Temi di studio trattati nel Corso di aggiornamento per sacerdoti diocesani.
Monopoli, 10, 11, 12 Novembre1958
Molti, specialmente tra i giovani, ci sono lontani perché trovano intorno a noi degli ostacoli. Prima necessità: rimuovere gli ostacoli. Molti non conoscono il Cristo e non vivono la fede perché non hanno mai visto i valori cristiani incarnati in una testimonianza di vita. Dovere per noi di dare questa testimonianza autentica, che cioè incarni nella nostra persona e nella nostra azione l’annuncio di una fede personale, di una fede vitale, di una fede esistenziale.
Premessa
Al momento di affrontare il lavoro pastorale di un nuovo anno, è indispensabile richiamarsi alle linee programmatiche fin ora seguite e rinnovare anzittutto gli impegni presi: in particolare quello catechistico e quello liturgico.
La meta dei nostri sforzi rimane immutata: è quella a suo tempo già fissata e con tanto zelo perseguita dal grande Vescovo di Monopoli, Mons. Monterisi: trasformare la religiosità delle nostre popolazioni in vera religione.
Impegno fondamentale ma vastissimo e dagli aspetti molteplici.
Tenendo conto sia di un’esigenza locale vivamente sentita, sia della necessità di unificare e concentrare i nostri sforzi per dar loro il massimo di efficacia, sembra giunto il momento di proporsi più direttamente e in particolare il problema dei giovani, i quali – come più volte abbiamo dovuto constatare – ci sono, nella grande maggioranza, lontani. Lontani non significa ostili, anzi abbiamo motivo di credere che vera ostilità non esista. Tuttavia il nostro ministero non è ancora riuscito a influenzare veramente la loro vita.
Che cosa rimane da tentare?
A quali mezzi ricorrere?
Quali le iniziative da prendere?
Le domande si portano naturalmente sul piano pratico delle iniziative. Ed è un pericolo.
In mezzo al moltiplicarsi di esperienze e realizzazioni nuove, cui oggi assistiamo nella Chiesa, è facile trovare chi giura su questa o su quella, come toccasana di tutti i mali. Si va dagli oratori per la gioventù, ai preti operai, alle varie forme di apostolato d’ambiente, alle scuole parrocchiali.Esperienze che riescono a ottenere buoni risultati, a volte per le condizioni ambientali – favorevoli, più spesso per lo zelo o le capacità eccezionali di chi le ha tentate, vengono accreditate per se stesse e proposte per la soluzione di tutte le difficoltà.
Ci sono infiltrazioni di materialismo, non sempre evidenti, in una simile mentalità, e bisogna guardarsene. Per mettere le cose al loro giusto posto e per fissare l’ordine del nostro impegno, sarà utile pertanto un richiamo ai seguenti principi:
1) le iniziative sono dei mezzi; perciò:
a- non hanno valore assoluto ma relativo; valgono precisamente quanto la persona che li usa;
b- hanno valore intenzionale e strumentale: il loro valore cioè bisogna desumerlo dalla intenzionalità, che è nella mente di Cristo, di servirsene come strumenti;
c- il loro ordine d’importanza, per la stessa ragione, va stabilito in base al posto che occupano in questa intenzionalità.
Poiché Cristo si è definito “Via, Verità e Vita”, verranno in primo luogo le iniziative che sono “Via”: quelle cioè che tendono a dare un modello, una testimonianza, nei quali si possa riconoscere l’esemplarità di Cristo, la testimonianza che Cristo rende al Padre: esse si potrebbero riassumere nell’espressione “vita cristiana”.
Al secondo posto, le iniziative che sono “Verità”, cioè penetrazione e partecipazione sul piano dottrinale dell’Opera redentrice di Cristo: – ed è la catechesi, in tutte le sue forme.
Infine quelle che trasmettono alle anime la Vita soprannaturale di Cristo: liturgia e sacramenti
2)La causa efficiente ha sempre più valore dello strumento; la persona più valore delle iniziative. In ogni caso, il fattore decisivo è costituito dalla persona.
a Nelle iniziative pastorali, le cause efficienti sonò due:
– Gesù Cristo (Causa prima)
– Noi Sacerdoti (cause seconde).
b L’efficienza delle iniziative sta in primo luogo – nel grado di dipendenza e di collaborazione delle cause seconde con la Causa prima. Il nostro ministero sacerdotale è fecondo nella misura in cui siamo uniti a Cristo, aperti alle sue ispirazioni, docili alla sua volontà, (espressa dalla Chiesa), permeabili alla sua Grazia.
c Secondariamente, l’efficienza delle iniziative dipende dalla loro attitudine a inserirsi nella realtà, cioè in quelli che sono chiamati i “centri di interesse”, delle persone che vogliamo avvicinare.
Si parla di iniziative parrocchiali perché oggi è inconcepibile un apostolato che non faccia capo alla Parrocchia o non abbia per scopo di portare ad essa: l’adesione dei battezzati alla Chiesa si esprime concretamente nella Parrocchia e nei confronti di chi ne è il capo: il Parroco.
Si ha presente in modo particolare la situazione dei giovani e delle giovani; ma quello che sarà detto vale in proporzione anche per tutti gli altri, lontani e vicini.
Ciò che più conta è di aver viva la coscienza che non possiamo limitarci a pascolare il piccolo gregge di quelli che abbiamo sempre con noi, disinteressandoci degli altri e che per gli altri, i lontani, l’unico argomento che vale è la nostra vita di fede.
La nostra azione
La nostra azione deve tendere da un lato a rimuovere gli ostacoli che impediscono ai lontani di avvicinarsi, dall’altro a promuovere positivamente la fede per mezzo di una testimonianza personale e ministeriale.
A – Aspetto negativo: rimuovere gli ostacoli
1) Ostacoli che corrispondono ai luoghi Chiese, uffici parrocchiali, canoniche (dove ci sono), sedi di associazioni.
Prima esigenza che si pone per tutti questi luoghi è di essere accoglienti. Essi lo sono in proporzione alla pulizia, all’ordine, alla proprietà d’insieme e di dettagli, con cui si presentano.
Osservare che negli ultimi dieci anni, tutti i luoghi di ritrovo (cinema, circoli, bars…) sono diventati molto più accoglienti e in parecchi casi lussuosi. Anche le case di abitazione sono migliorate. Un progresso enorme, che raggiunge lo sfarzoso e il fiabesco, si nota in quei luoghi che la gente, per così dire, frequenta solo con la fantasia; gli ambienti; che si ammirano al cinema, alla televisione, sui giornali illustrati. In relazione, le esigenze della nostra gente sono aumentate.
Chiese: viene spontaneo di chiedersi che cosa e migliorato nelle nostre Chiese, per es. in fatto di arredamento e di decorazione. La domanda non è trascurabile, certamente c’è gente che rimane lontana dalla Chiesa anche per questi motivi. A volte noi si fa troppo conto di quei pochi che danno fiato alle trombe non appena si tenta di metter ordine e fare un po’ di pulizia; teniamo conto di quelli – e sono la grande maggioranza – che tante cianfrusaglie le hanno buttate da tempo fuori di casa loro e mal le sopportano nelle Chiese.
Uffici parrocchiali: poche parrocchie dispongono di un ufficio vero e proprio. Spesso lo si fa coincidere con le sagrestie, aperte all’andirivieni di chiunque. Non è una soluzione accettabile, se non in via provvisoria. Molta gente in parrocchia può avere una vera necessità di conferire con il Parroco in forma riservata: ha il diritto di poterlo fare senza essere controllata. In molti casi, non sarebbe difficile ricavare dai locali della parrocchia un ambiente, almeno passabile, da destinare a questo uso.
Associazioni: vale quanto detto sopra per le chiese: pulizia, ordine e proprietà nelle suppellettili, anche se poche e povere, devono farne dei locali accoglienti.
2) Ostacoli che corrispondono alle funzioni:
Le funzioni liturgiche, se non sono celebrate con la dignità e compostezza volute dalla Chiesa, possono diventare un ostacolo e un motivo di scandalo. Avviene che molta gente frequenti la Chiesa solo quando, per un insieme di circostanze, le funzioni liturgiche sono più disturbate o strapazzate, cioè in occasione di matrimoni, battesimi e funerali. Non si tratta di fatalità! Basterebbe un po’ di energia e di buona organizzazione per eliminare molti inconvenienti.
Il richiamo vale per tutte le funzioni liturgiche. Non può più esserci dubbio che l’apostolato liturgico sia oggi di primo piano. Nel magistero di un grande Pontefice come è stato PIO XII, l’Enciclica “Mediator Dei” sulla liturgia, ha certamente un posto di primissimo piano. Da essa hanno preso ispirazione e impulso i molti e interessanti movimenti liturgici che abbiamo visto fiorire in Italia e all’estero in questi ultimi anni. Di qui, in particolare, sono nati i direttori nazionali e diocesani, per la partecipazione attiva dei fedeli alla Santa Messa, cui si aggiungono ora autorevolmente le “Istruzioni liturgiche”, ultimo documento ufficiale di Pio XII, che ne ha dato la speciale approvazione. E’, in misura notevolissima, per merito di tutto questo che molti, battezzati e non, sono venuti a contatto con i tesori della nostra fede e ne sono stati conquistati.
Se la Chiesa dà tanta importanza alla liturgia come mezzo di apostolato e se i frutti di questo orientamento sono evidenti, nostra costante preoccupazione dev’essere di valorizzare sempre meglio le funzioni liturgiche per avvicinare le anime a Dio.
Si tratta, anzitutto, di escludere certe pratiche che sono in contrasto stridente con lo spirito della liturgia e certe deformazioni che possono essersi abusivamente introdotte negli atti liturgici; questi, poi, si tratta di farli bene: la compostezza della nostra persona, la gravità dei gesti, il raccoglimento devono esprimere ai fedeli la maestà divina del mistero che si compie tra le nostre mani.
Al medesimo fine devono cospirare tutti gli elementi che formano come il quadro del rito e servono ad esso:
la parola del commentatore
la presenza del piccolo clero,
l’esecuzione dei canti.
Circa i canti: devono essere esclusi tutti quelli che, per le parole o per la musica, non siano confacenti alla dignità del tempio e dei riti. L’importante non è di poter contare sopra un vasto repertorio, ma che i canti, anche pochi, siano ben scelti e meglio eseguiti.
3) Ostacoli che corrispondono alle persone.
Le persone che ci stanno più vicine possono intralciare o screditare in vari modi il nostro lavoro pastorale, con la loro condotta riprovevole.
La missione che svolgiamo ci pone sul candelabro e la questione di chi ci frequenta non può essere indifferente. Dobbiamo conoscere bene queste persone, per quello che sono e non solo per quello che ci dimostrano, sapere chi è che si vanta della nostra fiducia, chi è che di fatto la ottiene. È chiaro che la nostra fiducia la dobbiamo concedere solo a persone – oneste e serie, – professionalmente competenti e quotate, – sinceramente religiose e devote: a Dio, alla Chiesa, a noi.
Personaggi politici: se non si tratta di elementi sicuramente onesti, non è morale appoggiarli, a qualsiasi partito appartengano.
E’ stato notato che non è raro il caso di persone che frequentano la S. Comunione e lasciano evidentemente a desiderare circa i loro doveri morali; inoltre che la pratica della Comunione frequente è assunta come criterio di giudizio della moralità di una persona.
La risposta è stata ricavata dall’insegnamento dei moralisti, i quali, rifacendosi ai documenti della Chiesa, sono concordi nell’affermare che, per la Comunione frequente, oltre allo stato di grazia, è necessaria la retta intenzione: questa consiste nell’esclusione di motivi puramente umani e nello sforzo sincero di soddisfare il desiderio del Signore, per unirsi più intimamente con Cristo e per trovare nella S. Comunione un rimedio contro le proprie debolezze e miserie (Robeiti, Dizionario di Teologia Morale),
E pertanto la Comunione frequente potrebbe essere un buon criterio di giudizio sulle persone se si potesse ritenere che i confessori abbiano presente il loro diritto e dovere di ammettere alla frequenza della S. Comunione soltanto chi animato da evidente retta intenzione.
Perciò si richiamano insistentemente i confessori all’obbligo che loro incombe di assicurarsi che esista una condizione senza della quale chi si comunica, oltre essere colpevole di irriverenza verso un Sacramento, va contro le intenzioni della Chiesa.
Il mezzo più sicuro, è l’abitudine da parte del Confessore di esaminare il penitente sul cosiddetto esame particolare, così che questi si senta veramente impegnato, da una confessione all’altra, a un serio sforzo di migliorare se stesso, in modo concreto e determinato.
Carlo Ferrari Vescovo
Stampa: ST 143 bollettino diocesano Novembre 1958
ST 143 Lontani 1958