La parola del Vescovo
Carissimi,
due grazie mi ha concesso il Signore in quest’anno, di visitare il suo Paese e d’incontrarmi col suo Vicario.
Voi siete già stati partecipi di queste grazie perché ciò che arricchisce la mia anima vi appartiene, poi perché il mio ricordo per tutti voi, nei Luoghi Santi come al momento della benedizione del Papa, è stato vivissimo.
Ora vi comunico anche qualche impressione che si è associata a coteste grazie affinché comprendiate cosa può significare un pellegrinaggio in Terra Santa e una udienza dal Papa, così che questi avvenimenti siano anche per voi un arricchimento di vita religiosa.
La Provvidenza ha disposto ogni cosa perché tutto fosse più fruttuoso .
Da tempo, per ragioni pastorali, mi stavo interessando più attentamente alla Bibbia: I’apostolato liturgico, una predicazione più concreta e genuina, la campagna sulla Bibbia richiamavano necessariamente lo sfondo geografico, teatro dei Misteri della nostra Redenzione. Questo fece sì che ci fosse nella mente qualche cognizione in più di geografia e topografia biblica e nel cuore il desiderio più insistente di vedere quei luoghi.
Devo però constatare che il frutto di un pellegrinaggio in Terra Santa è piuttosto proporzionato allo spirito di fede che ci accompagna. Tutto in quei luoghi è così legato al mistero dell’azione di Dio nel mondo, che solo la fede ne può percepire la presenza e riportarne le giuste impressioni.
Ho messo piede nell’Egitto dei Faraoni, sugli itinerari dei Patriarchi; mi sono spinto fino ai cedri del Libano, ho sorvolato il monte Hermon, ho attraversato il deserto, sono stato sulla riva del Giordano, ho toccato l’acqua del Mar Morto; ho incontrato gente di tutte le lingue, ho visto gli abitanti del deserto, di Gerico, di Betlemme, di Betania; ho visto gli arabi, gli ebrei e i samaritani.
Sono entrato nel Santo Sepolcro; sono salito al Calvario, sono sceso al Getsemani, sono entrato nella Grotta di Betlemme.
Tutto può essere decisamente sconcertante. O si è condotti da un motivo di fede e allora se ne esce fortemente irrobustiti; ma chi si aggira con altri occhi, tolto il colore esotico, non vede più niente.
Forse non è esagerato affermare che la Palestina è talmente associata al mistero cristiano da diventare luce, grazia e soavità per il povero e per il credente, tenebra e sconcerto per il presuntuoso.
Si può dire che anche il paesaggio sia trascendente e ogni luogo più è sacro e meno è devoto: pare che tutto rifletta la mancanza di unità nella fede e nei cuori degli uomini.
Il giorno 13 luglio ho celebrato la Santa Messa all’altare della Crocifissione sul Calvario. Veramente i miei piedi posavano sul posto stesso dove Gesù fu inchiodato, ed Egli era presente di una presenza reale nel mistero del Sacramento.
Questa singolare coincidenza di una realtà storica e topografica e di una realtà personale e sacramentale costituisce l’esperienza più straordinaria di un soggiorno in Palestina.
Incontrare Gesù Cristo vivo e attuale, circoscritto dalle apparenze sacramentali, negli stessi luoghi della sua vita terrena è certamente una singolare avventura.
A Betlemme ho celebrato a mezzanotte del giorno 14 luglio. Un viaggio nella solitudine della notte da Gerusalemme a Betlemme sotto un cielo stellato è già fortemente evocativo; ma trovarsi con pochissime persone nel cuore della notte nella santa Grotta e leggere il Vangelo di Natale in attesa di adorare Gesù presente nel luogo della mangiatoia produce un turbamento che commuove oltre ogni dire. Quale sarà stata l’esperienza della Madonna !
Ho pure celebrato al Santo Sepolcro, al Getsemani, alla Flagellazione, e alla Coronazione di Spine; però, dopo le emozioni di una Messa al Calvario e a Betlemme si sente il bisogno di sostare, di dare tempo a un carico troppo imponente di grazia di penetrare fino in fondo all’anima. Non si è più curiosi di vedere altro, si sente il bisogno di pregare; che cosa può ancora interessare quando si custodisce la certezza di aver incontrato il Signore?
Un dotto Padre francescano che da trent’anni studia ogni pietra della Palestina è solito rispondere alle domande curiose dei pellegrini: la Palestina assicura due cose, che Dio c’è e che il suo Figliuolo è venuto a morire per noi.
La prima santa Messa che ho celebrato in Palestina a Gerusalemme, sul Calvario, I’ho applicata per il Papa; non ho trovato una intenzione più conveniente per il frutto di quella Messa per me tanto preziosa. Del resto il Calvario, la Messa, la Chiesa appartengono talmente ad un unico Mistero che non si possono dissociare.
Devo quindi confessare che se dalla Palestina sono tornato con una fede più robusta, di altrettanto si è accresciuta la mia devozione per il Papa.
Come è nella esigenza del Mistero cristiano, in Terra Santa si sente il bisogno di trovare il Papa per trovare con sicurezza lo stesso Gesù Cristo.
Può sembrare paradossale ma è vero. La Palestina ha senso in quanto è stata il teatro delle manifestazioni di Dio, il quale si è stabilito nella storia del suo popolo per salvarlo. Quando la salvezza è giunta con la presenza in terra del Figlio di Dio, e tutti i popoli sono stati chiamati alla fede, era indispensabile che tutti potessero sapere con certezza dove trovare e ricevere la salvezza di Dio. Ecco la necessità della Chiesa, la nuova Terra Promessa, la nuova Gerusalemme, col nuovo Altare, la nuova Legge, i nuovi Profeti.
II Dio di Abramo e di Mosè, il Padre di N. S. Gesù Cristo ha sempre voluto che la sua Parola giungesse agli uomini senza equivoci, e del resto gli uomini hanno bisogno di certezze per poter impegnare la propria vita.
La Chiesa è la Roccia, la Colonna, il Fondamento, la Luce che mette al sicuro la fede degli uomini.
Non esiste nessun punto sulla terra dove ci siano più confessioni di fede nel Dio Abramo come in Palestina. Ebrei, cristiani, mussulmani adorano lo stesso Dio, venerano gli stessi luoghi e hanno dietro di se la più umiliante storia di odi, di lotte e di divisioni.
La Palestina è la dimostrazione più evidente di come si possa credere in un Dio solo e non conoscere la sua verità e la sua volontà; di come si possa invocare Dio come Padre e non essere per niente fratelli; anzi di credere di far cosa gradita a questo Padre odiandone i figli.
Va appena rilevato che ciò che si osserva per le tre grandi religioni monoteistiche, si applica pure alle diverse confessioni cristiane.
Ecco perché proprio in Palestina si sente il bisogno del Papa.
Non per niente molti ritengono che proprio il Papa attuale ha pensato a un Concilio Ecumenico, perché fu tante volte testimone di ciò che accade nel Medio Oriente.
Vi sarà facile quindi intuire che cosa poteva significare per me una udienza privata dal S. Padre, in queste condizioni di spirito.
Dal momento che ricevetti il telegramma che mi comunicava il giorno e l’ora dell’udienza, mi sentii preso da un sentimento indefinibile: non avevo niente da chiedere o da dire al Papa; il solo fatto di vederLo con gli occhi e di sapere che vedevo il Vicario di Gesù Cristo ne era il motivo.
La fede in una parola, in una cosa, in un fatto lascia delle vie di scampo, la fede in una persona è senza scampo. Io so, senza possibilità di equivoci, ciò che Dio dice, ciò che Dio vuole da me.
Ecco Dio! Dio che entra nel concreto della mia persona e impegna la mia scelta, faccia a faccia. Tutto molto bello perché io sono al sicuro, ma terribilmente impegnativo perché non c’è più posto per le evasioni.
Quando il Papa è apparso e mi sono inginocchiato davanti a Lui e Gli ho detto chi sono, tutto è diventato molto semplice, come sono semplici le cose autentiche di Dio.
Per Giovanni XXIII è cosa semplice anche fare il Papa: bisogna soltanto essere disponibili, poi c’è Dio, la Sua Provvidenza, cioè la Sua presenza nel mondo che salva il mondo.
La mia è stata una udienza singolare: per ragioni di tempo siamo stati ricevuti contemporaneamente nove Vescovi; dopo le presentazioni di rito, il Papa invece di trattenerci i soliti dieci minuti, ci ha intrattenuti circa un’ora.
Che cosa ha detto il Papa?
Ciò che Gesù Cristo avrebbe detto con i suoi Apostoli!
Penso a come sarebbe stato edificato il mondo se avesse assistito a quell’incontro del Papa con suoi Vescovi, dove si è parlato del Regno dei Cieli!
Carissimi, vi ho scritto queste cose alla vigilia delle feste natalizie, mentre per tutti si prepara nella fede un incontro con Gesù, una volta nato a Betlemme e che ora vuole nascere in ognuno di noi nella Sua Chiesa.
Solo nella Chiesa si incontra Gesù di Betlemme e la certezza della sua verità e la sicurezza della sua grazia che ci salva.
Difendetevi dalla suggestione dei miti, delle leggende, delle tradizioni che per troppi sono gli unici valori del Natale; mettetevi faccia a faccia con Nostro Signore che in un punto geografico determinato della Terra e in momento preciso della Storia è venuto nel mondo e che nella concretezza del mistero della Chiesa rimane fra noi, ci rivolge le parole che illuminano e ci comunica la vita che salva.
Vi auguro di trovarvi così per Natale: coscienti della grandezza del mistero, impegnati in una risposta personale alla vocazione di figli di Dio.
Per questo vi benedico con tutto il cuore.
Carlo Ferrari – Vescovo –
Stampa: Bollettino Diocesano di Monopoli, Dicembre 1961 Pag. 11-15.
ST 153 Dicembre 1961