tentare di esprimerci, gli antecedenti e la conseguenza di tutta
l'attività personale: in un modo unico tutta la vita di Cristo è
preghiera, perché tutta la sua vita è un impegno cosciente (la
coscienza del Cristo !), libero, totale di essere « ad », « per »,
« con » rispetto a tutto ciò che è Dio e a tutto ciò che è di Dio. La dossologia finale delle
grandi preci eucaristiche della liturgia latina ci offre una forma
felicissima per inserire la nostra preghiera in quella di Cristo: « per
Ipsum, cum Ipso et in Ipso est tibi Deo Patri omnipotenti, in unitate
Spiritus Sancti, omnis honor et gloria ». State tranquilli: non cedo
alla tentazione di farne il commento; cerco solo di precisarne il senso. Per
Ipsum: abbiamo già visto
come il Verbo è colui per mezzo del quale è stato fatto ciò che
esiste e solo in lui tutto ha la sua consistenza; ciò che noi siamo
personalmente, lo siamo per mezzo suo: non c'è nulla in noi che esista
e che non venga da lui. Cum Ipso: non soltanto il
nostro essere, ma ogni nostra capacità, in tutti gli ordini di cose,
ogni nostra energia viene da lui ; al « senza di me non potete fare
nulla » (16) dobbiamo dare un senso illimitato. Tutto il nostro
destino è indissolubilmente legato a Cristo e ai suoi misteri:
ricordiamo
il significato della particella « cum » che san Paolo fa precedere a
tutti i verbi che descrivono i misteri di Cristo e la nostra
partecipazione ad essi, specialmente la sua morte, risurrezione e
ascensione. In Ipso: Cristo è la pienezza verso cui noi dobbiamo tendere; essere
trovati in lui (17)è
possedere
la sua giustizia, la sua grazia, la sua vita; significa essere dei suoi,
appartenere al regno del Figlio dell'amore del Padre. (18) Quando noi preghiamo
realizziamo noi stessi, secondo la nostra misura personale, perché in
Cristo non solo ci troviamo davanti a un modello; noi siamo uniti e
comunichiamo con la sorgente totale e il la
persona è accoglimento Per
Ipsum, cum Ipso noi siamo
accoglimento del Padre e di tutte le sue creature. La preghiera è il
momento della chiara coscienza, della libera accettazione e della ferma
adesione nei confronti del mistero di Dio. Mettersi alla presenza di Dio
non significa che la preghiera cristiana ha inizio; è un atto molto più
definito: è l'incontro personale. E' incontrare il Padre in
persona il quale viene incontro a me, mi getta le braccia al collo, mi
bacia, mi introduce nella sua casa e dispone che io sia reintegrato
nella mia dignità di figlio. (19) La parabola evangelica descrive in modo pittoresco
una realtà estremamente sorprendente e inesauribile nel suo
significato. Io non esistevo, io ero
perduto; il Padre in un atto infinito della fecondità del suo amore mi
crea e fa di me un essere meraviglioso, mi ricrea e fa di me un essere
ancora più stupendo. Io mi vengo a trovare nella corrente e nel
prolungamento dell'atto di amore infinito con cui il Padre genera il
Figlio da tutta la eternità e per sempre; la mia sorte è
indissolubilmente legata al disegno nel quale Cristo è il primogenito
di tutta la creazione (20),
di
tutti i fratelli (21) e
capo del corpo della chiesa. (22) Questo
sono io, questo è il mio mondo, l'ambito della mia esistenza, la
straordinaria ricchezza della mia eredità. Il Padre « che non ha
risparmiato il suo proprio Figlio, ma che l'ha consegnato per tutti
noi, come non sarà disposto a darci ogni altra cosa insieme con lui »?
(23) Quando io prego, a poco a poco, in Cristo e per l'azione dello Spirito, io prendo coscienza, acquisto la certezza, sono preso dallo stupore e dalla incredibile gioia che Dio è il mio padre; che tutto ciò che esiste, il mio Padre l'ha fatto per me. Io non esistevo, io ero perduto; quale impensabile avventura che io sia, che tutto sia mio! Quando io prego,
mi accolgo
dalle mani del Padre che mi crea ininterrottamente e mi fa nuovo ad
ogni istante; Il mio Padre nutre gli uccelli
dell'aria e veste i gigli del campo
(24):
nella mia preghiera non posso separare l'universo e
ciò che in esso abita (25) dal
mio Padre creatore e signore di tutto, il quale ha disposto tutto per
me. (26) Oggi l'uomo di scienza ha strappato un gran numero
di segreti alla natura e l'uomo della tecnica ne ha convogliate le
energie in strumenti dalla potenza e dalla capacità stupende; l'uomo
religioso può avere la sensazione che l'universo non appartenga più a
Dio: si conoscono e si sfruttano le « cause seconde » e pare che Dio
non abbia a che fare con esse; esiste una dissacralizzazione che
equivale a una larvata convinzione che l'ambito della creazione
dominato dall'uomo non appartenga più a Dio: conoscere le cause dei
fenomeni non equivale ad averle create. Quando io prego, compio un
atto di fede e riconosco che tutto è di Dio; tutto è dono di Dio;
tutto è segno di Dio che si dona a me. (27) L'aria
che respiro, l'acqua che bevo, il pane che mangio, i colori che vedo,
ecc. sono di Dio, sono per me, sono un sacramento della sua paternità
per me. Questo universo in cui siamo
immersi è fatto per essere percepito e gustato dai nostri sensi, per
essere intuito dalla nostra sensibilità di creature ragionevoli, per
essere capito dalla nostra intelligenza, per essere dominato dalle
nostre capacità; tutto questo è religioso, è riferire a Dio, è
accogliere
da Dio, è accogliere Dio nel suo linguaggio più «corporale », è
pregare. La varietà inesauribile della bellezza delle creature,
l'armonia insondabile dell'universo devono vibrare nel cuore di chi
prega, prima che nelle espressioni di chi fa dell'arte. Se noi non coinvolgiamo il
mondo sensibile nel movimento della preghiera e quindi della nostra vita
religiosa, non siamo i pontefici dell'universo, e l'uomo, immerso nel
mondo della tecnica, non sarà in grado di trovare la strada che porta a
Dio. Al vertice della creazione e
quindi nell'intimo del cuore del Padre c'è l'uomo. Accogliere l'uomo è
pregare, non nel senso di pregare per gli altri: per chi non crede, per
chi è in peccato, per chi soffre, ecc.; chi accoglie il Padre accoglie
i figli. (29) la
persona è donazione La persona è il punto in cui
si riversa Dio in persona, il suo amore e i suoi doni: però non è un
ghiacciaio in cui si solidifica e immobilizza ciò che vi precipita
dall'alto; è piuttosto « come il mare - di manzoniana memoria (31) -
che riceve acqua da tutte le parti e la torna a distribuire a tutti
i fiumi ». Come abbiamo già ripetuto è
proprio del dinamismo della persona trasmettere ciò che ha accolto in
un atteggiamento di dono. La preghiera è il momento in
cui il senso di questo dinamismo si fa chiaro, è razionalizzato,
diventa decisione ed elemento della esistenza; è il momento
dell'incontro personale con Dio: con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo,
nel quale esistere è donarsi; è l'incontro con il modello vivente e la
sorgente dinamica di questo aspetto costitutivo della nostra persona: la
nostra « via » Gesù Cristo il quale si dona al Padre e ai fratelli. Io non devo andare oltre i
limiti di sopportazione della vostra pazienza e mi limito ad alcune
esemplificazioni del significato di questo momento della preghiera in
cui si realizza la nostra persona. Il primo a cui dobbiamo
donarci è colui dal quale abbiamo accolto tutto: « siamo » di Dio, ma
lo dobbiamo « diventare »; da uno stato ontologico dobbiamo passare a
una attuazione esistenziale che coinvolge le nostre facoltà e la loro
attività: si matura così la nostra consacrazione a Dio. Sulla nostra strada
incontriamo i nostri fratelli, i figli del Padre. La preghiera ci fa
uscire dall'equivoco: l'impegno di essere del Padre deve concretizzarsi
nella disposizione, frutto di grazia e di sforzo, ad essere per i suoi
figli. San Giovanni è categorico: « se uno dicesse: - io amo Dio e
odia il suo fratello, è un bugiardo, perché chi non ama il suo
fratello, che vede, non può amare Iddio, che non vede »
(32) Come al Padre dobbiamo andare
per Cristo, con Cristo, in Cristo, così è per i nostri fratelli:
dobbiamo donarci come e quanto si è donato Cristo; dobbiamo donarci
in quanto siamo arricchiti di Cristo e nella misura in cui viviamo di
Lui. Non dimentichiamo che siamo
immersi nell'universo delle creature di Dio; la preghiera è il
momento forte e lucido nel quale noi poniamo le condizioni per la loro
liberazione (33)
: acquistiamo il senso sacerdotale del nostro dominio sulle creature,
le quali attendono di essere scoperte, promosse al servizio dell'uomo;
di entrare nell'ambito della nostra esistenza cosciente per diventare
espressione della lode della gloria del Creatore. I canti ispirati della Sacra
Scrittura sono una indicazione molto chiara di come tutte le creature
devono essere associate alla lode che dal cuore dell'uomo sale al Dio
dell'universo. L'uomo che prega davanti al
creato e nel creato è come il direttore d'orchestra davanti allo
spartito: egli vale nella misura in cui è capace di interpretarlo e di
farlo rendere dagli esecutori che ubbidiscono ai cenni della sua
bacchetta. Questa immagine si presta a
rilevare un altro aspetto eminentemente personale della preghiera: la
stessa opera, con gli stessi strumenti, nell'ambito di una oggettiva
fedeltà, è diversamente interpretata e diversamente resa da ciascun
direttore; essa passa attraverso il grado della profondità di
intuizione, di sensibilità, di espressività propria della sua persona;
la varietà delle ricchezze di un capolavoro sono evidenziate dalla
personalità di chi lo interpreta. Così la preghiera in questo momento
di ritorno al Padre, di disponibilità ai fratelli, di sacerdozio
dell'universo, in Cristo e nello Spirito è anche un momento unico,
inconfondibile e mai esaurito della personalità di ciascuno. Quando la preghiera è una
espressione di vita, è tanto personale come è personale Dio che si
dona, come sono personali il suo amore e le espressioni del suo amore,
come sono personali il numero dei talenti e la misura della grazia di
cui ognuno è dotato; a mano a mano che la preghiera si approfondisce
emerge l'inconfondibile fisionomia di ogni persona, perché ogni talento
trafficato e ogni grazia corrisposta è un passo avanti verso l'immagine
e la somiglianza che il Padre ha concepito e disposto per ogni figlio. la
persona è comunione Coraggio! ci resta l'ultimo e
definitivo momento della preghiera nel quale raggiungiamo il
compimento di noi stessi: la comunione. « Quel che noi abbiamo visto
e udito, lo annunciamo anche a voi, affinché voi pure siate in
comunione con noi. Ma la nostra comunione è col Padre e col suo Figlio,
Gesù Cristo ». (34) Dio non sarebbe Padre, Dio non
sarebbe Figlio, Dio non sarebbe Spirito Santo, se i tre non
comunicassero in uguale misura a un'unica sapienza, ad un'unica
potenza, a un unico amore infinito. Ancora una volta, balbettando,
tentiamo dì dire cose indicibili; la comunione di vita delle divine
Persone è il vertice e l'abisso della loro distinzione e della loro
unità. Posseggono tutto totalmente, tutti e tre, e nessuno esclude
l'Altro. Adoriamo la sovrana libertà
dell'amore infinito di Dio che nell'eterno proposito della sua volontà
ci introduce in una vita di comunione con la comunione della sua vita. Sostiamo a lungo nella
preghiera, domandiamo la intelligenza che viene dallo Spirito, (33)
riposiamo nella visione della sua luce e diamo tempo alla grazia di
maturare le nostre disposizioni profonde. Il Padre è nostro, il
Cristo è nostro, il mondo della grazia è nostro, il mondo della
creazione è nostro; ma di tutti e di ciascuno senza esclusione di
nessuno. Esiste un momento della vita
della Chiesa in cui la comunione è un avvenimento sacramentale, il
quale esprime nel modo più alto e produce nel modo più efficace ciò
che contiene: la comunione eucaristica. Tutti siedono alla mensa del
Padre, tutti sono fratelli, tutti mangiano dello stesso pane e tutti
bevono allo stesso calice. Questo momento sacramentale è il vertice e
la sorgente dell'autentica esistenza di tutte le persone, le quali
sono se stesse, per il fatto che hanno un unico Padre, sono fratelli tra
di loro, siedono all'unica mensa di tutti i beni di Dio e non mangiano
il « loro » pane, ma « condividono » un unico pane. Questo è il
momento
più pieno della preghiera cristiana, questo è il momento in cui ognuno
è se stesso perché è figlio dell'amore del Padre, è fratello di
tutti coloro di cui il Figlio è primogenito, è amico nella comunione
con tutti nello Spirito Santo. Amen! Questo ultimo aspetto avrà un
ulteriore sviluppo nella meditazione sulla vita comunitaria. 1) K. Rhaner Saggi di
spiritualità, edizioni paoline, pag. 333 SS. |