Comincio col ringraziare Mons. Vescovo e i Sacerdoti che mi hanno invitato, esprimendo così la loro fiducia in me nel trattare, alla luce della Parola di Dio, una figura eccelsa di vescovo: Mons. Carlo Ferrari.
Orbene ricevere, in questa prima domenica di Avvento, il dono della Parola di Dio, trattenermi a leggere, rileggere e meditare quella parola di Geremia, arrivata fino a noi dal settimo secolo AC: “In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia”; ricevere, dicevo, quella parola e nel contempo avvicinarla a quel 17 aprile 1952, quando apprendemmo la notizia che il nuovo vescovo di Monopoli era Mons. Carlo Ferrari, per me é stata tutta una cosa, senza volere con ciò forzare minimamente il profondo significato del testo biblico. Dio me ne guardi!. Ma solo così: con un tocco di semplicità. Ci accorgemmo subito che alla diocesi il Signore aveva fatto germogliare un germoglio di giustizia.
Stasera siamo qui a fare memoria dei trenta anni passati, da quando Mons. Ferrari passò a Mantova e dei cinque anni passati dalla sua nascita in Cristo. “Grande é cotesta facoltà della memoria – esclama sant’’ Agostino- , grande assai, o mio Dio, essa é come un penetrale immenso ed infinito. Chi può toccarne il fondo? Essa fa venire in certo modo le vertigini” (cf ,8) .
Proprio di questi giorni, quaranta cinque anni fa, Mons. Ferrari volle predicare egli stesso la sua prima novena di Natale in questa Cattedrale.
Natale del 1952. La Cattedrale era gremita. Il vescovo parlava di qui, dove sono io, fra i ragazzi e i giovani che nonostante la stagione rigida intervenivano numerosissimi ed erano seduti qui, per terra, accanto al vescovo che si destreggiava non poco per raggiungere questo posto.
Potemmo tutti gustare i fremiti del suo cuore innamorato di Cristo e della Chiesa, e ci accorgemmo subito della sua ardente passione per la liturgia. Volle che il popolo avesse cantato la Compieta in latino – allora – ed in perfetta melodia gregoriana.
Mons. Ferrari attendeva personalmente, andando di paese in paese, alla formazione dei catechisti. Erano tantissimi i catechisti e le catechiste che convenivano nelle chiese, nei cinema, negli spazi aperti fra i trulli, e tantissismi erano i giovani che frequentavano le settimane della gioventù. Con il suo entusiasmo per la persona di Cristo, riusciva a conquistare i cuori di tanti giovani al punto che molto spesso le sue parole erano interrotte da lunghi applausi.
“La pietra scartata e rigettata dai costruttori – ho trovato scritto in certi miei
vecchi appunti – é divenuta la pietra angolare che regge l’edifico della Chiesa e trasforma la sua fragilità in fermezza, la sua povertà in forza, anche nel più piccolo dei suoi figli. Questo é stato fatto dal Signore ed é una meraviglia ai nostri occhi”.
La chiesa, diceva, é sorretta, custodita e salvata da Cristo. Gesù di Nazareth é l’unico Salvatore. Dobbiamo attingere dalla fede dei discepoli il coraggio libero e franco mentre la nostra poca fede ci rende, alle volte, inermi e pavidi, e spesso mancano in noi le parole dello Spirito Santo perché non abbiamo lasciato agire il germe della risurrezione, non abbiamo avuto il coraggio della realtà che nasce dalla convinzione che Cristo solo é la nostra forza, la pietra angolare su cui risposa la chiesa.
Per accorgersi che in nessun altro vi é salvezza – diceva – non é necessario un lungo cammino, ma molta disponibilità e molto abbandono: una disponibilità che ci renda aperti al Risorto fino a che essa irrompa e ci riempia la vita, illuminando tutto il nostro essere e trasformando la piccolezza delle nostre persone nella grandezza penetrante della forza della verità.
Miei cari fratelli e sorelle lo spazio di tempo concesso ad una omelia é troppo poco per fare sia pure dei brevi cenni sulla vita e l’attività molteplice di Mons. Ferrari e mettere in evidenza, primo fra tutto,
– il vescovo del catechismo,
– il vescovo della profonda pietà mariana. Vi ricordate la lettera che ci scrisse : “Della madonna siate devoti così” ?
– il vescovo della parrocchia ringiovanita,
– il vescovo della liturgia, della carità,dell’azione cattolica,
– il vescovo dei giovani, delle vocazioni, dell’arte sacra, del seminario e dei seminaristi;
– il vescovo che amava i sacerdoti e li circondava di tenerissimo affetto visitandoli e soccorrendoli quando erano ammalati.
C’é una espressione, all’inizio della seconda lettura, tratta dalla prima lettera dell’Apostolo Paolo ai tessalonicesi, che ci riempie di stupore perché contiene tutta la vita e lo slancio apostolico di Mons. Ferrari : “ Fratelli – ci é stato proclamato – il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti come é il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità davanti a Dio Padre nostro al momento della visita del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi” (1 Tess.3,12-13).
Chi ha buona memoria e un po’ di “annetti” sulle spalle, se ne é accorto: Mons Ferrari é tutto qui! E’ tutto in quell’inizio della seconda lettura di stasera!. Quante volte a proposito dell’amore vicendevole diceva a tutti, ma in modo speciale a noi sacerdoti: – vi ricordate?- : “ Per me é molto più importante che vi vogliate bene tra di voi di quanto non sia importante che vogliate bene al vescovo”. Furono atteggiamenti che scavarono nella nostra anima soprattutto nell’anima di noi sacerdoti.
Il suo pensiero sul Concilio ecumenico, – fu padre del concilio ecumenico da principio alla fine! – é contenuto tutto in questa lettera ai tessalonicesi: “Crescete – ha detto San Paolo – Mons. Ferrari lo stesso – abbondate nell’amore vicendevole, rendete saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità” ( 1Tess.3,12).
E poi, in quella lettera che mandò alla diocesi un mese prima esatto di partire al Concilio, esprime in modo sublime il suo impegno: “ Il Vescovo che va al Concilio – scrive – va a mettersi più solennemente, in modo più impegnativo a disposizione dello Spirito Santo per la vostra salvezza”.
Non ho dimenticato, e neanche voi avete dimenticato, quella domenica: 7 ottobre 1962, quando in numero impressionante ci ritrovammo nel pomeriggio, nella chiesa, nella piazza di sant’ Antonio e nelle vie adiacenti per salutare il vescovo che partiva per il Concilio. Sfilarono per le vie della città venti làbari segno dei venti concili ecumenici della chiesa, e in più, cento trenta bandiere segno di quasi tutte le nazioni del mondo. Quando il vescovo apparve sul palco in piazza Plebiscito la gioia degli innumerevoli presenti fu incontenibile.
“ Miei cari, – disse nel discorso di saluto il vescovo – non lasciatemi andare al Concilio da solo ma accompagnatemi con la vostra penitenza e con la vostra preghiera. Accompagnatemi come i figli accompagnano il padre che va a trattare un grave interesse di famiglia”.
“Che lo Spirito Santo ripeta con più chiarezza all’orecchio dei padri conciliari le parole di Gesù Cristo, non costituisce un motivo di lustro per il loro magistero ma é una grazia per ogni uomo chiamato alla salvezza” . Ora é proprio qui che si inserisce la vostra partecipazione al concilio”.
Quella sera accompagnammo in trionfo il vescovo, qui, in Cattedrale in un coro di evviva, di canti e di applausi. In Cattedrale ci aspettava l’immagine soavissima della Madonna della Madia. Io credo di avere ancora nell’orecchio i canti che quella sera non finivano più: “O Vergine della Madia, o protettrice bella, tu sei la nostra stella in questo infido mar” e tanti altri canti. Il vescovo era arrivato alla sede e incantato guardava verso l’immagine della Madonna.
Cari fratelli e sorelle, il “20 aprile 1990, Mons. Ferrari volle che avessi tenuto io, nella chiesa matrice di Fasano, l’omelia della santa Messa di ringraziamento in occasione dei suoi ottanta anni. Colsi l’augurio finale da una pagine del profeta Isaia e dissi: “Per il restante della sua vita che auguriamo lunga e feconda possa essere quercia di giustizia, piantagione del Signore per manifestare la sua gloria”( cf Is. 61,3).
Orbene, o miei cari, quel tempo é passato, però i forti messaggi di Mons. Ferrari restano e dobbiamo conservarli gelosamente nel cuore: amore senza confini,a Gesù Cristo, alla Madonna e alla Chiesa. Così Mons. Ferrari continuerà a rischiarare i nostri sentieri.
Voglio confidarvi che nei momenti di scoraggiamento – che non mi mancano – me lo sento paternamente vicino, accanto a me come nei quindici anni di servizio a questa chiesa. Come quella sera del 28 Giugno 1953, quando dopo il canto dei primi vespri dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, venne a raggiungermi in Seminario, dove attendevo ad ordinare le mie poche carte, perché il giorno dopo avrebbero avuto inizio le vacanze.
– Ma che fai? Dove vai? Mi chiese.
– Vado a casa. Risposi. Vado a rivedere mio padre, che non vedo da qualche mese.
– Ascolta – mi disse- cambia direzione, invece di andare a casa tua, va a Polignano a fare il vice-parroco.
…E cambiai direzione: anzi da quella sera per 45 anni la mia vita é stata un cambiare spesso direzione. E fui felice di farlo. E continuerò a farlo fino all’ultimo respiro per servire la chiesa. Mi sostiene il Vescovo Carlo, che vedo accanto a me: sorriso e speranza, rifugio e certezza.
Mons. Martni Scarafile sacerdote di Monopoli e Vescovo Dal registratore
Il Vescovo Mons. Martino Scarafile
Liturgia nella Basilica Cattedrale di Monopoli
a 30 anni della partenza per Mantova e a 5 Anni dalla morte,
per dimostrare riconoscenza,
per assicurargli il ricordo nella storia di Monopoli.