alla libertà dei figli di Dio
Monopoli 1966 – Cattedrale triduo pasquale annuale per gli uomini
Questo incontro avviene non soltanto come intenzione di prepararsi alla santa Pasqua, ma come conseguenza del Concilio che vuole accostare, se fosse possibile, tutti gli uomini e portare ad essi il suo messaggio di speranza, di fiducia, di grazia e di salvezza.
Avviene questo incontro anche con una intenzione particolare che è un adempimento della conclusione del Concilio all’inizio del tempo che lo deve seguire: il giubileo.
Il giubileo vuol essere una grazia più estesa, più profonda, una riconciliazione degli uomini con l’Dio, una riconciliazione degli uomini tra di loro, fino a togliere ogni ombra, ogni minimo impedimento a quella affermazione di carità che deve distinguere coloro che credono in Dio, e perciò lo amano con tutto il cuore, e amano i propri fratelli come Gesù Cristo ci ha amato.
In queste sere vorrei intrattenere la vostra attenzione su argomenti particolari, direi fondamentali, che sono scaturiti dalla celebrazione del Concilio, che sono contenuti negli atti del Concilio e perciò, secondo l’intenzione di tutti i vescovi del mondo, certamente guidati e sostenuti, spinti e animati dallo Spirito di Dio, quindi dagli interessi di Dio che proprio durante il Concilio si sono identificati con il nostro massimo interesse a vantaggio dell’uomo, dovrebbero penetrare profondamente nell’intelligenza di ogni credente.
Cercherò, con la grazia del Signore, con l’assistenza della Madonna, raccomandandomi a tutti i vostri singoli angeli custodi, di esporli davanti a voi con semplicità, possibilmente con chiarezza, perché possano giungere a ciascheduno di voi e costituire, dopo queste tre sere, un patrimonio della vostra persona, un patrimonio del vostro spirito e non semplicemente qualche cognizione nuova.
Molto facilmente ripeterò cose che ho gia detto io stesso, e che perciò voi già sapete, ma qui deve avvenire un’azione di Gesù Cristo sempre presente nella sua chiesa che, attraverso il suo Spirito giunge all’orecchio del vostro cuore e della vostra coscienza per portare con chiarezza il dono della Parola del Signore, il donodella conoscenza del mistero di Dio, il dono della conoscenza dell’amore che Iddio ha per noi.
Le verità su cui insisterò sono queste: la Pasqua e la chiesa, per vedere cosa abbiamo a che fare noi con la Pasqua, per capire cosa abbiamo a che fare noi con la Chiesa, per prendere coscienza del mistero e della realtà della chiesa, per entrare più consapevolmente, più liberamente e di conseguenza con maggiore responsabilità, in questa istituzione di Dio che è, per l’uomo, l’istituzione della salvezza in questa e nell’altra vita.
La Pasqua è un fatto storico, è un avvenimento storico e non insisterò molto a descriverlo. Lo richiamo soltanto alla vostra memoria perché, poi, deve costituire come la base delle nostre conversazioni. La prima pasqua, la pasqua storica, il fatto accaduto in circostanze ben determinate di luogo e di tempo, sta come alla base di un avvenimento che, nel piano di Dio, deve continuare fino alla fine dei tempi, sino a quando l’ultimo dei giusti entrerà nella Chiesa, perché: è attraverso la pasqua, quest’avvenimento prima storico e poi personale, che noi giungiamo all’arca della salvezza, cioè alla Chiesa.
La costituzione del Concilio sulla Chiesa dice tra l’altro al n. 2: “L’eterno Padre con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà, creò l’universo, decise di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina, e caduti in Adamo non li abbandonò, ma sempre prestò loro gli aiuti” perché si potessero salvare in considerazione della redenzione che avrebbe operato un giorno nostro Signore gesù Cristo.
Tutti, infatti, gli eletti, il Padre fin dall’eternità li ha destinati nella sua prescienza e li ha predestinati ad essere conforme all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli.
I credenti in Cristo, li ha voluti chiamare nella santa Chiesa, la quale già prefigurata sin dal principio del mondo, mirabilmente preparata nella storia del popolo di Israele e nell’antica Alleanza, e stabilita negli ultimi tempi, è stata manifestata dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli.
Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, dal giusto Abele fino all’ultimo eletto saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale”.
Adesso cerchiamo di delineare brevemente ciò che ha fatto Iddio nell’antico Testamento per preparare la Chiesa. Vediamo che l’ha preparata attraverso una pasqua, cioè attraverso un passaggio. La Pasqua significa passaggio. Questo passaggio è avvenuto la prima volta per intervento di Dio a riguardo di un piccolo popolo di schiavi che si trovavano oppressi, maltrattati, minacciati di sterminio dalla potenza del Faraone di Egitto, un popolo disperso, o meglio, gente dispersa che non aveva neppure la consistenza di un popolo. Questo è il punto di partenza: la dispersione in terra di esilio sotto il dominio degli altri.
Avviene la liberazione per mezzo di Mosè, mandato da Dio, che compie opere strepitose e prodigi, prima per convincere il Faraone a lasciare partire il popolo di Israele perché è il popolo di Dio, e poi finalmente con quell’uscita coraggiosa attraverso il mare Rosso e quel cammino estenuante lungo la via del deserto fino ad un punto caratteristico e significativo che manifesta tutta l’intenzione e lo scopo di Dio, che è questo: ai piedi del Monte Sinai Iddio per mezzo di Mosè, chiama tutti gli Israeliti e dà loro una legge che li costituisca come un vero popolo.
I dieci comandamenti, dati da Dio a Mosè per il popolo di Israele, noi oggi li chiameremmo la carta costituzionale del popolo di Israele. Quel popolo si sarebbe retto, come popolo, sui dieci comandamenti, e da quel momento Iddio stabilisce un patto, un’alleanza. Oggi si direbbe un trattato. Ma l’alleanza, tra chi avviene? Tra Dio e il popolo di Israele. Così che, questi poveri e dispersi che non erano più di nessuno diventeranno proprietà di Dio, nel senso di “parte eletta”, protetta, difesa, messa al sicuro per iniziativa e onnipotenza di Dio, affinché fosse il suo popolo: un popolo che lo lodasse in mezzo a tutte le nazioni e fosse come un segno elevato in mezzo alle genti, dal quale un giorno sarebbe derivata la salvezza per tutto il mondo.
La convocazione, la chiamata, il costituirsi di questo popolo, nella Sacra Scrittura a più riprese è definito, è descritto con la parola “Ecclesia”. Ecclesia è una parola greca che vuol dire: chiamare a stare insieme. Chiesa, sono coloro che sono chiamati a stare insieme. Il popolo di Israele è la prima chiesa perché sono i primi ad essere chiamati a stare insieme. Questo popolo, dopo essere stato costituito come popolo, non ha ancora raggiunto il suo destino, non ha ancora fatto tutta la sua Pasqua, non ha ancora compiuto tutto il suo passaggio; dovrà camminare attraverso il deserto, la solitudine, gli stenti, la fame, la sete, ma dovunque avrà la protezione di Dio fino al traguardo.
Il traguardo del popolo di Israele che esce dalla schiavitù di Egitto è la terra promessa, sono i beni le benedizioni di Dio. Per quel popolo di quella civiltà – siamo ad oltre mille anni prima di Gesù Cristo e potete immaginare che civiltà ci fosse – i beni di Dio non si potevano concretizzare che in cose terrene e materiali. La terra promessa era la terra dove scorreva latte e miele, per dirlo con un’espressione che è certamente esagerata ma che vuol dire: la terra dove c’era la fertilità, e quindi dei prodotti, e perciò si poteva vivere bene.
Vedete la Pasqua? Il passaggio dalla schiavitù alla terra promessa?
Nel passaggio avviene un fatto decisivo. Questi dispersi si riuniscono per formare un popolo unico e singolare: il popolo di Dio, la prima Chiesa. Non importa se insistiamo dicendo la parola “popolo”, con lo stesso significato di “Chiesa”, il motivo lo scopriremo meglio in seguito.
Quali sono gli attori, i protagonisti di questo avvenimento? Sono Iddio da una parte e il popolo di Israele dall’altra.
Molto brevemente, possiamo chiederci: perché Iddio si prende questo pensiero? perché si mette in questa impresa? perché si rivolge a quel pugno di schiavi? perché di questo pugno di schiavi ne vuol fare un popolo da cui deriverà la salvezza per tutto il mondo? A queste domande noi abbiamo anche delle risposte. Abbiamo tante risposte proprio nella Sacra Scrittura, risposte date da Dio, ma c’è una risposta che le compendia tutte.
In Dio c’è un amore infinito che sogna di strappare gli uomini dalle conseguenze del peccato, quindi: dalla loro povertà spirituale, dai loro limiti morali, dai loro errori, dalla schiavitù delle loro passioni, dalla cattiveria del loro cuore, dagli egoismi della loro volontà.
Iddio, nel suo amore infinito, sogna di fare di questi uomini, tutti immersi nel peccato, la sua creatura prediletta: –che raggiunga la grandezza e la dignità stessa di Dio, –che arrivi alla partecipazione alla vita stessa di Dio, –che formi la famiglia dei figli di Dio.
Ecco il sogno di Dio. Ecco il protagonista di questa storia. Ecco Colui che fa compiere la pasqua – il passaggio – ai primi Israeliti e agli Israeliti di tutti i tempi e, da un certo punto della storia, a tutti gli uomini. Il suo sogno non è un sogno di grandezza per sé, ma è un sogno di grandezza ispirato dall’amore per gli uomini. Iddio per dare un segno che il suo amore è disinteressato, che il suo amore è capace di fare ciò che desidera ed è di una ricchezza sconfinata, non sceglie come secondo protagonista di questa avventura che è la pasqua, che è il passaggio, un popolo grande, forte, intelligente, dalla cultura antica e sviluppata, sceglie Israele, –che non è neppure un popolo, –che non è potente, –che è così poco potente da essere schiavo, –che non ha una cultura, –che ha all’incirca la tradizione dei patriarchi –che non è neppure un popolo intelligente.
Tante volte, Iddio farà dire ai profeti che è un popolo dalla testa dura! Non che mancasse di intelligenza pratica o speculativa, ma – ai tempi della elezione- apertamente aveva soltanto la propria ignoranza e la propria debolezza. Tutti i momenti, nonostante i prodigi ai quali aveva assistito, era pronto ad arrendersi davanti ad altri popoli o ad altri dei.
Per essere completi: tra Dio nel suo amore infinito e il suo popolo di cui abbiamo detto qualche cosa, ci sono degli intermediari.
Il primo è Mosè, poi ci saranno i giudici e i re – ricordate Davide e Salomone – quindi i profeti, tutti intenti a condurre questo popolo dalla dispersione del peccato alla terra delle promesse di Dio. Non dico più la terra promessa, ma la terra delle promesse perché la grande avventura dell’esodo, cioè la prima Pasqua, il primo passaggio, sarà continuamente ricordato, celebrato e soprattutto riscoperto nel suo significato profondo specialmente per opera dei profeti, in quanto nasconde una volontà di Dio che non riguarda semplicemente la schiavitù materiale del popolo di Israele, ma riguarda ogni forma di schiavitù e particolarmente la schiavitù più obbrobriosa, più profonda, più personale che è quella del peccato. Anche uno schiavo, materialmente schiavo, può avere una sua libertà di spirito, ma quando c’è la schiavitù del peccato c’è anche una schiavitù interiore, intima, veramente personale.
Ripeto, questo primo esodo, questa prima pasqua, manifesta l’intenzione di Dio di liberare tutti gli uomini dalla dispersione del peccato, per mezzo della potenza del suo amore. Come si dimostra la potenza dell’amore di Dio? E’ importante conoscere non soltanto la vita di nostro Signore Gesù Cristo con i suoi miracoli, ma proprio la storia dell’Antico Testamento dove Dio dimostra di essere Colui che è capace di liberare dalla schiavitù materiale e dalla schiavitù spirituale.
Quando Mosè riceve l’incarico di andare dal Faraone perché lasciasse partire il suo popolo, Mosè che era un pastore, oltre tutto balbuziente e non sapeva esprimersi, interroga Dio e gli chiede:
“Se mi domandano Chi sei, che cosa devo rispondere?”
” Rispondi che sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”.
“Ma, se mi domandano il tuo nome che cosa devo rispondere? ”
Sapete la famosa risposta che è un po’ un gioco di parole: “Io sono colui che sono”. E’ un’espressione intraducibile nella nostra lingua. Gli esegeti, gli studiosi, oggi arrivano a dire con sicurezza che la risposta di Dio a Mosè è stata questa: Io sono colui che, vedrete, cosa è capace fare. Io sono colui che vi libererà dal Faraone. Io sono colui che vi farà attraversare il mare Rosso. Io sono colui che vi condurrà alle falde del Monte. . Io sono colui che farà di voi un popolo. . Io sono colui che vi condurrà nella terra promessa. . Io sono colui che è capace di fare ciò che promette. Ecco la definizione di Dio, il nome di Dio, la natura di Dio! Ecco, il Dio della salvezza è Colui che è capace di compiere ciò che promette.
E che cosa promette? Promette i beni futuri e ogni volta che promette un bene futuro compie un prodigio, per dimostrare che è capace di mantenere la sua parola.
Ripeto perché è un concetto importante: man mano che Israele va avanti nella sua storia ha – da parte di Dio – delle promesse sempre più grandi che riguardano il regno di Dio su questa terra, i tempi nuovi, i beni che saranno chiamati messianici, cioè i beni che porterà sulla terra il Messia, colui che verrà per salvare gli uomini.
Cerco di dirvelo con le parole della Costituzione del Concilio.
(9)” In ogni tempo e in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia. Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse nella verità e fedelmente lo servisse”.
Si scelse quindi per se il popolo israelita, stabilì con lui una alleanza e lo formò lentamente manifestando, nella sua storia, Se stesso e i suoi disegni e santificandolo per sé.
Tutto questo però avvenne in preparazione e in figura di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella più piena rivelazione che doveva essere fatta per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo.
Già dal tempo dell’Antico Testamento, per mezzo del profeta Geremia, Iddio diceva queste promesse future con le parole: “Ecco venire giorni nei quali io stringerò con Israele e con Giuda un patto nuovo…porrò la mia legge -non la scolpirò più nella pietra !- nei loro cuori e nelle loro menti l’imprimerò, essi mi avranno per Dio ed io li avrò per mio popolo… Tutti essi, piccoli e grandi, mi riconosceranno dice il Signore.”
Ecco la promessa di Dio, ecco il termine del passaggio, ecco la meta cui dobbiamo giungere tutti, anche noi: dalla schiavitù, dalla dispersione del peccato ai doni di Dio, alla nostra Pasqua che è Gesù Cristo stesso in persona.
Ma, la nostra Pasqua, il nostro passaggio dal peccato al dono di Dio, alla sua grazia, deve avvenire costituendo di noi tutti un popolo solo, formando in mezzo a noi una unità, stabilendo una armonia, un cuor solo e un’anima sola, facendo di noi la Chiesa di nostro Signore Gesù Cristo.
OM 31 Triduo 1966