Betania di Vische 5 – 6 – 63
Introduzione Il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo é il Concilio di Papa Giovanni XXIII°. Coronerà il suo Pontificato nel senso di esprimerne l’insegnamento, lo spirito e lo stile. E’un atto di vitalità della Chiesa di oggi: dello Spirito Santo e del Corpo Mistico di Cristo.
Ecco allora alcune conseguenze:
I) Il Concilio Ecumenico Vaticano II° é innegabile che abbia una finalità e un metodo pastorale, un centro focale che s’appunta sulla Chiesa e una meta ecumenica;
2) è normale che, ciò che lo Spirito Santo dirà ufficialmente nel Concilio, lo andasse già suggerendo, da tempo, nella sua Chiesa, per esempio: a S.Margherita o a madre Margherita, e che nell’ambito della Chiesa si stesse in ascolto e si rispondesse a ciò che lo Spirito Santo “suggeriva”;
3) la Dottrina e l’Opera dell’Amore infinito si inquadrano in modo mirabile e nei “suggerimenti” dello ‘Spirito Santo e nelle direttrici del Concilio.
Io tenterò di far rilevare che:
a) la Dottrina dell’amore infinito è la chiave di soluzione del problema pastorale;
b) la Dottrina e l’Opera sul Sacerdozio, proposte da madre Margherita vanno alla radice per la soluzione dei problemi di una Chiesa per il mondo di oggi ;
c) l’Opera dell’Alleanza è un seme autentico di ecumenicità.
La mia non è una trattazione, né una esposizione, ma una serie di indicazioni.
I° La Dottrina dell’Amore infinito é la chiave di soluzione del problema pastorale.
Il punto critico della prima sessione del Concilio è stato evidentemente il problema pastorale: come presentare il messaggio cristiano al mondo di oggi.
Papa Giovanni conosce il mondo in cui vive, conosce di persona gli uomini di Chiesa e le correnti di pensiero teologico che circolano con più insistenza nella cristianità; quando ha indetto il Concilio sapeva chi avrebbe preso la parola e che cosa avrebbe detto.
Dal canto suo c’é tutto un comportamento che in determinata misura ha del profetico: il contatto con i fedeli, le espressioni della bontà più paterna; c’é tutto un insegnamento che pone con instancabile insistenza l’accento sullo aspetto pastorale del suo “umile servizio pontificale”. Ricordo la visita alle carceri, ai nosocomi, le stazioni quaresimali, le udienze, le apparizioni alla finestra del suo studio.
Alcune citazioni del suo magistero:
“Pensiamo al Concilio” nell’epoca moderna di un mondo dalla fisionomia profondamente mutata, e sorreggentesi a fatica fra i fascini e i pericoli della ricerca quasi esclusiva dei beni materiali, nell’oblio o nell’illanguidimento dei principi di ordine spirituale e soprannaturale, che caratterizzavano il penetrare e l’espandersi lungo i secoli della civiltà cristiana…trattasi di mettere in valore e in splendore la sostanza del pensiero e del vivere umano e cristiano, di cui la Chiesa è depositaria nei secoli.
” Per altro la deplorazione dei traviamenti dello spirito umano, tentato e sospinto verso il solo godimento dei beni della terra, che la modernità della ricerca scientifica mette ora con facilità alla portata degli uomini del nostro tempo, è certo grave e anche doverosa. Dio però ci guardi dall’ esagerare le proporzioni fino al punto di farci credere che i cieli di Dio sono ormai definitivamente chiusi sopra le nostre teste …. e che non ci resti ormai altro da fare che cospargere di lacrime il nostro faticoso cammino.
Dobbiamo invece farci coraggio” (Discorso alle Commissioni preparatorie del Concilio, del 14 Novembre 1960″).
Il discorso di apertura del Concilio proclama solennemente: “Questo massimamente riguarda il Concilio: che il sacro deposito della dottrina sia custodito e insegnato in forma più efficace”….”E’ necessario anzitutto che la Chiesa non si discosti dal sacro patrimonio della verità ricevuta dai Padri; e al tempo stesso deve guardare anche al presente, alle nuove condizioni e forme di vita introdotte nel mondo odierno”.
E del medesimo discorso si dovrebbe citare tutto il paragrafo sulla modalità della diffusione della sacra dottrina: “Ciò stabilito diventa chiaro quanto si attende dal Concilio riguardo alla dottrina”….Cioè il XXI Concilio Ecumenico… vuole trasmettere pura e integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti che lungo venti secoli, nonostante difficoltà e contrasti, è divenuta patrimonio comune degli uomini… Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente della antichità, ma di dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera che la nostra età esige, proseguendo così il cammino che la Chiesa compie da venti secoli.
” Il puntum saliens di questo Concilio non é quindi la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa, in ripetizione diffusa dell’insegnamento dei Padri e dei teologi antichi e moderni quale si suppone sempre ben presente e familiare allo spirito.
“Per questo non occorreva un Concilio. Ma dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della Chiesa nella interezza e precisione…lo spirito cattolico ed apostolico del mondo moderno, attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, in corrispondenza più perfetta di fedeltà alla autentica dottrina, anche questa però studiata ed esposta attraverso le forme della indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno.
“Altra é la sostanza dell’antica dottrina del “depositum fidei” ed altra é la formulazione del suo rivestimento ed é di questo che devesi – con pazienza se occorre tenere conto, tutto misurando nelle forme e proporzioni di un magistero a carattere prevalentemente pastorale.
Come reprimere gli errori:
“…. sempre la Chiesa si é opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora, tuttavia, la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina piuttosto che rinnovando condanne. Non già che manchino dottrine fallaci, opinioni e concetti pericolosi da cui premunirsi e da dissipare; ma essi sono così evidentemente in contrasto con la retta norma dell’onestà ed hanno dato frutti così (?) che ormai gli uomini da se stessi sembra siano propensi a condannarli ed in specie quei costumi di vita che disprezzano Dio e la sua legge, la eccessiva fiducia nei progressi della tecnica, il benessere fondato esclusivamente sulle agiatezze della vita.
“Sempre più essi vengono convincendosi che la dignità della persona umana, del suo perfezionamento e dell’impegno che esige é affare della massima importanza. Ciò che più conta, l’esperienza ha loro appreso che la violenza inflitta altrui, la potenza delle armi, il predominio politico non giovano affatto per una felice soluzione dei gravi problemi che li travagliano.
“Così stando le cose, la Chiesa cattolica, innalzando, per mezzo di questo Concilio Ecumenico la fiaccola della verità religiosa, vuole mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà anche verso i figli da lei separati.
“Al genere umano oppresso da tante difficoltà, essa, come già Pietro al povero che gli chiedeva l’elemosina, dice: Io non ho né oro né argento, ma ti do quello che ho: nel nome di Gesù Cristo il nazareno, alzati e cammina. (Atti 3,6)
“La Chiesa, cioè, agli uomini di oggi non offre ricchezze caduche, non promette una felicità solo terrena, ma partecipa ad essi i beni della grazia divina che, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono validissima tutela ed aiuto per una vita più umana; apre la fonte della sua vivificante dottrina che permette agli uomini illuminati dalla luce di Cristo di ben comprendere quello che essi realmente sono, la loro eccelsa dignità, il loro fine; ed inoltre, per mezzo dei suoi figli, essa estende dappertutto l’ampiezza della carità cristiana, e nulla é più efficace per favorire la concordia, la giusta pace e l’unione fraterna” .
Infine la lettera personale ai vescovi di tutto il mondo del 6-2-63 ribadisce: “Dopo le discussioni, le divergenze della prima sessione: l’essere rimasti e rimanere fedeli alla integrità della dottrina cattolica, secondo l’insegnamento dei Santi Vangeli, della Tradizione, dei Padri della Chiesa e dei Romani Pontefici, é certo una grande grazia ed un titolo di merito e di amore. Ma questo non basta all’assolvimento del precetto del Signore: “Andate ed ammaestrate tutte le genti” (Mt 28,19), sia in quel passo dell’Antico Testamento: “E comandò a ciascuno di essi di avere pensiero del suo prossimo” (Ecclesiastico 17,12).
Mentre poco sopra aveva rilevato: “Ma quale più vasta e ricca speranza e rigoglio di grazie celesti potremo meritare se il moltiplicato ardore della nostra sincera carità verrà sperimentato da tutti coloro che sono chiamati a godere con noi della stessa fede e salvezza in Gesù Cristo, da conseguire nel suo unico ovile “.
E ancora nel discorso del primo Maggio 1963: “La Chiesa…si esprime in un principato di mitezza, di amore, di carità”.
Nel Vaticano II, se le discussioni hanno avuto un apice di tensione, é stato quando si arrivava al punto di decidere un passaggio da una posizione esclusivamente dottrinale a quella pastorale, da una pura fedeltà al magistero alla fedeltà alla missione.
Nell’insegnamento del Papa tutto è molto chiaro e cioè:
1) la dottrina deve essere al sicuro
2) la proposizione deve essere fatta nel modo più efficace per gli uomini di oggi
3) l’ atteggiamento deve essere quello della mitezza, dell’amore e della carità.
Ma quando i Padri si trovano davanti ad uno schema, nascono le perplessità, i timori, i punti di vista; si scoprono facilmente delle mentalità, sorgono indubbiamente delle difficoltà.
A questo punto è indispensabile avvertire che gli uomini si prestano alla dialettica del Concilio, ma é lo Spirito Santo che trova la sintesi.
Un’altra cosa: il Concilio ha, per così dire, liberato e messo in circolazione nell’ambito della Chiesa delle correnti di pensiero che nessuno potrà arrestare: sono il frutto di movimenti che caratterizzano la Chiesa di oggi e hanno avuto la loro sanzione negli atti del magistero pontificio; i movimenti sono quello biblico e liturgico, le correnti di pensiero sono quelle che si rifanno alla teologia biblico – positiva. E’ superfluo dire che si impongono delle riserve.
Ciò che si può accogliere senza riserva é un ritorno alla Bibbia, ai Padri e alla Liturgia; quindi un ritorno al concreto, al personale, all’essenziale.
E’ ritornare a considerare il cristianesimo come un avvenimento che ha all’origine la sovrana e libera iniziativa di Dio e il suo gratuito amore.
La Chiesa é depositaria del messaggio cristiano, il quale può essere oggetto della speculazione umana, che può essere sistematizzato secondo categorie scientifiche e costituire l’oggetto di una teologia speculativa, la quale, infatti ebbe i suoi meriti e avrà sempre la sua funzione; ma il messaggio é affidato alla Chiesa soprattutto per la salvezza degli uomini, i quali hanno bisogno di incontrarsi con persone e di sentirsi amati.
Un Dio personale che li trascende e un amore infinito che li salva é l’esigenza degli uomini di nostri giorni.
Pio XII nell’ “Aurietis aquas”, aveva indicato la devozione al Sacro Cuore come la più corrispondente ai bisogni dei nostri tempi.
A questo punto siete solo invitati a ripensare al messaggio di madre Margherita.
II° La dottrina e l’opera del sacerdozio, proposta da madre Margherita, vanno alla radice per una soluzione dei problemi di una Chiesa per il mondo di oggi.
Nel Concilio Vaticano II° la Chiesa assume decisamente un atteggiamento pastorale, il quale consiste in sostanza in un impegno di evangelizzare al mondo di oggi il mistero dell’amore infinito di Dio.
Un secondo orientamento dalle indicazioni e dalla celebrazione del Concilio é certamente quello missionario.
Se l’orientamento pastorale riguarda soprattutto il messaggio da evangelizzare secondo i criteri della concretezza storica, del contenuto personale e del motivo dell’Amore, quello missionario é l’espressione di una preoccupazione di trovare quasi come lo strumento di cotesta evangelizzazione.
I due motivi sono complementari, anzi ne esigono un terzo: quello ecumenico. Non esiste una pastorale che non sia missionaria, come non conta lo spirito missionario che non vada alla ricerca di strumenti appropriati per tendere alla meta finale: ut unum sint.
E’ risaputo che il Vaticano Secondo sarà definito un Concilio ecclesiologico, come non c’é dubbio che il suo centro focale sia la Chiesa.
Ora la Chiesa se sta al centro di tutti i problemi discussi e da discutere in Concilio; se dal Concilio uscirà una Chiesa meglio definita, e nella totalità del suo mistero, e nella varietà di quelli che la compongono, e nella ricchezza dei suoi poteri, e nella chiarezza dei suoi rapporti interni ed esteriori, questo non avverrà perché vi sia un capitolo più chiaro e più completo di teologia o del diritto canonico, ma principalmente per rispondere ad una esigenza missionaria.
Il cristianesimo é nella sua stessa essenza di natura sacramentale. Cioè, Iddio é entrato nel mondo per salvarlo mediante persone, segni, figure, avvenimenti i quali mentre richiamano dall’esterno l’attenzione degli uomini, dall’altra contengono e manifestano il mistero della presenza e dell’azione dell’amore di Dio.
Sono tre i momenti di codesta sacramentalità che, tanto per intenderci, possiamo chiamare: i profeti, il Cristo, la Chiesa.
I profeti furono il sacramento del futuro dell’intenzione di Dio;
Gesù Cristo è il sacramento della realtà della salvezza,
la Chiesa é il sacramento del Cristo.
A parte altre considerazioni ma, come nel Cristo non si separa la Via, la Verità, la Vita della sua persona, così nella Chiesa non si separano le sue funzioni e la sua finalità dal suo essere. Anzi, come in Cristo non si separa la sua divinità dalla sua umanità, così nella Chiesa il suo configurarsi esterno deve manifestare il suo mistero interiore
E questo non solo per una esigenza di verità e di fedeltà ma, direi soprattutto, per il bisogno che hanno li uomini, vedendo la Chiesa, di sapere chi è, dal momento che solo dalla sua scoperta arriveranno alla scoperta di Dio e conseguiranno la salvezza.
La Chiesa deve manifestare Cristo come Cristo ha manifestato il Padre e, come il Cristo é il verbo del Padre, l’immagine della sua sostanza, lo splendore della sua figura, così la Chiesa in tutto il suo essere deve apparire al mondo come continuazione della presenza e dell’azione dell’Amore incarnato.
Sentite alcune delle innumerevoli espressioni del Papa:
“La Chiesa è la realtà che sfolgora in quest’ora di letizia e di grazia per tutta la umanità. La Chiesa é Gesù che vive nei secoli ” (1-5-1963)
“Il gregge che ti segue docile, o Gesù, e che nel Concilio ecumenico ama tanto vedere riflesso il tuo volto amabile nei lineamenti della Chiesa tua..” (21-2-62)
“Infatti quanto più radioso splenderà il volto della madre Chiesa, con tanto più intenso ardore gli uomini l’ameranno e tanto più docile animo useranno i mezzi della salute da essa offerti ed ubbidiranno alle sue leggi ” (6-8-62)
“Il Signore benedetto aiuterà la Chiesa, che é innanzitutto la sua Chiesa, e ancora la farà apparire “ut signum in gentibus et gloria plebis suae” ( 22-2-62)
“Oh la radiosa bellezza di questa sposa benedetta di Cristo, vestita di gloria…santa ed immacolata” ( 18-5-62)
” Che è mai infatti un Concilio Ecumenico se non il rinnovarsi di questo incontro della faccia di Gesù risorto, re glorioso e immortale, radiante su tutta la Chiesa, a salute, a letizia e a splendore delle genti umane?” (11.9.62).
In aggiunta dell’asserzione che solo la Chiesa nella fedele corrispondenza alle esigenze della totalità del suo Mistero può essere lo strumento insostituibile della evangelizzazione del mondo di oggi, richiamo a una osservazione.
E’ quasi un luogo comune ritenere che i frutti di un Concilio siano legati alla presenza nella Chiesa di un Santo o di più Santi che ne diffondano con il loro esempio e con la loro azione gli insegnamenti e le direttive; è un principio che può contenere del vero; io non intendo discuterlo a fondo. Mi permetto solo di fare notare che nella situazione del mondo di oggi vi é qualche cosa che non si é mai verificato: la scomparsa di ambienti chiusi a fianco di una incoercibile attività di mezzi di comunicazione dalla rapidità sorprendente, a tutti i livelli, per cui, se in passato la presenza di un Santo poteva essere determinante per la vita cristiana, data la delimitazione degli ambienti, oggi che gli occhi di tutti possono appuntarsi, da un istante all’altro, su qualunque punto della terra, è indispensabile che la testimonianza sia data da qualcosa di veramente “cattolico” come può essere soltanto la Chiesa.
Voi conoscete le preoccupazioni di madre Margherita per far conoscere al Mondo i tesori dell’Amore infinito; sapete anche che il Cuore di Gesù le faceva capire con chiarezza che lo strumento più idoneo e insostituibile erano i Sacerdoti.
Permettete allora qualche altra indicazione che aiuti ad intravedere il rapporto tra il pensiero di madre Margherita e l’orientamento ecclesiologico – missionario del Concilio.
Il Concilio più che tendere a una definizione più completa della Chiesa sembra preoccupato di una presa di coscienza della pienezza del suo mistero e della responsabilità indeclinabile di manifestare il mistero di Dio nel mondo di oggi.
Questa tappa non può essere raggiunta se non per opera dell’impegno contemplativo e speculativo dei sacerdoti “primi et secundi ordinis”
Do alcune indicazioni.
La conseguenza più immediata di questa presa di coscienza, é la maturazione di un’altra coscienza: quella di ogni battezzato di non appartenere soltanto alla Chiesa, ma di costituire la Chiesa. Ragione per cui ogni fedele non potrà più guardare la Chiesa come un interesse di Preti, ma dovrà guardare gli interessi della Chiesa come si guardano gli interessi di casa propria.
E’ un senso di famiglia (comunitario) e un atteggiamento di responsabilità (missionario) che deve costituire la meta irrinunciabile della attività pedagogia del ministero pastorale.
C’é poi il paradosso autorità – servizio presente nella stessa istituzione dei poteri della Chiesa; non potrà essere risolto che in un equilibrio di psicologia sacerdotale reso possibile dalla presenza dell’azione della grazia di Dio.
Altro punto che dà il massimo di espressività al “signum” che é la Chiesa nel mondo: la conformità delle membra con il Capo.
Gesù sta sul monte che è la Chiesa e nella persona dei suoi discepoli vuole proclamare dinnanzi al mondo: “Beati i poveri … i mansueti… coloro che piangono… che hanno fame e sete della giustizia … i misericordiosi… i pacifici… coloro che soffrono persecuzione”( Mt 5, 1-10)
Queste ed altro cose le trovate in “Il Sacro Cuore e il Sacerdozio” di Madre Margherita.
III° L’alleanza sacerdotale è un seme autentico di ecumenicità
Madre Margherita scrive: (Al servizio di dio Amore pag. 258)” Gesù mi ha fatto conoscere che vi é un’opera per la quale vuole servirsi dei suoi sacerdoti”
E i sacerdoti di cotesta opera pregano: “Fa che tra noi si stabilisca in modo sempre più perfetto il vincolo della carità e per mezzo di essa si compia in noi quell’unità da te con tanta insistenza domandata al Padre: l’unità degli spiriti. dei cuori. delle opere… O Gesù santificaci nella carità… fa che siamo consumati nell’unità” (Al servizio di Dio Amore Pag. 258).
A pag. 287 di “Al servizio di Dio Amore” leggiamo, quasi in sintesi: “l’opera ha appunto questo scopo. Essa servirà – dice Gesù – ad infondere nel corpo sacerdotale un medesimo spirito, a stabilirvi una maggiore uniformità di vedute ed una più uniforme direttiva di azione”
Ecco alcune indicazioni a conferma della mia affermazione:
1) La preoccupazione del cuore di nostro Signore espressa nella preghiera del Cenacolo riguarda in primo luogo e direttamente i discepoli, di fatto nella storia le divisioni non si sono verificate, almeno inizialmente, nel gregge dei fedeli, ma al livello di quei discepoli per la cui unità Gesù ha pregato.
2) L’unità dei credenti sarà un frutto della comunione dei santi, della validità del Corpo Mistico al quale, in qualche modo, appartengono anche i “separati”; se qualche ganglio del Corpo Mistico sarà particolarmente attivo nel senso dell’unità tutto l’organismo ne beneficerà.
3) Il Concilio ha attivato la preoccupazione ecumenica in quanto ha ridestato la coscienza della responsabilità collegiale dei vescovi e conseguentemente dei sacerdoti di fronte agli interessi della Chiesa. Se i confini (delle diocesi, delle parrocchie) diventassero delle barriere, certamente andrebbero contro la volontà del Signore.
La mia competenza, l’ambito e lo scopo di questa mia conversazione mi impongono dei limiti anche nei suggerimenti pratici; non vi devo spingere ad iniziative che vadano al di là della comune amministrazione; tuttavia, proprio perché appartenete all’alleanza e vivete nella Chiesa del Concilio, non posso fare a meno di raccomandarvi di rendere più efficiente l’alleanza e di abituarvi a vederla, a studiarla e a organizzarla alla luce del Concilio.
C’è qualche cosa di nuovo nel problema ecumenico, che é certamente indicativo per una maggiore efficienza dell’alleanza: é stato definito il “dialogo ecumenico”.
Non é soltanto al livello delle confessioni cristiane che si deve dialogare per conoscersi, per capirci, per esprimerci con più chiarezza, per aiutarci a superare le difficoltà che si oppongono a una certa intesa, ma a tutti i livelli.
La profondità, a saldezza dell’unità della Chiesa da cui, come dalla prima radice, sgorgherà l’unità delle chiese, non deve consistere soltanto in una concordia di idee, di atteggiamenti e di iniziative positiva, frutto di conoscenza, di confronti, di scambi di esperienze.
Per stare in un ambito di concretezza, pensate all’unione europea, al mercato comune, all’emigrazione, al turismo; pensate al problema delle lingue, alla conoscenza degli ambienti umani da cui provengono o a cui giungono i nostri fedeli; al preconcetto tra nord e sud!
Quanta strada da percorrere sulla via dell’unità interna nel senso dell’alleanza!
Dattiloscritto -dal registratore – degli amici di Vische canavese -c’è la stampa –
ST 179 Vische 1963