Quaresima 66 – Cattedrale di Monopoli N° 8
Abbiamo percorso insieme metà del cammino attraverso il deserto della Quaresima per giungere alla terra promessa della Pasqua, e quest’anno l’abbiamo fatto obbedendo all’invito che ci è venuto dal Vicario di nostro Signore Gesù Cristo che con la costituzione con cui indiceva il Giubileo straordinario da celebrarsi e da acquistarsi nella diocesi, termina la sua esortazione e il suo invito con queste parole. “Il clero, i religiosi, le religiose e le diverse associazioni cattoliche dei laici si uniscano sotto la guida saggia e paterna dei propri Pastori, ai quali, secondo la bella frase del Concilio, spetta di condurre le chiese loro affidate a tal punto di santità che in esse risplenda il senso della Chiesa universale di Cristo”.
Tutti i nostri incontri corrispondono a questo fatto indicato dal Sommo Pontefice, di far risplendere qui, nella nostra cattedrale che è bella, intorno all’altare, guidati dai sacerdoti, ascoltando la parola del Vescovo, il senso di tutta la Chiesa di Cristo, di quella Chiesa di cui in parte abbiamo scoperto il mistero.
Questa Chiesa che è il luogo e il momento: in cui il Padre che ci conduce verso il Figlio, si incontra con i suoi figli, in cui il Cristo che ci conduce verso il Padre, si incontra con i suoi fratelli in cui lo Spirito Santo rende possibile questo movimento che è poi un incontro di amore, un abbraccio di amore tra i figli di Dio più vivamente è apparso ai nostri spiriti, più chiaramente ci ha manifestato la sua missione, più fortemente ci ha spinti ad entrare nel vortice della vita stessa di Dio.
Questa Chiesa è il popolo di Dio, la famiglia dei figli di Dio. Questa Chiesa è un popolo sacerdotale e noi abbiamo visto in quale senso voi tutti siete sacerdoti e di conseguenza voi tutti siete chiamati ad una grande santità, alla perfezione della carità, alla perfezione dell’amore di Dio e dell’amore verso il prossimo, perché lo Spirito vi è stato dato appunto perché diventiate capaci di questo amore, di questa perfezione, di questa santità.
Ma la Chiesa, il popolo di Dio, non è una cosa astratta, è una cosa concreta, fatta proprio di persone: di persone che si guardano in faccia, di persone che dicono la Parola di Dio e di persone che ascoltano la Parola di Dio, di persone che sono ministri della grazia e di persone che accolgono la vita soprannaturale nella propria anima, di persone che guidano e di persone che, intelligentemente, liberamente, con propria e piena responsabilità seguono i loro Pastori. Allora la Chiesa diventa visibile nella sua realtà concreta, particolarmente in queste circostanze, tutte quelle che si sono ripetute durante la celebrazione delle nostre stazioni liturgiche e in questa in cui la celebrazione delle stazioni liturgiche si conclude.
Vediamo ancora qualche cosa dell’insegnamento del Concilio.
Dice la Costituzione al n. 26: “In ogni comunità che partecipa all’altare, sotto la sacra presidenza del Vescovo, viene offerto il simbolo di quella carità e unita del Corpo mistico, senza la quale non può esserci salvezza”. In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si raccoglie la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Infatti la partecipazione del corpo e del sangue di Cristo altro non fa, se non che ci mutiamo in ciò che prendiamo”. Prendiamo Cristo. Perciò dobbiamo mutarci, trasformarci in Cristo e così diventare – con questa presenza così com’è in questo momento, intorno all’altare al quale presiede il Vescovo per la celebrazione liturgica – il simbolo e il sacramento di quell’unità che abbiamo detto, che è la nota fondamentale della Chiesa, perché uno è Dio essendo tre Persone, una cosa dobbiamo essere noi essendo tanti. E solo così formiamo la Chiesa. Il Vescovo – dice la costituzione liturgica – deve essere considerato come il grande sacerdote del suo gregge: da lui deriva e dipende in un certo qual modo la vita dei suoi fedeli in Cristo. Non è una grandezza; Lo capite, invece, quanto sia una responsabilità?
Perciò tutti devono dare la più grande importanza alla vita liturgica della diocesi che si svolge intorno al Vescovo, principalmente nella chiesa cattedrale, convinti che c’è una speciale manifestazione della Chiesa nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il Vescovo circondato dai suoi sacerdoti e ministri” Miei cari, in mezzo a voi – si può dire dal primo giorno – io ho tanto insistito perché diventasse efficiente la vita di ogni parrocchia e tutto ho indirizzato, ordinato alla vita parrocchiale perché in questa comunità più ristretta, si celebra il mistero della Chiesa, si edifica – e come! – la Chiesa. Ma queste comunità non sono Chiesa nel senso totale.
Lo è soltanto la diocesi.
La parrocchia deve avere un riferimento alla diocesi, deve avere un riferimento alla cattedrale, come il parroco e i sacerdoti devono avere un riferimento al Vescovo. E allora i fedeli radicati nella vita parrocchiale, attivi nel la vita parrocchiale, debbono tenere presente donde viene l’azione soprannaturale che li edifica, li santifica, li unisce. E che viene da quel perno di unità stabilito da nostro Signore Gesù Cristo, che è il Vescovo. Il Vescovo è insignito della pienezza del sacramento dell’Ordine non per un altro motivo, non perché sia una persona più importante o meno importante. E’ Gesù Cristo che ha fato queste cose.
( a 26) Il Vescovo, insignito della pienezza del sacramento dell’ordine, è “l’economo della grazia del supremo sacerdozio” una espressione latina tradotta in italiano così: è l’amministratore della grazia, specialmente nell’Eucaristia, che offre egli stesso o fa offrire, e della quale la Chiesa continuamente vive e cresce. Ma dov’è la sorgente dell’Eucaristia? Dalla pienezza del sacramento dell’Ordine a cui partecipano i sacerdoti nelle diverse comunità locali. Questa Chiesa di Cristo è veramente presente nelle legittime comunità locali di fedeli, le quali, in quanto aderenti ai loro pastori, sono anch’esse chiamate chiese nel Nuovo Testamento. Esse infatti sono, nella loro sede, il Popolo nuovo chiamato da Dio con la virtù dello Spirito Santo e in una totale pienezza…
Quanto ho letto è inerente ai Pastori, riguarda i Vescovi e riguarda le chiese locali, non ancora le chiese parrocchiali.
(a 21) … i Vescovi, in modo eminente e visibile, sostengono le parti dello stesso Cristo Maestro, Pastore e Pontefice, e agiscono in sua vece. Capite: non è una grandezza, è una responsabilità. (a 21) Nella persona quindi dei Vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo. Sedendo, infatti, alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente nella comunità dei suoi pontefici, ma in primo luogo per mezzo dell’eccelso loro ministero predica la parola di Dio a tutte le genti e continuamente amministra ai credenti i sacramenti della fede; per mezzo del loro ufficio paterno nuove membra incorpora, con la rigenerazione soprannaturale, al suo Corpo; e infine, con la loro sapienza e prudenza, dirige e ordina il Popolo del Nuovo Testamento nella sua peregrinazione verso l’eterna beatitudine.
(a 21) … Per compiere così grandi uffici, gli Apostoli sono stati riempiti da Cristo con una speciale effusione dello Spirito Santo ed essi stessi con la imposizione delle mani diedero questo dono spirituale ai loro collaboratori, dono che è stato trasmesso fino a noi nella consacrazione episcopale. Perché la consacrazione episcopale? Per sostenere le parti di Cristo, per sostenere gli uffici di Cristo, per annunciare la Parola di Dio, per amministrare i Sacramenti
(a 28) I sacerdoti, saggi collaboratori dell’ordine episcopale e suo aiuto e strumento, chiamati a servire il Popolo di Dio, costituiscono col loro Vescovo un unico corpo sacerdotale, sebbene destinati a diversi uffici. Nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per cosi dire, presente il Vescovo, cui sono uniti con animo fiducioso e grande, ne prendono, secondo il loro grado, gli uffici e la sollecitudine e li esercitano con dedizione quotidiana.
( a 28) In virtù della comune sacra ordinazione e missione tutti i sacerdoti sono fra loro legati da un’intima fraternità, che deve spontaneamente e volentieri manifestarsi nel mutuo aiuto, spirituale e materiale, pastorale e personale, nei convegni e nella comunione di vita, di lavoro e di carità. Abbiano poi cura, come padri di Cristo, dei fedeli che hanno spiritualmente generato col battesimo e l’insegnamento. Divenuti spontaneamente modelli del gregge presiedano e servano alla loro comunità locale, in modo che questa possa degnamente esser chiamata col nome di cui è insignito tutto e solo il Popolo di Dio, cioè Chiesa di Dio.
Si ricordino che devono nella loro quotidiana condotta e sollecitudine presentare ai fedeli e infedeli, cattolici e non cattolici, l’immagine di un ministero veramente sacerdotale e pastorale e rendere a tutti la testimonianza della verità e della vita e, come buoni pastori, ricercare anche quelli che, sebbene battezzati nella Chiesa Cattolica, hanno abbandonato la pratica dei sacramenti e perfino la fede.
Siccome oggigiorno l’umanità va sempre più organizzandosi in unità civile, economica e sociale, tanto più bisogna che i sacerdoti, consociando il loro zelo e il loro lavoro sotto la guida dei Vescovi e del Sommo Pontefice, sopprimano ogni causa di dispersione, affinché tutto il genere umano sia ricondotto all’unità della famiglia di Dio.
(a 28) Il Vescovo poi, consideri i sacerdoti suoi cooperatori come figli e amici, come Cristo che chiama i suoi discepoli non servi, ma amici. Per ragione quindi dell’Ordine e del ministero, tutti i sacerdoti sia diocesani che religiosi, sono associati al Corpo Episcopale e, secondo la loro vocazione e grazia, servono al bene di tutta la Chiesa.
( 27) I fedeli poi devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano d’accordo nella verità, e crescano per la gloria di Dio.
Miei cari, queste cose ve le ho dette ed annunziate questa sera, dopo aver parlato a lungo del vostro sacerdozio, però avete capito quanta differenza…!
Il vostro sacerdozio vi lega a Dio, vi lega al mondo, vi fa – per così dire – un ponte tra la creazione, le creature e Dio, per dare gloria al Padre, uniti nello Spirito Santo, per mezzo di Gesù Cristo.
Il nostro sacerdozio, quello mio e dei miei provvidi collaboratori, invece, di quanta responsabilità è carico! Noi dobbiamo aprire le vie della fede nelle vostre intelligenze, per mezzo della parola di Dio e siamo i dispensatori della parola di Dio e siamo i depositari della parola di Dio. La parola di Dio che trasmettiamo a voi dovrebbe essere quella che già si è ripercossa profondamente nella nostra anima, nel nostro spirito, nella nostra vita.
Comprendete che tutto questo non è facile? La parola di Dio che trasmettiamo a voi dobbiamo trasmetterla in tutta fedeltà, come è, e non come parola nostra, parola di uomini. E’ tanto difficile trasmettere la parola di Dio, ripetere le parole di Dio che non sono semplicemente delle espressioni verbali, ma sono: – il contenuto di tutta la sua presenza in mezzo a noi, – il contenuto di tutta la sua azione in mezzo a noi, – l’espressione della santità dell’unico santo che è nostro Signore Gesù Cristo – che noi dobbiamo impersonare davanti a voi come maestri.
Capite che grande cosa!
Capite allora che abbiamo bisogno non semplicemente di quella grazia che ci è assicurata dalla effusione particolare dello Spirito Santo, ma abbiamo bisogno: di essere sollecitati, di essere a nostra volta edificati,di essere oggetto non semplicemente di una certa venerazione esterna vostra, ma soprattutto di una interiore devozione, che è devozione a Dio, che prega per noi perché il Signore ci usi misericordia, perché ci illumini, perché faccia di tutti noi, dei maestri.
Si potrebbe pensare che sia facile anche quel formidabile ufficio che pesa sulle nostre spalle di trasmettere la grazia del Signore attraverso i Sacramenti. Non è che sia più facile, perché prima del sacramento dell’acqua, prima del sacramento della remissione dei peccati, prima del sacramento del pane e del vino è molto più decisivo il sacramento della nostra persona. Gesù, nell’ Eucaristia, lo potremmo distribuire come si distribuisce un foglietto che può servirvi per cantare, mentre l’Eucaristia la dobbiamo distribuire come Corpo di Cristo, dopo essere stati fatti noi corpo di Cristo con la nostra unione a Lui.
Battezzare non è semplicemente rigenerare attraverso l’acqua, è rigenerare attraverso l’amore, attraverso la carità, attraverso la dedizione. Togliere i peccati dagli altri non è semplicemente dire una parola “Io ti assolvo” E io aiuto il mio fratello a mantenersi in quella purezza di grazia che gli ho conferito con delle semplici parole, ma che gli dovrei indicare, poi, con la mia vita e con la mia esistenza? Capite miei cari che non è peso da poco essere ministri della grazia di Dio.
Poi siamo i vostri pastori.
Il Vescovo, per la grazia della sua consacrazione, riceve un potere che si chiama di giurisdizione, si potrebbe dire di comando. Ma a chi deve comandare? Che cosa deve comandare? Come deve comandare ai suoi sacerdoti ai loro fedeli? Come dei pastori. Il pastore buono non spinge il gregge, va avanti; il pastore buono, quello incaricato da nostro Signore Gesù Cristo non è colui che sfrutta il gregge, ma colui che si preoccupa unicamente dei buoni pascoli, dei riposi sicuri, di guarigione vera. Essere pastori vuole dire passare accanto al prossimo non come il levita di cui parla nostro Signore Gesù Cristo, ma come dei buoni samaritani che si chinano sulle piaghe dei loro fratelli e pagano di persona, per poterli sollevare e per poterli guarire.
Il Vescovo per primo e i sacerdoti con lui hanno la grande responsabilità di stabilirvi nell’amore, di stabilirvi nella carità. E’ vero che potete essere divisi perché personalmente non vi sforzate di volervi bene, ma potrebbe darsi che siate divisi perché non vi esprimiamo sufficientemente quella carità con cui Gesù Cristo ci ha amato e di cui ci ha dato il comandamento: “Amatevi come io vi ho amato” e Gesù Cristo ci ha amati dando tutto se stesso per i suoi.
Vedete: noi dobbiamo arrivare al punto di dimenticarci, di ignorarci, di trascurarci, di donarci giorno per giorno, minuto per minuto. Non è indispensabile dare materialmente del sangue. E’ necessario dare la vita. Questi sono i veri sacerdoti. Questi è il vero Vescovo. Questi sono i Vescovi del mondo.
E adesso che, avete capito qualche cosa anche di questo ministero, accostiamoci, tutti insieme, all’altare e respiriamo un grande conforto: perchè queste cose non le dobbiamo fare noi da soli: è Cristo in mezzo a noi che non ci abbandona, è Cristo nostra forza ed è Cristo nostra consolazione.
Il Suo sacrificio sostiene il nostro sacrificio, se siamo capaci di unirlo al Suo: il mio e il vostro sacrificio unito a quello di nostro Signore Gesù cristo. E poi c’è il Suo pane e c’è il suo vino, che sono il Suo corpo e il Suo sangue e sono l’ alimento della nostra vita soprannaturale e sono il sostegno del le nostre responsabilità e sono la sorgente di tutta la nostra carità.
OM 30 Quaresima 1966