che mangiando un sol pane
sentiamo di far parte di una sola famiglia
Cattedrale di Monopoli Giovedì santo 1966
La solenne proclamazione della Parola del Signore ci introduce nel senso delle azioni che stiamo compiendo. Tutti: il Vescovo, i Sacerdoti che concelebrano con lui, i Sacerdoti che assistono come ministri dell’altare e ognuno di voi indistintamente stiamo compiendo delle azioni.
Anche soltanto la vostra presenza, il non essere a casa ma essere qui, è una azione.
Penso che per ognuno di noi, ci sia il desiderio di entrare non semplicemente nella chiesa materiale, nell’edificio della chiesa, ma di entrare nel mistero e nella grazia di ciò che avviene durante queste azioni che stiamo celebrando.
Domina in mezzo a noi Gesù Cristo nella presenza della sua parola, nella presenza della nostra assemblea o riunione liturgica, nella persona dei suoi ministri, fra poco sotto le specie del pane e del vino.
Noi siamo intorno a nostro Signore Gesù cristo. Noi siamo con nostro Signore Gesù Cristo come gli apostoli nel cenacolo: lo stesso Gesù Cristo e noi allo stesso posto degli Apostoli. E Gesù Cristo sta per compiere il suo “passaggio” da questo mondo al Padre E’ il momento di dimostrare agli uomini, quanto il Padre li ama. E’ venuta l’ora di dimostrare, da parte sua, quanto ci vuole bene, secondo quanto aveva insegnato: “nessuno ama come colui che dà se stesso per gli amici”. E Gesù fa queste cose: dona se stesso, la propria vita e la propria esistenza.
E’ tanto vero che nel cenacolo Gesù ci aveva presenti – noi in questo momento realizziamo la presenza che era nella mente di Gesù – che, mentre si accinge a morire per i nostri peccati e a risorgere per la nostra redenzione, istituisce il grande sacramento, il grande segno della sua presenza sicura, del suo amore, della sua passione e morte e della sua risurrezione. Voi capite che cos’è questo segno: è la santa Eucaristia che Gesù istituisce proprio nel cenacolo, mentre si accinge ad andare da questo mondo al Padre e a fare quello che era necessario per condurre dietro di se tutti coloro che il Padre voleva salvare nel suo amore infinito.
Dopo aver dato questi segni del pane e del vino, che sono il suo corpo e il suo sangue versato per noi, dà un comando agli Apostoli: “Fate questo – del pane e del vino – in memoria di me” perché io sia in mezzo a voi. Notate che sono parole di Gesù, del Figlio di Dio e quando Dio spende una parola e dice una cosa, questa cosa è fatta. Gli Apostoli, da quel momento, ricevono il potere di celebrare la santa Eucaristia, di consacrare il pane e il vino.
Avete ascoltato dalla lettera dell’Apostolo Paolo a quelli di Corinto che egli si riferisce a quello che fanno gli Apostoli per il comando del Signore perché, anch’egli Apostolo ha ricevuto tutte le cose come gli erano state dette dagli Apostoli e come gli erano state dette e date da nostro Signore gesù Cristo. Notate in questo punto della lettera di S. Paolo ai Corinti, la parola “chiesa”, quando dice: “Forse che voi disprezzate la “Chiesa?”.
Non è la Chiesa come comunemente la intendiamo noi. L’Apostolo Paolo si riferiva all’adunanza che si compiva da parte dei credenti, per consumare insieme la cena in spirito di fraternità. Poi si consacrava il pane e il vino, e quindi si mangiava il corpo e si beveva il sangue del Signore. Questo avveniva nella Chiesa, nell’assemblea dei credenti, tra quelli che stavano insieme. Gesù Cristo ha dato il suo corpo e il suo sangue perché il suo sacrificio avrebbe avuto il potere di radunare insieme i figli di Dio e di farli stare insieme nella carità.
Un solo pane, dice l’Apostolo San Paolo e allora, un solo corpo è il corpo di nostro Signore Gesù cristo.
Vi è un solo battesimo, una sola fede, un solo Cristo, una sola Chiesa perché tutti si adunano intorno a Gesù Cristo, nell’unica fede, nell’unico battesimo, per mangiare un unico pane. Ma quando si mangia un unico pane, non bisogna essere gli uni diversi dagli altri.
Aveva scritto S. Paolo:- alcuni vengono per l’ assemblea per costituire la riunione liturgica e per formare la Chiesa, e sono ricchi e quindi portano tante cose e si fanno vedere dagli altri a mangiare abbondantemente e a bere e, – lo dice S. Paolo – qualcuno era anche ubriaco e gli altri, i poveri, stavano a guardare, non avevano niente e rimanevano con la loro fame. E’ a questo punto che S. Paolo dice: “Ma forse che voi disprezzate la Chiesa? Ma forse che voi disprezzate le membra di nostro Signore Gesù Cristo, i vostri fratelli ? Che non accettate davanti al Signore di essere uguali agli altri? Che non accettate davanti al Signore di essere al livello degli altri? Che non accettate, per amore del Signore, di condividere quello che avete in abbondanza con quelli che sono invece nell’indigenza?”.
Miei cari, vedete come queste cose che facciamo richiamando alla memoria ciò che ha fatto Gesù Cristo e che vuole continuare a compiere in mezzo a noi, ci richiamano anche a un dovere di carità concreta e sincera. Non so, se durante questa Messa ci sarà l’offerta di quanto è stato raccolto nelle famiglie. Comunque questa offerta ci sarà, ma non deve essere il gesto isolato di una sola volta. Questo gesto di carità materiale non è tutta la carità che richiede nostro Signore Gesù cristo da noi perché formiamo la Chiesa, perché partecipiamo ai meriti della sua passionee morte e risurrezione e perché siamo degni di accostarci alla santa Eucaristia.
Non possiamo mangiare degnamente il corpo del Signore, l’ Eucaristia, se dilaniamo con i denti dell’invidia, della cattiveria, dell’odio, della durezza del cuore, le membra del corpo di nostro Signore Gesù Cristo, che sono i nostri fratelli. Gesù Cristo va in fondo al nostro cuore per togliere la radice dell’egoismo che si insinua nel nostro spirito e nel nostro cuore, che non ci permette di considerare i nostri fratelli, che ci impedisce di amarli come vuole che li amino i suoi discepoli. Per questo Gesù Cristo compie un gesto che fra poco ripeterà anche il Vescovo.
Ad un certo punto prende un asciugatoio, se lo cinge ai fianchi, si inginocchia ai piedi degli Apostoli, lava loro i piedi e dice: “Fate come ho fatto io”.
Non è necessario andare intorno a lavare i piedi del prossimo, però è necessario inginocchiarci davanti a ciascuno dei nostri fratelli e vedere in essi le membra del corpo di nostro Signore gesù Cristo, e ricordare che Gesù ha detto: “Qualunque cosa farete a chiunque, specialmente ai miei più piccoli, l’avrete fatto a me”.
Inginocchiarsi davanti agli altri è mettersi nell’atteggiamento: di uno che si ritiene più piccolo, di uno che si sottomette, di uno che resiste alla tentazione di dominare sugli altri, di volere che tutti gli altri guardino a lui, di sfruttare gli altri. Perché è questo che s’insinua nel nostro spirito: – la superbia e l’orgoglio che ci impediscono di essere buoni, – di essere caritatevoli, di voler bene, di essere tutti uguali – come dei figliuoli davanti al Padre intorno a nostro Signore Gesù cristo – e formare davvero la Chiesa, cioè essere talmente uniti tra noi che: – mangiando un sol pane sentiamo di far parte di una sola famiglia.
Cerchiamo di comprendere, ripeto, queste cose che stiamo fa facendo. Le facciamo con la grazia del Signore, perché Gesù è in mezzo a noi che ripete ciò che ha fatto nel cenacolo e vuole darci l’aiuto perché noi impariamo dal suo esempio ad essere umili e a volerci bene.
OM 34 Giovedì Santo 1966