Presentazione

E' perfettamente inutile scusarsi quando, per qualsiasi ragione, si accetta di mettere il proprio nome sulla copertina di uno stampato.

Le pagine che seguono sono il testo registrato dei temi di meditazione intorno a cui mi sono intrattenuto con i miei Seminaristi di Teologia:hanno subito qualche ritocco, quel tanto che le rendesse meno oscure.

  Non si tratta ditemi su cui si è discusso; anzi i giovani hanno chiesto di poter meditare e basta: io ho svolto i temi e ciascuno, per proprio conto, li ha fissati nel raccoglimento e nella preghiera.

Non pretendo affermare di avere spezzato loro il pane più appetibile; sta il fatto che di frammenti sopra la tavola non è rimasta traccia e che nessuno ha sofferto sintomi di cibo troppo pesante.

 Può essere un indice non trascurabile per capire quale genere di pane cerchino questi nostri giovani. Il fatto più saliente è un altro.

 Questi giovani, di loro iniziativa, hanno insi­stito perché il Vescovo trascorresse con loro i giorni del ritiro e dettasse lui le meditazioni; no­nostante conoscessero per esperienza a quali ten­tazioni ceda il Vescovo quando parla: naviga nel mare dei misteri e non ha mai finito.

  Se questo, a prima vista, è già un motivo che può fare riflettere, guardando le cose più da vicino e soprattutto dopo averne fatto l'esperienza (e per chi scrive non è la prima), c'è da rimanere colpiti seriamente per quello che sta accadendo, ai giorni nostri, nella vita della chiesa.

  Si tocca con mano che esiste un' « onda », scelta da Gesù Cristo, sulla quale lo Spirito Santo « trasmette » a ritmo ininterrotto.

La lunghezza e la frequenza di questa onda corrispondono agli « uffici » di cui è dotato il Ve­scovo nella chiesa.

  Se l'antichissimo « nihil sine Episcopo » era inculcato per la fondazione della chiesa, oggi èinvocato per la sua esistenza: dal piano istitu­zionale a quelto esistenziale.

  Ciò che il Concilio insegna in un contesto piuttosto limitato: dal Vescovo « dipende in certo modo la vita dei suoi fedeli in Cristo » (S.C. 41), i membri della chiesa lo sentono m un senso molto più ampio e profondo.

  Tutti, nella chiesa, reclamano la presenza del Vescovo:dai laici ai sacerdoti ma in particolare i   giovani che si preparano a scegliere di diventare,« in persona Christi », i servitori dei loro fratelli 

Si cerca la parola del Vescovo, si preferisce l'eucaristia presieduta da lui, ma soprattutto si vuole comunicare, stare insieme a pregare con lui.

  Si ha in qualche modo coscienza che il com­pito del Vescovo di predicare eccelle (L.G. 25) sugli altri, che quando egli presiede la celebra­zione eucaristica « c'è la piena manifestazione dèlla chiesa » (S.C. 41), ma poi si pretende che svolga il suo ruolo di « visibile principio e fonda­mento di unità » (L.G. 23) fra i membri di ogni comunità in una dimensione umana e cristiana.

  La dimensione umana è quella di una certa convivenza la quale dia luogo a un incontro vero, p'rsonale, disteso: di modo che « come buoni pa­Mori conoscono le loro pecorelle e sono da esse conosciuti » (Ch. D. 16); quella cristiana è il biso­gno sentito di pregare col Vescovo.

  Quest'ultima richiesta è impressionante: ri­vela una esigenza talmente radicata nei motivi della /ede che non la si può eludere, a meno di non limitare il Vangelo.

  Forse si può pensare che, per quella tale tra­smissione dello Spirito Santo, ci sia una recipro­cità tra la decisione degli apostoli di dedicarsi all'orazione e al ministero della parola (cf At 6,4) e la esigenza dei membri della comunità di pre­gare con il loro Vescovo.

  Comunque pare fuori dubbio che, se c'è un atto che caratterizza l'esistenza cristiana, questo è la preghiera fatta nel nome di Gesù (cf Gv 16,23), nella perseveranza e insieme (cf ~ 1,14; 2,42; Mt 18,20); quanto sia conveniente che tra coloro che stanno insieme a pregare sia presente il Ve­scovo ognuno lo può giudicare.

  Quando ho accettato di stare con i miei seminaristi per pregare insieme a loro e per esercitare tra essi il ministero della parola, non pensavo certo di tirare delle conclusioni che sembrano molto più larghe delle premesse: dire che cosa dovrebbe fare un Vescovo e in particolare come la chiesa a cui è preposto deve, per la natura delle cose, avere una dimensione personale.

  Spero che chi è interessato e a cui spetta mi vorrà capire rettamente: è una voce tenue di uno come gli altri il quale è colpito da ciò che accade nella chiesa.

  Quei giorni del ritiro, i miei giovani ed io era­vamo molto sicuri di trovarci nel cuore della vita­lità della chiesa di oggi.

  Le parole, così come escono dalla tipografia, mi fanno ora la impressione di poco più che ce­nere, residuo di un fuoco che ha prodotto calore di vita.

  Se qualcuno, smuovendo la cenere, ci trovasse ancora qualche carbone acceso, potrà a sua volta suscitare il fuoco che sarà alimentato dallo Spi­rito che soffia nella chiesa di Cristo.

  Mantova, S. Bartolomeo Ap. 1970

  C.F