ha la capacità di esprimere il mistero
della realtà della Chiesa
Cattedrale di Monopoli, Messa vespertina
Carissimi delle tre parrocchie di Fasano, il nostro discorso si svolge da una settimana e si conclude con questa celebrazione liturgica a cui è annesso l’acquisto del santo giubileo.
Questo giubileo voluto dal Papa a conclusione del Concilio ha una sua nota caratteristica. Nel prescrivere ai fedeli e ai sacerdoti che per l’acquisto del Giubileo, una delle occasioni è la Messa celebrata dal Vescovo con qualche solennità, vuole attirare l’attenzione dei pastori e dei fedeli sul tema centrale del Concilio: la Chiesa. Il Papa dice espressamente che proprio questa messa presieduta dal Vescovo, perno, cardine dell’unità di tutti i fedeli, nella Cattedrale che é l’edificio più importante della Chiesa locale, che è la Diocesi e che é la chiesa del Vescovo, ha la capacità di esprimere il mistero della realtà della Chiesa.
Dobbiamo acquistare la grazia del Giubileo per camminare secondo le indicazioni del Concilio. Ecco noi, in questo pomeriggio ci troviamo qui, in cattedrale tutti insieme intorno all’altare che raffigura nostro Signore Gesù Cristo, tutti insieme intorno al Vescovo circondato dai suoi sacerdoti. Uno di essi in rappresentanza di tutti, concelebra con il Vescovo. Anche questa presenza dei Vescovo e dei suoi sacerdoti è una espressione tangibile della presenza di Gesù Cristo in mezzo a noi e del suo sacerdozio esercitato in favore vostro con questo scopo preciso.
Il sacerdozio del vescovo e il sacerdozio dei preti, che è una partecipazione al sacerdozio stesso di Cristo, rende presente il sacerdozio di nostro Signore Gesù Cristo, e si esercita quando i fedeli sono come in questo momento raccolti, e stanno così insieme, insisto, intorno all’altare e intorno al Vescovo e ai sacerdoti e formano così l’assemblea santa del Popolo di Dio, il nuovo Popolo di Dio.
Per il ministero del sacerdozio, i fedeli hanno la capacità di esprimere la grazia che li unisce tra di loro intorno a nostro Signore Gesù Cristo, in ogni azione di fronte agli altri che vedono ed hanno l’opportunità di attingerla, e in un certo qual senso di caricarsi di questa grazia che è la capacità di stare insieme. Ma, notate, non stare insieme materialmente! Ciò non è possibile quando si è fuori dalla chiesa e ognuno, doverosamente, deve attendere ai propri doveri. Stare insieme materialmente non è neppure sufficiente anche quando si sta in chiesa, perché il fatto esterno e materiale di stare vicini non costituisce l’assemblea santa del Signore, non fa di noi un popolo elett e santo come quello che si è scelto il Padre per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo. Noi dobbiamo essere uniti spiritualmente quando stiamo in chiesa e quando siamo dispersi nelle nostre case nel compimento dei nostri doveri, per l’amore vicendevole e per la carità che usiamo gli uni per gli altri.
Nei nostri incontri della settimana appena trascorsa, abbiamo accennato tante volte allo Spirito Santo, la grande realtà richiamata dalla liturgia di oggi. E’ lo Spirito Santo, che ci è stato dato e che viene comunicato a noi come è stato comunicato agli apostoli il giorno di Pentecoste, che produce in noi la carità e con la sua presenza e con la sua azione ci rende capaci di volerci bene. Ma possiamo chiederci: io sono in grazia di Dio, quindi lo spirito di Dio è in me; io sono battezzato e cresimato, confessato, e tra poco mi comunicherò a nostro Signore, dunque lo Spirito Santo è certamente nella mia anima, dunque lo Spirito Santo è l’ospite del mio cuore, dunque “sono a posto”.
Ricordate, quello che abbiamo detto, che ognuna delle Persone divine impegna la nostra persona?
Ricordate che abbiamo detto che lo Spirito Santo ci comunica la capacità di intendere come deve essere l’amore che ci congiunge a Dio e tra di noi?
Ricordate che abbiamo detto che lo Spirito Santo ci dà capacità di scegliere e la capacità di mantenere il proposito nel senso in cui abbiamo fatto le nostre scelte? Se lo Spirito Santo ci fa intendere come deve essere l’amore che ci congiunge a Dio e tra di noi, e noi diciamo “sì” all’amore di Dio e all’amore per i fratelli, dobbiamo mettere le condizioni perché questo amore sia vero, sincero, fattivo. San Gregorio commentando il vangelo di quest’oggi, che noi sacerdoti recitiamo ogni giorno nel breviario, dice: “la prova dell’amore sono i fatti”. Allora a chi dobbiamo rivolgerci per impegnarci in questa vita perché sia fattivo, veramente, il nostro amore per Dio e per i fratelli?
Le grandi indicazioni che ci vengono dal Vangelo, dalla Chiesa, dal Concilio, si fissano specialmente su tre punti.
C’è una triplice concupiscenza in noi, una triplice radice cattiva in noi che dobbiamo estirpare per essere nella condizione di dare i frutti buoni che vengono dallo Spirito del Signore:
1) l’attaccamento del nostro cuore alle cose,
2) la ricerca dei piaceri,
3) l’attaccamento al nostro giudizio e a noi stessi.
In altre parole:
– la pratica della povertà cristiana,
– la pratica di una vita casta,
– la pratica dello spirito di obbedienza,
ci mettono in condizione di realizzare in noi l’opera dello Spirito Santo: l’esercizio della carità verso Dio e verso il prossimo.
La beatitudine della povertà! Ma che parola, questa, del Vangelo! Abbiamo mai pensato che gli evangelisti ci presentano Gesù che inizia il suo insegnamento con le parole:-“Beati i poveri perché di essi è il regno dei cieli”?
Miei cari, oggi si parla tanto di progresso, di benessere, di vita confortevole. Come la vediamo con il vangelo di nostro Signore Gesù Cristo? Come la vediamo con lo spirito delle beatitudini ? Come la vediamo con lo Spirito Santo che ci rende capaci di voler bene a Dio e ai nostri fratelli? Bisogna intenderci.
Iddio, nostro Signore Gesù Cristo, non vuole la miseria delle creature da loro predilette. Iddio ha dato all’uomo tutto l’universo e nostro Signore Gesù Cristo ha proclamato al suo popolo: “Tutte le cose sono vostre”. Allora com’è? E’ decisivo capire bene.
Noi dobbiamo essere padroni delle cose, non dobbiamo essere padroneggiati dalle cose; dobbiamo servirci delle cose, non asservirci alle cose; dobbiamo servirci delle cose come di strumenti per migliorare la nostra vita, noi stessi, e globalmente la nostra vita di persone umane, ma non come scopo della nostra esistenza, non come fine della nostra vita e della nostra giornata. Quando la ricchezza e i beni di questo mondo “ci prendono”, non siamo più padroni ma schiavi e, se siamo schiavi delle cose non possiamo essere a disposizione degli altri che sono i nostri fratelli. Non può stare nel nostro cuore l’amore per il prossimo quando c’è l’amore per le cose.
Le persone che si commuovono di tutto, che sanno fare i più grandi sacrifici, che sono veramente capaci di aiutare gli altri con cuore, non sono i ricchi ma i poveri anche socialmente parlando. E notate: c’è tanto di vangelo e di vita cristiana in noi, c’è tanto di carità che può diffondere in noi lo Spirito, quanto più di povertà di spirito c’è nei confronti delle cose materiali.
Un esame di coscienza, miei cari! Stiamo per acquistare il Giubileo che è conseguenza, frutto del pentimento dei nostri peccati. Siamo uomini noi? Siamo donne noi, nel senso di essere davvero signori e signore non solo nel vestito, perché non ci lasciamo dominare dalla fortuna, dai soldi, dall’interesse ma ci lasciamo sempre portare dallo Spirito del Signore nostro Gesù Cristo che è spirito di amore verso gli altri?
L’altra beatitudine è quella della purezza del cuore che nella creatura umana deve essere accompagnata dalla purezza dei sensi. L’uomo e la donna, come hanno il compito di dominare le cose materiali, così hanno il compito di moltiplicare la vita su questa terra come espressione del loro amore attraverso il loro amore. E il loro amore, anche quando sono chiamati a questo compito altissimo, non deve mai essere espressione di egoismo, di dominio, di sensualità materiale, ma espressione di persone che si amano con la totalità di tutto se stessi, con la espressività di tutte le loro capacità affettive, ma nell’ordine, sotto lo sguardo di Dio che non proibisce queste cose perché le ha create lui, perché le ha santificate con la sua grazia, e rende possibile l’amore vero – che non è mai egoismo- con un sacramento.
Quando l’amore non è egoismo, è puro, non è ricerca di se stesso ma del bene degli altri. Allora, in questa ricerca del bene degli altri ci può essere anche una grazia singolare, data perché uno sia casto completamente per amore di Dio e per amore dei propri fratelli. Ma deve essere sempre un’espressione di amore. Questo amore, che si esprime o attraverso il matrimonio o attraverso la purezza consacrata o attraverso la purezza praticata, è sempre frutto della grazia dello Spirito che è amore e difende l’amore nei nostri cuori.
Voi capite come in questo mondo abbiamo bisogno di preservare i nostri sensi, la nostra fantasia, i nostri affetti da tutti gli assalti che ci vengono dagli strumenti del male e della corruzione. Voi capite come sia indispensabile una pratica di mortificazione, a questo riguardo, per poterci mantenere come ci vuole il Signore e quindi come ci vuole l’amore che portiamo a Dio e al prossimo nostro.
La terza beatitudine è espressa non tanto a parole ma con tutta la vita di nostro Signore Gesù Cristo ed è la dedizione di se stesso a Dio, come ha fatto per noi, facendosi uomo e diventato ,fatto, ubbidiente ha rinnegato se stesso fino alla morte in croce. Miei cari, guardate che l’ubbidienza davanti a Dio, davanti a alla gerarchia dei valori stabilita da Dio, non la devono praticare soltanto i bambini perché sono piccoli, non la devono praticare soltanto i figli nei riguardi dei loro genitori, non la devono praticare soltanto i religiosi e i sacerdoti nei riguardi dei superiori e del Vescovo. L’ubbidienza é di tutti. Gesù, durante la sua vita, ha avuto solo una preoccupazione: fare la volontà del Padre.
Noi dobbiamo cercare la volontà di Dio nella nostra vita, in tutte le circostanze della nostra giornata perché potrebbe capitare che non ci venga nessun ordine per un giorno, per una settimana. Forse che allora noi non siamo nell’esercizio della sottomissione a Dio che è condizione del nostro essere di creature redente da nostro Signore Gesù Cristo? No. L’obbedienza va intesa in tutto l’ambito della nostra vita. L’ubbidienza è la condizione concreta in cui dobbiamo trovarci ogni momento della nostra giornata. Siamo nell’esercizio dell’obbedienza se siamo nel compimento del nostro dovere che è espressione della volontà di Dio.
E’ espressione della volontà di Dio per la sposa rammendare le calze, come per una suora è espressione della volontà di Dio fare una lunga adorazione. E’ espressione della volontà di Dio per il figlio andare a scuola e studiare. E’ espressione della volontà di Dio per un impiegato ed un operaio attendere al proprio lavoro con competenza e con diligenza. E’ questa la sottomissione alla volontà di Dio. E’ questa la visione della volontà di Dio, E’ questo l’ abbracciare la volontà di Dio. Gesù Cristo, quando è venuto a parlarci, aveva davanti a se la volontà di Dio e l’ha abbracciata fino al punto di morire in croce.
Guardate che, la croce è indispensabile alla nostra vita! “Chi mi vuole seguire rinneghi se stesso, prenda tutti i giorni la sua croce e venga dietro a me”. E’ condizione di vita cristiana! E’ la prova estrema dell’amore alla quale ci abilita – ci rende capaci – lo Spirito che ci è dato perché noi siamo veramente i figli di Dio, conformi a nostro Signore Gesù Cristo, in un atteggiamento di carità, di amore sincero verso il Padre e verso i nostri fratelli.
Ecco la meditazione per oggi giorno di Pentecoste, giorno del nostro giubileo e del nostro pellegrinaggio alla cattedrale, per partecipare alla Messa che celebra il Vescovo per voi e con voi.
Noi ci disponiamo ad offrire il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo. Egli, che era ricco e si è fatto povero, Egli che ha deposto la gioia eterna, ha accettato la croce Egli che si è sottomesso fino alla morte,sarà presente sul nostro altare, sotto i segni del pane e del vino,che saranno offerti a noi come realtà sacre, che ci portano il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù cristo a cui noi possiamo partecipare, per comunicare ai sentimenti di Gesù Cristo e per comunicare nella carità con tutti i nostri fratelli.
OM 38 Pentecoste 66