è animata dalla sua realtà teologica di comunità di fede, di culto, di carità
La parola del vescovo
Miei cari Sacerdoti,
Grazie a Dio, al freddo di questi mesi si è contrapposto il fervore di una bella serie di iniziative e di attività del nostro ministero pastorale:
–le tre giornate di studio a contenuto biblico, liturgico e catechistico,
–I’incontro con i Parroci in preparazione della Missione;
–due convegni di vice-Parroci caratterizzati da molto impegno;
–tre giornate di meditazione e di studio su problemi sociali per futuri dirigenti;
–I’inizio della Scuola per catechiste, ecc.
Ciò che caratterizza queste iniziative e queste attività è la preoccupazione e lo sforzo di arrivare, attraverso lo studio e quindi la convinzione, alla scoperta di quelle idee-base su cui impostare solidamente il nostro ministero: così che l’insegnamento religioso, I’apostolato biblico e liturgico, e qualsiasi altra attività siano rette da queste idee e conducano a raggiungere lo scopo di cui quelle idee sono matrici.
L’ambiente e lo strumento dove tutto si concretizza e si attua è la Parrocchia, cellula insostituibile della vita della Chiesa, essa stessa Chiesa concreta animata dallo Spirito Santo, con a capo Gesù Cristo, sotto la guida visibile della Gerarchia.
Lo scopo è questo: “la salvezza”.
Le idee sono queste: da una parte Dio che vuole la salvezza; Dio che prepara la salvezza; Dio che opera la salvezza; Dio che compie la salvezza. Dall’altra, l’uomo che ha bisogno di salvezza e che può salvarsi. Tra questi due, Dio e l’uomo, il ministero della salvezza, cioè la Chiesa, noi, I’apostolato, la Parrocchia, La Parrocchia nella sua determinazione giuridica, animata dalla sua realtà teologica di comunità di fede, di culto, di carità.
La comunità parrocchiale che testimoni, nel senso completo della parola, una fede personale, vitale, progrediente, essenziale; la comunità parrocchiale, vero popolo eletto, plebe santa di Dio, che intorno all’altare risponde alla chiamata di Dio con un culto perfetto che si appoggia all’unico mediatore, Gesù Cristo, e si offre con Lui nell’anelito di essere in Lui ricapitolata e divenire senza macchia e senza ruga, ma santa e immacolata; la comunità parrocchiale infine che attua la preghiera sacerdotale di Gesù: “Ut omnes unum sint”.
Viste così le cose, è facile situare al posto giusto e nei giusti limiti il ministero pastorale. Esso sta tra Dio che salva e l’uomo che ha bisogno di salvezza; quindi non al posto di Dio e non al posto dell’uomo: è Dio che salva, è l’uomo che si salva. Il ministero deve essere fedele nei riguardi di Dio: non tradire il pensiero di Dio, non falsare la sua volontà, non impedire la sua azione; deve essere al servizio dei fratelli: non dominarli, non asservirli, aiutarli a rispondere liberamente, con impegno a Dio.
Cari Sacerdoti, ho abbozzato il “punto” sulle idee che da tempo stanno al centro delle nostre attenzioni; sugli orientamenti verso cui tentiamo di ordinare i nostri programmi; sulle iniziative che, grazie a Dio, stanno prendendo consistenza. L’ho fatto nel tentativo di mettere maggiormente a fuoco la meta che stiamo perseguendo allo scopo di aiutarvi ad evitare ogni dispersione e a trovare più facilmente un orientamento in tutto quello che fate.
Coraggio, perseveriamo con fiducia !
Vi devo poi riferire che l’incontro separato dei Parroci di Monopoli e Polignano del 29 gennaio u.s. e di quelli di Fasano e Cisternino del 2 corr. sull’ argomento delle Missioni da celebrarsi in tutte le Parrocchie della Diocesi ha dato un identico risultato.
Ci si è trovati d’accordo sulla necessità delle Missioni, sulla opportunità di un tipo di Missione che si intoni alle esigenze della pastorale di oggi e che segni l’inizio di un movimento pastorale che il ministero parrocchiale ordinario sia in grado di continuare, e a questo scopo, in linea di massima è stato trovato opportuno il materiale che era stato messo a disposizione in precedenza.
E’ apparso più che evidente come i più impegnati in questo tipo di Missioni siano i Parroci ed i loro collaboratori, non solo perché richiede una lunga e seria preparazione, ma sopra tutto perché ne sgorga un impegno di continuità a cui nessuno può sottrarsi, pena il fallimento dell’iniziativa.
Abbiamo rimandato ad un prossimo incontro lo studio e le discussioni sulle iniziative da prendersi per la preparazione remota delle Missioni.
Passando dai nostri problemi, che pur essendo comuni a tutto il mondo, potrebbero avere anche aspetti particolari, ai problemi della Chiesa universale, penso che non vi sarà sfuggito di rilevare come la caratteristica gioviale serenità del Santo Padre Giovanni XXIII, sia andata man mano velandosi di una vena di mestizia da cui trapela quanto debbano essere gravi le pene che Egli soffre come partecipazione ai dolori degli uomini di tutto il mondo, e specialmente di tutti quelli che patiscono per la Fede.
I suoi richiami, pur nel consueto tono di moderazione, diventano sempre più toccanti e insistenti ed espliciti: è in atto la persecuzione più vasta e più spietata che la storia ricordi; centinaia di milioni di creature umane sono impedite di professare la loro fede, e sono poste nell’alternativa, materialmente vantaggiosa, di rinnegarla; la professione della fede è perseguita dai supplizi più raffinati.
D’altra parte il mondo minaccia di cadere sotto l’effetto ipnotico della così detta distensione, col grave pericolo di dimenticare chi soffre e perché soffre, con le inevitabili conseguenze.
E’ estremamente urgente avere una coscienza netta della gravità di queste situazioni in cui si trovano tante nazioni; è compito nostro poi di scuotere la sensibilità dei nostri fedeli e richiamarli a questa dura e innegabile realtà. C’è una parte dell’umanità che in questa forma cruenta completa nella propria carne la passione di Gesù Cristo, forse per la salvezza di quelli che abusano del dono della libertà di professare la propria fede. Chi rimane insensibile, indifferente, inerte non è degno di appartenere a Gesù Cristo, dal momento che non partecipa alle sofferenze delle sue membra.
Approfittiamo di tutte le occasioni per denunciare i persecutori e ricordare i perseguitati. Il nostro linguaggio sia piuttosto l’espressione di una preoccupazione accorata che di un atteggiamento polemico; riferiamoci a dati e fatti e più di una volta ripetiamo che anche Gesù Cristo è stato condannato per motivi…. politici!
In un incontro coi Parroci della città sono state proposte le seguenti iniziative al fine di sensibilizzare e tenere desta la coscienza dei fedeli e di ricordare quelli che soffrono:
1 ) dedicare alla Chiesa del silenzio l’Ora Santa precedente il primo. Venerdì del mese;
2) offrire per lo stesso scopo una giornata delle Quarant’Ore;
3) recitare ogni sera un’Ave Maria per chi soffre per la Fede al termine del Santo Rosario;
4) Inserire nella bacheca delle segnalazioni cinematografiche i ritagli di giornali recanti notizie sulla Chiesa del silenzio.
Questo particolare si ricollega a un ultimo pensiero che voglio esprimervi in queste note: il problema della stampa nostra. Noi e i nostri fedeli abbiamo bisogno di essere continuamente informati e informati rettamente sugli avvenimenti che interessano la vita della Chiesa. E’ perciò indispensabile essere informati dalla nostra stampa; quella così detta indipendente o non informa o informa troppe volte con una sola indipendenza: quella dalla verità.
Perciò permettete che insista a raccomandarvi l’abbonamento e la lettura e la diffusione dei nostri quotidiani e dei nostri periodici lo non esprimo giudizi sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”; sta pero di fatto che se si legge solo quella e troppo assiduamente quella, si finisce di non vedere più le cose con occhio cattolico.
Vi auguro buon lavoro e vi benedico.
Monopoli, 2 Febbraio 1960
Carlo Ferrari -Vescovo-
Stampa: Bollettino diocesano, n.148, Febbraio 1960, pag. 26-28
ST 148 Febbraio 1960