La Parola del Vescovo.
Miei cari Sacerdoti,
vorrei che consideraste la Rivista come un mezzo per stabilire più frequenti contatti tra noi, e che questi favorissero quella costante unione di intenti e di opere tra il Vescovo e i suoi Sacerdoti che sta alla base di ogni buona riuscita del lavoro apostolico nella Diocesi. Come ebbi a dichiarare fin dal nostro primo incontro e più volte in seguito ho ripetuto, ogni attività pastorale del Vescovo rimane pressocché infruttuosa se non è disposata e irradiata dal ministero più vasto dei Sacerdoti.
Tagliate ad un uomo le braccia: se pure gli rimangono energie, egli non potrà più impiegarle nel lavoro; tagliate i rami ad una pianta e, per quanto rigogliosa non darà più frutti.
Tutti voi riconoscete che, tolta la inesattezza propria di ogni paragone, siete le braccia di cui la Chiesa ha bisogno per svolgere la sua attività e i rami che devono portare i suoi frutti.
E come importa essenzialmente alle braccia e ai rami di rimanere uniti al corpo ed al tronco per poter vivere oltre che operare e I dare frutti, così è condizione di vita e di fecondità l’unione dei Sacerdoti alla Chiesa mediante il loro Vescovo.
Ritengo opportuno richiamare per me e per voi questo punto fondamentale della dottrina sul Sacerdozio proprio nel mese dedicato al Sacro Cuore perché è dal Cuore di Gesù che parte il richiamo ai suoi Apostoli: « Manete in dilestione mea » ( Go, 15, 10).
Per noi non ci può essere altro amore: è tanto chiaro. Però non ribadisce soltanto I’esclusione di altro amore il richiamo di Gesu, ma positivamente insiste perché sia attivo l’amore per Lui. Gesù nello stesso colloquio in cui invita gli Apostoli a rimanere nel suo Amore, prega: « Ut unum sint » ( Gv 17; 22). Dinnanzi al suo sguardo è chiara la costituzione gerarchica secondo la quale ha stabilito di costituire la Chiesa, sua Sposa, e il grado di unione che per Essa desidera Egli la ricava dall’unità delle Divine Persone: « Sicut et nos unum sumus » (Gv 17, 22).
Gesù dice ancora: “qui manet in Me et Ego in eo, hic fert fructum multum” (Gv 15, 5) e « posui vos ut eatis et fruetum afferatis » ( Gv, 15 16). Dunque la ragion d’essere del prete è che porti il frutto della Redenzione, e il frutto è proporzionato al grado di unione con Gesù, che evidentemente si realizza mediante l’ordine gerarchico stabilito da Lui .
Il Cuore di Gesù fa proprii i sentimenti di un padre per il figlio scialacquatore, conosce l’ansia del Pastore per la pecorella smarrita, ha la sollecitudine trepida della donna per un dragma smarrita, ma quando giudica di un talento non trafficato e di una pianta infruttuosa è solo un Padrone misteriosamente troppo severo.
Così è: preti lo siamo per portare frutti di Redenzione; ma siamo sterili sarmenti se non ci teniamo uniti a Gesù mediante la Gerarehia. Gesù sarà Padre, Pastore e… Mamma quando ci smarrissimo; ma se talenti ed alberi infruttuosi, sarà Padrone inesorabile.
Miei cari Confratelli, come ci deve far bene il ritorno al tema inesauribile della Misericordia di Gesù, in questo mese di Giugno !
È il mese di Giugno dell’Anno Mariano: il Cuore di Gesù ci esprimerà i sentimenti della sua predilezione e della Sua misericordia sotto lo sguardo della Sua e nostra Madre.
Ma non possiamo trascurare la preghiera e l’invito che partono da quello stesso Cuore e che ci sono rivolti sotto lo stesso sguardo materno.
Se i nostri fratelli non conoscono Gesù, prima che d’ogni altro è colpa nostra; se non Lo amano, la prima responsabilità ricade su noi. Dire Messa senza aver fatto il Catechismo, e senza aver confessato è quasi come compiere un atto invalido per difetto di materia: il sacrificio a “mio e vostro ” rimane solo una parola per quelli che da noi avevano diritto di ricevere luce e vita e rimangono per colpa nostra nelle «tenebre della morte ».
Il 25 Giugno si celebra la GIORNATA SACERDOTALE: è la Giornata sacerdotale dell’Anno Mariano. lo penso che tutti abbiamo formulato il desiderio e la speranza che l’Anno Mariano porti frutti di vita cristiana: ma riflettiamo: chi è chiamato a maturare questi frutti?
Non vi paiano troppo insistenti questi richiami: li rivolgo prima a me stesso e voglio sperare che ci troveremo tutti uniti a celebrare la nostra GIORNATA perché il Cuore di Gesù sia consolato ed i frutti della Redenzione, a noi affidata, assicurati per tutti.
Vi benedico con tutto l’affetto.
Carlo Vescovo
Rivista ecclesiastica: maggio 1954
ST 117 Maggio 1954