perché noi partecipassimo
alla vita del Figlio di Dio
Cattedrale di Monopoli, Natale, ore 18,30
Carissimi, cerchiamo di entrare nella realtà del mistero che celebriamo insieme.
Fissiamo l’attenzione della nostra fede sulle indicazioni che ci dà la Chiesa, nostra madre e nostra maestra.
Oggi ogni sacerdote celebra tre sante Messe e in queste tre sante Messe sono messe in evidenza quei brani della Sacra Scrittura che si riferiscono al mistero della nascita di Gesù bambino.
Questa sera avete ascoltato: in quella notte i pastori erano stati avvisati della manifestazione celeste. Gli angeli avevano detto loro che a Betlemme in una grotta avrebbero trovato Maria e Giuseppe e un bambino posto in una mangiatoia. Ed ecco i pastori, prima spaventati della visione, turbati, e poi rasserenati dalle parole dell’angelo dicono l’un l’altro: ” Andiamo fino a Betlemme a vedere l’evento che si è compiuto e che il Signore ci ha manifestato”.
Miei cari, dobbiamo essere capaci di cogliere il realismo del vangelo, cioè come il vangelo ci conduce a toccare con mano gli avvenimenti di una storia che c’interessa, che ci riguarda: ed è la vita su questa terra del Figlio di Dio fatta uomo.
Forse ve l’ ho già detto altre volte. Una delle emozioni più vive che io ricordo è la notte fortunata in cui, proprio a mezzanotte, a Betlemme, nella grotta, ho avuto la possibilità di celebrare la santa Messa e leggere proprio questo brano di vangelo. Prima avevo visto il campo dei pastori; poi mi ero trovato nella grotta e queste parole erano di un realismo impressionante, proprio conturbante. Qui sono venuti i pastori, qui sono stati mandati dagli angeli; qui hanno visto, qui hanno potuto toccare con mano e perciò rimasero pieni di stupore, di gioia, e sono tornati dalla grotta glorificando e lodando Dio per tutto ciò che avevano udito e visto conforme a ciò che era stato loro detto.
E noi con la nostra celebrazione liturgica non facciamo uno sforzo di fantasia o di memoria per riportarci a questo avvenimento. Questo avvenimento é in mezzo a noi. La realtà di questo avvenimento é qui nell’atto della nostra celebrazione liturgica, cioè, il Figlio di Dio che discende, come ha detto Paolo VI pochi giorni fa, i gradini abissali della sua trascendenza per approdare e stabilirsi in mezzo agli uomini. Il Figlio di Dio fatto uomo, è qui in mezzo a noi con il mistero di salvezza, con il mistero di grazia, con il mistero di forza che è destinato alla nostra persona, alla nostra vita, alla nostra esistenza.
San Paolo nell’epistola interpreta uno dei significati del Natale di nostro Signore Gesù Cristo, che è un fatto storico da una parte ed é anche un fatto attuale spirituale, soprannaturale, un fatto di vita, un fatto di esistenza per ognuno di noi. E’ apparsa e si e manifestata la benignità e l’amore per gli uomini di Dio nostro Saltatore a Betlemme e poi a Nazareth e poi nella Galilea e poi nella Giudea, e poi al Calvario, e poi al sepolcro donde il Figlio di Dio esce vincitore della morte.
Questo bambino, Figlio di Dio fatto uomo, nato nella concretezza storica e geografica del nostro mondo, ci dona la salvezza non per il merito di opere di giustizia che noi possiamo compiere, non per i meriti nostri ma per la sua misericordia, quindi per il suo amore infinito mediante il lavacro di rigenerazione e di rinnovamento che é il santo Battesimo.
Parole di S. Paolo: noi partecipiamo alla salvezza – che ci porta Gesù bambino – che ci viene per mezzo del sacrificio della sua croce quando siamo rigenerati nel rinnovamento dello Spirito attraverso il Battesimo, attraverso questa risurrezione che ci fa partecipi della vita stessa di nostro Signore Gesù Cristo.
E continua San Paolo: Gesù Cristo ha effuso il suo Spirito in abbondanza su di noi affinché giustificati dalla sua grazia, noi diventiamo, nella speranza, eredi della vita eterna in Gesù Cristo nostro Signore. Poche considerazioni, miei cari, ma attente, impegnate come è impegnata la vostra attenzione in questo momento. Sia benedetto Iddio!
Noi che veniamo in chiesa per il Natale, veniamo in chiesa per fare qualche cosa, per dare senso alla nostra fede, per dare senso a ciò che facciamo.
Il trovarci qui, davanti all’immagine di Gesù bambino, intorno all’altare, in ascolto della parola che viene annunciata, che cosa significa? Che cosa importa? Importa che il mistero che ci attrae, il Natale, prenda consistenza nella nostra persona, diventi qualche cosa nella nostra vita. Abbiamo chiesto con la preghiera, che abbiamo fatto insieme, che dal momento che siamo irradiati dalla luce di questo mistero, risplenda nelle nostre opere ciò che per la fede rifulge nel nostro spirito. Non devono essere semplicemente dei bei pensieri quelli del Natale, Non devono essere semplicemente dei bei sentimenti. Natale deve diventare una realtà.
Il Figlio di Dio è venuto su questa terra, mandato dal Padre, perché noi diventassimo conformi al Figlio di Dio, perché noi ascoltassimo il Figlio di Dio; perché noi partecipassimo alla vita del Figlio di Dio. Dietro a questa immagine di Gesù bambino, dietro l’episodio della natività di nostro Signore Gesù Cristo a Betlemme c’è tutto un piano della vera infinita sapienza di Dio e del suo amore incontenibile che si riversa sugli uomini, perché gli uomini accolgano il Figlio suo, lo lascino penetrare nella loro persona con la sostanza della sua divinità, per diventare a loro volta, figli di Dio.
Miei cari, la preghiera, l’unica preghiera che ci ha insegnato Gesù Cristo è il Padre nostro. Che significato avrebbe dire Padre, se dall’altra parte, da parte nostra, non ci fosse una figliolanza? Non una figliolanza fittizia? Non una figliolanza così, per modo di dire? Non una figliolanza spirituale che, per essere spirituale, diventa evanescente; ma una figliolanza reale che deriva da una vita, da una vita che ci porta il figlio di Dio fatto uomo perché gli uomini diventino figli di Dio; da una sostanza che ci porta il Figlio dell’uomo che prendendo la nostra sostanza ci comunica una partecipazione misteriosa alla sua stessa vita.
Questo, miei cari è il significato del Natale.
Allora vuole dire che a Natale noi dobbiamo nascere, ma ripeto: non semplicemente in una rinfrescata di pensieri buoni, ma in un rinnovamento interiore che sia opera, sì della nostra buona volontà, sì della nostra corrispondenza, sì della nostra fede, sì della nostra fiducia, ma soprattutto opera di quell’amore di Dio che vuole, attraverso la libertà della nostra cooperazione, penetrare in ognuno di noi e trasformarci.
Trasformarci di quella trasformazione che è avvenuta nella nostra persona il giorno del Battesimo ma che abbiamo potuto dimenticare, ma che abbiamo potuto affievolire, ma che abbiamo potuto anche spegnere quando abbiamo dimenticato di essere figli di Dio, quando abbiamo dimenticato di essere fratelli.
Ecco il peccato. Quando dimentichiamo di essere figli di Dio e non lo rispettiamo, non lo amiamo, non lo obbediamo come deve essere rispettato, amato, obbedito un padre. Allora ci allontaniamo da Lui. Quando ci dimentichiamo di essere fratelli e siamo estranei gli uni agli altri e diciamo: ” che cosa me ne importa” o “chi me lo fa fare” e facciamo i nostri interessi a danno degli altri, mettendo noi stessi come qualche cosa di assoluto che respinge gli altri. Allora siamo nel peccato. Allora spegniamo in noi quella grazia che è stata accesa come una luce, come una vita il giorno del Battesimo e che di sua natura è destinata a crescere ogni giorno come cresciamo in età, in cultura ed in tanti altri sensi. Crescere da uomini e da donne che diventano maturi nella loro fede, nel loro cristianesimo, nella loro vita soprannaturale, nella loro vita di Figli di Dio: vita di figli di Dio che camminano tutti i giorni nella via del Signore.
Sia questo il frutto delle nostre celebrazioni, il frutto del nostro Natale.
Continuiamo la preghiera, e Gesù Cristo non sarà in mezzo a noi semplicemente con la sua immagine, ma nella realtà del sacramento eucaristico, per mettere a nostra disposizione il frutto della sua morte, e il frutto della potenza irresistibile della sua resurrezione, che viene comunicata a noi attraverso la comunione sacramentale. O almeno attraverso la comunione spirituale che sia il desiderio di essere uniti a nostro Signore Gesù Cristo, che sia il desiderio di essere vivificati da nostro Signore Gesù Cristo.
Concluderemo la nostra celebrazione dicendo: ” La partecipazione a queste mistero natalizio ci rinnovi sempre – non solo oggi – poiché in modo mirabile la tua nascita ha tolto dall’uomo la corruzione della vecchia natura. Il Papa diceva, in questi ultimi tempi nel messaggio ai giovani:- l’ateismo è ormai cosa vecchia, che sa di stanco, che sa di disimpegnato, che sa di cosa che non ha più valore. Il Cristianesimo non è cosa vecchia, è cosa nuova tutti i giorni.
Coraggio! Coraggio! Cerchiamo tutti i giorni di essere sempre nuovi, di essere sempre vivi della novità che ci ha portato nostro Signore Gesù Cristo.
Sia lodato Gesù Cristo
OM 12 Natale 65 – Cattedrale di Monopoli, ore 18,30