nona meditazione Erano un cuore solo e un’anima sola Chiediamo alla Madonna un
supplemento di grazia per questa ultima giornata del nostro incontro
con Dio e tra di noi, e del nostro impegno di silenzio, di
raccoglimento e di preghiera. Fino a questo punto abbiamo
fermato la nostra attenzione e la nostra riflessione sulla vita
spirituale personale e, all'infuori di qualche accenno, non ci siamo
fermati sull'aspetto comunitario della nostra vita. E' quello che, con
la grazia di Dio, vogliamo fare almeno in parte quest'oggi. Per la nostra riflessione e
meditazione, per la nostra preghiera riferiamoci al mistero di Dio, al
mistero dell'unità delle divine Pèrsone, Padre, Figlio, Spirito Santo. la
comunità del Padre, del FigIio e dello Spirito Santo Le Persone divine sono
infinitamente se stesse e sono infinitamente unite, in un modo che
sorpassa la nostra capacità di comprendere, e sono un Dio solo. Un Dio
solo nel vincolo dell'amore, il quale impedisce, se così possiamo
esprimerci, parlando di Dio, ad ognuna delle divine Persone di dire
« mio » tutto è comune. Gesù si esprime così: «la
mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato:1
l'assenza di possesso egoistico. La scuola dice che in Dio tutto è
comune: il Padre è infinitamente sapiente, il Figlio è infinitamente
sapiente, lo Spirito Santo è infinitamente sapiente, ma non ci sono
tre infinitamente sapienti, c'è una sola sapienza. Leggete, se lo
avete tra mano, il Simbolo Atanasiano. il
progetto di Dio Iddio, quando si manifesta al
di fuori della sua vita intima, esprime se stesso: «Facciamo l'uomo a
nostra immagine e somiglianza » 2 Con
questo atto, Dio, anche se la Scrittura ce lo presenta in successivi
tempi, ha costituito la prima comunione di vita umana. Ha fatto l'uomo
e la donna perché l'uomo e reciprocamente la donna non fossero soli e
il loro amore non fosse qualche cosa che termina a se stessi, ma fosse
un amore aperto ed espansivo che si ritrova nei figli. Ecco la prima
forma di vita comunitaria, la prima comunità. Questa comunione di vita,
guastata dal peccato, viene ricostruita da Dio attraverso tutta la
storia della salvezza. La preoccupazione di Dio è quella di costituire
il suo popolo, cioè, persone che accettano di condurre una vita con
legami vicendevoli. Con questo popolo Dio stabilisce la sua alleanza,
cioè propone una forma di vita, quella della comunità e dà a questo
popolo una legge. La legge costitutiva di questo popolo ha come
fondamento la sovranità di Dio, la potenza di Dio, l'opera, l'amore di
Dio e ha come esigenza i rapporti tra i membri di questo popolo, perché
possano mantenere l'unità tra di loro. Il quarto comandamento
ricostruisce, per così dire, la famiglia secondo il disegno primitivo
di Dio, come comunità di amore; e così il rispetto della vita, il
rispetto delle cose, il rispetto della sorgente della vita, il rispetto
della verità nei rapporti con gli altri e dell'amore nei rapporti con
gli altri. I comandamenti sono esplicitazioni delle esigenze Questo popolo è l'inizio
dell'opera di Dio, è la figura di ciò che dovrà essere il nuovo
popolo di Dio quando verrà la pienezza dei tempi; è figura del popolo
nuovo, del nuovo Israele, il quale è definito dalla nota della unità,
l'unità che nasce da un principio di vita e da una esigenza di
esistenza nuova secondo la legge dell'amore. La vita nuova che anima il
popolo nuovo è quella che attraverso Gesù Cristo riceviamo dal Padre,
per cui siamo suoi figli e perciò costituiamo l'unica famiglia dei
figli di Dio. Il nostro battesimo ci fa risorgere a una vita nuova che
non proviene dalla carne o dal sangue ma da Dio, «sono nati da Dio »3: siamo figli di un unico
Padre e l'amore vicendevole deve essere la caratteristica dei nostri
rapporti. Tutto questo avviene per
l'atto di riconciliazione che Dio opera per mezzo del sangue di suo
Figlio 4: siamo riconciliati, siamo
unificati con Dio e tra di noi, cade il muro di separazione che ci
divide per il sangue di nostro Signore Gesù Cristo 5
e si compie la volontà del Padre che tutto sia unificato in Cristo. 6
Il nuovo popolo di Israele è la chiesa, Corpo di Cristo 7 e noi siamo le membra gli uni degli altri e come in ogni
individuo ci sono molte membra ma un solo corpo, così è di noi. 8
Questa unità tra di noi è prodotta dallo Spirito, il quale costituisce
il tempio santo di Dio cementandoci come pietre viventi di un solo edificio
9 per mezzo della carità che diffonde
nei nostri cuori. dove
si eseguisce il progetto La nota dell'unità è la nota
fondamentale della chiesa. L'unità della chiesa è il fine che vuole
raggiungere Dio e la via per la quale vuole che raggiungiamo la
salvezza: la perfezione del legame con i nostri fratelli perché siamo
figli di Dio, perché siamo membra di un solo corpo, perché siamo le
pietre di un solo edificio, perché siamo i tralci di una unica vite,
ecc. Perciò una vita autenticamente cristiana deve essere segnata dalla
caratteristica della nostra origine di figli di Dio, dalla nostra
vocazione all'unità nella carità, dalla perfezione del nostro amore
vicendevole. Noi quindi con tutta la nostra
attività spirituale, crescendo secondo la misura della statura che
ognuno di noi deve raggiungere, dobbiamo arrivare ad essere totalmente
noi stessi nella piena comunione con gli altri. Così si raggiunge la
pienezza della vita cristiana e anche la pienezza della nostra vita
umana. Oggi è molto sentito il
bisogno della vita comunitaria a tutti i livelli, ma come dobbiamo
concepire
la comunità tra di noi nel senso cristiano? La dobbiamo concepire
secondo la legge di Dio, che ha per fondamento la redenzione operata
dalla passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo, secondo la legge
della croce che ci conferisce quella libertà che ci viene da Dio, il
quale ci fece passare dalle tenebre al regno del suo amore; libertà di
persone sciolte che possono muoversi speditamente verso il compimento
del disegno di Dio, cioè verso il raggiungimento della unità nella
carità. Dobbiamo preoccuparci del
nostro egoismo; l'egoismo che mette al primo posto il nostro « io »e
il nostro « mio ». Altro è il dovere e l'impegno di essere se stessi
e quindi di trafficare i talenti (la drammatica parabola dei talenti !)
per essere veramente qualche cosa da offrire ai nostri fratelli;
ricordate: apertura, accoglimento, sviluppo di tutti i nostri doni di
natura e di grazia per diventare ogni giorno dono di se stessi,
offerta di se stessi, disponibilità di se stessi, generosità. Altro è
voler affermare il proprio io che è esclusione degli altri, che si
mette in contrapposizione agli altri, al posto degli altri. Qui è impegnato l'esercizio
di una autentica umiltà. San Paolo si domanderebbe: che cosa sei, che
cosa hai che non abbia ricevuto? La persona è accoglimento: ci viene
tutto da Dio e perché te ne glori come se lo avessi avuto da te stesso
? 11 Liberazione dal nostro io,
liberazione dall'egocentrismo che si esprime in possesso: « mio ».
Noi vediamo all'inizio della storia del cristianesimo come i credenti
sentono il bisogno spontaneo di mettere in comune i propri beni. Poi,
a mano a mano che ci siamo allontanati dalle esigenze più autentiche
della fede, abbiamo costruito una teologia, una morale, una sociologia
per giustificare una certa proprietà privata. Per carità non facciamo
questioni: altro è il « dominio » delle cose, cioè avere a
disposizione le cose: essere al di sopra; altro è il « possesso »
delle cose: essere legati. Il possesso delle cose esclude gli altri;
solo l'uso delle cose, il godimento delle cose può essere veramente
comunitario. Non entriamo in complicazioni sociologiche. Riflettiamo
guardando noi stessi e le nostre inclinazioni. Richiamo ciò che il
Cardinale Pellegrino ha detto ai nostri sacerdoti: quanta disponibilità
c’è in noi di mettere in comune i nostri soldi? C'è molta strada da
percorrere, sia per essere veramente distaccati, sia per usare in comune
le cose disponibili. Tra le due la più difficile è quella del
distacco. le
fondamenta da scavare Alla luce di queste
riflessioni, come si impone all'evidenza che non si può essere perfetti
nell'amore e testimoniare il Regno di Dio senza il distacco che operano
la povertà, la castità e l'obbedienza! Prendiamole sul serio queste
cose per non parlare dilettantisticamente di vita comunitaria. Per lo
meno prospettiamoci questi problemi e disponiamoci a compiere qualche
passo concreto. Sarà il prestare un libro, sarà il disfarsi di una
cosa cara. Guardate che adesso, che non possedete niente, tutto appare
facile, domani le cose si faranno più complicate. Il nostro egoismo possessivo
riguarda anche le persone; questo non esclude le amicizie, anzi la vita
comunitaria ha i suoi inizi in forme ristrette di amicizia; ma
attenzione: quando in una amicizia fa capolino e poi si afferma la
gelosia
non c e più niente di comunitario. L'educazione all'amore
incomincia dalla amicizia. Una persona che non è capace di amicizia
non è umana. San Paolo per bollare il disordine morale dei pagani, li
definisce « privi di affezione », 12
gente senza cuore, incapace di affezionarsi. L'amicizia che è sintonia di
gusti, di modi di vedere, di aspirazioni, ecc., non deve essere
soffocamento
della personalità: ognuno deve rimanere se stesso. L'amicizia deve servire ad
essere più aperti verso gli altri : volere bene agli altri insieme,
essere
disposti non solo a lasciare entrare qualche altro nell'ambito della
propria amicizia, ma essere invitanti, essere contenti che il circolo si
allarghi e poi, tenuto conto che ciò che costituisce una vera
amicizia non può allargarsi all'infinito, essere aperti anche ad
altri gruppi di amici. Il fatto più naturale lo riscontriamo nella
famiglia
che è la comunità ideale, la quale, se è veramente cristiana, è
aperta alle altre famiglie. La via normale per costituire anche le
nostre comunità parrocchiali è quella delle famiglie autenticamente
comunitarie, veramente aperte fra di loro. Questo si deve verificare nel
nostro ambito ecclesiale, nell'ambito del presbiterio, nell'ambito di
quelli che attendono di entrare nel presbiterio. Capite come queste cose
siano importanti non solo per appartenere alla chiesa e quindi per appartenere
al popolo della salvezza, ma per essere chiesa, per essere edificatori
della chiesa. Tutto ciò che Dio, per mezzo
di Gesù Cristo, sotto l'azione dello Spirito Santo, ha costituito in
mezzo al suo popolo assume un carattere sacramentale di segno e di
strumento. Se Gesù Cristo dice: « che siano una cosa sola, come io e
te, o Padre, affinché il mondo creda », 15 vuol dire che l'unità fra di noi, nel pensiero di
Gesù Cristo, è istituzionalizzata per essere segno e strumento di unità. Come si edifica l'unità in
mezzo agli altri? Con la nostra unità. Quei fenomeni ecclesiastici per
cui ognuno predica per conto suo, ognuno fa direzione spirituale secondo
le sue inclinazioni, ognuno fa la liturgia secondo il proprio estro,
ognuno imposta l'azione pastorale secondo il proprio punto di vista,
ecc., non sono per la edificazione del Corpo di Cristo: « Se c'è un
unico corpo c'è un unico Spirito » 14 e
l'unico Spirito non può che diffondere un unico amore, una unica carità,
anche se i doni sono vari. E' questo amore che deve raggiungere tutti
gli strati della chiesa, tutti gli strati dell'umanità, deve essere
segno, il segno visibile in coloro che hanno un ministero nella chiesa. Raccogliamoci come gli
apostoli, come i discepoli che erano perseveranti nella preghiera e
nell'ascolto della Parola con Maria madre di Gesù; fermiamoci a
riflettere su questi impegni così seri della nostra vita che hanno la
loro sorgente, il loro modello nella vita stessa di Dio, che
corrispondono
al disegno della volontà di Dio di fare di noi tutti una cosa sola e
che ci impegnano, da una parte a liberarci dal nostro egoismo e dall'altra
a sviluppare giorno per giorno la nostra carità. |