Un semplicissimo tocco il mio, quale anello di congiunzione con Mantova.
4 Novembre 1992, giorno di S. Carlo, veniva nel seminario di Mantova; pur febbricitante, ostinatamente, Mons. Carlo Ferrari volle presiedere la liturgia. E fu l’ultima. Quasi un testamento in quel suo vibrato, umanissimo e cristianissimo parlare. Disse a noi professori del seminario, e ai chierici: prima dei libri di teologia, prima ancora dei libri di devozione e di spiritualità, é la Bibbia: la Parola di Dio il punto focale dell’impegno credente. In poche battute ci lasciò questo testamento. E’ il messaggio che ha proposto, solcando di esso il terreno pastorale della diocesi di Monopoli: ci ha reso famigliare il racconto di Dio nella Bibbia. Ed oggi vuole raccontarsi ancora.
C’é un motivo però, molto segreto, un inedito. Mons. Ferrari ha conservato fino all’ultimo giorno della sua vita un biglietto sgualcito. Apparteneva al fratello più giovane di lui che morì anzitempo. Tanta premura, tanto affetto lo legava a questo suo fratello più giovane e ha conservato questo biglietto. Era la dichiarazione di amore di questo suo fratello per la ragazza che avrebbe sognato di sposare; c’era scritto: “se avessi tanto inchiostro quanto l’oceano e avessi a disposizione tanta carta quanto il cielo non mi basterebbero per esprimere tutto l’affetto che ti porto”. Perché Ferrari ha saputo conservare questo biglietto? Egli, pur sobrio, era ricco di cuore e ha saputo davvero portare – come hanno già evidenziato Mons Martino e Orazio – qui, sì, tutta la sua carica di intelligenza, ma soprattutto il suo cuore, trovando, nel corso degli anni episcopali, tanta corrispondenza di affetto e di intelligente pastoralità..
Per questo anch’io, che ho goduto fino agli ultimi giorni del suo episcopato a Mantova, vedendolo poi in ospedale in coma, ho provato grandissimo dolore per quello stato di incomunicabilità. E mi parve allora di rivederlo come il pastorale deposto sull’altare qui in Cattedrale trent’anni fa. Ero presente da chierico, e piangevo, perché mi sembrava di perdere una persona carissima. Poi la Provvidenza mi ha portato là Mantova.
Lo contemplai in coma nella sua totale incomunicabilità, come pastorale definitivamente deposto sull’altare della sofferenza, ma non per finire e consumare così, nel silenzio i suoi giorni; piuttosto per ridirci dalla eternità, sede di sovranità infinita di Dio quanto ha saputo biblicamente raccontare a Monopoli e a Mantova. Ed é racconto che può diventare ancora per noi motivo arricchente per i futuri giorni.
Il diario del concilio poi rinnova questa carica di passione. Parla perfino e spesso del cielo pulito. Lo amava tanto il cielo pulito di Monopoli. Ogni volta che varcava Ancona verso Monopoli diceva sempre: il cielo quaggiù é più terso, più pulito.
Dal registratore
Parole di don Stefano Siliberti
Liturgia nella Basilica Cattedrale di Monopoli
a 30 anni della partenza per Mantova e a 5 Anni dalla morte,
per dimostrare riconoscenza,
per assicurargli il ricordo nella storia di Monopoli.